Akkademia di Psicopolis
In margine all'esperienza di T-group virtuale
Sono passati tantissimi mesi da quando ho partecipato al mio primo (e per ora unico) cyber T-Group.

Ho ricevuto e letto con piacere le lettere di Milena prima e della dr.ssa Sberna dopo, ma – lo confesso – anche con un sentimento che non so bene definire e che forse è reticenza.
Piacere perché questi scritti aggiungono significato a quell’esperienza e mi sollecitano a non sprecarla e a non archiviarla come “passata”.

Reticenza per due principali motivi:

ü      prima di tutto perché, come sapete, collaboro con ARIPS e questo suscita in me timore di assumere comportamenti inopportuni o di mischiare livelli relazionali ben distinti;

ü      poi perché quel cyber T-Group, come del resto l’encounter group a cui avevo partecipato ad ottobre, ha socchiuso dentro di me molte finestre che però non trovo il coraggio di spalancare…. Ne intuisco il paesaggio forse, me lo immagino, ci fantastico su, ma affacciarmi e guardare e magari decidere di aprire la porta e uscire dal guscio mi fa ancora molta paura.

Ho deciso di scrivere oggi, all’improvviso, sull’onda emotiva e non solo che mi ha travolta – me come tutti – nell’apprendere quanto sta succedendo in America e a tutti noi in questi giorni. Non riesco davvero a capire, e mi domando se è questo l’incubo oppure se fino ad oggi ho solo stupidamente sognato. Allora mi è venuta una voglia incontenibile di iniziare, concludere, portare avanti le cose che hanno “senso”. So che è banale, ma percepisco il domani così incerto che non voglio sprecare il mio oggi.

Ho il rammarico di non aver scritto prima, quando le emozioni che quell’esperienza mi ha dato erano vibranti e il tempo non aveva ancora inserito troppi filtri tra ciò che mi risuonava dentro allora e i ricordi di adesso. Ma ora mi tenta l’idea di mettere uno stop a questo rammarico e di provare a dare un piccolo contributo a questo scambio epistolare post-cyber T-Group, pur nella consapevolezza che è un contributo “profano”, poiché non ho alcuna competenza professionale specifica sui temi oggetto della “discussione”.

Ho scelto di partecipare al cyber T-Group per curiosità, perché mi sembrava un’opportunità da cogliere al volo, per la voglia di aggiungere un altro tassello all’esperienza iniziata con l’encounter group di ottobre 2000… … e soprattutto per desiderio di rivalsa su me stessa, ma quest’ultima cosa la capisco solo ora. Infatti, non mi erano piaciute o, più sinceramente, non avevo accettato alcune mie reazioni durante quel primo encounter e volevo recuperare in quest’occasione, sfidarmi insomma, nella convinzione (poi rivelatasi sbagliata) che lo schermo del PC mi avrebbe fatto sentire sufficientemente “coperta” e quindi mi avrebbe aiutato ad espormi di più. Nel mio immaginario pre  cyber T-Group, io avrei potuto fare molte acrobazie, avrei potuto “osare”, perché pensavo di avere una rete sotto di me che comunque mi avrebbe impedito di farmi troppo male nel momento della caduta. Niente di più sbagliato!

In realtà, ho scoperto che – almeno per me – un cyber T-Group non è affatto un’esperienza “virtuale”, ma è reale e ha una “concretezza” tale da lasciare segni e risonanze ed echi e  piccole scoperte da rielaborare, sia pure con fatica.

Certo, mi è mancata la fisicità, soprattutto la possibilità di guardare le persone negli occhi o, altre volte, la fatica di scappare dai loro occhi.

A pensarci adesso, mi sembra anche di essere stata piuttosto egoista, preoccupata soprattutto di me e delle mie difese e poco attenta agli altri partecipanti. Credo di avervi “sprecati”, perché mi sono tenuta un po’ alla larga…e questo forse è più facile che accada quando si lavora “a distanza” (nel cyber T-Group le mie “fughe” mi sono sembrate più “comode”…).

Mi è mancato il silenzio dei suoni, ma in compenso c’era il vuoto visibile delle parole che non è poi tanto diverso.

Ricordo molto bene il sentimento di angoscia che ho provato quando cadeva la linea e perdevo il contatto con voi, soprattutto in un momento particolare in cui mi sembrava di essere sulla buona strada per vincere la mia “sfida”.

Ricordo la durezza delle parole con cui a un certo punto mi è sembrato che Andrea Andrea mi parlasse scrivendomi in stampatello, e la sensazione dolorosa di perdita e di “muro” e la mia voglia di recuperare serenità e “credibilità” nei suoi confronti; i miei errori di battitura quando ero più coinvolta; le sensazioni di protezione quasi materna, di dolcezza e di “rotondità” che mi giungevano da Aspasia e  le onde di vivacità e brio che mi sembrava arrivassero da Lucy – Lucy, forse la persona con cui mi sentivo più a mio agio e che mi interessava di più.

In alcuni casi ho patito la “non simultaneità” della conversazione, del resto inevitabile dato che si trattava di scrivere.

Mi ha dato un forte senso di “solidità” la presenza del dr. Bacchetta, che pur non essendo direttamente coinvolto nel cyber T-Group, ha rappresentato per me una presenza significativa, probabilmente perché la sua assistenza  tecnica mi dava sicurezza e in parte mi tranquillizzava.

Non ricordo di aver provato particolari sensazioni nei confronti del Trainer e del Co-Trainer né dell’Osservatore silenzioso, ricordo solo che in alcuni momenti di “panico” ho ardentemente sperato che i Conduttori intervenissero, che ci “aiutassero”, ma immagino che non fosse questo il loro ruolo.

Un’ultima cosa riguarda i questionari, che mi è pesato molto compilare tra una pausa e l’altra sia per via di problemi prettamente tecnici dovuti alla mia scarsa dimestichezza con la tecnologia sia perché – forse di conseguenza – non mi davano la possibilità di “staccare la spina”.

A questo punto torno indietro, all’inizio di questa mia lettera e mi domando se abbia “senso”, se ha il senso che io avrei voluto darle; mi domando anche se avrò il coraggio di spedirla. Non so rispondere adesso alla prima domanda, ma so già che queste righe, nel loro viaggio alla ricerca di un senso, passeranno anche da tutti voi.

Ho sempre trovato grandi difficoltà nelle conclusioni, sia negli scritti sia nelle azioni e nella mia vita di tutti i giorni, e anche adesso non so bene come salutarvi, quindi aggiro l’ostacolo (un’altra fuga?) utilizzando uno dei “frasini” che colleziono di tanto in tanto.

  Maria Grazia Manti