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contributo di margherita sberna

LA FORMAZIONE PERSONALE DELL'ANIMATORE

Di animazione e animatore si parla da almeno 20 anni e nonostante  ciò questa  figura professionale, benche ritenuta essenziale nella  nostra cultura e società, non ha ancora trovato un riconoscimento formale.Al contrario si trovano, con l'andar del tempo, sempre più  situazioni e  casi  in cui l'animatore servirebbe, magari anche  con  particolari "specializzazioni".Ciò  significa,  innanzi  tutto,  che  come  gia  più volte  e  stato affermato,  l'animatore e considerato un operatore "polivalente",  che cioè  deve essere in grado di inserirsi adeguatamente nelle più  varie situazioni.
Di conseguenza, la sua preparazione deve riguardare in particolare  la sfera  personale o del "saper essere". Perché il tipo gli utenti con    cui lavorerà sono esseri umani e l'obiettivo per cui lavorerà riguarda il recupero più ampio possibile delle potenzialità di ciascuno.Un animatore professionista può essere  utilizzato in contesti diversiin base alle variabili che li caratterizzano,per es.agli obiettivi che  si propongono di raggiungere, oppure agli utenti o  ai  contesti  nel loro  complesso.  Gli  obiettivi  possono  essere  educativi,  ludici, preventivi  "politici", per ragionare in termini di grandi  categorie. Gli utenti possono essere bambini, adolescenti, giovani, adulti, se li dividiamo per fasce d'età, ma potrebbero essere raggruppati per  altre caratteristiche,per  esempio  di tipo sociale,  oppure  connesse  alle problematiche  presenti,  oppure  ai tipi di bisogno,  ecc.  Infine  i contesti  nel  loro  complesso possono essere  individuati  nel  tempo libero  in senso lato, nel settore turistico e cosi via, ma anche  nel quartiere  , nel territorio corrispondente a una USSL , in un  reparto ospedaliero . Si tratta di esempi , ma se proviamo ad  incrociare  fra loro  tutte  queste variabili, otteniamo un  numero  considerevole  di scenari di intervento, fra loro molto diversi.

Le capacita necessarie

Ogni animatore dovrebbe avere un ricco bagaglio di competenze, abilita e  capacita.  Trattando qui della sfera personale,  ci  occuperemo  di queste  ultime, che comunque devono essere considerate  il  fondamento essenziale  per  chi  vuole  fare  la  professione  dell'animatore   : certamente  ad esse non si può rinunciare senza sottoporsi  a  pesanti costi sia in termini personali che di efficacia nella realizzazione di qualsiasi intervento animativo.
Al contrario, le competenze e le abilita tecniche sono più facilmente rimpiazzabili e qualche volta possono essere addirittura "inventate".In  pratica,  ciò che costituisce  "l'anima"  dell'animatore  riguarda quelle stesse caratteristiche che egli - attraverso il suo  intervento - dovrebbe sviluppare negli altri.
Difficilmente,  io credo, ciò può accadere se l'animatore non e  anche una  sorta  di  esempio,  di  modello,  di  evidente  possibilità   di realizzazione di quanto lui stesso va promovendo.Inoltre  la gestione di questo ruolo e di questa professione  richiede di  saper  affrontare  e gestire situazioni e  momenti  difficili  sia oggettivamente, sia psicologicamente.Dunque,  in  un  ipotetico  elenco che  voglia  indicare  le  capacita essenziali dell'animatore vanno inserite :- la capacita di affrontare e di saper gestire situazioni nuove- la capacita di investire emotivamente su persone, gruppi, iniziative- il controllo dell'ansia - la vitalità intesa come energia e come non arrendevolezza-  la facilita di approccio interpersonale e di creazione di  un  buon   "clima" di gruppo-  la  capacita  di esprimere se stesso e  di  continuare  il  proprio   processo di "crescita" e di "espansione" del proprio  Io. Dunque  la formazione di un operatore di questo tipo ha come  elemento essenziale lo sviluppo  dell'Io, il  suo  rafforzamento ed il suo ampliamento, fino a  raggiungere  una situazione il   più   possibile   soddisfacente,   gratificante    e "produttiva".
Molti pensano che per fare l'animatore basti essere giovane,  allegro, e dotato di fantasia. Ma questo non e assolutamente sufficiente a fare un  buon  professionista in questo campo. Anche perché  una  serie  di variabili  prodotte  dalla  nostra  società  e  dalla  nostra  cultura contribuiscono  a  mantenere i giovani a lungo in  una  situazione  di instabilità e di incertezza.Dunque occorre lavorare per ricostruire innanzi tutto l'identità della persona  nella sua completezza, aiutarla cioè a trovare dei  punti  di riferimento  che  possono costituire almeno l'avvio  alla  costruzione della soggettività. Un  intervento formativo in questo senso richiede di agire  secondo  i principi di un'etica che rispetti comunque le scelte individuali e che offra  delle  opportunità, senza pero in nessuna maniera  vincolare  o "costringere" in qualsiasi direzione.In altre parole, la formazione non deve essere un momento coercitivo. Ciò  richiede  che  innanzi  tutto venga fatta  una  selezione  fra  i potenziali animatori.Gli scopi di una tale operazione sono:-  costruire un quadro il più possibile preciso delle  caratteristiche   di fondo della persona- conoscere e "misurare" la motivazione al tipo di ruolo e di funzione   propri dell'animatore - far comprendere a fondo il tipo di scelta che si sta per compiere ed   aumentare la consapevolezza .Se  e certamente vero che la formazione e uno strumento molto  potente ed  efficace  per  preparare ed adattare un  individuo  ad  una  certa attività/professione, ecc. e anche evidente che alcune "predisposizioni naturali" possono facilitare questo processo. E per lo meno si possono evitare  persone  troppo fragili, con problemi esistenziali  di  fondo irrisolti  o  che  richiedono interventi terapeutici,  con  tratti  di personalità  che sono di ostacolo e di freno più che di aiuto  in  una professione delicata come quella dell'animatore.La  motivazione  e  una variabile di  estrema  significatività  perché esprime il desiderio, l'energia, con cui si intende perseguire il proprio scopo.
Spesso  e talmente importante che può modificare il giudizio  ricavato dalle  caratteristiche principali della personalità di  un  individuo. Per  esempio, può convincere il selezionatore a "compiere un  rischio" cioè a ritenere meno frenanti alcuni dati di personalità proprio  alla luce  di un forte e genuino interesse, e a ritenere che la  persona in  tale  situazione sia in grado di  utilizzare  l'opportunità  della formazione in modo ottimale e con grandi benefici.Dalle  caratteristiche individuali e dalla motivazione si può  dedurre ciò  che  ancora  e  nascosto o che  risulta  comunque  poco  visibile nell'aspirante  animatore,  e  cioè l'esistenza,  anche  in  nuoce,  di elementi che il tipo di formazione prevista può contribuire a sviluppare.  Stimolando quindi  qualcosa  che  gia  esiste ,  senza  particolari  forzature  e costrizioni.
Il  terzo aspetto che va considerato di grande importanza riguarda  il livello  di  consapevolezza che l'aspirante animatore  ha  rispetto  a quello che dichiara di scegliere come suo futuro professionale. Non si tratta  di controllare il grado di precisione con cui e conosciuto  lo specifico  della professionalità,ma "l'immagine" che ne ha.Pensare che l'animatore  e una persona che gira per il mondo, si diverte,  conosce un gran numero di persone ed in più e anche pagata per tutto questo  e ben diverso dal ritenere che e un operatore al servizio della comunità che aiuta ogni membro di essa a realizzarsi e a migliorare la  qualità della vita sua e degli altri.
Non  si  tratta  di  fare una valutazione  etica,  ma  di  cercare  di conoscere  le  aspettative  più profonde nei confronti  del  futuro  e quindi anche il livello di consapevolezza nei confronti dei  possibili problemi che toccano questa professione.Chi  nutre aspettative che non possono trovare riscontro nella  realtà potrebbe poi trovarsi in una situazione difficile quando non  tragica. In  questo  caso l'intervento formativo potrebbe  essere  efficace  in termini  di risultati generali, ma potrebbe non impedire  il  fenomeno della  caduta  di  interesse  per  la  "delusione"  delle  aspettative iniziali  o rendere difficile, quando non impossibile, la  risoluzione dei problemi connessi con la gestione della professione dell'animatore.Fare un buon lavoro di selezione significa darsi maggiori  possibilità di  riuscita non solo nel processo formativo, ma anche  riguardo  alla "mortalità" professionale: il fenomeno degli abbandoni, sia durante lo svolgimento  della  formazione,  sia di fronte ai  primi  problemi  di lavoro o alle difficoltà proprie dell'animazione.Una  buona selezione consente di ottimizzare e potenziare i  risultati della  formazione per il solo motivo che si opera su e con un  terreno fertile e ricettivo che dunque rende moltiplicato lo sforzo  didattico e  l'investimento  di energie che viene  "utilizzato"  nell'intervento educativo.Infine  consente  di  compiere una scelta che per  certi  aspetti  puo apparire ingiusta ed emarginante, ma che produce come conseguenza un netto miglioramento qualitativo del "prodotto" finale - in  questo caso degli animatori. In qualsiasi caso certamente vale  la pena di puntare sulla qualità, ma tanto più in questa situazione  dove viene richiesto di assumere una professione particolarmente  complessa e  delicata  e  dall'utilizzo della quale a volte  ci  si  aspetta  la trasformazione della società. 

Gli obiettivi dell'intervento formativo

Occuparsi di formazione o di educazione in senso lato, significa  fare delle  scelte, prendersi delle responsabilità, lavorare su  ipotesi  a volte  fragili,  a volte solo intuite. Ma proprio tutto questo  mi  ha portato  ad essere sempre più convinta della necessita di aiutare  chi si propone di occuparsi attivamente di animazione a diventare prima di tutto  "uomo",  cioè  adulto,  intero, essere  completo  anche  se  in evoluzione. Troppo spesso si incontrano persone incapaci di  esistere, paurose  della  loro ombra, che camminano per le strade  del  mondo  a testa  bassa  e prive di una qualsiasi scintilla  di  interesse,  come tanti Fracchia o Fantozzi che devono chiedere scusa per il solo  fatto di respirare.Un animatore per iniziare deve essere un  uomo  il più possibile completo  ed  equilibrato  . Il primo obiettivo  e  dunque  quello  di "riconoscersi",  cioè di capire chi si è. Può sembrare impossibile  ma spesso la risposta ad un quesito di questo genere si può  sintetizzare nel  titolo  di  un  famoso  dramma  di  Pirandello:  "Uno,   nessuno, centomila"   dove   spesso  la   percezione   individuale   prevalente corrisponde a "nessuno".Ciò  e espresso attraverso un atteggiamento di indifferenza  di  fondo nei  confronti  di  tutto e di tutti da un lato  o  di  imitazione  "a specchio"  di tutto e di tutti, con una apparente enorme  capacita  di mimetizzazione  in  qualsiasi ambiente e contesto. E'  come  se  tutto toccasse  solo l'esterno, la superficie, l'apparenza,  senza  scalfire assolutamente  ne  minimamente il profondo  dell'individuo.  Cosi  può accadere  che  un giovane stia ugualmente a suo agio in un  gruppo  di punk piuttosto che fra adulti "benpensanti". In realtà nessuno dei due gruppi  di persone e effettivamente significativo  per  l'interessato, che non vi si riconosce  e che  utilizza  l'esteriorità  come elemento  aggregante per scopi di comodità più che di  convinzione.  E altrettanto succede per i valori , gli obiettivi di vita, e cosi  via, senza  particolare  distinzione. Pero questo comportamento che  da  un certo   punto   di  vista  e  comodo  e  che   facilita   i   rapporti interpersonali,  impedisce o comunque frena e rallenta il processo  di identificazione individuale.Il  punto di partenza sta dunque nel riuscire a mettere  ciascuno  "di fronte  ad uno specchio" , in modo tale che possa vedersi cosi  com'e, con  tutti gli aspetti del suo carattere e della sua personalità  -  o almeno con il più possibile di essi - piacevoli o no che  siano  .  Il secondo stadio richiede l'accettazione da parte di ciascuno di ciò che ha  visto nello specchio . Spesso e un momento difficile che  talvolta si  cerca  di superare illudendosi di aver visto  male  o  addirittura convincendosi  che e lo specchio a deformare una realtà che  e  invece ineccepibile ed estremamente soddisfacente.Il  secondo obiettivo dell'azione formativa riguarda il  rafforzamento ed  il miglioramento del concetto di se , o dell'autostima .  Ci  sono persone , numerose e frequenti soprattutto fra i giovani, che non sono soddisfatte di loro stesse, che si ritengono costantemente  inadeguate e che sono scontente di se spesso al punto da vivere in maniera  molto infelice  , incapaci di trovare soddisfazione in qualsiasi  esperienza possano  fare. Purtroppo per loro non si tratta di una finzione, o  di una  sorta  di  dispositivo messo in opera  per  ricercare  in  realtà rassicurazioni  di  vario genere : queste persone infatti  riescono  a convincere chiunque le avvicini del loro punto di vista. E cosi,  come ogni  buona  previsione  "autoavverantesi", ne  deriva  che  qualsiasi relazione  e  basata sulla scarsa considerazione e sulla  disistima  e tutto questo, ovviamente rafforza la convinzione di "pochezza" che era presente fin dall'inizio.
Stimarsi significa aver fiducia in se, credere nelle proprie  capacita e  nelle  possibilità  di sviluppo successivo  dei  propri  "talenti". Significa anche piacersi, essere cioè soddisfatti di ciò che si e  pur considerandosi  sempre  "in  fieri"  ,  sempre  alla  ricerca  di   un miglioramento, o di un ulteriore sviluppo, o ancora, della scoperta di potenzialità  rimaste  per  lungo tempo inespresse . Stimarsi  significa ancora essere sicuri di se , non avere paura .  Si può  temere di incontrare terribili ostacoli fuori da se. Per  esempio per  alcuni  dover  lavorare con persone  sconosciute  rappresenta  un problema molto importante e che può produrre conseguenze significative sulla  vita.  Oppure può accadere di dover  affrontare  situazioni  di esito  incerto   come  la prova di selezione  per  essere  assunti  in un'azienda. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi : ciò che li  accomuna tutti  e  il  sentimento  di  timore  con  il  quale  si  appresta  ad affrontarli   chi  ha  una  scarsa sicurezza in  se  e  nelle  proprie capacita  .  "Non sono sicuro di farcela...." o,  addirittura,  "  non posso  farcela....".  Dunque un sentimento di  incertezza  costante  e snervante,  sul quale si concentrano tutte le energie  della  persona, fino   a  rendere  effettivamente  difficile   affrontare   qualsiasi problema. Chi e insicuro ha pero spesso paura di se stesso e di quello che  lui stesso potrebbe scatenare. Spesso anzi questo rappresenta  il maggiore  pericolo  e  la  variabile che occorre  in  ogni  modo  e  a qualsiasi   prezzo  tenere  sotto  controllo.  Di  solito   e   facile individuare    queste   persone,   perché  sono   quasi    totalmente "trasparenti".   In  altre  parole  si  distinguono   perché   tendono prevalentemente  ad  esprimersi  poco quando  non  addirittura  a  non esprimersi  per  niente. Utilizzano tutte le loro  energie  fisiche  e psicologiche  per tenersi nascoste, per non far trasparire  niente  di se, dei propri pensieri, dei propri sentimenti, delle proprie emozioni improvvise. E' come se vivessero dentro una corazza medioevale che gli consente  di sopravvivere perché tutto il loro corpo e circondato  dal ferro. Ma, estremizzando! , cosi non possono neppure fare all'amore!In realtà queste persone sentono dentro di se emozioni, sentimenti ed altro, spesso anche molto forti e significativi. Ma proprio questo gli fa   temere  di  essere  distrutti  dalla  "violenza"  di   queste sensazioni  o da ciò che l'esternarle può produrre . Cosi,  un  po' per  volta,  si sono chiusi e, sempre per paura, hanno imparato  si  a controllare  ciò che  interpretavano come violenza,  ma  cosi  hanno   costretto al silenzio anche le manifestazioni più miti e gioiose.Infine,  e  di conseguenza a quanto detto, autostima  significa  anche continuare  ad ascoltarsi, raffinando le proprie capacita ricettive  e mantenendo un contatto costante e sempre più ricco con le parti di  se più  profonde  ed intime , portandole il più possibile  alla  luce  ed utilizzandole  per  esprimere se in modo più  ampio  e  soddisfacente, superando stereotipi e pregiudizi .Ciò  significa anche avviare un processo continuo di  cambiamento  nel senso dell'evoluzione e della crescita personale innanzi tutto. Dunque accettare situazioni in cui si rivivranno sentimenti di insicurezza  e paura  cui seguiranno fasi di assestamento e dunque di  riacquisto  di un nuovo e più "ampio" livello di sicurezza.Proporsi l'obiettivo di aumentare il livello di autostima richiede  di lavorare su diverse variabili che concorrono insieme a creare un  buon rapporto  con se stessi facendo "comprendere" e "sentire" che non  c'e mai  un livello che può essere considerato conclusivo della ricerca e, comunque,  non  c'e  un livello che può essere uguale  per  tutti  gli esseri umani, benché con caratteristiche simili.Un  altro obiettivo della formazione riguarda il  miglioramento  delle capacita  di  comunicazione  sia  individuali, che  di  piccolo e di grande gruppo. Il termine "comunicare" non e qui  inteso come   sinonimo   di  "esprimersi  con   parole".   Le   modalità   di comunicazione   sono  numerose  e  fra  esse  quella  verbale   occupa quantitativamente uno spazio relativamente piccolo.Comunicare  e qui inteso come dispositivo che consente di  condividere con  altri sentimenti, sensazioni, stati d'animo oltre che pensieri  e ragionamenti. Significa anche riuscire a condividere tutto questo  con chi ci sta intorno,o,al contrario,ascoltare,lasciarsi attraversare  da  ciò che ci viene inviato da altri. Quindi stabilire  quella  sorta  di contatto  intimo  ed  immediato che gli inglesi  identificano  con  il termine  feeling,  e che consente di intuire velocemente ciò  che  sta succedendo  a  un  individuo o a un  gruppo.  Perciò  significa  anche riuscire  a trovare il modo più efficace per entrare in  contatto  con qualcuno  comprendendone  bisogni  e  richieste,  anche  non  espresse esplicitamente,  ed  insieme  riuscire ad  individuare  le  molle  che agganciano  l'interesse  e  che  stimolano  la  collaborazione  e   la partecipazione attiva a quanto può essere proposto.
Comunicare  significa  riuscire a mantenere un contatto con  se  ed  i propri  sentimenti e, attraverso essi, ad investire energia e vitalità sul  gruppo  di persone che ci si trova accanto, creando un  clima  di benessere che facilita i rapporti e ne moltiplica la piacevolezza.Quarto  obiettivo  di un'azione formativa a livello  personale  di  un animatore  e la flessibilità . E' questa una caratteristica umana  che sembra  essere  sempre più necessaria agli uomini di domani  perchè  i cambiamenti  di  ogni  genere che  caratterizzano  la  nostra  società avvengono con enorme velocità, al punto da impedire e da rendere quasi impossibile ogni tentativo di adattamento in tempi fisiologici.In  pratica  si tratta di sapersi adattare a situazioni nuove  il  più rapidamente  possibile e senza danno di alcun genere per  l'individuo. Certo  un  animatore  ha  come  caratteristica  principale  della  sua professione  proprio  la  mobilita  sia perché ha  a  che  fare  con elementi  umani  come  utenti della propria  attività,  sia  perché  i contesti  nei  quali può essere inserito sono molteplici  e  fra  loro molto diversi e dunque le possibilità di avere più ambiti lavorativi , anche nel corso del tempo, e molto concreta. In questa situazione  non sapersi  adattare  può significare perdere  occasioni  interessanti  e magari anche economicamente vantaggiose. In più, all'interno di realtà costanti come scenario, e necessario prevedere proposte rispondenti  adifferenti bisogni e fra loro diversificate  che si devono a volte quasi improvvisare, proprio per riuscire a stimolare l'interesse ed il coinvolgimento dei presenti. Dunque potrebbe essere un grosso problema non riuscire ad affrontare con disinvoltura le novità che emergono  in una situazione apparentemente simile a molte altre.Non sentirsi "spiazzati" dall'imprevisto, riuscire a reagire in  tempo utile  e  con  efficacia alle  diverse  situazioni  apprezzandone  gli aspetti  positivi  e  gratificanti e  trasformando  le  difficoltà  in elementi stimolanti di una nuova produttività ideativa.Da questo punto di vista il discorso si può allargare alla  creatività non tanto intesa come "tecnica strumentale" che consente di migliorare la  propria produzione di idee, ma come atteggiamento psicologico  che caratterizza una persona aperta al nuovo, curiosa, interessata a tutto quanto  le avviene intorno, che ama rischiare, almeno un po', che  non trova  niente  di  cosi estremamente difficile  da  non  poter  essere affrontato. In sintesi, una persona disposta a misurarsi con quanto la vita  le propone con la convinzione di avere delle chances  a  proprio favore,  con coraggio e fiducia. Ancora, una persona che ama  giocare , che cioè ha un atteggiamento positivo nei confronti degli  avvenimenti e che riesce ad esaminare le situazioni da più punti di vista pur  non perdendo  ,in  contemporanea,  la  visione  globale   dell'avvenimento e riuscendo cosi più facilmente ad intravedere soluzioni innovative a problemi vecchi o apparentemente insolubili. L'ultimo obiettivo dell'azione formativa deve riguardare l'ampliamento delle capacita relazionali dell'individuo sia che abbia a che fare con un altro individuo isolato, sia - soprattutto - che abbia rapporti con gruppi piccoli o grandi . Certamente nella professione di animatore ci si trova ad avere a che fare in grande parte con individui raggruppati  con altri o che necessitano di aiuto nei processi di  socializzazione. E'  perciò  di  estrema importanza che l'animatore  sia  in  grado  di "convivere  con  soddisfazione" in situazione di gruppo,  in  modo  da costituire  un esempio per chi invece incontra difficoltà che  giudica insormontabili,  ma  anche che sappia "leggere" un  gruppo  nelle  sue evoluzioni  e  nei momenti dinamici che lo  caratterizzano  per  poter intervenire  adeguatamente  aiutando  e  facilitando  il  processo  di crescita  . Questo richiede sia doti umane di facilita  di  approccio, sia  competenze  strumentali più a livello professionale  che  offrano anche  un supporto tecnico utilizzabile con sicurezza e competenza  in caso di bisogno.In  particolare, se i fini dell'animazione sono  il  "disoccultamento" delle  parti represse, rimosse o latenti, sarà necessario  gestire  le situazioni  collettive  coinvolgendo attivamente i  partecipanti.  Cio spesso significa dover fare i conti con situazioni conflittuali  nelle quali si esprimono competizione, aggressività, ostilità, ansia e molti altri  sentimenti.  A volte la conseguenza di situazioni simili  e  la chiusura,  il  ritorno a situazioni più tranquille e  prevedibili,  il rifiuto  delle  novità  , l'isolamento. Al contrario l'animatore  deve essere in grado di gestire qualsiasi momento di vita di gruppo si venga  a verificare con destrezza e mantenendo il più possibile  la  vitalità dell'insieme  senza  per  questo  agire  in  termini  manipolatori.

Il metodo e le tecniche utilizzabili per la formazione

Tutto quanto indicato fino ad ora raramente si trova come disposizione naturale in un individuo e comunque, anche quando questo  accade,  la formazione e necessaria per "sistematizzare" tutto.La  particolarità  della  situazione rende  impossibile  ottenere  dei risultati in termini di apprendimento utilizzando sistemi tradizionali quali  letture  di  testi, ascolto di conferenze  o  partecipazione  a dibattiti.   O  perlomeno  ,  tutto  questo  può   certamente   essere utilizzato, ma come supporto e non come fonte principale ed  esclusiva del  processo  . Tutto questo può essere  effettivamente  imparato  se passa  attraverso la propria esperienza personale. In altre parole  se ciascuno   può   sperimentare   direttamente  le   sue   modalità   di comportamento,  di reazione, di intervento, e cosi via, in  differenti situazioni che lo vedono attore protagonista e non passivo spettatore.Tali  metodi hanno sostenitori illustri  in  psicologia  e  pedagogia  quali  Lewin  -per  la prima- e Dewey - per la seconda  .  Questi  due studiosi   hanno   posto  le  basi  teoriche  e   hanno   praticamente sperimentato il metodo autocentrato ed il metodo attivo.Con  "autocentratura"  Lewin intendeva riferirsi  ad  una  particolare caratteristica  della  situazione  che rendeva  tutti  i  partecipanti soggetti attivi,quindi determinanti di quanto succedeva,ma anche oggetto dell'osservazione che si faceva su quegli avvenimenti che si  andavano sviluppando.  In  pratica  ogni persona in  tale  contesto  affronta la  situazione direttamente ed ha  la possibilità di  riflettere  su ciò  che va facendo anche con l'aiuto degli altri partecipanti,  e del  docente-animatore  di gruppo presente in  questa  situazione.   Individuo e gruppo costituiscono  materiale di riflessione e contenuto  dell'esperienza  che  senza  di  loro   non esisterebbe.Più semplicemente - almeno ora per noi - il metodo attivo richiede  la sperimentazione  in prima persona di una certa procedura  anche  molto tecnica,per possederla e saperla poi applicare correttamente anche  in contesti  diversi.  Per  esempio, se devo imparare  ad  utilizzare  un computer  il metodo più efficace e quello di provare  praticamente  ad eseguire  su  una macchina di tal genere la serie  di  operazioni  che vengono  indicate da un istruttore. Cosi accade, più  semplicemente  a chi  vuole imparare a guidare la macchina, o a chi vuole acquisire  un brevetto di pilota, e cosi via.Entrambi questi due metodi sono utilizzati per la formazione dell'area personale  dell'animatore,  con  una certa  prevalenza  per  i  metodi autocentrati.In   particolare   qui  segnalerò  3  tecniche  formative   che   sono costantemente utilizzate negli istituti cui appartengo (AIATEL e ARIPS) per   fare questo  tipo  di formazione. Si tratta dell'encounter, del  T-group  e delle simulazioni.5ENCOUNTER - si tratta di una tecnica autocentrata  di gruppo che ha lo scopo di far sperimentare l'incontro fra un individuo e gli altri  ,in questo  caso  i  membri del gruppo. Due sono gli elementi  su  cui  si concentra  l'attenzione : le modalità di approccio e la  comunicazione come  fenomeno fondamentale del gruppo per creare una rete dinamica di connessioni.

Le  aree  della  persona  che  vengono  esplorate  da  questa  tecnica riguardano   l'identità,   il  "chi  sono  io"  e   le   modalità  di comunicazione.  Chi credo io di essere e chi sembro agli altri e  quali parti di me sono cosi nascoste da parere inesistenti. Come mi esprimo e come mi lascio conoscere.Per quanto riguarda il secondo aspetto, sono oggetto di osservazione :- il contenuto dei messaggi- i codici verbali usati per esprimersi- la quantità e la "qualità" dei destinatari del mio messaggio- gli ostacoli e le facilitazioni alla comunicazione- la comunicazione non verbale che utilizzo- il  rapporto  fra  comunicazione verbale e  non  verbale  che  ogni   individuo utilizza- il rapporto fra contenuti razionali ed emotività espressa.Di solito l'esperienza dura più giorni, minimo due, ed ha degli  orari di  lavoro piuttosto serrati : si lavora in unita di tempo di  90  e/o 120 minuti, dalla mattina alla sera, con intervalli di 30 minuti o  di 60  minuti  nel  caso dei pasti. Spesso si  lavora  anche  dopo  cena, soprattutto  se  il tempo a disposizione e complessivamente  poco.  In ogni caso i partecipanti all'iniziativa sono invitati a risiedere  per tutto il tempo del seminario nel luogo dove lo stesso si svolge : cosi si  viene   a creare una sorta di compressione che produce  una  forte accelerazione  sugli  avvenimenti e che  indebolisce  vistosamente  le difese  e le resistenze individuali, consentendone più  facilmente  il superamento. Il gruppo e stimolato in quest'esperienza da un conduttore-animatore il cui compito e quello di facilitare il processo di consapevolezza. Come  esseri umani noi abbiamo molti modi per entrare in contatto  con altri  nostri simili. Se tracciamo una linea immaginaria e  poniamo ad una estremista la superficialità e dalla parte opposta la profondità abbiamo  gli  estremi  possibili  del nostro  approccio: quando  si incontra  una  o  più persone si decide a che punto  di  questa  linea immaginario  ci si pone per entrare in contatto con loro - sempre  che ciò  sia necessario e che non sia invece possibile evitare  del  tutto l'incontro. Il tipo di approccio sarà dunque determinato dalla  scelta di  posizione  compiuta  e "imposterà"  la  struttura  del  successivo rapporto  . Per  esempio, in proporzione al grado di freddezza con cui salutiamo  una  persona, la guardiamo in faccia, le  sorridiamo  nelle prime  fasi di presentazione, o addirittura ancora prima,  avremo  di rimando   simili  atteggiamenti  sostenuti,  guardinghi,  quando   non addirittura  ostili. Spesso nella vita quotidiana succede che noi  non comprendiamo perché questo avviene e con molta frequenza ne demandiamo la responsabilità al nostro interlocutore.
L'encounter-group  è una situazione formativa che permette a  ciascuno di  riflettere sulle proprie modalità caratteristiche  di  entrare  in contatto  con  altri e di comunicare con loro. Nessuno e  costretto  a modificare i propri atteggiamenti o ad utilizzare nelle  comunicazioni un  livello  di  intimità  che non gli e  consono  o  gradito.  Ma  la situazione stimola a prendere in considerazione quanto va accadendo  e a porsi dei quesiti a cui si può trovare risposta solo guardando in se stessi.  In  più,  per  comunicare con  qualcuno  e  necessario  avere qualcosa  da  scambiare  con  lui  :  c'e  chi  considera  sufficiente scambiare  impressioni sul tempo metereologico e chi ritiene  di  aver bisogno di sapere qualcosa in più di se stesso prima di poter  entrare in contatto con gli altri. C'e chi e disposto a comunicare con  grande profondità  ma solo con alcune persone che considera "speciali" e  c'e chi con sforzo, ma anche con soddisfazione, riesce un po' alla volta a stabilire  un  buon  livello di intimità anche  fra  più  persone  che conosce minimamente. C'e chi ha naturalmente un atteggiamento aperto e chi invece e chiuso, timoroso, difeso e  sempre in guardia.
L'encounter-group  stimola la possibilità di riflessione perché e  una tecnica molto strutturata, che cioè utilizza, accanto agli  interventi verbali del conduttore-animatore del gruppo , sue proposte  operative, cioè esercitazioni di vario genere che mettono i presenti "in  azione" producendo cosi molto materiale osservabile. L'attenzione e concentrata sui singoli individui e  non sul gruppo che in questa situazione non e considerato come entità sotto osservazione.Tutte  le  esercitazioni,  i giochi , ecc.  servono  per  aiutare  gli individui presenti ad incontrarsi fra loro , ad esprimere  sensazioni, reazioni di ogni genere cercando di evidenziare il più possibile tutti gli elementi che caratterizzano la comunicazione cosi com'e per chi la invia  agli altri. Se vogliamo tradurre in estrema sintesi,  va  detto che l'apprendimento possibile riguarda anche la congruenza fra ciò che viene  espresso  e  le  modalità che vengono usate  per  farlo  e  che dovrebbero garantire anche la "rispondenza emotiva".

TRAINING-GROUP  -  Si tratta di una tecnica autocentrata che  e  stata definita  da  Rogers  "la più  significativa  scoperta  delle  scienze sociali in questo secolo".Per alcune caratteristiche esteriori il T-group e simile all'encounter:i  partecipanti  lavorano  in unita di tempo di 90  minuti, in  genere raggruppati  in  un massimo di 12 persone  e l'esperienza e intensiva. Ci sono pero differenze di sostanza per quanto riguarda altri elementi :- l'attenzione e focalizzata sul gruppo e non sui singoli individui-  ciò  che  interessa  sono i processi e le  dinamiche  di  gruppo  ,   indipendentemente dagli argomenti di discussione e di dibattito-  il  conduttore/animatore dell'esperienza limita al massimo  i  suoi interventi che comunque riguardano sempre il gruppo nella sua totalità- il gruppo e considerato un meccanismo che vive in una situazione  di equilibrio  e di interdipendenza, per cui ogni "movimento" di una  sua parte  influisce  su tutto il contesto e d'altra parte  ogni  elemento singolo e influenzato dal tutto-  esiste  una  regola  di comportamento che ha  valore  per  tutti  i presenti,  membri  del gruppo e animatore, che riguarda  l'oggetto  di riflessione : "noi, qui ed ora" e cioè il gruppo nelle caratteristiche con  cui  e  costituito  , nello spazio fisico in  cui  si  svolge  il seminario e nel presente .Ciò che viene analizzato,che e oggetto di riflessione e dunque cio che avviene  all'interno del gruppo e in particolar modo tutti i  fenomeni che percorrono questa situazione che si evolve da aggregato di persone che non si conoscono a gruppo in cui esistono rapporti significativi . Le  dinamiche  principali  quali  quella  della  comunicazione,  della socializzazione,   dei  ruoli,  della  presa  di   decisioni   vengono evidenziate dall'animatore-conduttore del gruppo allo scopo di rendere lo stesso e tutti i suoi membri consapevoli nel momento stesso in  cui stanno  vivendo l'esperienza ."Nel T-group e il gruppo che  impara,con l'aiuto del suo membro più autorevole (il conduttore-n.d.r.), il quale tuttavia non ha il compito di dare direttive, soluzioni , giudizi:  la detenzione  dei criteri etici o economici e nelle mani dei membri come singoli  e del gruppo come insieme."(Contessa G.- pag.  81  "T-group"-Clup-Mi-87) Aumentare  la  consapevolezza  significa anche  mettere  in  grado  di comprendere quali sono i tipi di processo che facilitano o  inibiscono il funzionamento di un gruppo . Dunque di conseguenza attraverso il T-group   e  possibile  avviare  processi  di  cambiamento,  a   livello individuale  e collettivo, che rendano possibile  superare  situazioni critiche.  "La fase della riflessività ......consente il mutamento dei soggetti dell'esperienza.Un mutamento tuttavia scelto secondo gradi di liberta  proporzionali ai bisogni e alle  risorse." (Contessa  G.-p.134 ibidem).

SIMULAZIONI  -  Si tratta di una "definizione" che  necessita  di  una precisazione ulteriore: anche l'encounter ed il T-group sono  tecniche che si basano sulla simulazione. Con questa denominazione si indicano anche  seminari che coinvolgono un grande numero di persone (60/100  e anche  più)  e  che  hanno uno scenario di  riferimento  che  serve  a facilitare  i  rapporti  fra i presenti intesi  come  singoli  e  come collettività.  In  effetti  col termine "simulazione"  ci  si  intende riferire  a tutto quanto viene fatto "come se..."  creando  situazioni che siano abbastanza vicine alla realtà da non apparire grottesche, ma abbastanza  staccate da essa cosi da consentire la sperimentazione  di nuovi  comportamenti  . Cosi in un encounter  il  partecipante  agisce "come  se"  incontrasse  persone  nuove  con  cui  vuole  mettersi  in relazione;  e  nel T-group succede quello  che  avviene  normalmente quando nasce un nuovo gruppo, di amici per esempio.L'unica   differenza   con  la  realtà,  in  questi   casi,   riguarda l'accelerazione degli avvenimenti: nella vita quotidiana e  necessario molto  tempo  per  riuscire a far parte di un  gruppo  "vero".  In  un intervento formativo che utilizza la tecnica del T-group tutto avviene nella stessa maniera, ma la concentrazione del tempo, la vicinanza fra le  persone  rendono la situazione simile a quella di  un  laboratorio scientifico dove si studia l'evoluzione di una certa specie  vegetale, o  animale: sono il luogo, l'eventuale microscopio, gli scienziati  in camice  bianco, gli altri strumenti necessari a svolgere la ricerca  a far sembrare irreale la situazione. Ma tutto avviene "secondo natura". Solo  esiste,per  chi  e presente, la possibilità di  osservare  e  di riflettere di conseguenza su quanto ha visto imparando molte cose  che poi saranno a lui stesso e agli altri di grande utilità.Lo stesso avviene se ad essere osservato e l'essere umano e ancor meno esiste  in  questi  casi un problema etico,  in  quanto  osservato  ed osservatore   coincidono   ,   eliminando   qualsiasi   problema    di "sfruttamento".Partendo  da queste considerazioni e dai principi che sono  alla  base delle  tecniche  autocentrate e possibile  realizzare  simulazioni  di grande respiro, che coinvolgono un gran numero di persone,  rendendole partecipi a tutti i livelli di quanto viene proposto e consentendo  un apprendimento  molto  significativo,  in  particolare  rispetto   allagestione di situazioni complesse e "popolate" in modo considerevole.Ma  vengono indicate come simulazioni anche altre attività  didattiche più  semplici,  che  hanno scopi  addestrativi  e  che  ricostruiscono "spaccati"  di  situazioni sulle quali e possibile  esercitarsi  senza pericoli. In questi casi e richiesto un particolare impegno a tutti  i presenti, perché e necessario immergersi nella situazione proposta  il più rapidamente possibile, mantenendo un buon livello di autenticità e cioè  non  "recitando"  artificiosamente,  ma  esprimendo  le  proprie reazioni in rapporto a quanto va accadendo. Anche  se  può  sembrare il contrario, spesso si  riescono ad ottenere velocemente  dei  buoni risultati in termini di  coinvolgimento  e  di partecipazione  attiva  offrendo una quantità minima di  elementi  che connotano  la situazione da simulare. E' come se , dato per  possibile un  certo avvenimento, ci si misurasse con esso "per prova",  mettendo in luce dunque le reazioni personali, razionali ed emotive , ed in tal modo  offrendo  materiale per una riflessione sia individuale  che  di gruppo. L'apprendimento in queste situazioni e in varie direzioni :-  a livello personale rispetto alle proprie modalità di reazione  che potremmo  definire istintive, con la possibilità di modificare  alcuni comportamenti  e  di  sperimentarne  l'effetto  e  l'efficacia   nella situazione specifica;-  a livello di gruppo, perché tutti sono coinvolti  nell'esercizio  e quindi  tutta la situazione collettiva ne ricava influenze e  vive  in relazione  ad  essa  particolari dinamiche  e  fenomeni  che  comunque possono essere analizzati ed elaborati -  a  livello professionale , sia perché e possibile  perfezionare  le proprie capacita di osservazione e di diagnosi di una realtà complessa e  variegata,  sia  perché  e  possibile  sperimentare  il  ruolo  del conduttore/animatore  di  gruppo  .  Da  questo  punto  di  vista   la situazione può essere definita "protetta" in quanto, qualunque  errore possa essere commesso dal conduttore-neofita, esso può essere corretto dal  formatore  responsabile didatticamente di quanto  avviene  e  può essere utilizzato dal gruppo per migliorare l'apprendimento  puramente tecnico.Inoltre anche questa tecnica consente l'uso dell'autocentratura , cioè da ai presenti la possibilità di fare i conti con le proprie  reazioni anche  emotive e di utilizzare i membri del gruppo come  stimolari  di ulteriori apprendimenti. Un'iniziativa  formativa che si propone di formare dal punto di  vista personale  gli  animatori dovrebbe contenere  in  proporzione  diversa queste  tecniche, cui si potrebbe aggiungere  qualche  "pizzico"  di teoria,  anche  acquisita  "in solitudine" attraverso  la  lettura  di qualche buon testo.

L'evaluation

Ancora  oggi,  nonostante  gli  sforzi fatti da  alcuni  fra  i  quali inserirei  senz'altro  gli Istituti  di cui  faccio  parte  ,  la verifica  e la valutazione di un intervento formativo sono  patrimonio di  una elite ristretta di formatori particolarmente sensibili e  che ritengono  importante  capire se il loro lavoro  "ha  funzionato".  Va certo  anche detto che la precarietà che tutt'ora riguarda  la  figura professionale  dell'animatore non contribuisce molto a  rafforzare   questa posizione.
Fino  a  questo  momento  la maggioranza di  coloro  che  hanno  fatto l'animatore  ha  considerato  questa  attività  precaria  e  a   tempo determinato,  utile  per trovare una fonte di "guadagno"  in  un  modo anche abbastanza divertente e comunque senza troppe responsabilità.Io  credo  pero che potrebbe essere una professione  da  svolgere  per tutta  la  vita, anche se probabilmente può essere necessario cambiare contesto  di  riferimento.  Ci sono una serie numerosa  di  segni  che parlano   di   questa  possibilità  -  persistente   nel   tempo,   ma diversificata nelle sue espressioni - e dunque anche la legislazione e la  normativa  potrebbero  "de  facto"  regolarizzare  una  situazione esistente.D'altra  parte l'animazione e ancora troppo giovane per poter  offrire consistente materiale per una verifica che abbia riferimenti temporali significativi.  Potrebbe  pero essere utile porre  sotto  osservazione alcune variabili in modo da potere in futuro verificare la correttezza delle  impostazioni teoriche e delle ipotesi sulle quali si  è  basato l'intervento formativo.

Per esempio , potrebbero essere considerati indicatori :-  la  continuità  con  cui nel tempo  si  svolge  la  professione  di animatore-   il   tourn-over  sia  del  professionista   individualmente,   sia dell'organizzazione  (campeggio,  villaggio, centro di  tempo  libero, ecc.) che ogni anno , o con una certa frequenza, cambiano - l'evoluzione di carriera dell'animatore all'interno del settore- la quantità di problemi incontrati e la quantità di quelli risolti-  i casi di "fallimento" che hanno caratterizzato la carriera  di  un animatore -  i  licenziamenti  di animatori o la chiusura  di  centri  dove  era utilizzata questa figura professionale-  la nascita di organizzazioni autonome , per esempio associazioni  o cooperative, che raggruppano professionisti del settore-  "testimonianze" di attività realizzate sul territorio e  dell'esito che hanno avuto-  livello  di  soddisfazione  espresso  dagli  animatori  stessi  nei confronti  del  loro  lavoro e delle condizioni nelle  quali  esso  si svolge-   numero   delle  "connessioni"  avviate  fra   individui,   gruppi, istituzioni/organizzazioni in seguito all'attività dell'animatore-   numero  degli  aspiranti-animatori,  o  percentuale  delle   nuove iscrizioni ad attività formative professionalizzanti (e possibile  che la  tendenza rispecchi il gradimento dell'immagine  dell'animatore  in quel particolare momento e contesto).

Conclusione

Come  spesso  accade,e certamente in Italia, c'e un  distacco  fra  le esigenze della realtà e le predisposizioni legislative che  consentono di  rispondere ai bisogni espressi. Qualcuno, ogni tanto, auspica  che la  lungimiranza  del  legislatore  ovvi a  questo  problema.  Ma  più facilmente accade il contrario, e cioè che la normativa  "regolarizzi" una situazione esistente.Cosi accade anche nel settore dell'animazione dove non solo non esiste una  specifica  legislazione  su tutto il settore  -  a  parte  quello turistico - ma manca perfino una definizione del profilo professionale.Che fare dunque, ben sapendo fra l'altro di essere ormai in un circolo vizioso  dal  momento che esiste una formale  richiesta  di  animatori anche  da  parte  dell'Ente Pubblico, che  pero  non  trova  personale preparato ? Io  credo  che  ancora  una volta  sarà  necessario  spingere  in  più direzioni  in  contemporanea  per ottenere, un po'  per  volta,  tutto quanto  e  utile  al  "lancio"  del settore.  Se  dunque  non  si  può rinunciare ad un'azione politica, non si può assolutamente rimandare a tempi migliori la formazione del personale, proprio perché la dove  si avviano  interventi  di  animazione la qualità ne  sia  la  principale caratteristica  e diventi una sorta di "passaporto"  all'espansione  e alla promozione del settore. 

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