ALBERTO
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RAVIOLA |
ricevo da Blunner e volentieri pubblico
CYBER-TEMPO
La crescita progressiva della "rete delle reti"
sembra essere motore e allo stesso tempo effetto del processo di mutazione
antropologica contemporaneo, caratterizzato dalla progressiva estensione
del corpo, al di là del contenitore naturale, in protesi artificiali investite
libidicamente ed annesse alla costituzione della soggettività.
Benjamin (ben prima di Mc Luhan) individua nella produzione
capitalistica e, soprattutto, nel fenomeno del feticismo della merce la
mutazione antropologica che caratterizza l’era della globalizzazione: gli
oggetti assumono un significato autonomo, si contrappongono ai loro produttori
come se fossero dotati di poteri specifici. Una sorta di "mana"
della merce che hanno il potere di conferire uno status sociale: circondarsi
di certi oggetti provoca un riconoscimento nella sfera immaginaria della
società.
E’ questo il feticismo della merce di cui parlava K.
Marx nel primo libro del Capitale: gli oggetti, i manufatti, i prodotti
della tecnica acquistano una loro vita indipendente, un potere autonomo
che ci condiziona, organizza la nostra esistenza provoca mutazioni nel nostro
corpo.
Questo spazio è la matrice del cyberspazio.
Pierre Levy ha provato ad interrogarsi sulla spazialità,
per questo ha indicato differenti spazi che interagiscono e producono diversi
piani, campi di forza in cui si sviluppa l’interazione dei corpi.
1.
la
terra,
spazio privo di confini, liscio, segnato da punti di orientamento come pozzi
o alberi, spazio nomade illimitato illuminato dal sole e dalle stelle.
2.
il territorio, dove la terra è segmentata,
attraversata da mura, opere di canalizzazione, recinti, proprietà. Le mura
della polis racchiudono un dentro ed un fuori: il territorio è il territorio
del dominio, di quel principe, di quel re, di quello stato, vi sono confini,
che determina appartenenze e cittadinanza
3.
il
mercato
è lo spazio che non conosce barriere, attraversa i territori, porta le merci
ovunque, non conosce stagioni; è lo spazio della globalizzazione - che rende disponibili le merci prodotte in
un mercato universale - ed è lo spazio che produce una potente de-territorializzazione,
concependo i legami sociali come calcoli. Scopo degli scambi, in questo
spazio, è il profitto dato dalla circolazione delle merci e dal loro consumo
4.
lo
spazio del Sapere
(come lo chiama Levy) coincide con il cyberspazio, in cui gli scambi sono
di informazione, non avvengono per il profitto, ma per la conoscenza. Nel
cyberspazio non ha senso il profitto, l’accumulo, la privatizzazione della
informazione, perché il vantaggio sta appunto nello scambio e nella progressiva
costruzione di una rete di sapere collettivo e distribuito nei vari nodi.
Questa è l’architettura di base del net. Arpanet, origine
dell'attuale Internet, nasce in ambiente militare nordamericano proprio
con l'obiettivo di evitare che la centralizzazione delle informazioni in
un solo megacomputer renda il sistema molto vulnerabile. Basta colpire il
centro per paralizzare qualsiasi risposta. Per questo la costruzione di
una rete di computer in grado di rispondere, se un nodo viene colpito caratterizza
una forma di sapere, distribuito e non accumulato, come sapere vincente.
Nella rete non c’è centro, non c’è periferia, qualsiasi nodo è centro e
periferia.
Dunque stiamo parlando di un nuovo spazio e di una
nuova forma di comunicazione che produce
una "sfera" che circonda in pianeta. La novità di questa
realtà è che, con una connessione tramite il varco costituito dal monitor
del computer, si può entrare fisicamente in questo "spazio sferico".
A differenza della TV e del Cinema, dove l'identificazione
è proiettiva, nel cyberspazio la identificazione diventa introiettiva e
per un po’ siamo “posseduti” dalla nostra identificazione. E’ chiaro che
sta avvenendo una dissociazione fra il mio corpo seduto alla consolle e
il flusso di pensieri, consci o meno, che guidano il mio indice sul mouse che comanda la freccia, che
appare sullo schermo, e prolunga il mio corpo in uno spazio virtuale, che
è al di la dello schermo e che lo schermo mi fa apparire in questo momento.
Nel cyberspazio, posso "crearmi" e comunicare
con altri che stanno accedendo a questo spazio o posso navigare senza meta
andando alla deriva, posso ricercare come uno studioso nella biblioteca
di Babele. Posso essere un "altro". In un certo senso entrare
nella rete equivale a "farsi" nel senso di costruire sè stessi
nella interazione e dunque apprendere/comprendere come l’identità sia effettivamente
un processo frutto di interazioni.
Il cyberspazio rende dunque la sfera planetaria accessibile
in tempo reale. In questa sfera circolano le informazioni prodotte in tempo
reale e accumulate nel tempo storico. Nel tempo in cui il soggetto è connesso
è il terminale di una sterminata rete, immette informazioni, riceve informazioni
e la sua connessione corrisponde in tempo reale a milioni di altre connessioni
che immettono e ricevono informazioni.
Ma l’accesso allo spazio indefinito della informazione
planetaria avviene in uno spazio di estensione illimitata a cui non corrisponde
una illimitata estensione del tempo: c’è un paradosso per cui più aumenta
la possibilità di accedere alla “totalità” della informazione più diminuisce
il tempo per poterla elaborare (come ben dice Franco Berardi "Bifo").
Ossia non c’è un cybertempo.
Questo significa che le informazioni che nel "reale"
erano assorbite in un ambiente affettivo e assumevano la tonalità emotiva,
di quel contenitore esistenziale, prima di divenire attive nell'azione,
ora divengono attive, vengono agite indipendentemente dalla reale comprensione
del loro significato. Questo perché il tempo per pensare tende a scomparire
e tende a scomparire anche il pensiero inteso come intelletto attivo e cioè
capacità di tradurre e interpretare le informazioni per “produrre le cose”,
per esercitare la prassi.
Viene a mancare il contenitore - l’apparato per pensare
i pensieri di W. Bion - per cui le emozioni non possono essere trasformate
in concetti, in elementi del pensiero. Per questa attività ci vuole tempo,
ci vuole un clima emotivo; l’accesso simultaneo alla totalità dell'informazione
produce il dominio della prassi, l’emergere sempre più evidente dell'azione
senza pensiero.