Shebergan è una località nella zona nord-occidentale
dell'Afghanistan. C'è il più grande campo di prigionia
del Paese, i prigionieri, catturati durante l'avanzata dell'Alleanza
del Nord verso Kabul, secondo le stime sarebbero 3000.
Com'è la situazione oggi? (Intervista
a Kate Rowlands, responsabile dei programmi di Emergency in Afghanistan.
Fonte: Peacereporter.it)
Quando sono iniziati i progetti di Emergency in favore dei prigionieri?
Il programma per i prigionieri è iniziato nel 2001.
Avevamo ricevuto un prigioniero talebano dalla linea del fronte nella
piana di Shomali. Era stato portato nel nostro ospedale in condizioni
molto gravi. Lo ricoverammo per un mese.
Poi, è stato trasportato in una prigione in Panshir. E' da
quel momento, si può dire, che abbiamo iniziato il programma
carceri. Inizialmente nella prigione di Duab, nella valle del Panshir,
dove erano detenuti circa un migliaio di prigionieri, di tutte le
nazionalità.
Abbiamo fornito assistenza sanitaria, aprendo un ambulatorio, e portato
aiuti, ad esempio coperte. E cibo quando necessario.
Fondamentalmente il nostro lavoro è legato ai diritti umani:
il diritto alla salute, il diritto a ricevere una giusta cura, il
diritto a una buona alimentazione.
All'inizio il programma riguardava i prigionieri detenuti dall'Alleanza
del Nord, perciò si deve supporre che quei prigionieri fossero
talebani, è così?
Sì, di diverse nazionalità. Ceceni, iracheni, afgani,
pachistani: differenti nazionalità, ma tutti combattevano per
i talebani.
Avete mai pensato "Stiamo aiutando dei terroristi?"
Mai. Emergency non si occupa di politica. Ci prendiamo cura di esseri
umani. Di diritti umani.
Dall'altra parte del fronte c'erano i talebani, come avete cominciato
a lavorare con loro?
Sia l'Alleanza del nord che i talebani ci hanno contattato. Ci hanno
chiesto di sostenere, in qualità di mediatori neutrali, la
commissione ufficiale di visita ai prigionieri: delegazioni di tre
persone da entrambe le parti furono autorizzate, se accompagnate da
Emergency, a visitare i propri prigionieri detenuti dal nemico. I
talebani sono andati a visitare le prigioni dell'Alleanza del nord,
e l'Alleanza del nord è potuta andare nelle prigioni dei talebani.
Controllare lo stato di salute dei prigionieri, portare loro dei soldi,
lettere, e cose di questo tipo.
Sono stati loro a chiederci di farlo. Prima questo era compito della
Croce Rossa Internazionale, ma nessuno era soddisfatto della loro
commissione di scambio. Per questo hanno chiesto ad Emergency di occuparsene.
Com'erano le condizioni dei prigionieri, per quanto riguarda i
diritti umani, da entrambe le parti?
All'inizio Emergency visitava soltanto le prigioni nel Panshir. E
lì i detenuti erano in condizioni discrete. Potevano fare il
bagno e nuotare nel fiume, ed era loro concesso pregare.
Le condizioni non erano certo ottimali, ma complessivamente lo stato
di salute dei detenuti non era cattivo.
E nelle prigioni controllate dai talebani? Avete assistito a violazioni,
torture, cose di questo tipo?
Non le ho viste direttamente, ma sono stata informata dai prigionieri
che questo era accaduto. E le condizioni fisiche dei detenuti lo confermavano.
Che cosa è successo poi, quando Kabul è stata presa
dall'Alleanza del nord?
Ci è stato di nuovo chiesto di aprire ambulatori in diverse
prigioni.
Oggi lavoriamo in cinque prigioni a Kabul, e in tre di queste abbiamo
ambulatori, dove il nostro personale sanitario visita i detenuti e
li rifornisce regolarmente di medicinali. Distribuiamo anche cibo
e generi di prima necessità in occasione delle maggiori feste
religiose, che sono molto importanti per queste persone. Forniamo
anche coperte e vestiti se necessario. Lavoriamo sodo per cercare
di garantire i diritti umani di questa gente.
La condizione dei prigionieri è migliorata negli ultimi
due anni, da quando l'Afghanistan è stato liberato?
Nelle prigioni di Kabul l'alimentazione non è un granché,
ma lo standard è sufficiente, mentre a Shebargan, nel nord
del Paese, è tutta un'altra storia...
Un gran numero di prigionieri detenuti a Shebergan sono di fatto
i sopravvissuti del massacro di Mazar I Sharif.
E' corretto. Sono stati trasportati in containers, chiusi dentro per
più di ventiquattr'ore e poi inviati a Shebargan. Quando hanno
aperto i containers - e questo è stato verificato sia dalle
autorità che dai prigionieri stessi - molti di loro erano morti
o moribondi.
Molti erano feriti e non hanno ricevuto alcun trattamento, alcuni
di loro, ancora oggi, hanno bisogno di interventi chirurgici che non
possono essere praticati in carcere.
Ci sono dati? Quante persone sono state portate a Shebargan nei
containers e quante sono morte?
Il nostro team ha cercato in ogni modo di ottenere dati certi. Io
personalmente ho chiesto più volte di vedere i registri, ho
chiesto più volte di vedere le statistiche del carcere per
capire esattamente quanti ne fossero morti, dal loro arrivo a Shebargan
fino al nostro intervento. Ma non siamo riusciti ad ottenere quei
dati.
Quei prigionieri sono mai stati imputati di qualche crimine? Sono
detenuti in base ad accuse specifiche?
Al nostro arrivo a Shebargan i detenuti erano circa tremila. Fino
ad oggi, per quanto ne so, non c'è stato nessun processo, nessun
avvocato, nessuna giuria.
Tremila persone. La prigione è così grande?
Quando abbiamo iniziato a lavorare qui, le celle che oggi ospitano
circa trenta persone ne contenevano cento, anche duecento. Era un
inferno.
Chi controlla questa prigione, chi ne è il responsabile?
Le forze statunitensi e il governo degli Stati Uniti hanno molta
influenza su tutti i prigionieri in Afghanistan. Noi di Emergency
l'abbiamo verificato di persona, e lo abbiamo anche saputo dalla autorità.
Le forze speciali Usa hanno visitato la prigione anche la settimana
scorsa, e hanno interrogato sessantasei prigionieri.
Perché, a quale titolo le forze speciali Usa entrano nelle
prigioni afgane?
Entrano senza chiedere autorizzazioni, interrogano chiunque senza
testimoni, e se lo ritengono necessario prelevano i detenuti e li
portano nelle loro basi militari.
Ci sono stati prigionieri prelevati da Shebergan e inviati a Guantanamo?
Sì, molte persone sono state portate a Guantanamo. Vi posso
raccontare la storia di un vecchio che ci aveva chiesto libri e testi
scolastici, perché voleva insegnare ai prigionieri più
giovani.
Diceva che sarebbe servito per il loro futuro. Così abbiamo
comprato dei libri a Kabul, e quando siamo tornati a Shebargan con
i testi e una lavagna abbiamo saputo che il vecchio era stato portato
via dalla forze statunitensi e mandato a Guantanamo.
Ne ricorda il nome?
Noi lo chiamavamo Haji. Era afgano. Ma vorrei sottolineare un altro
punto: quando le forze speciali Usa arrivarono per la prima volta
nella prigione, mi sorprese molto che non ci fosse alcun delegato
della Croce Rossa Internazionale. Emergency era l'unica organizzazione
umanitaria presente agli eventi come testimone indipendente, purtroppo
non durante gli interrogatori. Ma siamo riusciti lo stesso a fornire
sostegno psicologico ai detenuti, tutti terrorizzati, spaventati dall'idea
di essere prelevati dai soldati statunitensi e portati via. E' stato
orribile vedere questi prigionieri con i piedi incatenati, ammanettati
dietro la schiena, fatti camminare avanti e indietro nel cortile della
prigione.
Dal modo in cui descrive la situazione, sembra che Guantanamo
non sia soltanto a Cuba. Ci sono tante Guantanamo anche in Afghanistan.
Anche voi avete questa impressione?
Sì, è così. Emergency è autorizzata ad
entrare in ogni carcere afgano controllato dal governo. Non è
così per quelle amministrate dalle forze statunitensi. Diverse
volte abbiamo chiesto di poter visitare i detenuti nelle basi aeree
di Bagram e di Kandahar. Abbiamo anche scritto più volte lettere
ufficiali di richiesta al comandante delle forze Usa ma non abbiamo
mai avuto risposta.
Solo una volta, ufficiosamente, un colonnello statunitense ci ha informato
che non avremmo avuto accesso a Bagram e che avremmo ricevuto una
spiegazione scritta. Dai loro avvocati.
Naturalmente quella lettera non è mai arrivata.
Perché le autorità afgane permettono che degli stranieri
interroghino la gente senza testimoni o che prendano delle persone
e le portino in posti sperduti come Guantanamo?
Non ho idea del perché le autorità afgane permettano
che simili cose accadano.
Ho chiesto al governatore della provincia di Jawzan perché
a Kabul molti prigionieri sono stati liberati, mentre questo non avviene
qui a Sheberghan. E' da più un anno che qui noi parliamo dei
prigionieri malati, del problema della tubercolosi, delle terribili
condizioni nel carcere, del peggioramento dello stato di salute dei
prigionieri, dell'assenza dei diritti umani.
La risposta che ho ricevuto dal governatore è stata che il
presidente Karzaj ha in effetti richiesto la liberazione di vari prigionieri,
inclusi quelli di Sheberghan, ma le Forze speciali Usa hanno prima
voluto visitare la prigione. In seguito alla visita hanno bloccato
la liberazione di alcuni di questi prigionieri, dichiarando che alcuni
dei detenuti avevano affermato che, una volta liberi, avrebbero attaccato
i soldati statunitensi.
E il governatore crede a questa spiegazione?
Penso l'abbia dovuta accettare senza far domande.
Sembra che il Presidente afgano abbia facoltà di emettere
ordini, ma che questi ordini possano essere superati dalle Forze speciali
statunitensi.
Sì, è così.
E' accaduto che selezionassero le persone da portare a Guantanamo
semplicemente chiedendo ai prigionieri allineati: "chi di voi
parla inglese?"
Si, non l'ho visto con i miei occhi, ma ne ho sentito parlare da più
fonti. Autorevoli fonti.
Quando e perché avete cominciato a lavorare nel carcere
di Shebergan?
Alla fine di aprile 2002, cinquecento prigionieri erano stati liberati
dal carcere di Sheberghan e mandati a Kabul. Le autorità di
Kabul erano così preoccupate per le loro condizioni che avevano
contattato Emergency per ricevere aiuto. I detenuti più gravi,
una trentina circa, furono portati al nostro ospedale. Le loro condizioni
erano molto critiche. Erano tutti denutriti, uno di loro è
morto in pronto soccorso, subito dopo essere stato scaricato dall'ambulanza.
E' stato a quel punto, vedendo le loro drammatiche condizioni di salute,
che abbiamo immediatamente contattato la sede di Emergency a Milano
per decidere il da farsi: ci hanno detto di spostarci immediatamente
a Sheberghan.
Nel giro di due giorni, il tempo di ricevere le autorizzazioni delle
autorità di Kabul, ci siamo recati a Sheberghan con un camion
di medicinali e altro materiale di primo soccorso.
In quali condizioni versava il carcere al vostro arrivo, sotto
il profilo della salute, dell'igiene e dei diritti umani?
Terribili. C'erano persone moribonde all'interno del carcere, che
abbiamo immediatamente trasportato fuori adagiate su delle coperte,
per poter mettere loro delle flebo. Tutti i prigionieri presentavano
malattie croniche, malattie della pelle, scabbia, diarrea, disidratazione,
malnutrizione. Inoltre le celle erano luride e strapiene, infestate
dai pidocchi.
Non veniva dato loro del cibo?
Si, gliene davano, ma non abbastanza. Era palesemente insufficiente.
E' per questo che nell'ultimo anno e mezzo Emergency ha fornito oltre
80 kg al giorno di fagioli, che sono ricchi di proteine e diversi
litri di olio, per rimediare alle scarse risorse del carcere.
Poi avete aperto un ambulatorio all'interno della prigione...
Sì, un ambulatorio dove il nostro personale sanitario esegue
visite quotidiane, e una struttura con quattordici posti letto per
ospitare i malati cronici più gravi. La patologia più
diffusa è la tubercolosi, polmonare ed extra-polmonare. Molti
malati hanno recidive, l'alimentazione insufficiente, il sovraffollamento,
le condizioni psicologiche, tutto questo ovviamente aumenta le possibilità
di contrarre nuovamente la tubercolosi. In più ci sono un gran
numero di infezioni urinarie e respiratorie. Quel carcere è
il terreno di coltura ideale per le malattie croniche.
Ha parlato di tubercolosi. A Kabul c'è una massiccia presenza
dell'Oms, che lavora a stretto contatto con il ministero della Sanità,
scrivendo manuali, protocolli e linee guida. Che cosa fanno, nella
pratica?
Credo che abbiano visitato la nostra clinica nella prigione di Shebergan
un paio di volte. Ma sono sicura, perché l'ho verificato sia
con le autorità che con i prigionieri, che il personale dell'Oms,
responsabile del programma nazionale contro la tubercolosi, mai una
volta è entrato nei raggi e nelle celle per visitare i detenuti
malati.
Non aveva paura di entrare in celle con dentro otto, dieci, venti
presunti terroristi, con qualcuno che chiudeva la porta dietro di
lei, una donna occidentale, per giunta inglese?
Mai, mai. I prigionieri sono sempre stati gentili, e sempre disponibili.
Vedete, loro apprezzano Emergency, anzi, la adorano. Abbiamo ricevuto
regali, dolcissime lettere di ringraziamento per essere stati al loro
fianco.
Da dove vengono questi prigionieri?
La maggior parte dal sud dell'Afghanistan. Da Kandahar, Helmand, Uruzgan
nel sud del paese, ma anche da altre parti. I prigionieri pakistani
vengono da ogni parte del Pakistan: da Karachi, Islamabad, Lahore,
Punjab, dal Kashmir...
Qual è l'età media dei prigionieri?
Direi tra i venti e i trentacinque anni.
E i delegati dell'Icrc visitano regolarmente i prigionieri?
Sì, visitano regolarmente i prigionieri, portano lettere delle
famiglie e, suppongo, forniscono sostegno psicologico. L'anno scorso
hanno interrotto la fornitura di cibo, dichiarando che dovrebbe essere
responsabilità del governo farlo. E questo è giusto,
da un certo punto di vista.
Ma da un altro punto di vista, come possiamo noi lasciare quasi mille
persone in queste condizioni? Giusto ieri, ad esempio, abbiamo accettato
di occuparci della pulizia della fossa settica, perché le condizioni
igieniche non erano tollerabili. L'abbiamo fatta pulire, migliorando
incredibilmente, come si può facilmente immaginare, le condizioni
dei prigionieri.
In tutto ci è costato ventidue dollari. Ne valeva la pena,
direi.
Avete chiesto il rilascio di alcuni prigionieri su basi cliniche?
Sì. Abbiamo una lista di prigionieri, più di un centinaio,
che necessitano un rilascio immediato. Recidive di tubercolosi, ipertensione
maligna, problemi renali cronici. Ci sono persone anziane che stanno
in piedi a malapena. Vorrei aggiungere una cosa: Emergency tiene un
registro aggiornato con i nomi di tutti i prigionieri e le notizie
sul loro stato di salute. Questa naturalmente è una garanzia:
se qualcuno sparisce noi lo veniamo a sapere.
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