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L'INCONTRO FRA PERSONE (M. Sberna - ARIPS)
Accingendomi a scrivere queste brevi note, mi rendo conto di quanto l'argomento che sto per trattare sia ricco di ambiguità e di sfaccettature che rendono difficile, se non impossibile, individuare le regole d'oro da usare dal buon conduttore in situazioni di apertura dei lavori. Prego dunque di considerare questa dispensa come supporto di un seminario tecnico e non come sintesi dello scibile umano su questo argomento. Quando delle persone si trovano nello stesso luogo fisico nello stesso momento, ciò non significa che abbiano delle interrelazioni tra loro. Se pensiamo ad un grande magazzino nelle ore di punta, ci rendiamo conto che le unità di tempo e di spazio sono necessarie ma non sufficienti a consentire uno scambio significativo tra i presenti. Perchè ciò avvenga occorre che si verifichino altre condizioni.
Innanzi tutto occorre una motivazione personale a compiere un'esperienza di relazione con le altre persone. Certo noi siamo "animali socievoli", ma tendiamo a ricercare la compagnia degli altri quando questo serve a soddisfare alcuni nostri bisogni sociali e tendiamo a ripetere l'esperienza se è stata per noi soddisfacente e gratificante. Secondo Schutz i bisogni di base che spingono l'uomo a ricercare i contatti con i suoi simili sono:
Secondo Schutz le interrelazioni fra le persone sono regolate da alcuni principi che in qualche modo si basano sulle esperienze di rapporto infantile. Cosi in una relazione l'individuo puo assumere un comportamento infantile o genitoriale. Perchè la relazione sia soddisfacente e però necessario che esista compatibilità fra le due o piu persone che si relazionano, nel senso che si equilibrino e si compensino in misura ideale fra loro.
Un secondo elemento necessario al realizzarsi di un "incontro" è legato alla durata dei discorsi; ciascuno dei presenti deve parlare per una certa quantita di tempo tale da rendere possibile l'intervento di tutti gli altri presenti e insieme non deve parlare troppo poco da originare momenti di silenzio. Nel primo caso può accadere che l'eccessiva lunghezza degli interventi provochi sovrapposizioni (più persone che parlano insieme) con conseguenti incomprensioni. Nel secondo caso si genera un'atmosfera ansiogena.
C'è poi il problema dello status delle persone che interagiscono. In conseguenza ad esso si possono avere due situazioni: ci può essere disparità di prestigio fra le varie persone per cui c'èchi è percepito superiore/dominante e chi è percepito inferiore. Oppure tutti si percepiscono sostanzialmente uguali e paritari. E' evidente che a seconda di come si percepiscono sé stessi e gli altri che ci stanno intorno, adotteremo un conseguente comportamento. Questo aspetto della relazione é dunque legato al ruolo sia formale (nel caso si tratti di relazioni che avvengono all'interno di una istituzione/organizzazione), sia informali (quando si tratta di un gruppo in qualche misura spontaneo).
Gli atteggiamenti non verbali sono un'altra variabile importante in quanto da essi dipende il grado di intimità che si stabilisce tra le persone. Se quando ti parlo io ti guardo sempre negli occhi, magari ti tocco, ti vengo molto vicino, questo significa che ricerco con te un certo grado di intimità. Se tu rispondi a questi miei atteggiamenti in modo qualitativamente e quantitativamente diverso, io ne traggo l'impressione di freddezza o di eccessivo calore. C'è una incongruenza che potrà rendere difficili i rapporti fra noi e magari creare dei fraintendimenti. Occorre dunque trovare il giusto grado di intimitàfra noi, cioè la qualità e la quantità che va bene ad entrambi e che entrambi desideriamo. Certo questo atteggiamento si potrà modificare in futuro, in relazione alla frequenza dei nostri incontri, alla loro durata e alla soddisfazione che entrambi ne trarremo.
Molto importante è anche la capacità di ascolto fra le persone che si realizza in risposte congruenti ai vari atteggiamenti e alle azioni di una persona: se io racconto una barzeletta mi aspetto delle risate e non degli insulti. Quando siamo insieme con altre persone occorre poi che ciò che si fa o che viene detto ed il modo di procedere nell'attività che si e scelta abbiano il consenso di tutti, perchè ci sia reciproca comprensione. Da questo punto di vista diventa rilevante il sentimento dominante il gruppo di persone in quello specifico momento: se ogni persona prova emozioni diverse, le differenti situazioni saranno vissute in modo divergente e ne conseguiranno risposte diversificate e a volte incomprensibili tra loro. D'altra parte un clima teso e sospettoso favorirà atteggiamenti di chiusura e di aggressività. E cosi via.
Quanto è stato detto fino ad ora riguarda le persone prese come singoli individui che intendono stabilire contatti significativi con altri individui o insieme di individui (gruppi). Ma se questa è la realta umana, generalizzabile a tutti, qual'è l'importanza di questo per il conduttore di gruppo e che conseguenze ne derivano sui suoi atteggiamenti e comportamenti? Rogers, riferendosi al conduttore di gruppo, sostiene fra l'altro "... sarebbe presunzione pensare di potere o dovere indirizzare questo movimento -del gruppo- verso un obiettivo specifico", affermando con questo che il gruppo èsufficientemente in grado di sviluppare autonomamente il proprio potenziale, al di là e nonostante il conduttore. Se questo è vero, lo è solo in parte, altrimenti non si capirebbe perchè un conduttore èpresente e perche è pagato.
Diverse sono le funzioni del conduttore di gruppo in tutte le diverse fasi della vita del gruppo e tutte allo stesso modo importanti. Per certi aspetti, quelle di approccio al gruppo, sono determinanti dello sviluppo futuro di esso. Innanzi tutto il conduttore all'apertura dei lavori di gruppo crea in modo determinante, con i suoi interventi o con il suo silenzio, un clima che dovrebbe facilitare il gruppo nel raggiungimento degli obiettivi che si è posto. Ciò non significa "determinare" totalmente e onnipotentemente ma, più realmente, stimolare, suggerire, facilitare.
L'atteggiamento del conduttore nel complesso e quindi anche i messaggi non verbali che egli comunica e che sono altrettanto incisivi di quelli verbali, i suoi sentimenti nei confronti del gruppo, sono percepiti dai partecipanti con la stessa sensibilità dei bambini nei confronti degli adulti e contribuiscono a creare un certo clima piuttosto che un altro. Tutto questo assume un peso particolare nel momento di primo approccio, soprattutto se non esiste nessun tipo di conoscenza fra conduttore e partecipanti e fra partecipanti stessi. Come in qualsiasi altra situazione di "novità", c'è un momento di esplorazione reciproca nel quale entrano come variabili da una parte le aspettative di ciascuna parte coinvolta e dall'altra sentimenti di sicurezza, accettazione, fiducia ed i loro opposti. E' molto importante in queste situazioni che il conduttore sia il piu possibile "sincero", cioè che esprima in modo congruente, cioè con il corpo, con gli atteggiamenti e con le parole, lo stesso messaggio, per evitare l'insorgere di sentimenti contraddittori nei partecipanti. Il conduttore neofita puo cadere a causa della sua inesperienza ed insicurezza ed indurre un clima emotivo diverso da quello desiderato. Inoltre la capacità di lettura delle situazioni di gruppo che deriva al conduttore dagli apprendimenti tecnici, dall'esperienza e dalla sua sensibilità personale, gli conferiscono la funzione del "facilitatore" sia nel senso di colui che evidenzia, mette in luce, agli occhi di tutti una certa situazione, sia come colui che può aiutare a superare un momento difficile attraverso esercizi e "giochi" particolari. A volte può succedere di programmare con precisione gli interventi, per lo meno quelli definiti strutturali -gli esercizi-, prima di entrare in gruppo con una conoscenza superficiale degli individui che lo costituiscono. Così può succedere che ciò che si è pensato risulti inadatto alla realtà cui ci si trova di fronte. Il conduttore deve essere sufficientemente elastico e sufficientemente preparato per poter provvedere ad un rapido cambiamento di programma che gli consenta di "aggiustare il tiro" e di trovare la soluzione più adatta al gruppo stesso. Un buon approccio al gruppo e col gruppo è certo un inizio molto accellerante e dal quale spesso può dipendere la motivazione dei partecipanti a proseguire l'esperienza. Molto influente sul clima è il modo di presentarsi del conduttore, le parole che usa, il tono della voce, il suo modo di vestire, la mobilità del suo viso: sorride, guarda tutti, muove il capo ed il corpo ecc..
L'atteggiamento non verbale è spesso determinante in misura maggiore del piu sofisticato degli esercizi di riscaldamento e spesso mobilita energie insospettate nei partecipanti. Un altro elemento da tener presente è la scelta dell'esercizio di riscaldamento: spesso risultano piu efficaci i piu semplici ed apparentemente banali, quelli che si rifanno ai giochi dei bambini, che sono una conseguenza di associazioni spontanee suggerite dalla situazione all'intuizione delconduttore. Un ultimo elemento influente sul clima di apertura è la libertà che i partecipanti sentono di avere rispetto al loro comportamento: devono cioè decidere autonomamente se e come partecipare ed intervenire. La costrizione è un deterrente più che un elemento di spinta. In pratica le variabili cui il conduttore di gruppo deve fare particolare attenzione nei momenti di primo approccio sono:
1. Le finalità del gruppo: cambiando esse cambia anche l'imput del conduttore. Un inizio in silenzio non è certamente il piu adatto ad un gruppo di lavoro, il cui compito è preciso e ben definito e deve essere portato a termine nel modo più soddisfacente. Ma può essere l'inizio più idoneo ad un gruppo autocentrato. E'dunque necessario operare una prima fondamentale distinzione fra gruppi auto e fra gruppi etero-centrati. Nel primo caso il conduttore deve creare un clima che porti i partecipanti ad approfondire il contatto con loro stessi, la conoscenza dei loro sentimenti e delle loro modalitaà di relazionarsi. Non c'e un "quantum" definitivo ne' qualitativamente ne' quantitativamente. Non c'è un prodotto che deve essere la risultante visibile del lavoro compiuto.Gli effetti di quanto avviene possono essere riscontrati anche nel futuro, magari a forte distanza di tempo.Nel caso del gruppo etero, invece, il compito è cio che ènecessario realizzare per valutare l'esperienza fatta. Tutto il resto è un corollario e una condizione per raggiungere questo obiettivo. Perciò rientra nei compiti del conduttore aprire i lavori del gruppo in modo che si stabilisca in fretta un buon clima fra i partecipanti perche possano lavorare serenamente e con efficacia.
2. Le persone che cosituiscono il gruppo. Su questo argomento il conduttore è tenuto ad avere delle informazioni illuminanti nella scelta del tipo di intervento di apertura. Occorrerà sapere innanzitutto il tipo di conoscenza reciproca dei partecipanti e l'eventuale livello di rapporto che intercorre tra loro. Un'altra informazione utile riguarda la preparazione precedente relativamente agli obiettivi del gruppo. Se ci sono persone esperte e smaliziate occorrerà prevedere un tipo di apertura diverso da quello che si farebbe con un gruppo di neofiti.L'età è un altro fattore importante: gli adulti sono diversi dagli adolescenti e fra gli adulti stessi c'e differenza a seconda del "grado di anzianita" (le difese e le resistenze sono in genere piu forti quanto più la persona è un'unita costituita e solidificatasi col tempo). Il sesso è pure una variabile importante: un gruppo equilibrato sessualmente -cioe con maschi e femmine in ugual misura- ha reazioni diverse da un gruppo omosessuale o in cui la proprozione fra i partecipanti dei due sessi è squilibrata.
3. I tempi. E' questa una variabile per certi aspetti strana perchè da una parte è certo che piu tempo si ha a disposizione piu si ha la possibilita di conseguire i risultati che ci si propone, è altrettantosperimentato che la dilatazione del tempo è spesso un freno ad una maggiore produttivita in senso lato. In parte queste differenze si rifanno alla distinzione già accennata fra un gruppo auto e un gruppo etero. Ma a mio parere non è l'unica spiegazione. Soprattutto in questi anni la tendenza a rimandare al dopo si è diffusa anche nei gruppi di sensibilizzazione dove i partecipanti, indecisi o timorosi, rinviano sempre ad un momento successivo un intervento che ritengono per loro troppo rischioso. E' la realizzazione del detto "Prima di parlare conta fino a 10!" Così si possono perdere delle occasioni. D'altra parte, soprattutto in gruppi operativi, la brevitàdel tempo disponibile è un fattore altamente condizionante e a lungo andare quasi piu ansiogeno che i famosi silenzi dei gruppi di sensibilizzazione. Si potrebbe qui riflettere sul problema del ruolo del conduttore come forza motrice che fa da traino o che segue il gruppo rimuovendo solo gli ostacoli del suo percorso. Dal punto di vista pedagogico un'apparente perdita di tempo può risultare vitale per la successiva rincorsa. Ma in termini di valutazione dei risultati è importante ricordare che, essendo il tempo una variabile rigida, tenerla in scarsa considerazione può costare in frustrazione.Il tempo è da considerare non solo come durata di un intervento, ma anche come spazio globale di rapporto di un gruppo. Per esempio è diverso affron-tare un gruppo che dopo il seminario di 3 giorni si scioglieràdefinitivamente ed il gruppo che stà svolgendo un corso di 30 giornate. Ma, al di fuori del mondo della formazione, in senso lato, è diverso avere a che fare con un gruppo che avrà vita breve e con uno che si protrarrà a lungo nel tempo. Anche in questo caso non esistono soluzioni assolute e che garantiscono i migliori risultati. Ciòche il conduttore deciderà di fare e farà è frutto di una serie di considerazioni legate anche alle variabili precedenti oltre che alla sua esperienza e alla sua competenza professionale.
STILE E MODALITA' DI PRESENTAZIONE DI UN CONDUTTORE
Intendo qui indicare brevemente i "connotati" che servono a tracciare un rapido identikit del conduttore. Ogni persona è diversa dalle altre e, si dice, irripetibile. E' dunque evidente che, nonostante la formazione, ogni conduttore conserva un'impronta propria che gli deriva dalla sua personalità e dal suo carattere. Non si tratta di elementi superficiali (un timido non diventerà un conduttore che arrissisce ogni volta che fa un intervento), ma di sfumature profonde ed insieme sottili e impercettibili. Si tratta di tutti quegli elementi che concorrono nel crearsi di quello che viene chiamato "feeling". Quando degli esseri umani si incontrano, la prima reazione reciproca è di "pancia" non di cervello. Lo stile del conduttore è però fatto anche di una ricca serie di altri elementi acquisiti o dall'educazione in generale o dalla formazione specifica, o dall'eseperienza. Una persona chiacchierona non diventerà un conduttore logorroico! In questo senso sono molto importanti tutti gli elementi della comunicazione non verbale e fra essi in particolare la mimica del viso.
Immediatamente dopo, in ordine di importanza, c'è la scelta del tipo di presentazione di sé al gruppo; puo dire molte cose in poche battute, o può essere fredda e generica. Certo dà un'indicazione importante ai partecipanti per quando verra il loro turno. Un ultimo elemento che contribuisce ad indurre un buon clima e l'impressione per il conduttore che ciò che sta per fare sia interessante e piacevole. Anche la motivazione di chi conduce non e dunque ininfluente.
GLI ESERCIZI
Nel caso il conduttore decida di aprire un incontro di un gruppo con un esercizio, dovrebbe rispettare alcune "regole":
Gli esercizi di riscaldamento sono di vari tipi e a seconda del loro taglio possono scendere piu o meno in profondità pur rimamendo salva l'autonomia dei singoli partecipanti a scegliere il livello di coinvolgimento che desiderano. Molto grossolanamente gli esercizi si possono dividere in 3 categorie:
1. I giochi non verbali, in cui non si usa il linguaggio comune ma quello gestuale; sono molto coinvolgenti, sono necessari un clima caldo e molta disponibilità delle persone perchè abbiano buoni risultati in prima battuta, soprattutto se sono individuali (se io devo fare un minimo per presentarmi, sarà piu difficoltoso che se faccio il gioco del "pendolo".Se il gruppo è costituito da molto tempo e se il livello di "alfabetizzazione" è molto alto, si possono ottenere buoni risultati
2. I giochi verbali, in cui si può usare anche il linguaggio parlato o scritto; sono apparentemente piu ludici e meno intimorenti, ma hanno un alto potenziale proiettivo che può essere successivamente elaborato. In genere proprio per questo sono meno intimorenti.
3. I giochi "a metà", cioè che richiedono un atteggiamento non verbale nell'esecuzione ma che insieme si basano sulle parole. Per esempio le fantasie richiedono ai partecipanti silenzio, uso di immagini mentali, sospensione di qualsiasi comunicazione, ma il conduttore per indurre le immagini usa suoni, parole, musica. Durante la somminitrazione del gioco c'è un'apparente attivismo del conduttore con di contro la passività del partecipante.Ciò che è comunque da ricordare è che anche per questa distinzione vale il discorso dell'ambiguità. Non c'è gioco che assicura la discesa in profondità nel proprio essere ed un gioco che assicura superficialità. Tutto questo è legato alla libera scelta individuale e alla risonanza di quanto viene fatto dal partecipante stesso.