Mirco il 22/9/2003, alle ore 15 ha scritto:
Mini biografia di un esibizionista voyeur
Vent'anni fa mi diplomai in chimica industriale. Dopo le medie mi
avvicinai alla chimica considerandola, ero molto giovane allora,
più sotto l'aspetto alchimistico che sotto quello di scienza
dura ed esatta. Ero affascinato dall'universo infinitamente piccolo
atomico e sub-atomico. Per una sorta di pensiero ingenuo ritenevo
l'infinatamente piccolo meglio efferrabile dell'infinitamente grande.
La chimica, cosi come la fisica, erano da me visti come la chiave
d'accesso privilegiata al meraviglioso mondo della conoscenza. Ingenuo
forse ma, data l'età il pensiero creativo oggi vissuto con
maggior disincanto, mi portavano a farneticare di micromondi e possibili
coscienze interne ad esso ma che, la relatività temporale
non riusciva a cogliere. I micromondi erano supportati da microtempi
e microspazi non percepibili da noi. Questo ovviamente venne con
la maturità, da me relegato negli ambiti della fantascienza.
L'atomo di Idrogeno cosi somigliante alla nostra terra nel nucleo,
e nell'elettrone somigliante al satellite luna, vennero col tempo
a perdere quel carattere fantascientifico che da fanciullo, con
una buona dose di immaginazione, io gli andavo attribuendo. Con
apatia terminai gli studi di chimica e mi iscrissi a Geologia, feci
due anni poi capi che il mio ingenuo "positivismo" pieno
di aspettative nei confronti delle cosidette scienze esatte era
esageratamente intriso di incanto. Cosi mi iscrissi più tardi
a sociologia e li terminai i miei studi. Oggi sono un venditore
ambulante con laurea in sociologia (ciò non mi consente di
dirmi un sociologo però) mi sento invece un ricercatore,
e a quarant'anni cerco connessioni interdisciplinari che possano
ritenere superate le gerarchizzazioni. Mi arrabbio con chi vuole
l'Albo dei sociologi senza neppure essersi posti il problema identitario
e, rimarco che l'identità è un istanza non statica
che si forma dal confronto con alter da sé, quindi ritengo
che per la sua crescita, pure la Sociologia debba mettersi in discussione
iniziando dal confronto, non solo con le scienze affini (psicologia,
scienze politiche, antropologia, etnografia, scienze dell'educazione
e della formazione etc..) ma soprattutto confrontandosi con le scienze
dette dure o esatte. Ho letto, stimolato in questo anche da Guido
Contessa per e-mail i contrubuti, almeno in parte, a cui fai riferimento
Franco. Trovo questa Comunità potenzialmente esplosiva, ho
trovato molti stimoli in essa e le sono debitore per questo. Purtroppo
la mia vita è catratterizzata da incostanza e dis-ordine.
Mi entusiasmo facilmente e facilmente mi avvilisco. Mi sento un
giorno in grado di osare molto ed il giorno dopo vivo di frustrazioni.
Se appaio in certi aspetti presuntuoso, mi si scusi, ne sono consapevole,
ma è il mio modo di vivere il mio equilibrio, navigare su
mari differenti. Ciò che ho riportato è vero ma andrebbe
approfondito e, io, da solo, sono troppo leggero per poter scendere
in profondità. Aiutatemi. (mirco)
F.Bellizzi il 22/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
Catalisi e pedagogia
Per Mirco, sei un chimico? quello che dici non so se e' vero ma
e' interessante! Dovresti essere uno dei pochi che segue le pagine
www.psicopolis.com/fisikepsic/index.htm Per la Pedagogia Clinica
direi che appena l'Ordine degli Psicologi si svegliera', assisteremo
a molti arresti per "professione abusiva".
ghita il 21/9/2003, alle ore 19 ha scritto:
A rate
Sto leggendo il primo dei 4 contributi e sono arrivata alla nota
(30). E qs è il primo elemento di riflessione per l'autore/pedagogista,
visto che in 24 pagine non ci sono paragrafi, titoli, ecc. A parte
ciò ecco le mie prime riflessioni: 1- anche oltre 30 anni
fa (quando frequentavo l'università)c'erano corsi di laurea
denominati diversamente ma con sbocchi lavorativi simili; non ho
mai capito la differenza, vera intendo, fra Materie Letterarie e
Lettere / Lettere antiche / ecc.: i laureati avrebbero comunque
insegnato; 2- i pedagogisti a mio parere hanno una loro utilità
se studiano e producono modelli pedagogici trasferibili e strategie
applicative, cioè utili a migliorare l'apprendimento degli
utenti finali del processo educativo in senso lato; 3- non credo
che esista un corso di laurea effettivamente professionalizzante
e d'altra parte non è pensabile nè proponibile che
gli studenti debbano studiare tutto lo scibile umano per acuisire
le competenze di base per un certo profilo professionale (le connessioni
fra scienze, discipline, saperi sono numerose, ma dovrebbero essere
tracce di scenario che si possono approfondire volendo, ma che non
appesantiscono l'iter di studi) 4- questa tendenza all'esagerazione
risponde ad altre esigenze tipo: a) allungare il periodo degli studi
e posticipare l'ingresso in un mercato intasato e difficile; b)
procurare lavoro agli insegnanti universitari; c) sottolineare metaforicamente
l'importanza dell'area specifica; d) sottrarre ad altri aree e contesti
di intervento; e)suggerire utilizzi della professione in campi limitrofi.
Mirco Marchetti il 21/9/2003, alle ore 14 ha scritto:
CHIMICA RELAZIONALE e LAGAME IONICO
In chimica il catalizzatore è un elemento velocizzante la
reazione stessa. Hidrogeno e ossigeno combinati formano l'acqua.
In verità questa reazione, in condizioni normali abbisogna
di tempi molto lunghi perché possa avvenire. Il Platino è
un catalizzatore di tale reazione accorciandone di molto i tempi.
In questo caso parliamo di "Catalisi eterogenea" in quanto
Hidrogeno e ossigeno sono gas mantre il platino è un solido.
Va aggiunto che un catalizzatore, perché possa dirsi tale,
facilita la reazione ma non interviene nel meccanismo della medesima.
Alla fine del caso da me citato, ad esempio, avremo l'acqua e il
platino. Il catalizzatore è rimasto invariato, non ha subito
trasformazioni. Se ad esempio volessimo pensare al Conduttore di
un gruppo, come ad una sorta di facilitatore, di certo diremmo una
cosa non distante dalla realtà ma, se in esso, con funzioni
facilitanti volessimo usare il concetto, seppur per metafora, di
catalizzatore, indubbiamente sbaglieremmo in quanto sappiamo che,
un buon conduttore di gruppo rimane perturbato dal gruppo stesso.
Cioé il conduttore cambia assieme al gruppo e viceversa.
Il conduttore non è un catalizzatore quindi. Il medium chat,
invece, non solo sembra velocizzare certi processi, almeno per quel
che ne so io, ma ovviamente non possiede, né pare essere
una sua peculiarità, la capacità del cambiamento.
Gli attanti quindi mutano nel gruppo in maniera più veloce
grazie al medium il quale non interviene direttamente nella stechiometria
relazionale. La catalisi in questo caso è eterogenea. Il
medium è di atra natura da quella degli attanti, e può
essere visto come un supporto facilitante ma che, impoverendo il
bagaglio conoscitivo ed esplorativo, a volte ridondante, rende più
veloce l'approccio più prettamente semantico, limitando le
speculazioni di ordine pregiudiziale ingenerate dalla presenza di
un corpo. Altra cosa da tenere presente è che il catalizzatore
facilita la possibilità di sviluppo di alcune reazioni tra
altre possibili compiendo esso stesso una selezione. In oltre il
catalizzatore consente un notevole risparmio di energia ambientale.
In oltre, sempre andando nel campo della chimica la formula che
lega due forze elettrostaticamente differenti (legame ionico) esprime
la forza del legame, in cui appare evidente che più la distanza
è grande più la forza di legame risulta debole. F=K
Za Zb/r(ab)dove F è la forza di legame K è una costante,
Za e Zb sono le cariche degli ioni che interagiscono e r(ab) è
la distanza tra i due ioni. Ma su quest'ultimo punto vorrei tornare
in altra sede e considerare altre variabili. (mirco)
wildwest il 21/9/2003, alle ore 11 ha scritto:
catalisi?
Da come la so io si tratta di una metafora, come tante altre. Il
processo catalitico è un processo di trasformazione e percio'
la chimica e' stato usata per spiegare cio' che avviene in un gruppo.
Sui gruppi on line non credo si possa dire che sono piu' catalitici...ma
che lo sono quanto i gruppi off line (il che non e' poco se si pensa
ai possibili sviluppi di questa scoperta)
mirco il 20/9/2003, alle ore 17 ha scritto:
Catalisi relazionale online
Se dicessi che non mi hai deluso direi una bugia. Mi hai deluso
ma, allo stesso tempo mi hai reso conscio di quante cosa io abbia
ancora da apprendere. D'altra parte mi ha pure stupito sapere che
ciò che io ritenevo essere una mia personale intuizione,
era invece qualche cosa verso cui altri si erano diretti. Farò
una ricerca al proposito e, anzi, se tu potessi darmi una mano in
questo mi piacerebbe comparare i vari costrutti sulla catalisi e
magari vedere in cosa si possono discostare dal mio. Se in diversi
abbiamo ritenuto di poter convergere sul catalizzatore relazionale
un motivo c'ha da essere. Comunque ti anticipo subito che, personalmente
ritengo catalizzante il medium che usiamo al servizio delle dinamiche
di gruppo. Nei lab. online infatti, sembra, anche se le cose andrebbero
approfondite, le relazioni evolvono con una velocità maggiore
che "in presenza". Questa sorta di "catalisi relazionale"
consente di raggiungere online, livelli di energia tali in poco
tempo da evitare sia "l'annusamento" iniziale che il disgelo,
per inserire il rapporto nel suo momento più caldo in tempi
assai più brevi che se si fosse, per l'appunto, in presenza.
Siccome il "medium" è un catalizzatore, (dal mio
punto di vista per lo meno) in quanto tale esso non interviene nella
reazione vera e propria, e quindi non modifica il prodotto finale.
La chatline in parole povere è il "supporto" solido
su cui la relazione evolve in maniera più veloce senza che
ne venga alterato il prodotto finale. Questa è una mia idea,
comunque mi pare che sulla velocità dei tempi in chat si
sia espressa altra gente, altri formatori che hanno una certa esperienza
di gruppi sia in presenza che online. Ricordo le considerazioni
che vennero fatte da alcuni "esperti" dopo il primo lab.
online a cui partecipai: "Umanauti". Sono però
certo che al proposito la vostra esperienza potrà aiutarmi
nel correggere alcune fallacie in cui l'inesperienza può
indurmi. Il mio primo interesse quindi era l'introduzione di Catalisi
riferita espressamente ai lab. online. Sulla Catalisi dei gruppi
in presenza, invero, ho le idee ancora confuse. Ovviamente occorre
che approfondisca alcune questioni matematiche e, per questo, sono
stato sveglio fino le 3 di questa mattina. (mirco)
mirco il 20/9/2003, alle ore 16 ha scritto:
Catalisi relazionale online
Se dicessi che non mi hai deluso direi una bugia. Mi hai deluso
ma, allo stesso tempo mi hai reso conscio di quante cosa io abbia
ancora da apprendere. D'altra parte mi ha pure stupito sapere che
ciò che io ritenevo essere una mia personale intuizione,
era invece qualche cosa verso cui altri si erano diretti. Farò
una ricerca al proposito e, anzi, se tu potessi darmi una mano in
questo mi piacerebbe comparare i vari costrutti sulla catalisi e
magari vedere in cosa si possono discostare dal mio. Se in diversi
abbiamo ritenuto di poter convergere sul catalizzatore relazionale
un motivo c'ha da essere. Comunque ti anticipo subito che, personalmente
ritengo catalizzante il medium che usiamo al servizio delle dinamiche
di gruppo. Nei lab. online infatti, sembra, anche se le cose andrebbero
approfondite, le relazioni evolvono con una velocità maggiore
che "in presenza". Questa sorta di "catalisi relazionale"
consente di raggiungere online, livelli di energia tali in poco
tempo da evitare sia "l'annusamento" iniziale che il disgelo,
per inserire il rapporto nel suo momento più caldo in tempi
assai più brevi che se si fosse, per l'appunto, in presenza.
Siccome il "medium" è un catalizzatore, (dal mio
punto di vista per lo meno) in quanto tale esso non interviene nella
reazione vera e propria, e quindi non modifica il prodotto finale.
La chatline in parole povere è il "supporto" solido
su cui la relazione evolve in maniera più veloce senza che
ne venga alterato il prodotto finale. Questa è una mia idea,
comunque mi pare che sulla velocità dei tempi in chat si
sia espressa altra gente, altri formatori che hanno una certa esperienza
di gruppi sia in presenza che online. Ricordo le considerazioni
che vennero fatte da alcuni "esperti" dopo il primo lab.
online a cui partecipai: "Umanauti". Sono però
certo che al proposito la vostra esperienza potrà aiutarmi
nel correggere alcune fallacie in cui l'inesperienza può
indurmi. Il mio primo interesse quindi era l'introduzione di Catalisi
riferita espressamente ai lab. online. Sulla Catalisi dei gruppi
in presenza, invero, ho le idee ancora confuse. Ovviamente occorre
che approfondisca alcune questioni matematiche e, per questo, sono
stato sveglio fino le 3 di questa mattina. (mirco)
Adamus il 20/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
Lewin e catalisi
La forza di Lewin, come di tutti i veri maestri, e' che ha resistito
a tutte le critiche (finora). Tuttavia la scienza contrariamente
a quanto affermano gli ingenui non procede per confutazioni ma per
archiviazioni: lewin non e' confutato ma semplicemnete trascurato.
Circa la catalisi non vorrei deluderti ma e' un vecchio paradigma
di cui fra i grupparoli si parla da 30 anni (anche se non ricordo
che ne ha parlato per primo).
mirco il 19/9/2003, alle ore 15 ha scritto:
LEWIN
Qualche tempo fa, ebbi modo a scrivere di Lewin a Guido Contessa.
Cercavo infatti il testo più celebre di Lewin: "Principi
di psicologia topologica" ma, stranamente, non lo trovavo da
nessuna parte. Vista l'importanza del suo impianto teorico la cosa
mi insospetti. Durante i miei studi universitari mi imbattei per
la prima volta in Lewin attraverso un testo di Guidicini: "Manuale
per le ricerche sociali sul territorio". Si trattava di un
testo di sociologia Urbana e Rurale. Lewin vi veniva sfiorato, cosi
come si faceva cenno alla "Teoria del campo". L'AR invece
non è mai stata affrontata nei termini Lewiniani. Il problema
autoriale veniva posto sotto altri termini nella mia tesi di etnografia.
Malinowski fu quello che lo pose, da questo punto di vista, in maniera,
diciamo, drammatica. Si diceva allora: "Un oggetto conosciuto
per un soggetto conoscente". La Frase mi piaceva molto tanto
che, spesso la cito. Compresi però l'omertà attorno
Kurt Lewin attraverso il libro di Contessa: "Psicopolis",
ed approfondii l'AR con un altro testo, curato sempre da Guido:
"L'attualità di Kurt Lewin". Gli stimoli furono
importanti tanto che, tentai e tento di adottare l'AR quale metodo
per portare avanti certi discorsi in piccoli contesti. E' difficile
devo dire ma, io sono, oltre che un tantino esibizionista pure testardo.
A questo punto sai cosa mi manca caro Franco? Mi manca una seria
critica a Lewin, ne sento il bisogno. Cosa mi posso leggere al proposito?
Aggiungo che, non intendo assolutamente deviare la paternità
di quel bell'impianto teorico che è l'AR da Kurt Lewin che
ne è il legittimo ideatore ad altri lidi, intendevo solo
dire che nell'Osservatorio vi sono degli stimoli al proposito e
che si possono tentare appropriate comparazioni. Intanto ti annuncio
che a breve, per ciò che concerne i gruppi di Mutuo aiuto,
introdurrò il concetto di "Catalisi" per quel che
riguarda il "facilitatore" di gruppo. Forse introdurrò
l'argomento in un articolo su m@gm@. La Catalisi è un concetto
chimico. Ciao, mirco
FBellizzi il 19/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
AR?
Caro Mirco, il sito che proponi e' abbastanza interessante, ma ti
ricordo che l'action research e' una invenzione di Lewin e chi vuole
approfondire puo' trovare materiali nelle nostre pagine in italiano
e in inglese:http://www.psicopolis.com/Kurt/index.htm
Mirco il 17/9/2003, alle ore 17 ha scritto:
www.analisiqualitativa.com
Cari concittadini, siccome il sito indicato nel subject, ed al cui
"repertorio" appartengo, ha deciso di inserire un rimando
linkabile a "MAGO" di Akkademia, per una sorta di vocazione
connessionistica annuncio l'intento di riportare il link nelle pagine
da me curate. Analisiqualitativa è un sito di Sociologia
ideato e curato dal sociologo Orazio Maria Valastro. All'indirizzo:
http://www.analisiqualitativa.com/portale/index.htm si possono trovare
ulteriori stimoli alle nostre discussioni. Iin oltre si può
aver accesso alla rivista elettronica "m@gm@" Rivista
elettronica di scienze umane e sociali. Per chi intende approfondire
il concetto di Action Research, o chi cerca spunti per nuove ricerche,
il sito offre abbastanza e ci si può iscrivere persino ad
una mailing list. Uniamoci e collaboriamo, l'unione fa la forza.
mirco
mirco il 15/9/2003, alle ore 20 ha scritto:
ops! pardon..
Seppur debba ammetterlo, sono abbastanza esibizionista, però
il fatto che siano comparsi due messaggi identici è dovuto
al motivo che il secondo è arrivato aggiornando la pagina.
Da qualche giorno uso Opera in vece di Internet Explorer. Aggiornando
quindi mi è comparsa una finestrella dove c'era scritto:
"inviare il modulo non crittografato?" ed io ho dato l'Ok
cosi è comparso il secondo messaggio. Chi sa spiegare? Comunque
scusate e, se potete tene uno. Anzi, sapete che vi dico, siccome
quando ho scritto ero un po avvinazzato (dopo pasto), ciò
che ho scritto non pare nemmeno tanto chiaro a me rileggendo. teli
entrambi.
mirco il 15/9/2003, alle ore 20 ha scritto:
Non saprei..
Ho letto le prime 24 pagine dello stimolo ma, sarà un mio
limite, ho capito ben poco. La Pedagogia è alla ricerca di
una identità, anzi, sembrerebbe essere, per lo meno nelle
prime pagine dello stimolo, alla ricerca di una rilegittimazione.
Con una forzatura quasi retorica, e qui in parte concordo con quanto
riportato da Ektor, la Pedagogia tenta una giustificazione al suo
esserci senza dare nulla di nuovo. Mi pare infatti che emerge il
pedagogo, non la Pedagogia. Il pedagogo appare dunque una sorta
di surrogato tra il fratello maggiore, quello che dispensa consigli
con la mano sopra la spalla, e una sorta di dotto che vede oltre,
uno che professa una sorta di fede laica. Però mi domando
se per operare interventi di questa natura sia indispensabile smuovere
un apparato accademico. Però, se leggo Kurt Lewin, se mi
occupo ad esempio di gruppi, e mi trovo di fronte una scienza nuova
(la psicosociologia), anche li mi appare evidente che già
la sociologia, con il concetto di ruolo, di dinamiche di gruppo,
di sistemi, di ambiente, di relazioni, di interpenetrazioni etc,
parlando di etnometodologia, di indicalità, di orizzonti,
di storie di vita di osservazione partecipante etc...Anche qui mi
domando, ma che senso ha alimentare ulteriormente la confusione
quando basterebbe che psicologia e sociologia in primis iniziassero
a collaborare? La società non ha bisogno ne di psicologi
ne di sociologi, forse invece mi pare evidente dai tanti interventi,
che sono questi personaggi che non possono vivere senza Società.
Quello che mi rattrista è che per lo più i cosiddetti
psicologi vantano un'immeritata egemonia sulla sociologia, e questo
perché sono immersi in un sistema iperburocraticizzato. Lewin
l'ho sfiorato e qualcosina ho compreso dei gruppi, poi quando subentra
la trasazionalità, l'inconscio etc..allora la psicologia
mi appare in tutta la sua veste forzatamente fallace. Quindi ritorno
al mio vecchio pensiero: e se considerassimo tutte queste branche
come interne alla Filosofia senza andare a spendere soldi inutilmente
per qualcosa che la filosofia ha già in sé? Piuttosto
si cerchi una scuola più vicina al mondo del lavoro. Se qualcuno
mi chiede: "Lei è un sociologo?" Come non rispondere:
"Sociologo sarà lei!" Mirco
mirco il 15/9/2003, alle ore 15 ha scritto:
Non saprei..
Ho letto le prime 24 pagine dello stimolo ma, sarà un mio
limite, ho capito ben poco. La Pedagogia è alla ricerca di
una identità, anzi, sembrerebbe essere, per lo meno nelle
prime pagine dello stimolo, alla ricerca di una rilegittimazione.
Con una forzatura quasi retorica, e qui in parte concordo con quanto
riportato da Ektor, la Pedagogia tenta una giustificazione al suo
esserci senza dare nulla di nuovo. Mi pare infatti che emerge il
pedagogo, non la Pedagogia. Il pedagogo appare dunque una sorta
di surrogato tra il fratello maggiore, quello che dispensa consigli
con la mano sopra la spalla, e una sorta di dotto che vede oltre,
uno che professa una sorta di fede laica. Però mi domando
se per operare interventi di questa natura sia indispensabile smuovere
un apparato accademico. Però, se leggo Kurt Lewin, se mi
occupo ad esempio di gruppi, e mi trovo di fronte una scienza nuova
(la psicosociologia), anche li mi appare evidente che già
la sociologia, con il concetto di ruolo, di dinamiche di gruppo,
di sistemi, di ambiente, di relazioni, di interpenetrazioni etc,
parlando di etnometodologia, di indicalità, di orizzonti,
di storie di vita di osservazione partecipante etc...Anche qui mi
domando, ma che senso ha alimentare ulteriormente la confusione
quando basterebbe che psicologia e sociologia in primis iniziassero
a collaborare? La società non ha bisogno ne di psicologi
ne di sociologi, forse invece mi pare evidente dai tanti interventi,
che sono questi personaggi che non possono vivere senza Società.
Quello che mi rattrista è che per lo più i cosiddetti
psicologi vantano un'immeritata egemonia sulla sociologia, e questo
perché sono immersi in un sistema iperburocraticizzato. Lewin
l'ho sfiorato e qualcosina ho compreso dei gruppi, poi quando subentra
la trasazionalità, l'inconscio etc..allora la psicologia
mi appare in tutta la sua veste forzatamente fallace. Quindi ritorno
al mio vecchio pensiero: e se considerassimo tutte queste branche
come interne alla Filosofia senza andare a spendere soldi inutilmente
per qualcosa che la filosofia ha già in sé? Piuttosto
si cerchi una scuola più vicina al mondo del lavoro. Se qualcuno
mi chiede: "Lei è un sociologo?" Come non rispondere:
"Sociologo sarà lei!" Mirco
Ektor il 13/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
La pedagogia? Boh!
Ammetto di avere solo leggiucchiato il "tomo" proposto
per il dibattito sulla Pedagogia, che peraltro non e' molto chiaro
(cattivo segno per chi vuole educar). Pero' voglio sottoporvi qualche
idea che avevo prima e che la lettura ha confermato: 1) La Pedagogia
non e' una scienza ma una pratica sociale: cioe' non ha spiegazioni
originali sull'uomo o sul cambiamento. Le risposte che da' sono
o sociologiche o psicologiche o filosofiche.Forse il solo spazio
aperto e' quello del "come si educa", che pero' resta
ancella delle scienza su "come si impara e cresce"(la
psicologia) 2) Non si vede quale spazio abbia la professione del
pedagogista, se non quello di super-educatore. Il mercato non ha
bisogni che il pedagogista puo' soddisfare in via esclusiva (cioe'
che altre professioni gia' esistenti non possano soddisfare egregiamente)
3) Quando l'Albo degli psicologi e dei medici realizzeranno una
effettiva pratica della "pedagogia clinica" (che altro
non e' se non mera educazine o psicoterapia), molti rischieranno
la galera.
mirco il 11/9/2003, alle ore 14 ha scritto:
Agenda21
Vi ringrazio per la comprensione ma, ho paura che come "primo"
non abbia saputo fare granché di nuovo. Pochi stimoli sono
stati raccolti e gli obiettivi non sono stati centrati. Veniamo
ad Agenda dunque, sono lieto che mi si chieda. Come sapete, Agenda
ha radunato attorno ad un tavolo tutte le sensibilità locali
che si sentivano di poter portare un contributo per lo sviluppo
futuro della città. La matrice è fondamentalmente
ambientale, nel senso più limitato del termine, anche se,
come può apparire dai rapporti pubblicati il sociale è
emerso. Credo che un avvio sotto questo profilo del sociale in senso
batesoniano avrebbe potuto essere maggiormente condiviso. I primi
4 temi che hanno ottenuto una maggiore condivisione sono: 1)Energia
e inquinamento (Favorire l'utilizzo di fonti di energia alternativa
compreso l'eolica; 7 voti). 2) Energia e inquinamento (Incentivare
la raccolta differenziata 5 voti). 3)Aumentare qualitativamente
e quantitativamente la vendita di prodotti locali bio; 4 voti. 4)Condividere
la città (Integrazione sociale con particolare attenzione
alle categorie più deboli; 3 voti). A questa fase ha fatto
seguito degli incontri di approfondimento, fino adesso tutti incentrati
sul versante ecologico ambientale. Il comune ha poi trovato, in
un bando regionale, le risorse per far partire un progetto sull'autocompostaggio.
Quindi, si è aperta la fase di ricerca sul campo con somministrazione
di questionario per valutare la disponibilità dei cittadini
ad adoperarsi per l'autocompostaggio. I somministratori che si rendevano
disponibili, nel caso la Regione dava l'assenso sarebbero stati
pagati circa 100 euro lordi giornalieri. Io ho dato l'assenso ma,
e non so perché, non sono stato preso in considerazione.
Le giornate impiegate sono state 4. Questo è il punto in
cui siamo arrivati. Devo dire che mi era stato promesso un rimando
linkabile sul sito del comune di Urbino a psicopolis ma, a tutt'ora
non c'è. Credo che le tematiche più propriamente sociali,
ed il conseguente approfondimento, prenderanno l'avvio in autunno.
Spero che la sintesi, di cui non sono capace, abbia dato conto dello
stato delle cose. Comunque chiedete e vi sarà "detto".
:-) con affetto, un abbraccio, mirco
Adamus il 10/9/2003, alle ore 19 ha scritto:
Grazie, Mirco
Mi associo ai ringraziamenti a Mirco ed anzi sono curioso di sapere
come e' finita Agenda21: e' un po' che non ne parli. Per quanto
riguarda la formazione, e' ora di cominciare a sputtanare con nomi
e cognomi i falsi formatori e gli enti che li "vendono e comprano".
Perche' non usare accademia anche per fare una lista formatori (singoli
ed enti) che non hanno alcun titolo per fare formazione. In Renafop
si dice, e mi sembra giusto, che chi fa formazione deve avere fatto
almeno 100 ore di formazione come formatore: non e' chiedere troppo!
Cominciamo a chiedere i curricula dei sedicenti formatori.
Mirco il 9/9/2003, alle ore 15 ha scritto:
Saluti al nuovo primo e...
Per prima cosa, un saluto al novello primo. Tanti auguri wild, nei
tempi e nei modi consentitimi ti sarò accanto. Ho quasi terminato
la lettura delle prime 24 pagine del tuo stimolo (na pappardella),
tra poco ti risponderò per la prima parte, promesso. Da sociologo,
micro-sociologo visto che mi occupo di micro relazioni, trovo molte
affinità nel percorso della sofferenza tra la pedagogia e
la sociologia. Quale identità? E qui allora mi riallaccio
alla formazione. Concordo con Bellizzi, la formazione deve avere
dei costi, poi ognuno è libero se spendere quattrini in maglioni
griffati o investendo su se stesso allargando le proprie competenze.
Però ci sono delle esagerazioni sui costi. A 40 anni ancora
mi chiedono formazione, formazione formazione. Spesso chi mi forma
è molto più giovane di me e, ancor più spesso,
non ha esperienza alcuna sul campo. Teoria e prassi dunque, vero
Wild? ma la mia esperienza sul campo non la riconosce nessuno e,
la mia svalutata laurea non ho ancora ben compreso a che mi serve,
soprattutto se ti vedi scavalcato da assistenti sociali, senza esperienza
ma con un Albo e magari una tessera in tasca, da infermieri che
discettano di Maslow o di Lewin e fanno i formatori a noi sociologi
o pedagoghi o, beh gli psicologi hanno l'albo e pesano più
dei primi due più i filosofi messi assieme. Eppure la filosofia
è la matrice comune ed accomunante ma, per fare il terapeuta
occorre o la laurea in psicologia o quella in medicina. Sociologi,
pedagogisti e filosofi sono estromessi, non servono a nulla. Cosi,
seppur veda tutti i giorni persone senza laurea ed esperienza sul
campo fare i manager di strutture pubbliche, mi vedo arrivare l'invito
per partecipare ad un Master in management aziendale di, pensate
un po, 2 giornate per complessive 8 ore ad un costo di 2500 euro.
Secondo voi cosa cribbio potrò imparare di cosi prezioso
in 8 ore? Però i masters servono. Io ho cominciato cosi a
formarmi da solo, non ho molti quattrini, specie in questo momento,
e cosi investo in libri e la sera la passo a leggere. Considero
un percorso formativo anche il frequentare psicopolis, alcuni libri
acquistati anche in edizione "arcipelago" mi hanno fatto
imparare molte cose, i contatti che tengo di tanto in tanto con
Guido Contessa mi sono serviti a formarmi, cosi come il riflettere
sui vostri contributi. Devo quindi dire che, psicopolis mi ha aiutato
nella formazione personale, certo non ho maturato crediti, ma chissenefrega,
quelli non contano nulla se non sei contiguo col sistema di potere
in auge e con alcune burocorporazioni. Allora, soprattutto attraverso
Guido Contessa ho imparato che, se da un'era in cui la gerarchizzazione
era l'imperativo politico si tenta di passare ad un sistema fatto
di connessioni, quello che ho realnmente appreso è che è
difficile mettere in atto queste connessioni e, gradirei tornare
con un contributo apposito sulle connessioni anche perché
sto tentando di operarle su piccoli contesti ma, è veramente
difficile.
F.Bellizzi il 9/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
Quale formazione?
Caro Cat, e' da tempo che la formazione nelle organizzazioni (non
solo le aziende) e' deceduta. E' da tempo che l'unica formazione
sensata e' quella che ognuno si fa privatamente per un mero "gusto"
personale. Purtroppo costa, ma perche' formarsi dovrebbe essere
piu' economico che fare fitness o fare weekends?
Cat il 8/9/2003, alle ore 21 ha scritto:
opinioni
Ciao a tutti, sono nuova della comunità e come primo contributo
vorrei chiedere una vostra opinione sull'impiego della formazione
nelle aziende. A mio avviso a tale parola vengono associate le più
disparate definizioni e concezioni (confusa con l'addestramento,
l'istruzione scolastica, un passatempo, la soluzione a tutti i problemi).
Ancora oggi sono poche le aziende che dedicano tempo e parte del
loro budget per fare formazione ai propri dipendenti e il paradosso
è che le società di formazione sono le prime a non
credere nella formazione dei propri dipendenti... Come si può
parlare di "FoRMAZIONE PERMANENTE" se poi sono le aziende
le prime a non crederci. Il dipendente che voglia fare formazione
deve muoversi da solo, prendere permessi, pagare i corsi (spesso
costosissimi) di tasca propria...non stupisce che alla fine ci rinuci.....
wildwest il 5/9/2003, alle ore 11 ha scritto:
Grazie, Mirco
Prima di aprire un altro capitolo, vorrei ringraziare Mirco per
quanto si è prodigato nel suo anno di responsabilità.
Vorrei che continuasse(come tutti) a fare di questo uno spazio utile
in quanto ricco di spunti. Grazie, Mirco!
Mirco il 8/7/2003, alle ore 22 ha scritto:
Grazie...
Grazie Franco per aver testimoniato, attraverso anche la tua esperienza,
l'inutilità per non dire dannosità degli ordini. Devo
dire che pure io all'inizio ero proiettanto verso questa strada,
poi però ho avuto modo di rendermi conto quanto essa serva
alle cause soggettive e megalomani degli operatori, annullando la
pretesa oggettività di una disciplina che vuol essere scienza.
Grazie quindi, grazie anche per aver risposto iniziando con una
messa in discussione. (mirco)
FBellizzi il 7/7/2003, alle ore 16 ha scritto:
Un nuovo ordine????
Sono colpevole di essere stato fra i promotori dell'Ordine degli
psicologi. Me ne pento. L'Ordine ha accelerato la morte della psicologia
italiana, che come tutte le discipline sociali sta da tempo (anni
Settanta?) in agonia. Siamo fra i pochi Paesi europei ad avere Ordini,
a riprova della nostra cultura corporativa.L'unica battaglia seria
(che nessuno fa) è quella per l'abolizione di tutti gli Ordin
come del valore legale dei titoli di studio.
Mirco il 5/7/2003, alle ore 14 ha scritto:
Piccola precisazione...
L'Albo, con il suo statuto e le sue leggi, è consultabile
sul sito www.sociologi.it E' da tempo infatti che i sociologi, al
pari degli psicologi, ma pure degli assistenti sociali, richiedevano
per sé un albo ed un relativo ordine. Sono convinto che le
mie obiezioni susciteranno ire e perplessità tra i sociologi,
gradirei quindi sapere cosa ne pensano i cittadini di akkademia.
Bye (mirco)
Mirco il 5/7/2003, alle ore 14 ha scritto:
Albo sociologi: che ne pensate?
Messaggio da me inviato al sito www.sociologi.it La maggior parte
di noi operatori nell'area immateriale, diciamocelo francamente
e senza retorica, svolge un'attività di asservimento al potere
politico. Siamo, come dicono in molti, i secondini del consenso.
In verità non so se abbia più un senso il lavoro sociale,
credo comunque che il senso del nostro lavoro, nel momento in cui
è ad appannaggio del servizio pubblico, vada piano piano
svanendo. La catastrofe è prima di tutto imputabile a noi,
alla nostra miopia, alla nostra silente connivenza, in un clima
di subalternità, con il potere politico, con le burocorporazioni,
con gli ordini che, per quanto si dica, hanno ridotto se non annullato
il senso che può avere il lavoro di un educatore, di uno
psicologo, di un animatore o di un sociologo. Il nostro compito
purtroppo è, e sarà sempre più, quello di soddisfare
le esigenze di gruppi gerarchicamente superiori e iperburocraticizzati,
e questo devo dire è in linea con il degrado socio-politico
frutto di un impero senza contrappesi e che nel giro di pochi anni
porterà l'occidente a sperimentare la povertà. L'utenza,
quella per la quale si fanno progetti e in nome della quale si chiedono
finanziamenti, sarà sempre meno il nostro obiettivo. E' infatti
sempre più evidente che quei finanziamenti strappati in nome
di un disagio andranno invece a rimpinzare le tasche di annoiati
burocrati, e di rampanti politici, noi in questo perverso gioco
siamo i garanti del consenso. E' d'obbligo infatti mettere ad esempio
un animatore, un educatore, uno psicologo, per una struttura pubblica.
E' pure un obbligo dare all'utenza questo pseudoservizio gratuitamente
perché, quella strana parola ormai priva di senso che è
il welfare, nella sua immane ipocrisia iconolatrica lo esige quale
orpello per abbellire la facciata e per lavare una coscienza, quella
pubblica che, palesemente si sente addosso un senso di colpa sempre
più pesante. Noi, i secondini del consenso, ci muoviamo quindi
sempre più verso obiettivi di soddisfacimento, non dell'utenza,
ma bensi del ceto dominante, degli ordini e, non abbiatene a male,
attraverso la costituzione di albi professionali che sono lo strumento
di ricatto del politico sul professionale attestando la supremazia
della mediocrità sulle intelligenze. Vi invito pertanto a
partecipare e dare dei contributi se volete, ad un dibattito che
sta avendo luogo sul sito www.psicopolis.com andando su "organismi"
quindi "akkademia" in vista di un congresso nazionale
che vedrà contrapporsi le ragioni del mondo politico, imprenditoriale,
cooperativistico, e quello degli operatori che rivendicano la dignità
di un riconoscimento professionale smarcato dalle poli-burocorporazioni
e dagli ordini di tutti i tipi. Diceva, mi pare Einstein: "non
bisogna aver paura dei cattivi che vegliano, quanto dei buoni che
hanno sonno." Saluti, mirco (primo akkademico 2002-2003 "Psicopolis")
Messaggio inserito il: 04/07/03
Mirco il 3/7/2003, alle ore 17 ha scritto:
potrei convenire ma...
..ma non mi va di fare la parte della verginella immacolata. Insomma,
concordo col fatto che, sostanzialmente, l'animatore, lo psicologo,
l'educatore, sono figure ritenute dei gadget di ornamento di una
facciata. Non mi pare vengano ritenuti "utili". Questo
perché tra le finalità sottese ai valori che caratterizzano
le varie personalità, professionali e non che transitano
in certi ambienti, in realtà il vero obiettivo non è
il soddisfacimento dei bisogni dell'utenza, quanto invece, il personale
soddisfacimento del proprio egoismo. Ecco allora che forse avete
ragione voi. Sto iniziando a lavorare coi gruppi e, tutte le persone
che mi hanno contattato hanno deciso di partecipare spontaneamente,
pagando di tasca propria me che sono un libero professionista e,
la cosa che fa la differenza rispetto al mio lavorare in un ente
pubblico è che molti nel contattarmi dicono: "quando
si inizia, io ho bisogno...". Il pubblico invece più
che un bisogno pare rendere giustizia ad un dovere da assolvere
verso la propria coscienza che, forse, cosi pulita non è...
Comunque se non ci si addossa pure noi un minimo di responsabilità
addossandole totalmente all'esterno, dubito si arrivi mai ad un
reale cambiamento.
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