T.S.O. - Trattamento Sanitario Obbligatorio

Un amico di vecchia data mi sollecita quasi quotidianamente a riflettere sullo stato di salute, segnalando come la mia vita sia - giorno dopo giorno - sempre più "a rischio".

Ménage sedentario, peso superiore al "dovuto", consumo di alcool nella media (in relazione alla mia origine veneta) e, dulcis in fundo, dipendenza da tabacco significativa e oramai oltre che ventennale. In maniera ironica, ma anche con qualche parola di serio rimprovero, egli profetizza che tra qualche anno verrò recluso a forza per ristabilire un equilibrio psicofisico tale, che mi consenta di vivere almeno quanto previsto dagli standard della media occidentale.

Nonostante a caldo la mia reazione sia di mandarlo a quel paese, successivamente a freddo, non posso che amaramente dargli ragione! I segnali della mia futura reclusione ci sono già tutti nell'oggi: la sua profezia ha un vasto sostegno popolare e sempre più ampia legittimazione legislativa.

La libertà individuale di scegliere come vivere è sottoposta ad una limitazione che a definire oppressiva è poco: la salute è oggi uno dei più preziosi oggetti sul mercato ed è essenzialmente misurata in termini socio-economici costo/beneficio.

Chi è sano lo deve rimanere il più a lungo possibile.

Chi è a rischio deve cambiare comportamenti.

Chi è malato deve curarsi, ma guarire in fretta… oppure perire.

Per ogni comportamento (presunto) deviante gli standard (maschio, 1,80, 70 KG, no fumo, poco alcool e caffè, jogging settimanale), le campagne di informazione, sensibilizzazione e cosiddetta prevenzione fioriscono. Il senso di tali iniziative può essere anche buono: offrire informazioni per sapere di cosa si può morire e contemporaneamente consentire allo Stato di risparmiare soldi. Lo slogan potrebbe essere: meno malati, meno spesa sanitaria, meno tasse (aggiungo io!). Ma a giudicare da come vanno le cose, mi sembra che l'equazione non stia funzionando. Infatti gli obblighi normativi che, in quasi contemporanea negli ultimi anni, hanno accompagnato la scelta salutista di migliaia di italiani, sono stati nel segno del più bieco proibizionismo. In linea con il paternalismo che connota il welfare da oltre 50 anni nel nostro bel paese. Siccome l'individuo non è in grado di capire che lo "stanno facendo per il suo bene", loro vietano il vietabile, obbligano all'obbligabile. Ma l'obiettivo non è la salute dei cittadini, ma la loro progressiva subordinazione. L'alcool ne è l'esempio emblematico: sconsigliano l'uso dell'alcool, aumentano le imposte su di esso, ma lo promuovono in tutto il mondo come il must del made in Italy, ne pubblicizzano il consumo in tutte le maniere.

Dunque il dogma salutista viene promulgato per obbligare a vivere più a lungo, in sicurezza per sé e per gli altri e, contemporaneamente, per limitare, con una prassi paternalista e proibizionista, la nostra libertà. Naturalmente attraverso l'abile giustificazione dei competenti organi scientifici e il megafono dei mass media, che come ben sappiamo però, di volta in volta e negli anni, cambiano parere (a proposito la cioccolata, fa bene o male?!) ma che in fondo  quasi mai si discostano dagli interessi di chi governa lo Stato e il Mercato (dei farmaci e dell'alcool, in questo caso).

Per ora io ho scelto di resistere alle pressioni del mio vecchio amico.

Non vado dal medico, non faccio analisi (di qualsivoglia liquido appartenente al mio corpo), evito accuratamente ospedali e farmacie. Sono sovrappeso, continuo a fumare, bevo come i miei coetanei veneti. Non faccio sport, né frequento palestre o parchi per il jogging.

Non ho memoria di un'influenza o di altra malattia. Ritengo di essere sano, anche di mente.

Non so fino a quando ci riuscirò! Per quelli come me, il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) è dietro l'angolo. Spero solo che sia dietro l'angolo di un'altra vita.

ACARUS, 8 ottobre 2004

Nessuno può uccidere nessuno. Mai. Nemmeno per difendersi.