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DEL SENSO E DELL'UTILE DELLA PREVENZIONE

 L’idea di intervento sociale nasce come critica del determinismo. Il concetto di mondo newtoniano come orologio governato da regole ferree, è stato messo prima in discussione dall’idealismo romantico e dal vitalismo bergsoniano; poi dal principio di Indeterminazione, dalla teoria della Relatività e dalla fisica quantistica, per finire col recente costruzionismo. Dapprima si è cominciato a pensare possibile modificare la società, poi l’inconscio, poi la materia, infine il tempo.

 Ogni intervento sociale, e più di tutti la prevenzione, è frutto della speranza onnipotente di poter cambiare il destino, cioè la traiettoria esistenziale estrapolabile dalle condizioni iniziali. Prometeo ruba il fuoco per cambiare il gelido destino degli umani.

 Ogni intervento sociale si giustifica solo se e quando produce un cambiamento. Non una evasione né una parentesi; non un mondo parallelo o un’ allucinazione temporanea, non una consolazione né una protesi: ma un cambiamento concreto e duraturo nella vita dei soggetti o nel funzionamento del loro contesto.

 Se un intervento non dimostra di produrre un cambiamento, cioè di riuscire a confutare il determinismo, non serve ma è servo della conservazione, della ripetizione, dell’entropia, della morte.

 Oggi vengono fatti numerosi interventi sociali privi di senso e di utilità, cioè privi del carattere metabletico che giustifica la loro esistenza, il che rende il dibattito sul Welfare meramente ideologico.

 Servizi e interventi sociali vengono sostenuti o criticati non sulla base degli effetti che producono, ma su pre-giudizi, perché manca una cultura del valore della valutazione. La cosiddetta cultura della solidarietà è una mera bandiera sventolata dai mass media, senza che mai venga aperto il confronto sui suoi effetti reali.

 L’onere della prova della efficacia degli interventi sociali non spetta ai sostenitori, ma agli oppositori del determinismo, che invece non riescono ad uscire dalla mentalità della elemosina (per la quale ciò che è regalato è buono di per sé).

 La cultura del valore e della valutazione è costruibile solo sul con-senso (o senso comune) circa gli oggetti da misurare e i sistemi di misurazione.

 E il consenso è una costruzione negoziata fra attori che si identificano come appartenenti ad uno stesso sopra-sistema, una unità a priori, che oggi è lontana dall’esistere.

 Il passo iniziale da fare, ancora lontano, è quello di trovare una identificazione di gruppo, ceto o classe, fra tutti coloro che operano per la liberazione degli esseri umani dal destino.

G.Contessa