Fiumi di parole
potrebbero scorrere, come effettivamente è accaduto nei secoli e
come avviene tuttora, sul concetto di democrazia sia all' interno
della riflessione e degli studi politologici, sia negli altri ambiti
che da questo concetto sono direttamente influenzati. Qui presentiamo
gli argomenti e le analisi che abbiamo ritenuto più pregnanti in
seguito alle nostre ricerche.
Democrazia
è una forma di governo in cui la sovranità risiede nel
popolo che, o esercita direttamente i suoi poteri
(Democrazia Diretta), o per mezzo delle persone e degli organi che
elegge per rappresentarlo, ovvero un corpo politico rappresentativo
come parlamento, assemblea, camera (Democrazia rappresentativa).
Secondo questa definizione, quasi tutti gli stati contemporanei,
non escluse le defunte democrazie socialista e i regimi autoritari,
dovrebbero essere considerati democratici.
Una definizione più ristretta e rigorosa prevede che i sistemi
rappresentativi siano elettivi e basati sul suffragio universale
(con il solo vincolo di età minimi per l' elettorato). Anche
questa caratteristica però non è sufficiente. Secondo un' opinione
più diffusa, perchè un regime politico possa essere definito democratico,
deve basarsi, oltre che sul vincolo delle elezioni universali,
su alcune condizioni formali e materiali: la divisione tra potere
legislativo, esecutivo e giudiziario (già enunciata da Montesquieu),
il ricambio e la possibilità di revoca dell' esecutivo, la
collegialità del governo, il primato del potere civile
su quello militare. Questa definizione permette di escludere
dal novero delle democrazie non solo i regimi assoluti, tipici dell'
età prerivoluzionaria e oggi presenti in qualche monarchia o regime
dinastico del terzo mondo, ma anche forma di dittatura come quella
fondata sul potere assoluto di un Führer, Duce o Caudillo, che pure,
in termini formali si basavano su costituzioni che prevedevano qualche
forma di sistema rappresentativo.
Anche in queste restrizioni, il termine democrazia designa più una
costellazione o famiglia di sistemi politici che non un ambito rigorosamente
delimitato (per esempio la IV Repubblica Francese, fondata dal generale
De Gaulle con un colpo di stato costituzionale ra democratica di
fatto, mentre il primo governo Hitler che sopprimeva la repubblica
di Weimar si era insediato in seguito a procedure formalmente democratiche).
Una via per
sciogliere la complessità del termine è risalire alle sue origini.
Sotto ogni punto di vista la patria del concetto è l' Atene "democratica"
del VI eV secolo a.C., ma la prima che effettivamente ci sia nota
è quella che sorse nel corso del VII secolo a Chio, ed è,
per quanto ci consti, la prima volta in cui il popolo ebbe il riconoscimento
degli attributi della sovranità.Solone, nella creazione degli
ordinamenti ateniesi, ebbe presente il modello della costituzione
di Chio.
Secondo le definizioni più o meno neutrali di Aristotele e quelle
più polemiche di Platone, del sofista Trasimaco e dell' oligarca
noto come pseudo-Senofonte, la democrazia ateniese era caratterizzata
dal coinvogimento dei dêmoi nella gestione del potere
politico.
Benchè dêmos indicasse in origine ogni distretto (urbano
o rurale) in cui era suddivisa Atene, in seguito, con la riforma
antioligarchica di Clistene, il termine indicò genericamente "il
popolo che agisce congiuntamente". Con Clistene, la partecipazione
dei cittadini alle deliberazioni dell' assemblea ateniese e alle
funzioni esecutive divenne indipendente dal censo. Così, benchè
dalla democrazia fossero esclusi gli schiavi e gli stranieri,
Atene realizzo il primo esempio storico di partecipazione politica
estesa ai ceti meno abbienti (come i contadini poveri, i marinai
della flotta). Nel momento di massimo sviluppo i cittadini attivi
di Atene non superarono i 40-50.000. La democrazia era perciò una
forma di democrazia diretta in cui era possibile,
in ogni momento della giornata udire la voce dell' araldo che chiamava
i cittadini alle pubbliche deliberazioni.
Poichè è principio
necessario che tutti abbiano uguale diritto di voto nella
democrazia, la maggioranza è sovrana.Principi fondamentali
sono l' isonomia, la libertà, l' isocrazia
e l' isegoria. Per l' isonomia la legge è uguale per
tutti; la libertà è condizione necessaria e scopo della democrazia;
l' isocrazia e l' isegoria ("eguaglianza di potere" e "libertà di
parola") variamente intese nei tempi, sono i mezzi per la realizzazione
del governo democratico.
Scomparso
in epoca romana, feudale e assolutistica, il termine democrazia
rinacque con la Rivoluzione francese e con l' ala più estrema
dei rivoluzionari, i giacobini. Il comune di Parigi che, fino alla
caduta di Robespierre, rappresentava la democrazia diretta del popolo
parigino rispetto a quella elettiva della convenzione, costituisce
una sorta di riattualizzazione dell' antica pólis ateniese.Si
deve notare tuttavia che il termine democrazia non giocò un ruolo
decisivo nei dibattiti dottrinari della Rivoluzione francese, e
neppure di quella americana, che pure, date le caratteristiche straordinarie
della nuova repubblica, realizzò la prima forma veramente moderna
di democrazia.
E' stato A.
de Tocqueville, con la sua grande opera sulla rivoluzione
americana (La Democrazia in America, 1835-40),
a iniziare il dibattito moderno sulla democrazia. Per lui il vero
marchio democratico della società americana risiedeva non solo nella
costituzione federale, ma soprattutto nel vasto associazionismo
politico, che realizzava una partecipazione diffusa dei
cittadini agli affari di interesse comune. Già in questa opera Tocqueville
prevedeva una decandenza degli interessi politici, e quindi dell'
autentica democrazia politica americana, in favore di quelli strettamente
economici.
Per Tocqueville, il passaggio del potere dalle mani dell' aristocrazia
a quelle del "terzo stato" era una tendenza di fondo delle società
moderne, ed era già in gran parte realizzato anche in Inghilterra
e in Francia, nella quale ricevette l' ultima sanzione con l' ascesa
al potere di Luigi Filippo d' Orléans. Tutti i paesi precedentemente
nominati potevano essere definiti società "democratiche", in quanto
in esse il potere non è più nelle mani dell' aristocrazia.
Questo però non le rendeva esenti dal rischio di governi autoritari.
Anzi, alcui aspetti delle società moderne, in particolare il centralismo
amministrativo e la cura esclusiva del proprio interesse particolare
da parte dei cittadini, come accennato precedentemente, favoriscono
questa degenerazione, realizzando il paradosso di "società
democratiche ma non libere": "La frenesia di arricchire
a qualunque costo, la passione degli affari e del lucro, la ricerca
del benessere e dei godimenti materiali sono le passioni più
comuni e diffuse. Esse dilagano facilmente in tutte le classi, (...)
perverrebbero in breve tempo a snervare e degradare l' intera nazione,
se nulla intervenisse per raffrenarle.
Orbene, è appunto nella peculiare essenza del dispotismo
il favorirle e l' estenderle. Quelle passioni debilitanti gli giovano:
esse sviano la mente degli uomini dagli affari pubblici e la tengono
occupata altrove, cosicchè essi tremano al solo pensiero delle rivoluzioni.
Il solo dispotismo può propiziare per essi quel segreto e quell'
ombra che mettono a loro agio le cupidigie, e consentono di inseguire
illeciti lucri senza timore di disonorarsi. Senz' esso, siffatte
passioni sarebbero state forti; con esso, trionfano.
La libertà sola, per contro, può efficacemente combattere
in simili società i vizi che sono ad esse connaturali, e frenarle
sulla china dove tendono a scivolare. Essa soltanto, invero, può
sottrarre i cittadini all' isolamento dovuto alle loro stesse condizioni
di vita, per costringersi a riaccostarsi l' uno all' altro; essa
sola li anima, li mette diuturnamente in contatto con la necessità
di concentrarsi, di persuadersi, di reciprocamente giovarsi della
pratica dei comuni affari. Essa soltanto è in grado di strapparli
al culto dell' oro e alle meschine faccende giornaliere dei
loro affari privati, per farlo sentire e vedere, in ogni momento,
la circostante e sovrastante presenza della patria; essa
soltanto può sostituire di tempo in tempo all' amore del benessere
passioni più energiche e alte, offrire all' ambizione scopi maggiori
che non quello di far quattrini, creare la luce che permette di
scorgere e giudicare i vizi e le virtù degli uomini.
Le società democratiche, ma non libere, possono essere ricche,
raffinate, ornate, anche magnifiche, potenti per il peso
della loro massa omogenea; vi si possono ritrovare doti individuali,
buoni padri di famiglia, onesti commercianti, e proprietari stimabilissimi;
vi si troveranno pure dei buoni cristiani [...]; ma ciò che
non si vedrà mai, oso affermarlo, in simili società, sono i grandi
cittadini, e soprattutto un grande popolo; né temo di asserire
che il comune livello delle menti e degli animi mai non s' arresterà
nel suo abbassamento, fino a che l' uguaglianza e il dispotismo
andranno assieme congiunti."
Dopo Tocqueville,
il dibattito non ha più riguardato tanto l' essenza filosofico-politica
della democrazia, ma le forme giuridiche e le condizioni materiali
che consentono ai sistemi politici di salvaguardare i principi costituzionali
e democratici formulati da Montesquieu e da Tocqueville e, all tempo
stesso, la necessità di razionalizzare le decisioni, e quindi la
produttività politica dei sistemi.
Con l' eccezione di pensatori isolati (come Hannah Arendt), il dibattito
sulla democrazia include sempre più spesso problemi pratico-dinamici
come il mutamento, il consenso, il ricambio delle élites, le
procedure decisionali, e sempre meno la natura della democrazia
diretta; oppure il concetto di "democrazia internazionale"
che si riferisce alla democrazia come oggetto di rilevanza e
interesse internazionali o planetari e la democratizzazione dei
rapporti internazionali.
Fonti:
- Enciclopedia
Italiana Treccani, Vol XII; 1950
- Le Garzantine
- Filosofia ; Ed. Garzanti; 1999
- La Filosofia,
Storia e Testi, Vol III ; Giacchè/Tognini; Ed. La Nuova
Italia; 1996
- Tocqueville, L'
antico regime e la rivoluzione [1856], trad. a cura di
N. Matteucci, in Scritti politici, Vol I, La rivoluzione
democratica in Francia, Torino, Utet, 1969, rist 1977, pp.600-2
- Il Nuovo Zingarelli,
Ed. Zanichelli; 1988
- Una giornata
del mondo, Luigi Bonanate, Ed.Mondadori, 1996
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