Verona città okkupata - Note in margine a sgomberi, deportazioni, reclusioni di nomadi e migranti

La città di Verona si scuote finalmente dall'afoso torpore dell'estate.

Lo fa picchiando i pugni sul tavolo, come un bambino incazzato al quale non è riuscito di convincere la madre a comprargli il quotidiano gelato alla cioccolata.

Lo fa sbraitando, insultando, minacciando 10 madri "sengale" (i Rom, dalle nostre parti, li chiamiamo così!) e relativi figli, che l'amministrazione di centrosinistra ha sistemato (in senso letterale) in un asilo nido chiuso (da due anni) per lavori di ristrutturazione. Provvisoriamente, of course. Naturalmente gli abitanti di quel quartiere (ironia della sorte, porta il nome di un Santo, Bernardino) non vengono lasciati soli: Forza Nuova (quelli dell'aggressione ad Abel, tanto per intenderci) li supporta nella piazza, mentre nel Pazzo Alleanza Nazionale fa la voce grossa.

E in campo opposto i Centri Sociali (ma quanti ce ne sono a Verona?) a picchettare l'ingresso del sito (CPS, lager, carcere) nella difesa militante delle povere madri, dai possibili atti violenti del manipolo nazional fascista.

Ma, cosa sono una decina di povere madri, a confronto del grande sforzo per l'accoglienza e l'integrazione dei nomadi che la Giunta Zanotto (il sindaco, nota per gli stranieri) ha realizzato in questi mesi con il prezioso aiuto dell'Istituto religioso che prende il nome da un altro (più recente Santo (Giovanni Calabria)? I risultati: ben 150 Rom hanno deciso di integrarsi nella nostra città, gli adulti imparando un mestiere iniziando a lavorare, i minori imparando a parlare la lingua italiana e perché no il nostro bel dialetto.

Accoglienza, integrazione, assistenza che si è conclusa il 31 agosto con lo sgombero dell'accampamento dallo spazio adiacente allo Stadio. Con la contemporanea deportazione delle famiglie irriducibili al progetto di integrazione così benevolmente promosso dall'Amministrazione: i maschi chissà dove e le madri e i figli nell'asilo nido dismesso.

Ma non solo. Con la messa a norma di altri insediamenti abusivi e l'espulsione dei clandestini migranti d'ogni etnia e genere, proprio nei primi giorni di settembre, dalle forze di polizia, per garantire (dicono i malevoli) giustizia "al cerchio e alla botte" e per mostrare come la sicurezza dei cittadini (veronesi doc) stia a cuore alla progressista Giunta Zanotto.

Cosa si farebbe per conservare incontaminato il proprio spazio di vita?

A Verona, ciascuno fa la sua parte, interpreta il suo ruolo, in un teatrino che non è certo la prima volta sia stato messo sulla scena della mia benamata città.

I veronesi doc protestano perché viene occupato lo spazio dedicato all'infanzia del quartiere: ma proprio ora se ne ricordano? Appaiono esasperati dalle condizioni del quartiere (droga, prostituzione, micro-criminalità), non ce l'hanno con le povere madri che si sforzano anche di assistere (pasti e vestiti), ma chiedono il loro allontanamento magari in un altro quartiere.

L'Amministrazione amministra, ben riesce a promuovere in contemporanea, azioni di accoglienza e di controllo del territorio, dove le seconde invalidano le prime, le prime danno una luce sinistra alle seconde. Tutto ciò con la fattiva collaborazione (si usa dire così) del fiore all'occhiello delle istituzioni religiose locali (l'Istituto Don Calabria), che con questa straordinaria disponibilità e impegno ha definitivamente occupato (nel territorio del Terzo Settore locale) lo spazio fino ad oggi "vergine" della cura dei nomadi. Mi auguro almeno che l'abbiano fatto a costo 0? E altrimenti che ci facciano sapere quanto è costato alle tasche di tutti noi, veronesi doc!

Forza Nuova e i Centri Sociali, mantengono il loro dominio sulla gestione della "piazza", cristallizzando il conflitto, in uno scontro senza significato, se non quello puramente ideologico, incapaci di declinarlo nel qui e ora dei bisogni espressi dalla gente, veronese o Rom, che sia.

Circa un mese fa ero a Delo (Piccole Cicladi, Mar Egeo, Grecia).

Nel I secolo avanti Cristo, i migranti erano più dei residenti. In uno spazio di poco più di 5 km quadrati, convivevano Romani, Egiziani, Siriani, Fenici, Palestinesi, Ebrei.

Il culto di Apollo fu affiancato da una decina di altre spiritualità.

Le case dei Delii furono affiancate da quelle di stranieri che parlavano altre lingue, vestivano altre sete, mangiavano cibi cucinati con spezie conservate nel lungo viaggio. Buona consuetudine era dare all'ospite, spazi dove commerciare e dove far erigere un tempio al dio al quale era devoto.

L'agorà era lo spazio dell'incontro, del conflitto, della decisione.

Nessuno si ritraeva dal lottare per le sue richieste, nessuno parimenti si permetteva di recludere o deportare chiunque altro, la decisione alla quale si giungeva, dopo tempo e aspre disfide, era Sacra.

Dal loro tempio, Apollo e Iside osservavano il mare, vegliavano sulle coscienze dei residenti, auspicavano l'arrivo dei migranti.

Alberto Raviola

da una terra di tutti, settembre 2003

 

Nessuno può uccidere nessuno. Mai. Nemmeno per difendersi.