L'ACTION RESEARCH E L'UTILITA' SOCIALE (A.Levy*)

Il termine Action-Research (A-R) si puo applicare ad una serie di attivita  molto differenti fra loro per obiettivo, metodo,  punto di  vista; cio rende difficile trovare una definizione  unica  ed univoca. Se dunque è impossibile dare una definizione a priori di A-R,  se  ne  può  ricavare  una  empirica  basata  sui  seguenti elementi:

1- la considerazione  di  tutti  i lavori che  hanno  contribuito all'elaborazione della teoria
2- la  reciproca  dipendenza  fra "ricercatore"  e  "attore"  che    evidenzia la collaborazione degli studiosi con le persone alle prese con problemi reali.

Ne consegue che:  

a- il ricercatore deve tener conto della realtà in cui opera  
b- l'applicazione del  ricercatore  nella  sua stessa ricerca  non èsolo un elemento accettato, ma è voluto e determinante. Il   processo di ricerca ha infatti  conseguenze  sulla vita,  l'organizzazione, le condizioni di lavoro ecc. degli  attori  
c- esistono   diversi  piani di  astrazione  dovuti  ai  ruoli   fluttuanti e differenti implicati nella ricerca  
d- gli  interventi  non  sono realizzabili in  un  momento  di   "sospensione della storia"  e proprio per questo è presente la  speranza di una societa  differente o di un cambiamento      della situazione in cui ci si trova.

POSIZIONE DELLA A-R NELLE SCIENZE SOCIALI

La corrente della A-R, che tendenzialmente ha le  caratteristiche sopra  indicate,  non  è trascurabile  nel  campo  delle  scienze sociali;  ciononostante  appare  ancora  marginale.  Il  panorama scientifico   resta   largamente  dominato  da   una   concezione tradizionale della scienza sia sul piano della ricerca sociale  e universitaria, sia in quello dei finanziamenti. La  richiesta sociale in materia di ricerca solo  eccezionalmente prende  la  forma  di domanda di A-R; più spesso  si  esprime  in termini di prestazione di servizio,  di conoscenze o di tecniche.  Mantenere  separate  le  responsabilità e i  punti  di  vista  di ricercatori  e  attori èconsiderato necessario  per  preservare l'autorità esercitata da ciascuno nel campo che gli è proprio.

Così,  se un numero crescente di ricercatori sono convinti  della necessità  di  un  certo grado di  cooperazione  con  gli  attori sociali  per  entrare nel terreno che desiderano  esplorare  -non solo per avere accesso ai luoghi, alle persone, alle informazioni più  intime,  ma  anche e soprattutto per avere le  chiavi  ed  i codici  indispensabili per la comprensione e  l'integrazione  dei fenomeni  osservati- pochi sono disposti a trarne le  inevitabili conseguenze  e  a  dividere con gli attori i  loro  privilegi  di esperti e di "sapienti".

Rispetto  ai  lavori che si possono  raggruppare  nella  corrente dell'intervento  psicosociologico, dobbiamo purtroppo riconoscere  che  se hanno contribuito a migliorare la conoscenza dei processi  inter-organizzativi, in genere si sono mostrati deludenti rispetto alla produzione  teorica. La via aperta da Lewin e dai suoi  discepoli non  ha  realmente  mantenuto le sue promesse.  Ho  già  avanzato l'ipotesi che l'idea di Lewin fosse troppo basata su un postulato riguardante una presunta convergenza fra progresso della  societàe progresso delle scienze sociali. Il principio di una  comunanza di  idee, di valori, di interessi fra ricercatori e attori, si  ètrasformato in una correlazione fra progresso sociale e progresso scientifico  attraverso  l'elaborazione di  una  metodologia  del cambiamento sociale programmato. Così  la  restituzione  agli attori sociali  del  loro  stato  di soggetti  coscienti che partecipano all'elaborazione  della  loro storia,  fa  ben  più  che  rinforzare  la  loro  autorità:  essi esprimono  i  limiti  fisiologici,  ideologici  e  culturali  che producono  i  ruoli  loro  assegnati,  le  contraddizioni  e   le ambiguità delle regole a cui sono sottomessi e quelle delle leggi del sistema culturale e di produzione al quale appartengono e che riguardano le sue trasformazioni.

Questa  possibilità è evidentemente un limite.  Qualsiasi sia  il desiderio  dei ricercatori, essa non si può realizzare che  nella misura  in  cui  gli attori si sentono spinti  da  una  necessitàinteriore  o da un contesto socio-politico che lo permette  e  lo favorisce.  Ciononostante l'A-R suscita interesse in  quest'epoca caratterizzata  da  una fondamentale incertezza riguardo  al  suo avvenire e da una crisi di valori. Interessandosi  ai processi di emersione di nuovi  significati  e concetti,  questi  ricercatori  hanno  ripensato  ai   fondamenti epistemologici  e  al significato politico del loro  lavoro   con riferimenti  diversi  da  quelli  della  scienza  e  del   sapere positivo. Le opere di Marx e di Freud sono riferimenti essenziali da  questo punto di vista.

ALCUNI CENNI EPISTEMOLOGICI SULL'A-R

I due termini che compongono questo "vocabolo" fanno parte di una serie di coppie di opposti che acquistano significato in rapportoad  un contesto sociale e culturale contrassegnato dalle  nozioni

di    utilitarismo   e  di  progresso,   dall'idealismo   e   dal razionalismo scientifico, dove conta solo il risultato, la prova, l'efficacia.  Cosi, l'identificazione del sapere teorico con  una entità trans-teorica, fuori dal  campo e separata dall'azione,  è tanto  piu  necessaria  quanto la pratica  vista  in  prospettiva strettamente  utilitaristica:  l'idealismo  dell'uno  conforta  e giustifica il pragmatismo dell'altra e viceversa.

Ma  il  lavoro  teorico è fatto di  differenti  attività  che  si succedono   nel   tempo:  osservare,   descrivere,   controllare, valutare, prender nota, elaborare un piano di lavoro, riflettere, interpretare, pensare, riprovare.  Lungi dall'essere un  processo lineare,   questo  lavoro  implica  operazioni  intellettuali   e nanuali. Non è un'attivita semplice e si sviluppa a partire dalla messa  in gioco delle condizioni proprie sia all'oggetto  sia  al soggetto  della ricerca. Tempo e separazioni sono due  dimensioni fondamentali  del  processo  entro cui si  intrecciano  teoria  e pratica, ricerca e azione. Sono esse che negano  l'oggettivazione di  queste due attività definite una in rapporto con  l'altra  in rapporto  di  opposizione  irriducibile.  E'  perche  queste  due dimensioni sono alla base del cammino iniziato dalla  psicanalisi che ciò ha costituito un'autentica rivoluzione epistemologica.

IL SAPERE POSITIVO: SUA UTILITA' SOCIALE

Il  sapere  positivo, rappresentazione oggettiva  di  un  oggetto reale (sapere su), risultato di un rapporto duale, si contrappone al  concetto  di  sapere-azione  (sapere  di),  risultato  di  un rapporto triangolare che implica il ricercatore, l'oggetto ed  il "terzo"   per il  quale  si  realizza  il  lavoro  di   osservazione, descrizione, comprensione. Il  "sapere" è legato alle condizioni che lo fanno  emergere;  il suo  carattere  relativo tende ad essere  dimenticato  quando  si tratta  di  trasmetterlo  agli altri.  In  questa  situazione  di comunicazione  nascono  problemi  tra il linguaggio  usato  e  la necessita  di  rendere  il  discorso  accessibile  a  tutti   pur conservando    intatta   la   fedeltà   al   processo    seguito. 

Paradossalmente   la  trasformazione  del  "sapere"   in   entitàomogenea, in idea pura, permette di mascherare meglio il modo  in cui  esso  è messo al servizio dell'azione. In  altre  parole  il fantasma  dell'onnipotenza del pensiero che "sottende" il  sapere oggettivato,  è  il corollario del fantasma  di  onnipotenza  che agisce  a livello di azione sociale. L'unità del sapere fa eco  a quella   della  società;  l'autorità  del  primo  garantisce   la possibilità   di  prevedere  il  divenire  della  seconda  e   di orientarla se non di programmarla. Questi  due  fantasmi  permettono  di  dimenticare  la  divisione sociale e quella del soggetto e di sostituirgli la separazione  e l'opposizione  artificiale  fra  le entita di A-R,  di  Teoria  e Pratica.

LA SCOPERTA DEL NUOVO

E' questo un problema essenziale se si ammette che lo scopo della scienza è quello di scoprire  elementi della realtà sconosciuti o trascurati  e di modificare così i modi di vedere il mondo  e  di comprenderlo.   La  scienza ufficiale è in parte  legata  con  le ideologie  proprie  di  quel momento sociale  e  contribuisce  al mantenimento di tutto ciò che serve a mantenerle;  ne deriva  che il problema epistemologico riguardante il modo di scoprire  nuove conoscenze  si colora di una questione politica:  la  possibilitàdi  "vedere"  questi nuovi elementi della  realtà  implica  altre attivita sociali sul piano del "fare" e si scontra con le  difese psicologiche  e  sociali. C'è quindi la necessità  di  mobilitare conoscenze represse, soprattutto quelle che sono condivise  dagli attori  il cui sapere non è di solito  riconosciuto  socialmente.  Credere  che  sia  sufficiente  "dare  la  parola"  a  chi  ne  èabitualmente privo per fare emergere le percezioni e i modelli di comprensione  sarebbe  credere  ad  un'altra  illusione:  che  la repressione che si esercita contro le conoscenze condivise  dagli attori  sociali  dominati gli conferisca a priori  un  valore  di verità più grande di quello del sapere ufficiale.

L'A-R  sarebbe  allora una tecnica al servizio   della  minoranzacombattente. Per sostituire alla scienza e al sapere riconosciuti altri saperi emergenti,  occorre  essere consapevoli che  i  meccanismi  della repressione  e del mantenimento giocano a tutti i  livelli  della società,  compreso quello dei ricercatori. Non si può opporsi  ai loro effetti se non con un'attenzione costante a tutti i  livelli del processo di ricerca. L'interesse di una collaborazione  reale tra  ricercatori  ed attori, cioè fra persone diverse  tra  loro,  sta  nella possibilita che ne deriva di analizzare man  mano  gli effetti  delle difese nel cammino di ricerca. Una  collaborazione in questo senso, se non ha risultati positivi rende  maggiormente possibile  il lavoro di riflessione sulle condizioni in  cui  ciòche e stato visto continua ad essere ignorato; essa  contribuisce al  riconoscimento  del  nuovo   e  dei  suoi  effetti,  che   si ripercuotono  in effetti nuovi man mano che la storia ed  il  suo testo diventano leggibili e prendono forma. Questa collaborazione implica che il ricercatore non si chiuda in una  posizione di sapere, come gli attori, soggetto agli  effetti delle  difese e alla cecità. Egli deve dare a sè e agli altri  il tempo  per vedere e per comprendere; per vedere ciò che  non era   stato   visto  e  perchè  tutte  queste   condizioni   sono in contraddizione con le modalità  della  ricerca   scientifica tradizionale. 

Fare  comprendendo,  comprendere  facendo:  questo potrebbe essere uno dei significati dell'A-R.Il percorso connesso all'azione del sapere non spiazza la storia, ma  contribuisce  alla sua nascita e alla  sua  definizione.   La scoperta  del  nuovo sul piano del pensiero e  del  discorso  non lascia intatta la realtà, ma partecipa alla sua trasformazione ed al  suo  sviluppo. Nella misura in cui esiste  consapevolezza  si realizza un inevitabile confronto con il frazionamento del sapere oggettivo.   Non   si  tratta  dunque   di   semplici   posizioni filosofiche. Conservare la volontà del sapere non si riduce ad un atto  di pensiero. Ciò si realizza attraverso gli  atti  concreti del ricercatore, attraverso i modi con cui intrattiene un dialogo con  i  suoi  interlocutori,  attraverso i  metodi  che  usa  per affrontare  e  approfondire i cambiamenti a cui i  gruppi  e  lui stesso si trovano confrontati. L'A-R sarebbe un pio desiderio se non traducesse la decisione  di essere  vicino all'avvenimento, all'emersione  delle  riflessioni che  si  fanno "a caldo" man mano che avvengono.   Avvenimenti  e riflessioni  che soli possono in una certa misura dare scacco  al significato  precostituito e al desiderio di dominarlo una  volta per tutte.  

*(A.Levy da Connexions n. 43-'84 - libera traduzione di M.Sberna)