Esaminando come un gruppo si struttura al suo interno, dobbiamo tener
conto che esso può avere diverse strutturazioni in base al
criterio di analisi che scegliamo. Il criterio più noto per
l'analisi della struttura di un gruppo è quello delle relazioni
di simpatia, antipatia e indifferenza che si sviluppano fra i membri
e che Moreno (Principi di sociometria - Etas Kompass - 1964) ha scoperto
attraverso il test sociometrico. In base all'intreccio visualizzato
delle scelte e delle repulsioni reciproche, Moreno è riuscito
a descrivere la struttura del gruppo individuando le posizioni di
leadership, di isolamento, di accoppiamento ecc.
Un altro criterio per l'identificazione della struttura di un gruppo
è quello dei processi di comunicazione. Infine va ricordato
l'importante aspetto della struttura che deriva dall'assegnazione
dei ruoli ai singoli membri. In ogni gruppo si vanno cristallizzando
precise posizioni che fanno derivare norme di comportamento e aspettative
conseguenti. Un gruppo è tanto più formale (es. reparto
aziendale, consiglio di classe, équipe di lavoro ecc.) quanto
più le posizioni sono statiche e i ruoli conseguenti; è
invece informale quanto più le posizioni e i ruoli sono imprecisi
e mutevoli.
Questo tema del ruolo è centrale nella ricerca della Psicologia
Sociale in quanto è l'esatta intersezione di un'ottica sociologica
(Dahrendorf vede nel ruolo l'entità fondamentale del
sistema sociale) e dell'ottica psicologica (nel ruolo convergono atteggiamenti,
aspettative, motivazioni, comportamenti, relazioni). I ruoli all'interno
di un gruppo sono interdipendenti cioè legati al rapporto reciproco
(allievo-insegnante; medico-paziente; marito-
moglie; padre-figlio ecc.). I ruoli sono "complessi di aspettative"
come dicono Krech, Krutchfield e Ballachey, nel senso che producono
aspettative non solo nel comportamento ma anche nei sentimenti, negli
atteggiamenti, nei valori dell'individuo che gestisce il ruolo.
Gli allievi non si aspettano solo che l'insegnante insegni, ma anche
che sia affettivamente legato a loro, che reputi l'insegnamento come
un lavoro delicato e di grossa responsabilità, che creda nello
sviluppo culturale e umano dei giovani. Il ruolo facilita l'entrata
in rapporto in quanto consente di prevedere oggettivamente reazioni
che invece potrebbero essere assolutamente soggettive. Questo permette
di diminuire l'incertezza che sorge nell'incontro con individui sconosciuti
all'interno di un gruppo.
Uno dei primi sforzi di un gruppo è infatti quello di assegnare
dei ruoli precisi a ciascun membro. Questa assegnazione viene inizialmente
effettuata sulla base di parametri esterni al gruppo stesso: posizione
sociale, modo di vestirsi, linguaggio ecc.
Assegnazione dei ruoli, relazioni emotive e reti di comunicazione
sono processi interdipendenti che conducono alla strutturazione di
un gruppo. Si osservi che tali processi non sussistono solo nei
gruppi formali; questa struttura autogena si affianca a quella ufficiale,
a volte integrandola a volte castrandola. Per esempio sorgono conflitti
quando la struttura formale di un gruppo non coincide con quella informale
come quando un insegnante, formalmente preposto alla "guida"
di una classe, viene contrastato da qualche allievo investito della
leadership della classe.
Circa l'assegnazione dei ruoli e le modalità con cui questo
avviene, ci sono numerose esperienze in gruppi di delinquenti minorili
come in reparti aziendali. A ciascun insegnante sarà capitato
di osservare nella sua classe una vera distinzione di ruoli: "la
femminuccia", "il clown", "il duro", "il
solitario", "il capo buono", "il secchione"
ecc.
L'appartenenza ad un gruppo soddisfa di solito i bisogni dei singoli
membri. Anzi, appartenenza e soddisfazione sono direttamente correlate.
Inoltre far parte di un gruppo significa accettarne le norme, i valori,
gli obiettivi. Ne consegue che la prima regola del funzionamento di
un gruppo è il conformismo ad esso. S. Asch, fra gli altri,
dimostrò l'efficacia della pressione del gruppo persino sui
giudizi ottici; Festinger associò il conformismo al livello
di coesione di un gruppo. Questo approccio è stato tuttavia
messo in
dubbio da Lewin, Cartwright e Zander che hanno invece sottolineato
l'aspetto consensuale del conformismo come frutto di un accordo.
Le due posizioni sono mediabili, perciò possiamo concludere
con L. Ancona (Comportamenti e tecniche di gruppo, Etas Kompass -
Mi, 1974): "Il comportamento associato deve considerarsi come
la risultante finale della interazione delle due variabili in gioco,
la forza del gruppo e quella di ogni singolo membro".
Ancona divide in tre categorie i ruoli che si strutturanoall'interno
del gruppo a seconda del modo in cui questi agiscono:
1 - i ruoli legati alla particolare struttura dei partecipanti-
sono quelli della fase iniziale che risente dei condizionamenti esterni
e precedenti. Essi esprimono:
a- aggressività (attacchi diretti sui partecipanti, insoddisfazione
per ciò che avviene nel gruppo, scherno ecc.)
b- opposizione (atteggiamento sistematicamente negativo del "restare
contrario", riprendere argomenti già risolti,ridiscutere
vecchie decisioni, ecc.)
c- esibizionismo (continui riferimenti a se stessi, richiamo dell'attenzione,
monopolio degli interventi ecc,)
d- superiorità (disinteresse, distacco, sarcasmo, distrazione
ecc.)
e- dipendenza (cercare dell'appoggio altrui, richieste di aiuto e
simpatia, sfiducia in se stesso ecc.)
f- dominazione (comportamento autoritario, presa del potere decisorio
ecc.)
2 - i ruoli che facilitano la costituzione di una solidarietà
di gruppo - emergono nella fase avanzata del gruppo e sono quelli
che esprimono:
a- incoraggiamento (espressioni di sostegno, adesione, solidarietà)
b- armonizzazione delle differenze (azioni che sdrammatizzano i conflitti
e cercano di ridurre le tensioni)
c- ricerca dell'accordo (azione di mediazione fra le parti e di rinuncia
alla propria rigidità)
d- facilitazione della comunicazione (azione di canalizzazione dei
loquaci e di stimolazione dei silenziosi)
3 - i ruoli che favoriscono la soluzione del compito -emergono
nei tentativi di fuga che il gruppo mette sovente in atto. Si esprimono
attraverso:
a- stimolazione del gruppo (proposte di nuove idee, suggerimenti concreti)
b- informazione (richiesta di chiarimenti, produzione di materiale
chiarificatore, ecc)
c- inchiesta di opinioni (separazione fra patti e opinioni)
d- organizzazione pratica (preparazione, annotazione degli interventi,
elencazione, decisioni ecc.)
Occorre sottolineare che ciascun membro del gruppo utilizza delle
difese quando vive come minacciante l'immagine del gruppo stesso.
Secondo Enzo Spaltro ("Gruppi e cambiamento", Etas Kompass,
1986 - Mi) esse sono:
a- il rifiuto dell'ansia
b- il rifiuto delle differenze individuali
c- la personalizzazione del conflitti.
L'ansia può essere definita come lo stato di contraddizione
fra desideri e realtà e come paura del gruppo in quanto fonte
della dispersione del proprio Io o "voragine" sociale. Il
rifiuto di questo stato attraverso i più disparati meccanismi
e in realtà una sorda opposizione al gruppo. Le differenze
individuali, secondo Festinger, sono uno stimolo preciso all'apprendimento
cioè al cambiamento degli atteggiamenti e rifiutarle significa
non voler apprendere la dimensione sociale. Un significato analogo
assumono i conflitti personalizzati, in cui viene rifiutata l'idea
come prodotto del gruppo e quindi come realtà.
LEADERSHIP
Un breve cenno su questo argomento può partire da un noto esperimento
ideato da Lewin, Lippit e R. White all'Universita dello Iowa ("Autocracy
and Democracy" New York, Harper, '60). Essi
sperimentarono su un gruppo di ragazzi undicenni tre tipi diversi di
istruttori: uno democratico che partecipava attivamente al lavoro come
se fosse uno del gruppo; uno autoritario che dava
ordini dettagliati e controllava l'esecuzione delle attività;
infine uno permissivo, che si limitava ad essere presente lasciando
del tutto liberi i ragazzi. Quest'ultimo gruppo non produsse alcun
risultato.
Il gruppo condotto autoritariamente sviluppo una forte aggressività
fra i membri, una generale indifferenza e demotivazione per il lavoro;
solo nel gruppo guidato democraticamente si espresse
solidarietà fra i membri, si elevò la produttività
collettiva e si elevò il benessere dei singoli.
Sul problema della leadership sono state fatte infinite ricerche, delle
quali è possibile fare solo qualche cenno.
Bales distinse una leadership funzionale, cioè centrata sull'esecuzione
dei compiti del gruppo, ed una socio-emotiva, tesa alla soluzione del
gruppo e della sua unità.Per emergere come leader un soggetto
deve essere percepito dai membri del gruppo come "uno di noi",
non come "il più forte di noi" e come "il migliore
di noi". E' inoltre largamente dimostrato che il leader deve soddisfare
le aspettative ed i bisogni del gruppo: in tal senso si dice che le
caratteristiche della leadership
riflettono sia la personalità del leader sia i fini e la composizione
del gruppo. Viene così sfatata l'idea degli attributi del capo
come personalità magnetica e capace di imporsi anche al di fuori
di singole situazioni.
Secord e Backman al termine di un'approfondita ricognizione di contributi
empirici e teorici, descrivono in questo modo i motivi della divisione
dei ruoli di gruppo: "I benefici ottenuti dal
leader comprendono le soddisfazioni derivanti dal successo nella realizzazione
degli obiettivi del gruppo e le soddisfazioni intrinseche alla stessa
funzione di comando". I costi comprendono invece le energie
spese, l'ansia di fronte all'eventualità di un fallimento, le
critiche e i sentimenti di ostilità cui egli e esposto e il distacco
emotivo che tale funzione richiede. I benefici ottenuti dai seguaci
comprendono la realizzazione degli obiettivi del gruppo, la soddisfazione
dei bisogni di dipendenza, l'identificazione con un leader forte e l'esclusione
dei costi che deriverebbero dall'assunzione di un ruolo di comando.
I costi dei seguaci comprendono il relegamento ad uno stadio inferiore,
un minor controllo sulle attività del gruppo e la perdita di
benefici inerenti allo svolgimento delle funzioni di comando. (Psicologia
sociale" '64).
Da queste riflessioni si deduce come il ruolo della leadership sia un
ruolo non solo utile, ma assolutamente necessario nello sviluppo di
un gruppo. Addirittura l'espressione di un leader e uno dei passaggi
obbligati per la costituzione di un gruppo. La patologia di questo fenomeno
sorge al momento in cui la leadership non è più funzionale
alla situazione, ma anzi determina e costringe il gruppo mediante la
forza, l'influenzamento o il potere burocratico.
Il distacco tra una gestione manipolativa ed una corretta della leadership
è uno dei problemi focali del ruolo dell'insegnante. Esso infatti
oscilla fra un ruolo di tipo fiscale-burocratico e autoritario che deve
"riempire" agli allievi, ad un ruolo di leader democratico
che deve funzionalmente servire il gruppo di apprendimento.
Nell'ottica psicoanalitica la figura del leader è quella del
padre rassicurante e punitivo, amato ed invidiato, per il quale passa
la conquista di un rapporto adulto con la sicurezza e la colpa.
Nella vita di un gruppo il leader può essere un padre "educativo
che emancipa", cioè che soddisfa i bisogni sempre più
maturi dei membri, oppure un padre sbagliato, diseducante, e che soddisfa
quasi soltanto il bisogno di dipendere.
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