I. COMMERCIO DELL'OPPIO
"Guerra dell'oppio" è il nome dato
agli scontri armati tra truppe cinesi e forze di sbarco britanniche,
che appoggiavano militarmente l'importazione dell'oppio in
Cina, contro la volontà del governo cinese. Porta la data
del 1840-'42.
Da molto tempo i cinesi usavano
l'oppio come medicinale. Era prodotto in Cina in quantità
limitate e dal sec. XVIII veniva importato attraverso Canton
dalla Compagnia (inglese) delle Indie orientali. Questa Compagnia
aveva il monopolio del commercio tra l'Inghilterra e la Cina
e da questa importava soprattutto seta e tè. Pensava dapprima
di pagare le importazioni con le esportazioni di tessuti di
lana dello Yorkshire; ma resasi conto delle difficoltà di
esportarne in grande quantità, decise di ricorrere piuttosto
al commercio dell'oppio, che la Compagnia coltivava nel Bengala.
Il vizio del fumo dell'oppio si
era diffuso in Cina durante il XVIII sec., fino a diventare
una piaga sociale, sintomo della decadenza dei tempi. L'incoscienza
dei mercanti, non solo inglesi, nell'approfittare dell'occasione
appartiene alle deformazioni del "libero commercio". D'altra
parte il governo cinese era incapace di frenare l'importazione
della droga e il vizio del fumo d'oppio. Nel 1729 un editto
imperiale proibiva il commercio e il fumo d'oppio; nel 1796
un altro decreto vietava l'importazione e la produzione in
Cina. Dopo il 1800 editti e decreti proibitivi si moltiplicarono.
Senza effetto, perché il commercio-importazione e le fumerie
trovavano troppe connivenze in Cina, da parte di mercanti,
funzionari e società segrete organizzate per la malavita.
Il contrabbando era diventato un vero "interesse cantonese"
e i mercanti stranieri erano pronti a farsi strada corrompendo
chi doveva vigilare sul contrabbando.
Dal 1800 al 1821 le importazioni
di oppio erano in media di 4.500 balle (di 133 libbre l'una)
all'anno. Nel 1838 erano diventate 40.000 balle. Ciò comportava
per la Cina un'emorragia di argento per pagare le importazioni:
dal 1821 al 1839 un deficit per la Cina di 100 milioni
di once d'argento. Il danno si riversava specialmente sulla
popolazione rurale, che era tenuta a pagare le tasse in un
controvalore riferito all'argento; e questo era cresciuto
di valore, data la crescente scarsità.
Il commercio con la Cina, e non
solo quello dell'oppio, era lucrativo. Il monopolio affidato
da parte inglese alla Compagnia delle Indie orientali contrastava
con le richieste di altre ditte commerciali inglesi. Ciò portò
il governo inglese a sciogliere (1834) la Compagnia; ma in
questo modo, di fronte alle autorità cinesi di Canton i mercanti
inglesi non avevano più un "capo" (daiban o taipan)
responsabile per loro, per cui Londra nominò allora un "sovrintendente";
ma non era un mercante, come si aspettavano i cinesi: l'incarico
invece venne dato a Lord Napier, nobile ed ex-ammiraglio.
Da questa nomina gli inglesi si ripromettevano di poter trattare
con la Cina, alla pari, un accordo su problemi di interesse
comune.
II. TENTATIVI
DIPLOMATICI
Primo e principale desiderio dell'Inghilterra
era quello di aprire con la Cina un normale e riconosciuto
canale di comunicazione che non fosse quello di vassallaggio
e tributi, non ristretto, nell'ipotesi migliore, a quello
di mercanti, ospiti temporanei, controllati dai mercanti cinesi
autorizzati agli scambi. Ma queste erano le uniche formule
giuridiche accette alla corte di Pechino. I tentativi inglesi,
ripetuti fin dal sec. XVIII, di cambiare la situazione erano
andati falliti. C'erano inoltre da chiarire altri problemi
che concernevano alcune pratiche penali cinesi, quali arresto
arbitrario, tortura e pene corporali, inammissibili per il
diritto anglosassone; solo per un modus vivendi non
concordato, le autorità cinesi lasciavano spesso che i "capi"
stranieri trattassero le cause penali dei loro connazionali.
Non era poi previsto nessun modo per i mercanti stranieri
di riscuotere i debiti contratti dai colleghi cinesi per prestiti
o altro.
Nel luglio 1834 Lord Napier arriva
a Macao e poi a Canton. Ignora molti requisiti del protocollo
cinese e soprattutto si comporta da "ambasciatore", non richiesto
né approvato dai cinesi, e non da "capo" dei mercanti inglesi.
Nasce qualche incidente, ma il momento serve solo da sintomo
dell'incomprensione reciproca tra due mentalità di rapporti
internazionali; per i cinesi questi non possono ancora aver
altra forma che quelli di un vassallo verso l'imperatore di
Cina.
Nel 1837 Charles Elliot, che è
diventato il nuovo "sovrintendente" inglese, cerca con più
tatto di trattare alla pari con il governatore generale di
Canton; ma per ottenere solo rimproveri per osare tanto e
un rinnovato rifiuto.
III. MANO
FORTE CINESE
Un fiero nemico dell'uso dell'oppio
era Lin Zexu, governatore delle due province dello Hubei e
dello Hunan, nella Cina centrale, che confiscava intere partite
di oppio e materiale per fumarlo e distribuiva medicinali
a chi voleva liberarsi dal vizio. Nel 1839 Lin è nominato
commissario a Canton, perché si adoperi per impedire il contrabbando
della droga. A Canton ordina agli inglesi di consegnare subito
tutto l'oppio giacente nei loro magazzini e nelle loro navi.
Per rovesciare le loro resistenze, fa mettere l'assedio agli
inglesi nei quartieri riservati agli stranieri a Canton e
ordina ai loro domestici cinesi di abbandonarli. A questo
punto interviene l'autorità inglese: Elliot riesce a convincere
i mercanti a cedere. Vengono consegnate a Lin Zexu oltre 1.270
t di oppio. Il sequestro degli inglesi, per sei settimane,
era giustificato dal punto di vista legale cinese; ma aveva
porto l'occasione al rappresentante di S.M. Britannica di
intervenire direttamente: il puro interesse commerciale venne
a mischiarsi con elementi politici.
Come osserva lo storico cinese
Li Jiannung, "i mandarini cinesi a tutti i livelli continuavano
a sognare; non erano capaci di far altro che ordinare alle
hong (associazioni di mercanti cinesi autorizzate a
trattare con i mercanti stranieri) di tenere a bada i barbari,
in modo che non si comportassero male; non si rendevano conto
che la guerra era vicina e che l'oppio era una miccia eccellente,
già accesa per provocare lo scoppio di un'invasione militare".
Se l'oppio era un male e un affronto per la Cina, il cozzo
di due civiltà e l'irrigidimento della corte di Pechino erano
apportatori di tempesta.
Lin Zexu condiziona la ripresa
di scambi commerciali da parte di mercanti inglesi alla firma
di un documento dove si impegnano a non importare più oppio
e insieme accettano i provvedimenti penali cinesi per la punizione
dei trasgressori; la pena poteva essere anche l'esecuzione
sommaria del contrabbandiere. In vista di queste implicazioni
penali, Elliot proibisce agli inglesi di firmare.
Interviene nel luglio 1839 un incidente
a mettere a vivo il conflitto tra due mentalità e pratiche
giudiziarie: il rifiuto di Elliot di consegnare alle autorità
cinesi un marinaio inglese che nell'ubriachezza ha ucciso
un cinese. Consegnarlo voleva dire farlo condannare a morte;
Elliot lo giudica in corte marziale secondo la legge inglese.
Lin Zexu insiste sulla richiesta e la accompagna con rinnovate
vessazioni ai danni dei mercanti inglesi.
IV. OSTILITÀ
Il 3 novembre 1839 la flotta inglese
attacca il forte di Chuanbi, la prima difesa marittima di
Canton; nella scaramuccia che segue, tre cannoniere cinesi
vanno a fondo. L'imperatore Daoguang nel gennaio 1840 vieta
per rappresaglia ogni commercio con gli inglesi. Sotto il
comando di George Elliot, cugino di Charles, la flotta inglese
si dirige allora verso il nord della Cina. Alcuni rapporti
cinesi presentano questa mossa, che evita di attaccare Canton,
come motivata dalla impenetrabilità delle difese marittime
della città. I documenti spiegano la cosa diversamente: il
clima politico di Canton non presentava vie d'uscita e gli
inglesi volevano aggirare l'ostacolo, arrivando per altra
via alla corte di Pechino, che sospettavano male informata
da Lin Zexu.
Forte di 15.000 uomini, nel giugno
1840 la flotta inglese giunge di fronte ad Amoy (attuale Xiamen,
prov. del Fujian). Una fregata issa la bandiera bianca e si
dirige a terra per recare un messaggio. I cinesi ignorano
il significato della bandiera bianca e sparano; gli inglesi
rispondono al fuoco. Poi procedono verso il nord, occupano
il 4 luglio il porto di Dinghai (isola di Zhousan), riescono
a inviare un messaggio a Ningbo, bloccano i porti nei pressi
della foce del fiume Yangzi, avanzano fino al fiume Beihe,
vicino a Tianjin. Qui riescono a farsi ascoltare da Qisan,
governatore del Zhili, responsabile della difesa della capitale.
Desideroso solo di allontanare gli inglesi e convincerli a
tornare al sud, si mostra conciliante; ma a parole. Gli inglesi
compiono sbarchi dimostrativi nelle province orientali. Bombardano
la foce del fiume Beihe.
La corte comincia allora a sospettare
che Lin Zexu abbia esagerato e che gli inglesi abbiano una
parte di ragione. L'imperatore lo destituisce e invia Qisan
a Canton per trattare con i cugini Elliot. Qisan pensa dapprima
che per far cessare le ostilità basti ripristinare il commercio
cino-inglese. Ma gli inglesi vogliono di più: una base commerciale
a Hong Kong per sottrarsi alle autorità provinciali di Canton
e l'abolizione del sistema di rapporti internazionali basato
sul vassallaggio-tributi.
Qisan non può andare tanto lontano.
La flotta inglese occupa quindi il forte di Chuanbi e minaccia
Humen, nelle vicinanze di Canton. A questo punto Qisan firma
il 20.1.1841 la Convenzione di Chuanbi in quattro punti: cessione
di Hong Kong, indennità agli inglesi di 6 milioni di dollari
(messicani), rapporti cino-inglesi su basi paritarie, riapertura
del porto di Canton. Gli inglesi da parte loro restituiscono
i forti occupati.
L'imperatore cinese non approva
la Convenzione; ordina la deposizione di Qisan, nomina il
nipote Yisan "generale per la soppressione dei barbari" e
invia nuove truppe a Canton. Prima dell'arrivo delle truppe,
Elliot occupa tutti i forti che difendono Canton. Tra aprile
e maggio i cinesi attaccano, ma da una posizione di svantaggio.
Elliot assedia Canton. Yisan chiede la tregua e il 27 maggio
1841 firma un documento, dove si impegna a pagare entro una
settimana 6 milioni di dollari in cambio dell'incolumità di
Canton, e a ritirare le truppe a cento chilometri da Canton;
nell'accordo, la decisione su Hong Kong è rimandata ad altra
data, ma gli inglesi vi istituiscono una loro amministrazione.
L'imperatore non accetta neppure
questo accordo; vuole gettare a mare gli inglesi. Questi sotto
la guida del nuovo ministro plenipotenziario Pottinger decidono
di trattare solo dopo aver convinto i cinesi che è inutile
combattere. La flotta inglese, con rinforzi dall'India, occupa
Amoy, rioccupa Dinghai, sbarca su tutta la costa orientale
della provincia del Zhejiang, conquista Shanghai e risale
lo Yangzi. Il 21 luglio 1842 occupa Zhenjiang all'incrocio
tra il canale imperiale e il fiume. L'imperatore a questo
punto accetta di trattare.
V. TRATTATO
DI NANCHINO
Ai plenipotenziari cinesi, Pottinger
presenta un ultimatum, pena il bombardamento di Nanchino.
Sotto questa minaccia, il commissario imperiale Qiying firma
il 29 agosto il Trattato di Nanchino, che apre la serie dei
"Trattati ineguali".
Oltre a un'indennità di 21 milioni di dollari (messicani),
il trattato decide: cessione perpetua di Hong Kong alla corona
inglese, apertura di cinque porti (Canton, Fuzhou, Amoy, Ningbo,
Shanghai), tariffe doganali unitarie, corrispondenza ufficiale
su basi di parità. Nei cinque porti possono risiedere inglesi
con le famiglie e vi godono dell'extraterritorialità.
I funzionari sono particolarmente feriti dalla clausola sulla
parità ("cielo e terra sono ribaltati"); ma il danno più grave,
come risulterà col tempo, è la clausola sui diritti doganali.
Dell'oppio, che era stata la scintilla del conflitto, il trattato
parla appena indirettamente.
Nel 1844, analoghi accordi vennero stipulati dai cinesi con
Stati Uniti e Francia, accordando anche a loro la clausola
della ""nazione più favorita". Senza combattere la "guerra
dell'oppio", francesi e americani entrano così nel teatro
cinese.
G. Melis
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