STIMOLO estate 2007
Educazione e meta-educazione (Adamus)

1. EDUCAZIONE
L'educazione è l'attività finalizzata a integrare nella società le nuove generazioni. L'educazione è qualcosa di diverso dall'istruzione, l'acculturazione, l'addestramento, l'informazione. Attiene ai valori, le credenze, gli atteggiamenti. Ogni società, ogni periodo storico, ogni cultura hanno un insieme di valori, credenze e atteggiamenti che ritengono importante trasmettere alle nuove generazioni. Le società più statiche (o stabili) riproducono lo stesso processo per generazioni; quelle più instabili (o dinamiche) registrano piccole o grandi variazioni da generazione a generazione. Sfrondando i dettagli locali e storici, possiamo enucleare pochi elementi essenziali comuni ad ogni cultura ed ogni tempo, come questi:

  • non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te
  • mantieni la parola data
  • impegnati, se vuoi soddisfare i tuoi bisogni e realizzare i tuoi desideri
  • non danneggiare tutto ciò che è naturale: il corpo, gli animali, l'ambiente
  • sii giusto ed insieme compassionevole

La trasmissione di questo "pentalogo" o di altri consimili, dagli adulti ai bambini ed ai giovani, è la sostanza dell'educazione. Gli adulti preposti a quest'attività appartengono a due categorie. La prima è quella degli educatori "naturali" che comprende tutti gli adulti che intervengono nella vita quotidiana dei bambini: genitori e familiari, maestri - di scuola, ma anche di sport e di lavoro-, sacerdoti. La seconda, recentissima, è quella degli educatori professionali: educatori in senso stretto, operatori di comunità, animatori, psicologi, pedagogisti.

Sia gli educatori naturali che quelli professionali, educano in tre modi. Quello più diffuso ed esplicito è quello delle "prediche" (regole e modelli di pensiero, ripetuti continuamente) rafforzate da un sistema più o meno dichiarto di premi e punizioni.. Gli altri due modi, meno espliciti, stanno nella relazione fra educatore ed educando, e nel comportamento esemplare. La relazione e l'esempio sono modalità che possiamo definire "metaeducative" in quanto comprendono e danno un significato alle parole dell'educazione. L'educando apprende valori, credenze e atteggiamenti non solo da ciò che gli viene detto ma anche da fattori metaeducativi, come la relazione con l'educatore e il suo esempio. E' una esperienza comune di ogni adulto osservare come cose che vengono dette da alcuni adulti vengono accettate ed altre no; cosa che vengono rifiutate se affermate da un adulto, vengono accettate se dette da un altro. Questa differenza di autorevolezza della fonte deriva dalla relazione esistente fra educatore ed educando. La relazione è ciò che inserisce nella comunicazione una chiave di lettura che la rende accettabile o no.

Il metodo educativo attraverso l'esempio è quello che sempre si affianca, ma a volte addirittura sostituisce l'educazione "con le parole" o "con la relazione". La capacità imitativa è innata in ogni essere umano e dunque, nel processo di integrazione nel mondo adulto, assume grande importanza l'esempio che questi danno. Esempio potenziale è ogni comportamento adulto, osservato da minori. Perchè il comportamenti di un adulti diventi un esempio ed assuma una funzione educativa, occorre che l'adulto abbia un ruolo importante nella costellazione mentale e psichica dell'educando. L'esempio di chi è estraneo, insignificante, o addirittura nemico ha poca o nulla valenza educativa. Ne ha invece quello di chi è vicino, affine, significativo e stimato. nelle società cosiddette avanzate, la percezione di vicinanza, affinità, significatività e stima non è prescritta, ma è molto variabile.

Per secoli, "onora il tuo Dio" e "onora il padre e la madre" sono stati valori miliari, per cui la voce di Dio (e dei suoi rappresentanti sulla terra) e dei genitori, nonchè per estensione dei maestri, la relazione con loro e il loro esempio hanno fondato l'educazione. La secolarizzazione ha indebolito la voce di Dio, e la rivoluzione anti-autoritaria della seconda metà del XX secolo ha depotenziato la voce dei genitori, dei famigliari e dei maestri in genere. Le tre agenzie educative che hanno per secoli presieduto l'educazione (famiglia, scuola, lavoro) hanno perso il loro primato. Al loro posto sono apparse con forza la quarta e la quinta agenzia: il tempo libero e i mass media. La parola e l'esempio, a volta anche la relazione, con sportivi, divi, cantanti, operatori dello spettacolo, animatori turistici, gestori di discoteche, organizzatori di eventi, hanno assunto un prestigio ed un'autorevolezza molto maggiori di quelle della chiesa, della famiglia e del lavoro. L'affermazione "l'ha detto la tv" o "sta scritto sul giornale" ha gradualmente assunto un valore di verità ed imitabilità molto maggiore della vecchia "lo dice il nonno" o "come dice il parroco".

2. META-EDUCAZIONE
Da sempre è esistita una seconda forma di educazione, che possiamo definire "meta-educazione" o educazione dal contesto. I bambini ed i giovani, ma anche gli adulti, apprendono valori, credenze e atteggiamenti "respirandoli" dalle istituzioni che frequentano o dalla società in generale (la piazza, il bar, i mezzi di trasporto, gli stadi, ecc.). In questa epoca post-moderna, le tradizionali agenzie educative sono indebolite e le comunicazioni e lo spettacolo hanno assunto una preponderanza vistosa. Le fonti sociali di influenzamento prevalgono sulle fonti interpersonali. Le relazioni educative sono depotenziate e gli esempi di vita sono mediati dai mezzi di comunicazione di massa.

La società odierna fa un uso smodato di parole finalizzate all'educazione: campagne informative e di sensibilizzazione, prediche televisive, corsi di indottrinamento. Questi sforzi tuttavia non sembrano dare risultati, per il semplice motivo che la società lancia parole che continuamente contraddice nei fatti. Le contraddizioni fra "ciò che veniva detto" e "ciò che veniva fatto" sono sempre esistite, ma all'interno di una relazione esse potevano essere affrontate ed elaborate. La società si contraddice senza chiedere comprensione o perdono, come un tempo facevano i padri. Soprattutto, si contraddice senza dare in cambio l'amore sotteso ad una relazione educativa.

3. COMPETENZA E LEGALITA'
Due esempi possono bastare a sostenere il ragionamento fin qui svolto.

Genitori, insegnanti e mass media insistono costantemente nell'idea dello studio, dell'impegno scolastico, dell'acquisizione permanente di competenze. Ribadiscono con forza il valore dello sforzo continuo per la coltivazione dei "talenti". Questa è l'educazione a parole. L'osservazione dei comportamenti sociali porta invece a conclusioni del tutto opposte.
Interi settori cruciali per la società immateriale come lo spettacolo e l'informazione, la formazione e l'insegnamento, il turismo, il volontariato e la politica testimoniano ogni giorno come lo studio, il sapere, la competenza siano del tutto superflui, quando non addirittura dannosi. Esistono pochissime persone celebri, ricche e stimate grazie alla loro cultura o competenza. Raramente ai vertici delle organizzazioni e delle istituzioni si trovano i più competenti. Avere cultura o successo in una professione è un handicap in una carriera politica. Nelle organizzazioni più prestigiose e più generose nelle retribuzioni, la regola è l'ereditarietà: essere "figlio o parente di" è molto più apprezzato dell'avere due lauree. La stessa istituzione scolastica mostra una palese contraddizione fra ciò che predica e ciò che è. Predica studio, impegno e competenza, ma affida le sue cattedre a operatori part-time, spesso precari e sempre mal pagati, mai preparati per il mestiere che svolgono e mai obbligati ad aggiornarsi; ed affida la direzione delle scuole a ex-insegnanti privi della minima competenza gestionale.
L'educazione predica il valore dello studio e dell'impegno, la meta-educazione ne dimostra di continuo l'insignificanza.

Oggi è costante il tentativo di educare alla legalità. Un profluvio di prediche, manifesti, cortei inonda i mass media e le scuole. Tralasciamo qui le obiezioni al corpo legislativo delle società post-moderne che è pervasivo, confuso e spesso ingiusto, talchè nessuno può essere del tutto innocente e a volte è più giusto che non lo sia. Diamo per buono ciò che la società chiede e predica a gran voce: la legalità. Ognuno, ogni giorno, registra da ogni parte del mondo che la regola è la illegalità. Dal capo dello stato più potente del mondo che fa due guerre "illegali" alla tv che ogni giorno fa pubblicità mascherata; dalla scuola che raramente rispetta i suoi regolamenti, agli enti locali e pubblici che per primi evadono le loro stesse normative; dalle grandi buro-corporazioni che prosperano nell'illegalità, al piccolo commerciante che evade le tasse, al lavoratore che fa tre mestieri (dei auali almeno due in nero). L'educazione preme sulla legalità, la esperienza quotidiana testimonia che l'illegalità è una cosa cattiva solo per chi viene preso.