Manuale per i candidati alla selezione
per operatori dell'Immateriale in cerca del primo lavoro

1. Qual è il Tuo vantaggio competitivo?
I giovani operatori dell'immateriale, neo-diplomati, laureandi o laureati in cerca di un lavoro sono quasi sempre all'oscuro di ciò che il mercato chiede loro. La inveterata abitudine mentale ai Concorsi o alle assunzioni per affiliazione, ha fatto perdere di vista gli elementi basici per i quali un datore di lavoro offre o meno un posto di lavoro o una collaborazione.
L'idea che guida molti giovani operatori è quella di prendere un diploma superiore o di laurea, magari con una buona votazione, e ottenere per ciò stesso un diritto all'inserimento al lavoro. L'accento viene posto sul possesso di contenuti inerenti la figura professionale cui il candidato aspira. Nei casi migliori, i laureati in psicologia chiedono un posto da psicologo perché hanno studiato bene Freud, i gestaltisti, le tecniche di somministrazione di un test. I laureati in scienze della Formazione chiedono un posto come formatore sulla base del fatto che hanno studiato bene qualche autore o che hanno fatto qualche mese di stage presso un'impresa. Gli educatori mostrano il loro diploma professionale o la loro laurea, il che dovrebbe bastare.

Insomma tutti puntano essenzialmente sui contenuti dell'iter scolastico compiuto. In realtà l'attestato, la votazione di diploma, i contenuti posseduti sono un elemento molto marginale nella valutazione di un candidato. Tutti conosciamo bene la scuola italiana. E tutti sappiamo che i curricula non hanno quasi riferimento con la pratica lavorativa e le votazioni non rispecchiamo che per caso il reale valore dell'allievo. Oltre a ciò, il problema è che, nei casi migliore tutti i candidati hanno le stesse caratteristiche. Migliaia di psicologi, formatori, educatori, animatori e operatori dell'immateriale in genere hanno un curriculum identico. Cosa dovrebbe spingere un selezionatore a scegliere l'uno o l'altro candidato? Quali sono gli elementi che fanno di un individuo una entità speciale, diversa dalle altre, meritevole di un inserimento in quella organizzazione, al posto delle altre decine che si presentano? Perché un selezionatore deve preferire questo candidato ad un altro? La vicenda di solito cade nel sistema delle raccomandazioni, nella mera casualità, o in variabili molto arbitrarie come l'estetica, l'atteggiamento servile, la simpatia emanata dal candidato. Ciò che i giovani in cerca di lavoro trascurano è di dotarsi di un personale "vantaggi competitivo". Cioè un elemento personale in più, che distingue il soggetto A dal soggetto B, facendo propendere il selezionatore per un candidato sui centro che esamina.
2. Il curriculum
Il curriculum scritto riveste molta importanza, perché è di solito la carta d'identità del candidato. Ormai esistono molte pubblicazioni e molti servizi che insegnano come stendere un curriculum in via formale. Qui dunque ci soffermeremo sulle questioni di contenuto.
§ L'indirizzo di posta elettronica
Quando si vedono centinaia di curricula occorre avere un criterio di prima scrematura, per scendere ad un numero realistico di pagine da leggere. I primi criteri di scrematura riguardano la forma, l'ortografia, la completezza, l'impagninazione, il ce è ovvio. Meno noto invece è che un elemento di eliminazione è la assenza di un indirizzo e-mail. Chi non indica un indirizzo di posta elettronica è più difficilmente contattabile: la posta è lentissima, e il telefono spesso richiede 5/6 chiamate. Ma soprattutto tale assenza segnala che il candidato appartiene culturalmente al secolo scorso, che non ha dimestichezza con gli strumenti informatici, che è privo di ciò che oggi tutti considerano indispensabile: l'alfabetizzazione informatica. La cosa è particolarmente grave negli annunci sui giornali, che non offrono la possibilità di essere archiviati facilmente ed a cui in genere ricorre il datore di lavoro che ha fretta. Insomma, una richiesta di lavoro senza un'e-mail rischia di essere cestinata ancora prima di essere letta.
§ Il voto di diploma o di laurea
Molti indicano il proprio voto di diploma o di laurea come se fosse una medaglia al valore. Un valore che invece non è molto considerato, specie in tutte le professioni sociali o umanistiche, perché è a tutti noto che molti bei voti sono cortesi regali dell'istituzione scolastica. O tutt'al più indicano il candidato come "bravo studente" il che è molto diverso che essere un "bravo operatore". Più interessante invece è il titolo della tesi (per i laureati) che indica un interesse specifico. Purtroppo qui non è raro incontrare tesi su temi che non hanno alcuna attinenza col lavoro richiesto.
§ Le esperienze di formazione extracurriculari
Molti candidati indicano diverse esperienze di formazione extracurriculare (corsi, seminari, convegni ecc.) come plus che dovrebbe fungere da vantaggio competitivo. Qui ci sono tre problemi: la specificità, la precisione descrittiva, la credibilità dell'ente erogatore. Specificità significa che hanno un certo valore solo quele espereinze formative che sono attinenti con la posizione richiesta. Uno psicologo che vuole un posto da formatore non deve segnalare un sfilza di seminari sul "parto indolore" o il "trattamento di bambini handicappati". Un educatore che vuole un posto in una cooperativa di servizi per minori, è inutile che segnali un training per il lavoro "coi malati di Alzheimer". Chi aspira ad una collaborazione come formatore può fare a meno di esporre la partecipazione al convegno sul "debito dei paesi del Terzo Mondo".
L'imprecisione consiste invece nell'indicare un elenco di corsi, seminari, convegni senza indicare né il numero di ore impegnate, né l'ente organizzatore. Così si trovano insieme il seminario di tre pomeriggi promosso dalla Parrocchia e il corso quadriennale di psicoterapia della famiglia, promosso dalla famosa scuola del settore. Infine la credibilità. E' intuitivo che un elenco di seminari fatti con sconosciuti o con enti di scarsa credibilità professionale, ha molto meno pregio di un elenco di esperienze fatte con maestri o enti leaders nel settore.

§ Stages e tirocinii
Per questa ci sono problemi simili che nella precedente: la specificità, la credibilità e la precisione. Occorre che queste esperienze siano specifiche per la posizione richiesta dal candidato: lo stage in una comunità per tossicodipendenti non aggiunge punti a chi aspira ad un lavoro come formatore. Occorre anche che l'esperienza sia stata svolta in un'organizzazione di prestigio: un tirocinio presso un'industria anonima, vale molto meno di uno fatto presso la Fiat. Infine occorre precisione nella descrizione del tirocinio o stage. Un conto è un tirocinio passato a pulire gli scaffali, un altro conto è se è stato impiegato come membro attivo di un'èquipe qualificata. Uno stage di tre giorni è diverso da uno di sei mesi. Quindi non basta indicare che il candidato ha fatto uno stage presso la tale organizzazione: si deve descrivere l'organizzazione e segnalare anche il tempo impiegato e la mansione svolta.
§ Lavori precedenti
La descrizioni di lavori precedenti è importante. Meglio se questi lavori sono coerenti con la posizione richiesta, ma anche lavori eccentrici costituiscono un vantaggi. Perché chi assume parte dal'ipotesi che una esperienza di lavoro qualsiasi è un'occasione di apprendimento di una "cultura del lavoro" che chi ha solo studiato non può avere. In entrambi i casi ovviamente conta la durata del lavoro, la mansione svolta, l'ente presso cui il lavoro è stato svolto: che vanno dunque descritti partitamente.
§ Hobbies
Qualche consulente americano deve avere influenzato la cultura italiana, consigliando l'uso tipicamente statunitense di inserire nel curriculum un "tocco di privato", che da noi si esprime nella sezione hobbies. Molti credono di ricevere benevolenza quando scrivono che si occupano di musica celtica, fanno sci-alpinismo, o leggono romanzi di fantascienza. L'effetto è patetico, perché non vi è quasi mai alcuna relazione fra questi ameni passatempi e il lavoro richiesto. Quindi sarebbe meglio evitare, a meno che l'hobby non possa aggiungere un vantaggio competitivo al candidato. Per esempio, se la posizione richiesta fosse di management, può essere utile indicare come hobby l'organizzazione di eventi e manifestazioni; se la posizione riguardasse un servizio educativo, può essere interessante un tempo libero speso nei boy scouts. Anche qui tuttavia è meglio essere precisi: da quanto tempo l'attività è praticata? Con quale frequenza? Con quali risultati?
§ Il Sapere
E' opinione corrente che indicare una laurea o un diploma indichi ipso facto anche il sapere del candidato. Questo è sempre meno esatto, in un'epoca come la nostra nella quale i curricula tendono a frazionarsi e articolarsi. Per dare un'idea del sapere del candidato non è tanto importante il tipo di diploma finale, quanto l'indirizzo, gli esami sostenuti, i seminari o laboratori frequentati, l'argomento della tesi. In molti casi può essere importante segnalare il o i docenti, coi quali si è appresa una disciplina. Per esempio, se il candidato chiede un lavoro come formatore, è diverso indicare di aver seguito seminari specialistici con un docente arcinoto che ha scritto centinaia di pubblicazioni, o con l'anonimo professore ignoto ai più.
Tuttavia la questione importante, anche se può sembrare strano, non è il sapere dimostrato da un titolo formale, scolastico o accademico. Sia perché decine di candidati in genere hanno lo stesso titolo formale, sia perché tutti sanno che i titoli formali in Italia sono spesso il risultato di una serie di equivoci e piccoli trucchi. Sono altri i saperi che fanno la differenza, cioè forniscono un vantaggio competitivo.

§ La comunicazione scritta
Chi legge un curriculum, per prima cosa cerca di conoscere il candidato dal modo come si esprime. Il mio archivio è pieno di curricula "mostruosi", nei quali diplomati alle Magistrali scrivono "squola" e "o avuto". La lingua italiana non è una variabile opzionale: chi è interessato ad assumere un candidato che scrive "squola"?
§ La patente di guida (e il possesso di un'auto)
Spesso anche chi ce l'ha, dimentica di scriverlo nel curriculum. Invece è importante. Non tanto e non solo perché chi assume può un giorno avere bisogno di richiedere all' operatore uno spostamento con la sua auto. Ma soprattutto perché una patente ed un'auto indicano un certo grado di iniziativa e di autonomia del candidato, che presenta quindi un vantaggio nei confronti di altri che ne sono spovvisti.
§ Le lingue straniere (parlate, lette e scritte)
Conoscere una o più lingue straniere è sicuramente un plus in un'epoca di globalizzazione. Ormai non esiste più lavoro che non abbia contatti con Paesi stranieri. Naturalmente è bene non barare: chi scrive di conoscere una lingua, deve aspettarsi che nel colloquio sarà esaminato su questa affermazione.
§ Le Istituzioni, le Organizzazioni e i Servizi
La società contemporanea è caratterizzata da una enorme complessità. Solitamente i giovani trascurano le conoscenze relative alla complessità delle Istituzioni e dei Servizi, anche nelle forme più banali: sapere la differenza fra Comune e Regione, a cosa serve la Camera di Commercio, cos'è la Posta Prioritaria, come si ottiene un certificato, cosa è un leasing, che differenza c'è fra l'Iva e la ritenuta d'acconto, e così via per centinaia di questioni che coinvolgono ogni impresa che agisce nella complessità post-moderna. Il candidato deve anche conoscere le regole base dell' organizzazione: come la differenza fra i rapporti gerarchici e funzionali, i confini di ruolo, le responsabiltà nei compiti e nei risultati ecc.Conoscere alcune di queste cosa per avere fatto esperienze anche eccentriche in qualche campo, è un grande vantaggio competitivo. E se un candidato ne possiede è bene che lo faccia sapere nel suo curriculum.
§ Il Saper Essere
Oggi più che un tempo, il vantaggio competitivo deriva dalle competenze psicologiche. Il saper ed il saper fare sono obiettivi facilmente raggiungibili anche sul posto di lavoro, se un giovane dispone delle capacità emozionali adeguate. Il saper essere è invece un insieme di competenze che acquisisce in molto tempo e non senza difficoltà. I giovani spendono anni per imparare la matematica, la letteratura inglese o la biologia, ma investono pochissimo nella "scultura del Sé". La crisi delle tradizionali agenzie educative (scuola e famiglia in primis) ha reso il processo di costruzione psicologica un percorso casuale e fortuito. Resta il fatto che oggi, la scelta di un candidato invece che un altro si basa sull'esistenza di competenze psicologiche, come le seguenti. Chi manda un curriculum deve tenerlo presente e segnalarne, magari con qualche pezza giustificativa (corsi ad hoc, esperienze lavorative o extra-lavoative ecc.), il possesso.
§ Capacita' di relazione
Il candidato deve presentare e dimostrare elevate competenze di ascolto, comunicazione, relazione interpersonale, di gruppo, e organizzative, non solo per i rapporti interni all'ambiente di lavoro, ma anche per i rapporti che ogni organizzazione intrattiene con l'esterno(clienti, fornitori, utenti ecc.)
§ Autonomia
L'organizzazione post-moderna non si basa più su gerarchie e procedure precise. Ogni operatore è chiamato a gestire ampi spazi di discrezionalità, che va tuttavia regolata in vista del fine.
§ Responsabilità
Collegata alla precedente è la capacità di assumersi e gestire responsabilità, relativamente ai processi ed ai risultati del lavoro.
§ Propositività
Iniziativa, originalità, creatività sono competenze preziose nel conteso produttivo odierno, in costante trasformazione ed evoluzione.
§ Il Saper Fare aspecifico
§ Conoscenza PC (posta, scrittura, web, stampa)
Della necessità di un indirizzo di posta elettronica, abbiamo già detto. Qui sottilineamo l'mportanza della capacità di usare operativamente computer. Saper gestire la posta elettronica, almeno un word processor, uno o più motori di ricerca sul web; saper aprire cartelle, copiare o spostare files; saper usare un modem ed una stampante sono i requisiti minimi che si richiedono a quasi ogni ruolo professionale oggi. Gestire un PC nelle funzioni di routine è richiesto a chiunque lavori in un ufficio, a qualunque titolo, ed equivale al più tradizionale uso del telefono, della macchina da scrivere o della penna.
§ Macchine e lavoro d'uffico
L'organizzazione del lavoro odierna non si basa, come quella di un tempo, su folle di "addette alla segreteria". Al contrario, si basa su ruoli professionali autonomi al 90%. Ciò significa che sempre più spesso ogni operatore, per il lavoro che gli compete, fa le fotocopie, manda i fax, chiama il pony, rilega le copie delle relazioni, decide come spedire una lettera, prenota un biglietto di treno o aereo, effettua piccole spese per i quali chiedere fattura, tiene un archivio ed un'agenda aggiornati. Inoltre, lo stesso operatore deve cercare e trattare con certi fornitori come tipografi, servizi di riproduzione e spedizione, servizi di noleggio, agenzie di viaggio, centri di servizi informatici, assicurazioni, servizi di catering, manutenzione ecc. Insomma tutto ciò che un tempo veniva fatto dalle segretarie oggi, salvo che nella grandi imprese dov esstono uffici specializzati, viene suddiviso fra gli operatori. Non è raro purtroppo trovare candidati che non sanno consultare le Pagine Gialle, non leggono un orario dei treni o degli aerei, non sanno cos'è una raccomandata R.R.. Frequentissimo è trovare operatori che non sono capaci di cambiare la cartuccia della propria stampante; riavvolgere il nastro di una segreteria telefonica; mandare un fax.
§ Cercare
Sapere o saper fare tutto ciò che richiede un lavoro attuale è effettivamente difficile e nessuno è in grado di affermare di sapere o saper fare tutto il necessario, anche perché i cambiamenti nelle attrezzature e nelle procedure di lavoro sono molo accelerati. Ciò che oggi sappiamo fare usando la tastiera di un PC potrebbe essere obsoleto fra un anno, quando i sistemi vocali saranno più diffusi. Diventa dunque cruciale in un candidato, la capacità di cercare soluzioni ai problemi. Si tratta di una capacità in larga parte psicologica, che dunque dovrebbe essere messa nel "saper essere". La mettiamo qui per sottolineare la necessità di possedere almeno le tecniche della ricerca, che si imparano più in fretta dell'atteggiamento psicologico correlato. Consultare fonti, fare domande, chiedere aiuto sono le tecniche base di ogni ricerca. Le fonti sono i manuali, le guide, le documentazioni (su carta o su web) che si trovano ovunque: in ogni ufficio, nei servizi specializzati, presso gli Enti pubblici, sui giornali. Saper consultare bene ed in fretta le fonti giuste consente di avere risposte a praticamente ogni quesito operativo possibile: Se non sapete cambiare una cartuccia di stampante leggete il manuale, oppure telefonate al negozio che le vende, o ancora cercate il sito del fornitore sul web. Se non conoscete una legge che vi serve contattate l'Ufficio pubblico competente, oppure cercate in biblioteca, o navigate con un adeguato motore di ricerca. Quando la documentazione non basta, fate domande. Chiedete a qualcuno che potrebbe disporre dell'informazione; ad un fornitore o cliente; ad un vicino di ufficio o a un consulente. Infine, se nessuno dispone della informazione che vi serve, chiedete aiuto: domandate a qualcuno se conosce qualcuno che potrebbe averla; chiedete se esiste una possibilità di risolvere il problema senza l'informazione che cercate.

§ Il Saper Fare (per professione)
Questo è un aspetto che di solito viene trascurato. Chi presenta un curriculum crede che basti parlare di Laurea in Psicologia o Diploma di Perito Turistico. Chi assume forza lavoro ha scarso o nullo interesse per il tipo di diploma del candidato, o meglio, considera il diploma come un pre-requisito. Un diploma di Maturità o di Laurea è per alcuni lavori anche obbligatorio, ma non dice nulla di ciò che il candidato effettivamente sa fare. Non interessa tanto sapere se avete una Laurea in Sociologia, ma se sapete fare una ricerca sul campo e con quali tecniche. La Laurea in Psicologia serve a poco se non potete dichiarare di saper fare bene dei colloqui clinici, dei test o dei gruppi di assestment. Il diploma di Educatore è una bella cosa ma al selezionatore interessa di più sapere quali tecniche educative padroneggiate. La Laurea in Scienze della Formazione è poco significativa se non dichiarate di sapere condurre un gruppo in un setting formativo o fare un progetto di formazione. Ogni lavoro per il quale si inoltra una domanda richiede due o tre conoscenze tecniche specifiche, che costituiscono la giustificazione per un inserimento. Se queste mancano, è evidente lo svantaggio competitivo.
3. Il Colloquio
Solitamente, se il curriculum è passabile, si viene invitati ad un colloquio, individuale o di gruppo. Qui si gioca la vera partita, perché in genere su 100 curricula pervenuti, 20 persone entrano concretamente in competizione per il lavoro offerto. Il problema è dunque il seguente: cosa rende il candidato, il cui curriculum assomiglia ad altri 20 selezionati, talmente speciale da meritare l'inserimento ?
§ La forma: puntualità, documentazione, aspetto
E' banale ma va detto. Presentarsi ad un appuntamento in ritardo o peggio, sbagliare giorno, è gravissimo; presentarsi troppo in anticipo fornisce un'immagine di ansia. Occorre essere presenti all'appuntamento con 5/10 minuti di anticipo. Nella cartella o borsetta va messa l'intera documentazione che prevedibilmente sarà collegata al colloquio: copia del curriculum, certificati da allegare, copie di eventuali lavori svolti (come la tesi di Laurea o Diploma). Può darsi che non venga richiesto niente, ma fa una pessima impressione quando nel corso del colloquio si parla di un articolo pubblicato, dire che lo si è lasciato a casa. Infine, ma non meno importante è l'aspetto. Occorre ricordarsi che l'abito fa il monaco e che un selezionatore non può fare a meno di trarre delle ipotesi da ciò che vede. Barbe, baffi, capelli, trucco, vestito, scarpe, gioielli, borse, giornali sottobraccio comunicano sempre qualcosa. Va sempre ricordato che ogni selezionatore medio ha avuto una qualche formazione o esperienza nella lettura delle comunicazioni non verbali. Il candidato deve pensare se ciò che mostra è coerente con ciò che vuole che l'esaminatore veda o che il selezionatore potrebbe voler vedere. Non ci sono regole in questo campo, perché tutto dipende dal settore di lavoro e dalla tipologia dell'ente assuntore, oltre che dalle intenzioni del candidato. Tuttavia va ricordato che ogni messaggio non verbale stimola una decodifica e che questa non sempre è coerente con il significato che l'emittente voleva dare. Una cravatta può voler dire "sono un ottimo funzionario" ma anche "sono un bacchettone". Una minigonna molto corta può significare "sono una donna autonoma e moderna" ma anche "voglio sedurti, così mi assumi". Una 24 ore comunica cose diverse da uno zainetto; un paio di Nike producono reazioni diverse da un paio di scarpe col tacco a spillo.
§ Conoscenza del settore
Quando mi è capitato di selezionare formatori non ho mai mancato di chiedere qual era l'ultimo libro, la rivista, l'articolo del settore che avevano letto: bastava questa domanda per ridurre il numero dei candidati da 10 a 2. Otto su dieci non facevano altro che balbettare. In qualsiasi settore stiamo cercando lavoro, è bene dare al selezionatore l'impressione che quel settore rappresenti un nostro effettivo interesse. E questo si traduce in letture aggiornate, conoscenza delle riviste principali e delle associazioni di categoria più note, partecipazione a Convegni del settore. Qual è il vantaggio competitivo di venti candidati nessuno dei quali mostra di conoscere alcunché del settore in cui chiede di entrare?
§ Conoscenza dell'interlocutore
Un sotto capitolo della conoscenza del settore è quello che riguarda la conoscenza dell'interlocutore. Chi vuole l'inserimento in un'impresa deve avere una conoscenza sommaria della stessa, nel panorama del comparto produttivo cui appartiene. Non si può chiedere un'assunzione alla FIAT e lasciarsi scappare che ci piacerebbe produrre auto come la Skoda. Non si può aspirare all'inserimento presso la KODAK e affermare che abbiamo una grande esperienza nel negozio di sviluppo e stampa che abbiamo sotto casa. Eppure questo avviene ogni giorno. Certo, magari non si tratta sempre di imprese così famose, ma anche organizzazioni meno famose hanno nel loro comparto un ruolo di leadership, magari di avanguardia, e non apprezzano il fatto che parliate con entusiasmo o magari con spocchia di imprese concorrenti. Se l'impresa in cui volete inserirvi gestisce da tempo una scuola di specializzazione, non è intelligente magnificare una scuola concorrente, o, se si vuole fare, almeno occorre cercare una buona scusa per aver scelto di formarsi altrove. Il fatto è che spesso i candidati non sanno nulla dell'ente presso cui si recano a fare un colloquio, né fanno alcuno sforzo per informarsi prima. E quando capita la fortuna di poter consultare del materiale prima, questo viene scorso in tutta fretta, senza precise attenzioni. Un vantaggio competitivo consiste certamente nel dimostrare al selezionatore che si conosce l'organizzazione per la quale ci si è candidati, che se ne è studiata la configurazione e la posizione nel mercato, che si è inviata domanda a quella impresa proprio perché la si conosceva.
§ Comunicazione
Un colloquio di selezione è prima di tutto un colloquio, cioè un dialogo fra due o più persone che cercano di conoscersi, per valutare le reciproche compatibilità. Il tutto si basa su parole e su gesti, e a volte anche su performances (quando è prevista qualche prova). Parlare e comunicare in modo non verbale, osservare e ascoltare, è il modo con cui il selezionatore cerca di valutare se il candidato va bene per l'organizzazione, e quest'ultimo cerca di valutare se l'offerta di lavoro è quella che fa per lui. Comunicare significa "mettere in comune", non imbrogliare, né subire, né litigare. Moltissimi candidati non sanno cosa significa comunicare e mettono in atto strani comportamenti. In genere di tre categorie: quelli che barano spudoratamente; quelli che si mettono sdraiati davanti al selezionatore; quelli che vedono nell'interlocutore il nemico. I difetti principali di questi tre tipi di comportamento sono di:
§ sottovalutare il selezionatore
§
non rendersi conto che se un errore ha scarse conseguenze per il selezionatore, per il candidato può essere un dramma
§
non capire che un colloquio che non produce effetti ora, potrebbe produrne più avanti
Un addetto alla selezione può essere stupido e impreparato, ma le centinaia di candidati che vede fanno di lui un soggetto da non sottovalutare. E' raro che non si accorga se il candidato mente; è raro che giudichi positivamente un candidato servile, che "non fa domande per non disturbare", che si mostra d'accordo su ogni affermazione del selezionatore; è difficile che non capisca che il candidato vuole solo "un posto" e se ne frega di quale o dove sia. Ammettiamo di riuscire a ingannare il selezionatore, facendogli credere che siamo esattamente la persona che cercava, mentre non è così. Per lui si tratta di un piccolo neo, un meno in un statistica che, su centinaia di casi, non conta. Per il candidato inserito nella posizione sbagliata, l'errore non sarà altrettanto insignificante: mesi di disadattamento, frustrazioni, figuracce, conflitti e se va male, ricerca di un nuovo lavoro dopo un anno. Infine, se il colloquio si basa su una buona comunicazione, anche senza sfociare in un inserimento ora, potrebbe diventare la base per un' occasione futura. Il selezionatore non è il nemico, ma un operatore che cerca di fare meglio che può il suo mestiere. Va ricordato che chi seleziona tiene sempre una piccola o grande banca delle risorse, da usare all'occorrenza.
Ciò premesso si apre qui il grande capitolo delle capacità psicologiche dei candidati, che abbiamo già elencato nel paragrafo del "saper essere". La comunicazione interpersonale e di gruppo è sempre la prova del livello di possesso delle capacità di relazione, di autonomia, di responsabilità e di iniziativa, sopra citate.
Guardare in faccia l'interlocutore, ascoltare con attenzione, usare un tono di voce sereno ma non motonono, non mostrare tic o posture corporee eccentriche, sono piccoli accorgimenti di comunicazione non verbale che valgono in ogni relazione, e quindi da tenere presenti nei colloqui di selezione. Ma è importante anche:
§
non rispondere a monosillabi
§
non reagire alle domande poste come se fossero troppo idiote da meritare riscontro
§
non cercare di capire perché viene fatta una domanda invece di rispondere
§
fare domande o chiedere chiarimenti, se si pensa di non aver capito bene
§
ammettere di non sapere rispondere a certe domande
§
saper distinguere le indagini improprie sulla sfera privata (come i gusti sessuali o le intenzioni di voto) dalle appropriate verifiche sul carattere (come reagisce allo stress? quanto sa sostenere una sua idea?) che nel lavoro attuale è lo strumento principale
§ Contratto
Un colloquio di selezione ha sempre come obiettivo un contratto fra due soggetti: i candidato e il selezionatore. Non si tratta di fare amicizia, ma di definire i contorni di un rapporto di lavoro. Molti candidati si dimenticano di chiedere quale compenso è previsto; quali sono gli orari di lavoro; quale la sede di lavoro e l'ufficio di destinazione; quali compiti vengono richiesti; quali percorsi di carriera sono possibili. In genere questi hanno anche idee confuse su cosa preferiscono fare e in che modo preferiscono lavorare. Cosa può dare questa impresa al candidato? Cosa può dare il candidato a questa impresa? Sono le due domande chiave attorno alle quali dovrebbe girare un colloquio di selezione. E sono domande che dovono porsi e porre sia il selezionatore sia il candidato.
4. Sapere cosa si vuole
Malgrado le migliaia di progetti per l'orientamento nella scuola, i servizi per l'orientamento di Comuni e Camere di commercio, la mole sterminata di informazioni accessibili, o forse proprio a causa di tutte queste cose, troviamo trentenni che ancora devono decidere cosa fanno da grandi. L'aumento di opzioni, senza una parallela maggiore maturità dei soggetti, provoca più spesso la paralisi che la scelta.. Più opzioni non significa scelte più libere ma scelte dilazionate. L'idea prevalente sembra quella dell'accumulo di esperienze eterogenee, in attesa di una scelta che non viene mai fatta con convinzione. Siccome i giovani considerano possibile ampliare a dismisura il loro orizzonte, e in effetti questo è realistico, ogni scelta viene fatta con un occhio sempre aperto sulle alternative. E' assente l'idea di fare una scelta seria, che vale per un po', fino a quando si cambia. Ogni scelta è fin da subito provvisoria. Può darsi che ciò sia appagante dal punto di vista del giovane, anche se non pullulano i soddisfatti. Di certo non lo è per un selezionatore che si trova a dover valutare curricula che sembrano percorsi casuali nella vita: dal corso di psicoterapia assertiva, al convegno sulla protezione delle foreste, al seminario sull'handicap alla ricerca sul parto in acqua sono solo alcune delle fantasiose tappe curruculari degli operatori dell'immateriale. L'impressione è che il candisato non sia affatto interessato a quel tipo di lavoro o a quel tipo di impresa per cui chiede l'inserimento, ma sia a caccia di un'ulteriore breve avventura, provvisoria e fatta con la mente altrove. Ciò per quanto riguarda la motivazione. La preparazione poi è sulla stessa linea di fragilità confusa. Decine di esperienze qua e là, con impegno svagato, non producono un sapere o un saper fare solidi.
Il candidato che vuole un inserimento tempestivo e soddisfacente, dovrebbe spendere tempo e danaro per un vero programma di orientamento, che lo aiuti a capirsi, a decidere cosa desidera ed a scegliere un percorso coerente con le prime due cose. La domanda che un candidato dovrebbe farsi (almeno fra sé) è la seguente: assumerei uno con la mia motivazione e la mia formazione, per questo lavoro?

5. Quindi, la formazione.
Infine, la formazione. Se ne fa tanta e di ogni tipo, ma troppo spesso di bassa qualità o eccentrica rispetto alla vocazione lavorativa. Anche qui, occorre imparare a scegliere (1). La responsabilità non è ovviamente solo dei giovani, ma il fatto è che loro sono i primi a pagare. Non è colpa loro se i grandi buro-pianificatori che in questi anni possiedono tutta la formazione italiana, non si sono accorti che mancano formatori competenti, esperti di web competenti, animatori competenti, ed hanno speso miliardi per formare bagnini, spazzini da spiaggia, disc-jokeys (2). E' semmai colpa loro il fatto che non si dedicano a ricerche mirate e accorte per scegliere la loro formazione, ma più spesso decidono in base alla vicinanza a casa, alla gratuità, o alla simpatia di questo o quel docente. Per un selezionatore un curriculum formativo, formale o post-diploma, è di valore se:
Ø
ha una durata consistente ( i corsi di 50 ore hanno raramente senso)
Ø
è fatto presso enti di formazione competenti e prestigiosi
Ø
è accompagnato da approfondimenti (ricerche, stages, letture, pubblicazioni, convegni)
Ø
sia gli studi sia gli approfondimenti sono coerenti fra loro e con la professione prescelta.