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«L'Italia è un paese cattolico». Quante volte ce lo siamo sentiti ripetere per giustificare un'attenzione particolare, da parte dello Stato, alle esigenze della Chiesa cattolica e una disparità di trattamento rispetto alle altre confessioni? |
Un inventario dei principali benefici
di cui godono le istituzioni cattoliche in Italia.
Uno degli aspetti più problematici
connessi a quel principio di laicità dello Stato che è
assurto per merito della giurisprudenza della Corte costituzionale
a momento supremo dell'ordinamento italiano, è certamente
rappresentato dalle modalità di stanziamento e dalla quantità
dei finanziamenti pubblici destinati alle Chiese ed agli istituti
ad esse afferenti. Se, infatti, la laicità si configura
non come indifferenza dello Stato davanti al fenomeno religioso,
ma come garanzia di imparzialità ed equidistanza dei pubblici
poteri dinanzi alle comunità religiose strutturate, in
un contesto caratterizzato da pluralismo confessionale e culturale,
allora il modo con cui viene strutturato il loro finanziamento
pubblico e articolato il quadro delle agevolazioni fiscali loro
concesse diviene del tutto centrale.
Quanto questo principio di equidistanza
fatichi ad affermarsi in concreto nell'orizzonte del nostro paese
lo dimostrano non solo la ritrosia ad accettare senza polemica
le numerose sentenze della magistratura amministrativa con cui,
per il rispetto delle altrui sensibilità religiose, è
stato stabilito che non fossero applicabili le norme di epoca
fascista che imponevano alla collettività l'ossequio alle
manifestazioni della religione di Stato, o ancora il perdurare
di formule cerimoniali che continuano a prevedere la partecipazione
di alti prelati alle manifestazioni dei vari livelli istituzionali,
ma anche e soprattutto il quadro complessivo dei finanziamenti
pubblici destinati a vantaggio delle strutture della religiosità
dominante, finanziamenti che, lungi dal poter essere annoverati
solo come una congrua corresponsione a fronte di una indiscutibile
funzione sociale da esse esercitata, arrivano perlopiù
a configurare situazioni di anacronistico privilegio.
Una Chiesa «più
uguale» delle altre
Anche la più superficiale
delle analisi consente infatti di rilevare la considerevole disparità
di trattamento che lo Stato riserva alla Chiesa cattolica rispetto
alle altre confessioni religiose beneficiarie di Intesa, laddove
mentre le seconde possono godere pressochè solo dei vantaggi
derivanti dalle rispettive Intese "dagli sgravi fiscali alla
possibilità di essere ammesse al riparto dei fondi dell'otto
per mille delle dichiarazioni dei redditi "l'universo cattolico
italiano trae beneficio dalle misure legislative più disparate,
un coacervo di disposizioni non solo di natura concordataria che
rende gravoso anche solo individuare in modo del tutto approssimativo
il totale dei fondi pubblici che a vario titolo ad esso sono destinati.
Furono gli stessi costituenti ad
ammettere in modo implicito, sia pure in un contesto votato al
pluralismo e alla piena tutela della libertà di coscienza
e di religione, una diversità di attenzione nei confronti
della Chiesa cattolica; con l'articolo 7 della nostra Carta costituzionale,
la cui approvazione fu resa possibile dall'appoggio del Partito
comunista di Togliatti, si volle «costituzionalizzare» non già
i Patti lateranensi, pur richiamati come fondamento dei rapporti
bilaterali, ma la modalità di definizione dei rapporti
Stato-Chiesa, e ciò in considerazione del peculiare ruolo
riconosciuto alla gerarchia ecclesiastica vaticana e alla fede
cattolica nella storia e nella coscienza del popolo italiano.
Per un immanente senso di colpa o
di minorità nei confronti della cattolicità, sfigurata
dalla privazione violenta del suo potere temporale ad opera delle
truppe italiane, o per un sincero sentimento di riconoscenza verso
l'universo culturale e religioso da essa rappresentato, o ancora
per un tornaconto talvolta di infimo livello che denota quantomeno
scarsa lungimiranza, la classe politica italiana è sempre
stata incline a manifestare tendenze risarcitorie nei confronti
delle autorità vaticane: già la cosiddetta «legge
delle guarentigie», approvata nel maggio del 1871 e peraltro mai
compiutamente attuata per la ferma opposizione pontificia, pur
concepita nel solco del pensiero di Cavour, che era fautore di
una netta separazione dei due ambiti, volle conservare a favore
della Santa Sede la dotazione annua, già iscritta nel bilancio
dello Stato ecclesiastico, di 3.225.000 lire. Nel 1929 fu poi
Mussolini, desideroso di accreditarsi agli occhi dell'opinione
pubblica italiana come l'uomo capace di ricomporre la frattura
dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, a promuovere la stipula
dei Patti lateranensi, strumento che, nella parte relativa alla
convenzione finanziaria, disponeva l'obbligo per l'Italia di versare
alla Santa Sede 750 milioni di lire in contanti e un miliardo
di lire in titoli azionari quale risarcimento per gli ingenti
danni subiti a seguito della perdita del Patrimonio di San Pietro,
mentre nel Concordato accordava tutta una serie di esenzioni ai
numerosi istituti afferenti l'universo del cattolicesimo italiano,
tale da garantirgli negli anni immediatamente successivi una enorme
accumulazione di beni e risorse sull'intero territorio nazionale.
I molti privilegi ancora in vigore
Quanto ancora oggi pesi sulla vita
del paese, condizionandone scelte e visioni, questo legato culturale,
sociale e politico esercitato dalla Chiesa cattolica e dall'episcopato
italiano è sotto gli occhi di tutti. Meno noto è,
viceversa, il quadro dei finanziamenti di cui attualmente il mondo
cattolico continua a beneficiare. Per tracciarne una sintesi che,
senza alcuna pretesa di esaustività ed escludendo i fondi
destinati al sostegno degli organismi cattolici di carità
o impegnati nella cooperazione allo sviluppo, dia conto delle
principali misure di sostegno finanziario che la legislazione
italiana, a livello statale, ha garantito alla Chiesa cattolica
e agli enti ad essa legati in un anno recente preso a riferimento,
è possibile avvalersi del documento di contabilità
pubblica che reca gli impegni di spesa per l'esercizio finanziario
2004, nonchè delle misure concretamente stabilite dalla
Finanziaria 2004 e da altre disposizioni normative approvate nel
corso del 2003 e degli anni precedenti.
Occorre preliminarmente diversificare
le misure di sostegno economico che derivano, in modo più
o meno diretto, dal Concordato, ovvero da quell'accordo bilaterale
che, firmato nel 1984 e recepito nel nostro ordinamento dalla
legge 121/1985, nel rinnovare i Patti lateranensi costituisce
ad oggi la fonte principale di disciplina dei rapporti fra lo
Stato italiano e la Chiesa cattolica, dalle altre misure che sembrano,
viceversa, non direttamente correlate al contenuto di quell'accordo.
Otto per mille
e finanziamenti alle scuole private
Il principale degli strumenti di
derivazione concordataria è certamente rappresentato dall'otto
per mille del gettito derivante dalle dichiarazioni dei redditi:
nel 2004 la Chiesa cattolica si è vista destinare oltre
310 milioni di euro per scelta espressa dei contribuenti italiani,
beneficiando altresì del riparto successivo dei fondi relativi
alle scelte non espresse per ulteriori 472.594.000 di euro, per
un totale complessivo di oltre 782.700.000 euro. A questa cifra
deve essere aggiunta anche la quota dell'otto per mille che, destinata
dai contribuenti italiani allo Stato, è stata da quest'ultimo
stornata, sotto forma di finanziamento per la conservazione dei
beni culturali, alla Chiesa cattolica attraverso opere di ristrutturazione
di chiese, conventi, università confessionali, istituti
di cultura religiosa, e che ammonta a 9.410.989 euro, su di un
totale di 20.517.592 euro a disposizione dello Stato.
In materia di insegnamento della
religione cattolica, altra voce di derivazione concordataria,
occorre annoverare, come previsioni di spesa per l'anno 2004,
477.735.207 euro; a questa cifra deve altresì aggiungersi il
costo relativo alla equiparazione a tutti gli effetti degli insegnanti
di religione cattolica agli altri docenti di ruolo, disposto dalla
legge 186/2003 e pari a 19.289.150 euro.
Vi è quindi il tema, annoso
e controverso, della parità scolastica. Per garantire agli
studenti delle scuole private le medesime condizioni godute da
quelli delle strutture pubbliche, lo Stato ha impegnato nel 2004,
ai sensi della legge 62/2000, 30 milioni di euro, erogabili sotto
forma di buoni scuola; di questa cifra si può stimare,
stando ai dati del Centro studi scuole cattoliche e relativi al
numero degli alunni delle scuole cattoliche sul totale degli studenti
delle scuole non statali, che almeno il 59% sia andato a vantaggio
delle strutture cattoliche, per una somma pari a circa 17.700.000
euro.
Ma lo Stato, nonostante l'articolo
33 della Costituzione preveda che la libertà degli enti
e dei privati di istituire scuole ed istituti di educazione debba
essere pienamente garantita ma senza oneri per la collettività,
non si limita al finanziamento dei soli buoni scuola, ma stanzia
annualmente ed in modo diretto anche fondi per le scuole non statali;
nel 2004, ai sensi di una circolare del Ministero per l'Istruzione,
l'università e la ricerca, il totale di detti fondi è
stato pari a 527.474.474 euro, il 49% dei quali può stimarsi
essere stato destinato alle scuole cattoliche, per un ammontare
di 258.462.492 euro.
Aiuti diretti
e indiretti: Ici, oratori, ospedali, università...
Sempre di derivazione concordataria,
anche se ufficialmente prevista solo dalla legge 222/1985 nonchè
dal D.P.R. 917/1986, risulta essere la previsione circa la deducibilità
fiscale delle donazioni private a favore della Chiesa cattolica.
Stando alle indicazioni fornite dall'Istituto centrale per il
sostentamento del clero cattolico, si può arrivare a stimare
che nel 2004 il totale delle offerte volontarie destinate ai prelati
cattolici sia stato pari a 18 milioni di euro. Calcolando in modo
approssimativo il mancato introito fiscale da parte dello Stato
su questa cifra, ricorrendo per il calcolo del prelievo dovuto
ad una fascia di contribuenti donatori dal reddito medio lordo
compreso fra i 20.000 ed i 32.600 euro annui, si può arrivare
ad una stima, per il solo 2004, di 5.580.060 euro.
Da ultimo, fra gli strumenti in qualche
modo riferibili al quadro concordatario e concretamente previsti
dalla legge 222/1985, vi è il Fondo per la costruzione
degli edifici di culto che, per il 2004, è stato pari a
1.807.599 euro.
L'esame delle altre disposizioni
che, pur non riferibili al quadro tracciato dal Concordato, stabiliscono
misure economiche a favore del mondo cattolico, inizia da alcune
munifiche leggi del 2003. In particolare la legge 206/2003 "approvata
a larghissima maggioranza "ha previsto il finanziamento diretto
degli oratori parrocchiali, riconoscendone esplicitamente la valenza
sociale, per 2.500.000 euro annui. A sua volta, la legge 244/2003,
nel ratificare e dare esecuzione ad una Convenzione sottoscritta
fra la Santa Sede e la Repubblica italiana nel 2000, ha disposto
l'erogazione, per il 2004, di 9.397.000 euro per la sicurezza
sociale dei dipendenti vaticani e dei loro familiari.
Se poi la legge 293/2003 ha concesso
un contributo aggiuntivo per il 2004 di 1.500.000 euro in favore
dell'Istituto di studi politici san Pio V di Roma, anche la Finanziaria
2004 (legge 350/2003) non è stata avara di provvidenze
per la Chiesa: essa ha tra l'altro previsto il finanziamento per
5 milioni di euro dell'ospedale Casa Sollievo della sofferenza
di San Giovanni Rotondo, il rifinanziamento per 20 milioni di
euro dell'Università campus-biomedico (Cbm), e, curioso
a sapersi, l'integrale esborso per la fornitura dei Servizi idrici
dello stato della Città del Vaticano per un importo, limitatamente
al 2004, pari a 25.000.000 di euro.
Delle quattordici università
non statali ammesse al finanziamento pubblico ai sensi della legge
243/1991, che complessivamente hanno potuto beneficiare per il
solo 2004 di uno stanziamento pari a 124.149.000 euro, si può
stimare che le cinque università cattoliche abbiano percepito
fondi per 44.338.929 euro.
Fra i contributi pubblici forse meno
conosciuti a favore del mondo cattolico vi è poi l'onere
per i circa 200 stipendi erogati a favore dei cappellani militari
presenti nel Paese, onere che, previsto dalla legge 512/1961 a
totale carico dello Stato, si può stimare essere stato,
per il solo 2004 e stando alla rielaborazione dei dati rinvenibili
sul sito web dell'Ordinariato militare in Italia, a circa 8 milioni
di euro.
In materia previdenziale, ai sensi
delle leggi 791/1981 e 903/1973, è da annoverare anche
il Fondo di previdenza per il clero, che, per il solo 2004 e relativamente
ai fondi erogati a favore della componente cattolica, può
attendibilmente stimarsi in 6.713.253 euro.
Da ultime, relativamente al 2004,
sono da ricordare anche misure che, destinate al finanziamento
di strutture legate all'organizzazione ecclesiastica o all'esenzione
di particolari soggetti dal pagamento dei tributi dovuti, impongono
un ulteriore onere economico per lo Stato, ma che, stanti gli
attuali strumenti di rendicontazione pubblica, non possono essere
quantificabili. Oltre alle esenzioni dall'Iva e dalle dichiarazioni
dei redditi per gli enti ecclesiastici "di cui rispettivamente
al dpr 633/1972 e al dpr 917/1986 "sono in tal senso da annoverare
soprattutto i fondi pubblici erogati a favore degli ospedali,
delle strutture di ricovero e dei policlinici cattolici; si tratta
certamente di una cifra davvero ragguardevole, dal momento che
costituiscono una parte non secondaria del totale dei finanziamenti
pubblici destinati alla sanità convenzionata (non necessariamente
di tipo confessionale), che, per il 2004 assommava a circa 1.500
miliardi di euro.
Se il prospetto dei finanziamenti
pubblici ha dovuto considerare, per esigenze di equilibrio e di
completezza, il 2004 come anno di riferimento, le misure disposte
da leggi successive a questa data contribuiranno piuttosto ad
aumentare la cifra totale degli aiuti pubblici destinati alla
Chiesa cattolica, che non a diminuirne la portata. Solo per limitarsi
agli ultimi "molto discussi "provvedimenti, l'esenzione
totale degli immobili ecclesiastici dal pagamento dell'Ici (Imposta
comunale sugli immobili) "disposta da una norma interpretativa
contenuta nella legge 248/2005 "comporterà, stanti
le previsioni dell'Associazione nazionale dei comuni italiani
(Anci), un ammanco per le già magre casse degli enti comunali
per 700 milioni di euro, a quasi esclusivo vantaggio della Conferenza
episcopale italiana.
Alla prodigalità dello Stato
nei confronti della Chiesa cattolica, si è peraltro aggiunto
anche il particolare favore con cui le Regioni, pur gravate da
incipienti deficit di bilancio, hanno continuato a dispensare
a suo favore contributi pubblici sotto forma di ulteriori buoni
scuola o di generosi finanziamenti al comparto della sanità
convenzionata.
Non è il caso di tracciarne
qui un profilo completo; resta tuttavia l'interrogativo, del tutto
legittimo e di certo non mosso da rigurgiti anticlericali, se
lo Stato abbia inteso sostenere in un modo tanto generoso la Chiesa
perchè consapevole e compartecipe della missione spirituale
e sociale di questa o abbia viceversa, abdicando largamente ai
propri doveri di solidarietà anche nei confronti di quei
cittadini che non si riconoscono in quel quadro di valori, continuato
ad alimentare le casse vaticane per ragioni di convenienza politica.
Se un'azione di Governo ed un quadro legislativo improntati a
ragioni di equidistanza e di imparzialità rispetto ai fenomeni
religiosi possono secondo taluni essere ricondotti a forme di
inaccettabile relativismo etico, è certo che lo stretto
sostegno economico e la contiguità con i poteri pubblici
di cui i numerosi istituti cattolici beneficiano rischiano letteralmente
di svuotare di significato quel principio, faticosamente desunto
in via giurisprudenziale, della laicità dello Stato, condizione
essenziale perchè la libertà di tutti possa essere
pienamente rispettata.
E non sembra valere la considerazione
che il cattolicesimo resti la religione largamente dominante nel
paese per giustificare acriticamente questo copioso fiume di denaro,
dal momento che è lecito presumere come sia proprio la
scarsa conoscenza dei meccanismi e dei volumi di finanziamento
di cui gode la Chiesa cattolica a non indurre una seria riflessione
sull'argomento da parte dell'opinione pubblica. Una riflessione
che, alla vigilia delle elezioni politiche, nessuno degli schieramenti
candidati alla guida del paese avrà probabilmente interesse
a sollevare.
Gianluca Polverari
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