Assistenzialismo: ai cittadini no, all'editoria sì (Eva Zenith)

Per secoli la trasmissione dei libri è avvenuta tramite copiatura manuale. La Bibbia, i testi greci, il vangelo sono stati conosciuti da copie fatte a mano.
Durante il XIV secolo e il XV secolo, l'arte della copia degli antichi testi aveva raggiunto il suo culmine: i libri, infatti, dopo essere copiati dagli amanuensi, erano controllati sul piano grammaticale e ortografico dai correctores, per poi essere miniati dai miniatores. In tutta europa, dal 1000 al 1500, ci sanno stati migliaia di amanuensi, correctores e miniatores.

Nel 1484 è arrivato Gutenberg con la sua stampatrice. Centinaia di monasteri hanno chiuso i loro scriptorii e migliaia di amanuensi, correctores e miniatores hanno dovuto cercarsi un nuovo lavoro.

Intorno al 1990 ha iniziato a svilupparsi la Rete e i quotidiani hanno iniziato a perdere lettori. Fin dal 1971 fu approvata la prima legge sulle sovvenzioni pubbliche all'editoria quotidiana e periodica. Da allora in forma diretta e indiretta, lo Stato, cioè i cittadini, hanno continuato a sovvenzionare l'editoria.

La motivazione di questo assistenzialismo è stata la pluralità, l'autonomia, la serietà e l'obiettività dell'informazione, a disposizione di tutti. La falsità di questa motivazione è ststa dimostrata da centinaia di esempi, ma negli ultimi tre decenni è diventata la regola. La pluralità è stata sottomessa all'omologazione al regime, l'autonomia si è tradotta in asservimento ai poteri dominanti, la serietà è stata annulata dalle veline e dall'appiattimento alle agenzie, l'oggettività è sparita sotto le evidenti appartenenze ai partiti di governo o di opposizione (al punto che i giornali di partito sono spariti perchè sostituiti dai quotidiani "obiettivi").

A parte questo tradimento delle premesse sbandierate, l'evidenza è che dopo l'eplosione della Rete (Gutenberg) gli scriptoria moderne (editrici) hanno perso la loro finalità dichiarata. Di anno in anno le vendite sono diminuite, fino ad arrivare all'insignificanza odierna. Oggi i lettori che godono della "pluralità, l'autonomia, la serietà e l'obiettività dell'informazione" sono meno di due milioni al giorno, cioè il 3% degli italiani (Vedi qui). I dati riguardano i quotidiani nazionali, locali e sportivi.

A fronte della insignificanza della funzione "democratica" dei quotidiani, lo Stato ha finanziato per 1,2 miliardi solo per quotidiani e periodici; tv e giornali per 3,6 miliardi di euro, dal 2005 al 2014. (Fonte) (Vedi qui)

Un'altra falsa motivazione a questa pioggia di assistenzialismo è la difesa dei posti di lavoro. La professione giornalistica in Italia conta ormai il 65,5 per cento di lavoro autonomo, che meglio si potrebbe definire come altamente precario, non garantito, mal contrattualizzato, sfruttato senza alcun rispetto della dignità personale e professionale. Otto giornalisti "freelance" su 10 (l’82,7 per cento) ricavano dall’attività giornalistica meno di 10mila euro lordi all’anno.(Fonte)
“Siamo di fronte ad un quadro drammatico: dei 106mila giornalisti che fanno parte dell'Ordine, il 50% non è iscritto all'Inpgi, e già questa è una prima anomalia. Dei rimanenti 53mila il 65% viene definito 'freelance', che al giorno d'oggi è un modo diverso per dire precariato. Di questo 65%, 8 giornalisti su 10 percepiscono un reddito inferiore alla soglia di povertà”. (Fonte)

Per esempio, la Libertà di Piacenza, la Gazzetta di Parma, il Gazzettino, il Mattino di Padova, la Tribuna di Treviso e le cronache locali di Repubblica e Corriere della Sera, danno lavoro a centinaia di giornalisti collaboratori a 2, 4 ,6, 9 euro ad articolo. Alcuni scrivono anche 5 articoli al giorno con uno stipendio che non arriva a 1000 euro, anche dopo decenni di collaborazione continuativa. (Fonte)

A fronte di questa miseria, la RAI ha ben 12 dirigenti e sei giornalisti pagati più di 300.000 euro l'anno, e 36 dirigenti e 28 giornalisti sopra i 200.00 euro l'anno(il Presidente della Repubblica è pagato 239mila euro l’anno; il Presidente del Consiglio prende 80.000 euro netti all'anno). (Vedi qui)

Il canone Rai fu istituito nel 1938 dal Governo di Benito Mussolini. Ma non bastava. Il canone Rai inizialmente costava 8 lire l’anno. Nel 1954 il costo annuale dell’abbonamento Tv era salito a 15mila lire. Nel 1977 iniziò la differenziazione di costi per la Tv bianco e nero e quella a colori: per la prima era richiesto un canone di circa 25mila lire mentre per la secondo l’importo era di circa 49 euro. A causa dell grande evasione e delle spese pazze del baraccone RAI, lo Stato ha per anni dato contributi,, in aggiunta al canone e senza porre alcun limite alla raccolta di pubblicità. Con governo Renzi il canone di 90 euro l'anno è inserito nella bolletta dell'elettricità, diventando una vera e propria tassa. (Fonte)

Assistenzialismo generoso per le imprese editrici e per la cricca RAI. Per i cittadini?.....l'assistenzialismo favorisce la pigrizia!