Lo sviluppo dimezzato (Ektor Georgiakis)

Siamo arrivati sulla luna e stiamo pensando a Marte. Abbiamo inventato missili che colpiscono un'auto a 400 chilometri. Siamo riusciti e clonare esseri viventi. Abbiamo costruito robot che fanno operazioni chirurgiche a distanza. In circa vent'anni abbiamo creato una rete telematica planetaria che ha rivoluzionato il mondo. Questo è lo sviluppo che la Modernità ci aveva promesso e per il quale stiamo pagando, in pieno consenso, un prezzo molto alto in termini di libertà e serenità.

Poi arriva l'uragano Katrina che mette in ginocchio New Orleans e l'intera costa del Golfo del Messico, mettendo in luce la fragilità e l'impreparazione del governo più potente del mondo. Il petrolio si sparge ovunque qua e là negli oceani, ma le industrie petrolifere (le padrone del mondo) sembrano disarmate verso eventi che non sanno prevenire nè affrontare velocemente.

Oppure si crea uno tsunami che distrugge intere regioni asiatiche, evidenziando l'incapacità di quelle popolazioni a prevedere e gestire una simile emergenza. Seguono terremoti a l'Aquila, ad Haiti e in Cile. E nuovamente assistiamo all'imprevidenza e all'impotenza del pianeta di fronte a catastrofi naturali di questa ampiezza. L'Italia frana e smotta quasi ovunque, e la "settima" potenza del pianeta riesce solo a fare fastisi funerali. Infine arriva la nube islandese, e l'intera Europa si paralizza subendo danni economici smisurati.

Di fronte a queste catastrofi naturali lo sviluppatissmo pianeta post-moderno si trova nelle stesse condizioni dell'antica Roma di fronte a Pompei: riesce solo a guardare e piangere. Come si spiega questa arretratezza in certi ambiti, a fianco di una sviluppo enorme in certi altri?

Una spiegazione plausibile è che lo sviluppo sia legato al mercato. Inventiamo, applichiamo e realizziamo solo cose che offrono almeno l'ipotesi di una diffusione di massa e dunque di un ricavo economico dal mercato. Le tecnologie spaziali hanno offerto una vistosa ricaduta economica, ma, avendo come principale committente il Governo, hanno subito negli anni un rallentamento. La tecnologia bellica non ha mai subito flessioni, perchè opera su un mercato planetario - fatto di governi ma anche di "privati" - avidissimo di strumenti di distruzione. Le biotecnologie fanno passi da gigante perchè hanno a che fare con la salute e la vita: due cose con enormi mercati. La Rete ha creato dalla nascita nerosi mercati profittevoli. L'unico settore senza mercato che tuttavia prospera è quello della ricerca fisica di base, e sembra quasi un miracolo. Chi inventasse un sistema per prevedere con esattezza i terremoti non potrebbe venderlo "porta a porta" ma dovrebbe convincere il Governo a comprarlo. Chi inventasse un sistema per dirottare o azzerare le nubi tossiche, dovrebbe addirittura convincere più Governi. Insomma, l'Evo immateriale ci dimostra ciò che già molti avevano imputato alla Modernità: il mercato è sviluppo, la politica è conservazione.

Un'altra spiegazione si può affiancare alla prima. Il mercato è molto più facilmente raggiungibile, mediante beni e servizi in sè conchiusi, non da processi. Il ricavo deriva da oggetti o servizi che siano facilmente consumabili. Difficilmente le catastrofi possono essere prevenute e affronate con piccoli o grandi dispositivi materiali. Un terremoto, uno tsunami, una nube tossica possono forse essere fronteggiati con processi complessi, gestiti da miriadi di attori che devono operare di concerto. Il mercato dei beni richiede solo consumatori, il mercato dei processi richiede attori cooperanti. Nella recente tragedia della nube islandese pare che ci siano voluti 5 giorni solo per realizzare una teleconferenza fra i ministri europei interessati. Anche ammesso che qualcuno sapesse come azzerare o dirottare la nube, a chi avrebbe potuto dirlo? Qualcuno in mezzo al Pacifico aveva previsto lo tsunami, ma non sapeva chi avvisare, perchè non esiste una rete di vedette nei Paesi del Pacifico, nè una procedura di evacuazione preventiva condivisa. La messa in sicurezza del territorio italiano rispetto alle frane, gli smottamenti e le inondazioni non è cosa che si possa risolvere con un grande macchinario governativo. Richiederebbe la vigilanza e la cooperazione di infiniti attori territoriali: cosa impossibile in Italia ed in molti altri Paesi.

Nessuno può uccidere nessuno. Mai. Nemmeno per difendersi.