L' equilibrio
instabile del "campo" (G.Contessa)
- Il "campo
di forze", secondo K.Lewin, è uno spazio fisico e psicologico
capace di influenzare il comportamento dell'individuo, e che può
essere influenzato dal comportamento dell'individuo. Il campo è
un contenitore che dà forma al suo contenuto, ma che è
da esso plasmabile. Il volume del campo limita l'ampiezza del potere
d'azione del singolo, ma è anche espandibile grazie a questa
azione. In funzione del tempo, ogni campo può essere definito
"quasi-stazionario", cioè in equilibrio instabile
e sempre modificabile.
- Un piccolo
gruppo, a certe condizioni, fuziona come un "campo
di forze". Gli individui si distribuiscono su una scala infinita
di atteggiamenti che va dal massimo di campo-dipendenza alla massimo
di campo-indipendenza. Il soggetto campo-dipendente è autoplastico,
mimetico, proteico: si modifica e si trasforma come il campo richiede.
Il soggetto campo-indipendente è indifferente, colonizzatore
o alloplastico: ignora le richieste del campo o si sforza di trasformare
il campo a sua misura. Agli estremi della scala si collocano i comportamenti
patologici che esprimono la negazione o del sè o dell'Altro.
- La gran parte
degli esseri umani è alla perenne e faticosa ricerca di un
equilibrio fra dipendenza e indipendenza dai campi di forze che
attraversano; il che spiega la tendenza a ridurre, in età
adulta, il numero dei nuovi campi esplorati, cioè delle esperienze
di apertura all'Altro.
- In genere,
la scelta auto-plastica è la più facile ma la meno
soddisfacente. La sottomissione e la negazione del sè possono
garantire nel breve termine una certa pace, ma alla lunga risultano
faticose, e addirittura improbabili quando è richiesta una
partecipazione attiva. Perchè tenga nel tempo e agisca non
solo nell'impedire ma anche nell'agire, la dipendenza richiede un
campo di forze molto forte. Questo si regista nelle gangs o nelle
sette; nei gruppi a pesante legame ideologico, o in quelli a ledership
totalitaria. Simili campi presentano una maggiore stabilità,
ma anche maggiore fragilità di fronte a eventi traumatici.
La scelta allo-plastica è più soddisfacente perchè
consente una certa espressione del sè, ma è più
faticosa e rischiosa. Per il semplice fatto che il mondo, l'Altro,
il campo, non sono scenari passivi, semplici fondali dell'azione
allo-plastica del soggetto campo-indipendente. Il campo resiste,
si oppone, reagisce, ritorce e si vendica. L'intervento esige dunque
un investimento energetico, l'assunzione di rischi, la messa in
conto di errori, e la gestione delle conseguenze. Il carattere dei
campi formati da oggetti allo-plastici è quello di una minore
stabilità, ma anche di una maggiore duttilità e resistenza
alle catastrofi.
- Un gruppo
autocentrato di formazione (come un t-group) è la
proposta di nuovo campo che mette alla prova l'equilibrio consolidato
dal singolo, fra auto e allo-plasticità. Il campo gruppale
è totalmente quasi-stazionario nel senso che ha solo brevi
momenti di cristallizzazione in un flusso di permanente mutazione.
La mutazione dipende da un' infinità di elementi che vibrano,
si muovono e si alterano, in modi diversi e tempi differenti, perchè
ogni membro del gruppo cerca il suo diverso equilibrio. Il soggetto
è dunque chiamato a fronteggiare sia auto che alloplasticamente,
un campo turbolento e caotico. Ogni partecipante è spinto
ad adattare se stesso al campo e il campo a se stesso, ma il campo
è simile a un pullman pieno, che viene attraversato da una
tromba d'aria mentre è in atto una scossa sismica.
- Quali sono
i fattori che, in concreto, influenzano il campo e ne sono influenzati?
Che decidono la plasticità del singolo o favoriscono la plasticità
del gruppo?
- la struttura
fisica (sedie, muri, calore, finestre, runore, ecc.)
- la struttura
temporale (quantità e sequenza delle ore di lavoro e
di riposo)
- il contenuto
(ciò di cui si parla, l'argomento, il tema)
- i ruoli
sociali (le posizioni esterne al campo che sono o vengono rese
note al gruppo)
- il ricevente
(l'ascoltatore, il o i partecipanti cui si rivolge l'emittente)
- l'emittente
(il parlante, il partecipante che comunica):
- l'emittente
come "maschera" (estetica, abiti, tucco, accessori,
ecc.)
- l'emittente
come prossemica (dove/come si colloca nello spazio)
- l'emittente
come gestualità (postura, gesti, movimento)
- l'emittente
come mimica (le espressioni del volto, gli sguardi, i sorrisi,
ecc.)
- l'emittente
come voce (timbro, tono, volume, accento, cadenza, ecc.)
- Ogni momento
dell'esperienza di gruppo è influenzato da tutti questi fattori,
e tutte le azioni di tutti i partecipanti (ivi compresi il silenzio
e l'inazione) influenzano e sono influenzate da questi elementi.
L'influenza non è necessariamente consapevole, anzi non lo
è quasi mai. Raramente, sia chi mette in atto un comportamento
sia chi ne subisce l'influenza è consapevole. Raramente anche,
i comportamenti sono osservati nelle loro parte visibile. Più
spesso essi si esprimono e creano conseguenze senza che i presenti
se ne accorgano: ciò che viene notato - e non sempre immediatamente
compreso- è il risultato.
Il risultato, momento per momento, può essere soddisfacente
per alcuni e non per altri.
- Chi cerca di
modificare il campo, deve farlo giocando la carta giusta al momento
giusto e nel modo giusto.
E
questa carta significa: il "comportamento che funziona"
per cambiare il campo.
Nessuno
può sapere quale sia questa carta, perchè ogni campo
ed ogni momento sono diversi.
Non
esiste formula, se non "provare e riprovare".
Il
desiderio alloplastico esige un investimento energetico, l'assunzione
di rischi, la messa in conto di errori, e la gestione delle conseguenze.
Saper rischiare, sapersi perdonare gli errori, sostenere il senso
di colpa e gli eventuali attacchi reattivi del campo sono le competenze
minime per stare nel campo gruppale.
- Giocare sempre
una sola carta, cioè mettere in campo un solo e ripetitivo
comportamento è qualcosa che non serve perchè non
è nè auto nè allo-plastico, non cambia il sè
e non muta il campo. Giocare di continuo una carta significa escludere
l'incontro con l'Altro, cioè escludere il cambiamento e,
in definitiva, l'apprendimento.
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