La frase è usata tutte le volte che chi comanda richiama all'unità,
cioè alla sottomissione dei subalterni ai detentori del potere.
Essere "tutti sulla stessa barca" può anche rimandare
alla zattera dei naufraghi, dove non esistono differenze rispetto
alle possibilità di salvarsi. Ma questo è un caso piuttosto
raro. In via normale, nella quotidianità, sulla barca c'è
un armatore con elicottero sul tetto, per gli spostamenti rapidi;
un comandante molto ben pagato; pochi ufficiali con la possibilità
di carriere luminose; e molti marinai semplici con la sola prospettiva
della fatica. Questa seconda è la metafora più vicina
alla società attuale.
Quando qualcosa non va bene sulla barca nessuno pensa che il problema
sia l'armatore, che magari specula illecitamente, o il comandante,
che magari non sa fare bene il suo lavoro, o gli ufficiali, che antepongono
i loro comodi alle esigenze della barca. Tutti iniziano a fare proposte
su come i marinai debbano cambiare. Se qualcosa va male tutti pensano
che la colpa sia dei marinai (spesso arrivano a convincersene anche
loro). Quelli che dal loro punto di vista sono le vittime di un armatore
speculatore, un comandante incompetente, degli ufficiali voraci e
irresponsabili, diventano colpevoli di ogni disastro e oggetti del
biasimo generalizzato.
D'altronde "biasimare le vittime" è un atteggiamento
diffuso nella cultura post-moderna, sia dai ranghi dei conservatori
(il che è spiegabile) sia nei ranghi dei progressisti (il che
è paradossale). Il ragionamento è il seguente: se qualcosa
va male è colpa delle vittime, che devono cambiare atteggiamenti,
comportamenti, coscienza.
Biasimare le vittime
Si trascurano le altre e magari anche le sole responsabilità
e si punta tutto sulla colpa dei singoli cittadini, che quindi sono
i soli a dover cambiare qualcosa.Ogni giorno politici, mass media,
educatori, pensatori ci ricordano la litanìa del biasimo:
- se il mondo è inquinato è colpa del tuo consumismo.
- se la città è sporca è colpa dei tuoi rifiuti.
- se vivi in una baracca di cartone è colpa della tua mancanza
di voglia di lavorare.
- se non lavori è colpa tua, perchè non ti impegni
a cercare un lavoro.
- se vai male a scuola è colpa tua, perchè non studi.
- se ti ammali è colpa tua, perchè non fai moto e
non ti alimenti correttamente.
- se sei povero è colpa tua, perchè non hai abbastanza
grinta ed ottimismo.
- se tuo figlio respira male è perchè fumi in casa.
- se i panda sono in via di estinzione è colpa tua, perchè
non offri i tuoi risparmi alle organizzazioni che li difendono
- se il clima stra cambiando è colpa tua, perchè usi
gli spray per i capelli e le auto non omologate.
Si trascura l'inquinamento che deriva dalle ciminiere e dagli scarichi
delle imprese; si preferisce chiedere ai cittadini di consumare "alternativo".
Si sorvola sull'incompetenza e la corruzione delle amministrazioni
locali e sulla eco-mafia; ma si chiede agli abitanti di impazzire
con la differenziazione dei rifiuti.
Si tace sui piani regolatori e le case popolari inesistenti: è
più semplice chiedere agli abitanti delle favelas di sloggare
(salvo nei casi in cui le favelas siano state apprestate dallo Stato).
Si finge di ignorare il fatto che il lavoro dipendente sia in via
di estinzione: è più facile chiedere ai disoccupati
di "darsi da fare". Si trascura lo stato di decozione della
scuola e la secolare incompetenza degli insegnanti: è meglio
chiedere più impegno agli studenti.
Si mette sullo sfondo il carattere iatrogeno della vita post-moderna,
preferendo chiedere a tutti più moto e alimentazione più
sana.
Si dimentica che l'Occidente sta arrivando a grandi passi al 20% di
abitanti sotto la soglia della povertà: è più
alla moda stimolare i poveri ad avere più ottimismo e più
grinta.
Si omette che le malattie infantili sono attribuibili anche ai tubi
di scappamento delle auto, all'inquinamento industriale, alle onde
elettromegnatiche, ai fiumi e laghi al mercurio, ai mari al petrolio:
è più "di moda" combattere le sigarette anche
in casa.
Persino nei processi di estinzione di molte razze animali, e di alterazione
del clima, si trova il modo di distogliere l'attenzione dalle colpe
del sistema economico-produttivo, facendo sentire in colpa i cittadini
e chiedendo loro di spedire oboli, abbandonare gli spray, e comprare
auto sempre più costose.
Colpa, cambiamento e alienazione
Biasimare la vittima, produce in essa un senso di colpa, ed una cogente
chiamata al cambiamento. Cambiamento che, in quanto richiesto alla
sola vittima, lascia esente il carnefice. E che apre la strada ad
un intero mercato di nuove "educazioni". Si diffonde così
una sorta di nuova pedagogia che si esprime in educazioni settoriali
e specializzate. Diventa plausibile e"educare" milioni di
essere umani all'altro consumo, al trattamento dei rifiuti, alla ricerca
del lavoro, al moto, alla sana alimentazione, all'auto-imprenditorialità,
all'astensione dal fumo di sigaretta, alla protezione di animali esotici,
al volontariato inteso come cessione di una "decima" alla
organizzazioni che vivono sui contributi. Migliaia di individui e
di organizzazioni si mantengono cercando di "educare" le
vittime a sentirsi in colpa e a cambiare comportamenti.
Parafrasando quello che si diceva un tempo per il lavoro alla catena
di montaggio, il peggior trucco del sistema non è quello di
biasimare la vittima, ma quello di convincerla a biasimarsi da sola,
e di non avere coscienza del trucco. La vittima è tale due
volte: la prima perchè soffre la violenza di un sistema-carnefice;
la seconda perchè nemmeno se ne accorge. Qualcuno ha chiamato
questo uno stato di "alienazione".
Tutto il discorso non vuole essere un'assoluzione ed una deresponsabilizzazione
completa delle vittime. Non si tratta di attribuire tutto il male
al carnefice e tutto il bene alla vittima. Anche le vittime hanno
porzioni di responsabilità e aree di comportamento da cambiare.
Persino nei casi di violenza carnale, la vittima può, qualche
volta, avere la responsabilità dell'imprudenza. Si tratta invece
di riportare nelle giuste proporzioni lo stare nella stessa barca.
Su questa socitetà-barca ci siamo tutti, ma con responsabilità,
ruoli e doveri diversi. Le vittime possona avere qualche colpa, ma
prima di chiedere loro di cambiare, dobbiamo preoccuparci di cambiare
il comportamento dei carnefici e il sistema che li sostiene.
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