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LA STRATEGIA DELLE CONNESSIONI
La strategia delle connessioni
si propone di attivare, moltiplicare e rendere permanenti le relazioni
fra le diverse organizzazioni del territorio. Esistono centinaia di organizzazioni
pubbliche e private, settoriali o generali che operano nello stesso spazio
geografico o socio-economico. E raro tuttavia che queste operino
in relazione le une con le altre. Ciò non significa che non
abbiano interazioni, il che sarebbe impossibile. Vuol dire piuttosto che
non hanno scambi significativi di informazioni né obiettivi comuni, né
intese tattiche transitorie. Se questa situazione è generalizzata, il
territorio è in realtà meramente formale e pochi suoi problemi possono
essere affrontati e risolti. Si tratta di una comunità psicotica,
con scarsa identità e nessuna progettualità. Una strategia delle connessioni
implica interventi tesi a superare la frammentazione e lisolamento
istituzionale in favore dellintegrazione e degli scambi progettuali.
La strategia della partecipazione
nasce dalla necessità di aumentare il coinvolgimento e dunque lappartenenza
e la responsabilità. Il concetto di partecipazione è la traduzione sociologica
del concetto di appartenenza. In entrambi i casi è sottesa la equivalenza
di parte e di tutto e la loro consustanzialità.
La strategia della partecipazione richiede un metodo di lavoro che incrementi lappartenenza attraverso il far parte di, e aumenti la partecipazione mediante il sentirsi parte di. Questo duplice bersaglio si identifica con lincremento di responsabilità, intesa come abilità a rispondere ai bisogni del sistema territoriale e del proprio sub-sistema, intesi nella loro interdipendenza.
La strategia
della prevenzione ipotizza interventi che siano anticipatori
anziché catastrofici, centrati sul benessere cioè sulla generalità
, anziché sul malessere, cioè sulla parzialità.
Tale strategia implica interventi sulla complessità comunitaria, al fine di aumentare le competenze di auto-aiuto, invece che sul problema sintomo al fine di spostarlo. Per esempio, questa strategia applicata alla disoccupazione richiede interventi sulle organizzazioni sociali implicate nei processi di produzione e di acculturazione del sistema territoriale. Ridurre questo sintomo è meritevole, ma non esclude la sua riproduzione. Il mal di fegato, prima che con interventi sul fegato, si cura mediante cambiamenti di stile di vita, cioè della organizzazione del soggetto.
La strategia dellintervento implica azioni concrete, programmate
e verificabili cioè il contrario del destino e della casualità. La attualizzazione
di un sistema territoriale non può avvenire mediante attese messianiche.
I sistemi hanno forti tendenze entropiche e dissipative, e il tempo aumenta
il disordine. Azioni casuali, episodiche, implicite, e non verificabili
sono lopposto della cultura dellintervento. Una strategia
ed una cultura dellintervento prevedono azioni fondate su un management
professionale e su metodi di verifica scientifica e di valutazione programmata.
Infine, per strategia transizionale, intendiamo una
progettazione complessa ed articolata nel tempo, che non si limiti ai
punti di partenza e di arrivo.
Molti progetti interessanti
falliscono per una mancanza di previsioni e di azioni che garantiscano
e favoriscano la transizione. I cambiamenti sociali non sono
riducibili a vistosi fenomeni di catastrofe, segnalanti lavvenuto
passaggio di stato. Prima del cambiamento, anzi condizione di questo,
sono micro-mutamenti orientati e programmati, magari poco visibili. L
attivazione di un nuovo servizio richiede per esempio la preventiva
selezione e formazione degli operatori necessari; lattivazione di
processi di selezione e formazione richiede la preventiva identificazione
di un serio management; questultimo richiede garanzie e contenitori
istituzionali definiti. Naturalmente la strategia transizionale si fonda
su una progettualità a lungo termine e su una visione sistemica dellobiettivo
da raggiungere e del contesto dellazione.
La procedura di progettazione formativa che abbiamo adottato a Forlì nella formazione dei Quadri Intermedi di Gestione e Coordinamento (Qigc) è tipica in psicologia. Abbiamo cercato di ipotizzare una mansione, cioè una serie concreta di operazioni, cui i futuri Qigc potranno essere chiamati.
Lapproccio psicosociale
postula la competenza di tre categorie di capacità in ogni
figura professionale. Una categoria è quella che contiene la capacità
di pensare, cioè quellinsieme di contenuti e procedure che
consentono al soggetto di lavorare sul piano cognitivo. Poiché i nostri
Qigc sono adulti abbiamo postulato di dare per scontato il patrimonio
base dei processi razionali. Quindi ci siamo limitati a ipotizzare quali
nozioni, teorie, informazioni, dati, fossero necessari perché i nostri
allievi potessero espandere la loro capacità di pensare, applicandola
ai problemi cruciali del loro futuro.
Una seconda categoria di capacità
è quella relativa al fare. Ogni professione o mestiere deve
disporre di una tecnica concreta, che costituisce la parte visibile e
applicativa del suo sapere. Abbiamo dunque cercato le attività minime,
le procedure, i trucchi, che potessero consentire ai Qigc una efficacia
concreta e a breve termine.
La terza categoria concerne
la capacità di essere nel modo richiesto dal ruolo. Si tratta
dellaspetto più squisitamente psicosociale: sensibilità, comportamenti,
atteggiamenti.
Ogni ruolo richiede un bagaglio
di competenze personali o psicologiche, che in parte sono
comuni a tutti gli uomini al lavoro e in parte sono specifici del ruolo
stesso. Per esempio, sembra chiaro che ad un ruolo di vendita serva più
aggressività, mentre ad un bibliotecario serve più il rigore o la pazienza.
Molti ritengono che queste competenze personali siano un bagaglio innato
o acquisito nei primi anni di vita, quindi le escludono dai processi formativi.
Costoro suggeriscono semmai di tenerle presenti in fase di orientamento
e selezione. Lottica psicosociale parte invece dallipotesi
che queste competenze siano acquisibili in età adulta, o meglio, che siano
affinabili ed espandibili in ogni età. Insegnare una competenza psicologica
non è dunque diverso, se non sul piano metodologico e tecnico didattico,
dallinsegnare un cumulo di teorie. E ciò è stato dimostrato da tutta
la storia della psicologia (basta ricordare K. Lewin).
Naturalmente questa tripartizione
è puramente schematica. In realtà le diverse capacità sono intrecciate
fra loro. Nessuno può dubitare che esista un versante emotivo sia nella
tecnica che nella teoria. Il pregiudizio e lo stereotipo, come lideologia
e lapproccio provvidenzialistico sono esempi tipicissimi di irruzione
di elementi emotivi: le difese e le resistenze sono un caso di massima
razionalità, per chi le pone in essere rispetto allinsieme degli
elementi in gioco. Per questo il programma e la didattica del nostro corso,
sia pure in presenza di fasi distinte, presentano spesso situazioni miste
che vedono la compresenza simultanea di obiettivi e tecniche di aula differenti.
Le suddette categorie di capacità
sono presenti, sia pure in dosi diverse, in ogni ruolo professionale.
Nei ruoli professionali nuovi, come è il Qigc, occorre tenere conto di
un ulteriore elemento di progettazione: che è la ricerca attorno al ruolo
stesso.
Non si tratta infatti di allestire
un processo di riproduzione di un ruolo codificato, sia pure
con le dovute innovazioni e prospettive evolutive. Si tratta nel nostro
caso di avviare un processo di costruzione, nel quale devono
fare la loro parte tre attori diversi: i partecipanti, lo staff formativo,
il territorio.
In altre parole, la formazione
in questo caso è un processo a obiettivo poco definito cioè
un procedere verso un qualcosa la cui definizione e parte del procedere.
Questo viaggio è progettato a partire da vincoli oggettivi, principii
di fondo e contorni di metodo, ma cresce sulla riprogettazione partecipata
permanente.
Il principio è comune a tutti
i prototipi da collaudare. Nessuno sa quale sarà la forma finale della
auto di formula 1 per il prossimo campionato mondiale. Ci si basa sui
vincoli, sullesperienza e sulle idee forza delléquipe
costruttrice; poi però lautomobile viene rimodellata e perfezionata
da tutti gli attori, passo passo, in base alle performance e alle ipotesi
sulla gara futura.
Questo richiede negli allievi
una disponibilità a ricercare su di sé e sul ruolo in costruzione; nello
staff la capacità di autocorreggersi e di accettare dirottamenti; nella
comunità territoriale una partecipazione solidale e responsabile.
In questo caso il termine mansione è improprio, perché il Qigc è un ruolo professionale, almeno come è stato pensato a Forlì. Non una figura inserita in una organizzazione gerarchica e burocratica , ma un ruolo di servizio e di consulenza, da professional.
I Qigc, dopo
il periodo di formazione, dovranno gestire (in forma diretta o tramite
il coordinamento di risorse pubbliche e private esistenti sul territorio)
un certo numero di <pacchetti> finalizzati allo sviluppo delloccupazione
previsti dal Silog (Sistema Locale Occupazione Giovanile) promosso dal
Comune di Forlì, nelle diverse articolazioni che si renderanno possibili.
Con queste parole viene fatta la richiesta al Fse per il corso di formazione.
Resta aperta
la necessità di arrivare ad una descrizione abbastanza analitica, di quali
operazioni concrete richiede la professione di chi deve gestire
pacchetti finalizzati allo sviluppo delloccupazione giovanile.
Siamo partiti
dallipotesi che i Qigc dovranno:
1.
Tenere sotto osservazione continua il mercato produttivo in modo da poter
rilevare cambiamenti o tendenze con riflessi occupazionali o sulla struttura
professionale;
2.
Tenere sotto osservazione continua lo sviluppo della forza lavoro, sia
in termini qualitativi che quantitativi;
3.
Rilevare tutte le opportunità di insediamento di servizi nel settore terziario,
in particolare dei servizi dellimpresa;
4.
Sensibilizzare ai problemi delloccupazione giovanile le istituzioni
pubbliche e private, produttive e sociali, affinchè promuovano iniziative
concrete;
5.
Promuovere iniziative di cooperazione interistituzionale, finalizzate
a favorire loccupazione giovanile;
6.
Promuovere iniziative di cambiamento istituzionale, finalizzate a favorire
loccupazione giovanile;
7.
Gestire managerialmente speciali azioni a favore dei giovani in generale
o dei giovani in cerca di occupazione o disoccupati in particolare (i
pacchetti dei Silog o iniziative consimili promosse da organizzazioni
diverse);
8.
Stimolare o realizzare azioni ricorrenti di informazione e orientamento
sul mercato del lavoro e le nuove opportunità, i giovani e le istituzioni
educative;
9.
Stimolare la imprenditorialità giovanile con particolari interventi diretti
(verso i giovani) o indiretti (verso la scuola o altre istituzioni);
10. Aiutare i giovani,
intenzionati ad avviare attività produttive, areperire le risorse economiche,
professionali e strutturali.
Queste sono le prime 10 attività
che abbiamo pensato, come tipiche del ruolo di Qigc. E possibile
tradurre queste attività in azioni e comportamenti concreti, per poi
arrivare alla progettazione formativa?
Per le attività 1,2,3 le azioni
dei Qigc non devono ripetere certo quelle di Centri già occupati in esse,
come Camera di Commercio, Ufficio del lavoro, osservatorio, Ufficio statistico
del Comune, Centri studi delle centrali sindacali o cooperative.
Oltretutto i Qigc non avrebbero
le risorse economiche e di tempo necessarie alla rilevazione sistematica
dei dati. Quando diciamo che il Qigc dovrà tenere sotto osservazione
landamento della domanda e dellofferta di lavoro (punti 1
e 2), intendiamo dire che essi dovranno accedere continuamente alle fonti , comparare i
dati, trarne ipotesi e interpretazioni,
farne sintesi e divulgarle. Il punto 3 ipotizza unattività
di rilevazione vera e propria,
ma solo per quanto riguarda le nuove frontiere occupazionali e produttive particolarmente nellarea
dei servizi allimpresa, che
è quella più facilmente accessibile allimprenditoria giovanile.
Il punto 4 parla di sensibilizzare
le istituzioni, il che rimanda a compiti concreti quali: la informazione , la divulgazione, la sottolineatura
di problemi legati alloccupazione giovanile. Tali azioni potranno
essere fatte mediante pubblicazioni
ad hoc oppure accedendo ai mass media (giornali, radio,
tv); mediante mostre, conferenze, dibattiti, fiere, festivals, manifestazioni
pubbliche; oppure ancora con interventi di formazione-sensibilizzazione mirate a figure
chiave per loccupazione giovanile (famiglie, insegnanti, educatori,
giovani ecc.).
Per il punto 5, la promozione
di cooperazione inter-istituzionale, può concentrarsi nella stimolazione allincontro fra due
o più istituzioni, nel varo di comitati
di coordinamento, nella offerta
di progetti da realizzare congiuntamente, nella segnalazione
alle istituzioni delle opportunità inutilizzate, offerte da altre istituzioni.
Per il punto 6 i Qigc potranno
inventare progetti e proposte,
da sottoporre alle istituzioni, affinchè queste modifichino ed arricchiscano
la loro presenza verso i giovani.
Il punto 7 propone una gestione
manageriale dei pacchetti.
Questo indica la serie di
azioni concrete tipicamente legate al management. O meglio, trattandosi
di pacchetti a tempo, cioè provvisori, indica linsieme
di azioni legate al project management.
Progettazione, programmazione, esecuzione, gestione risorse, marketing
e promotion, valutazione, sono le azioni tipiche di questo aspetto
del ruolo. Poiché si tratta in genere di pacchetti inter-istituzionali
e inter-settoriali, queste azioni vanno lette a cavallo fra il pubblico
(burocrazia, legislazione, ecc.) e il privato (logiche dimpresa).
Le attività legate al punto
8 richiedono la produzione di
materiale informativo (o la collocazione e rielaborazione di materiale
esistente), e la sua divulgazione
fra i giovani e le organizzazioni educative; la stimolazione
di servizi di orientamento ad opera della scuola, delle Usl e dellente
locale (in particolare dei Centri giovani).
Il punto 9 richiede la realizzazione di iniziative speciali, rivolte
ai giovani o alla scuola, affinchè si realizzino forme di imprenditorialità o nuove professionalità.
Il punto 10 infine richiede
una attività di consulenza ,
non tanto sui contenuti relativi al varo dellimpresa (per i quali
esistono centrali apposite o uffici di consulenza) quanto per laccesso
alle facilitazioni finanziarie, normative, fiscali e agli esistenti
servizi di consulenza.
Inoltre questo punto può essere
concretato mediante un servizio
di consulenza, ai gruppi di giovani, finchè questi chiariscano le
proprie vocazioni e intenzioni. Riassumendo sinotticamente, lelenco
delle azioni concrete richieste ai Qigc:
1.
Accedere a tutte le fonti statistiche (economia e occupazione) del territorio;
2.
Comparare i dati raccolti e confrontarli;
3.
Tratte dai dati ipotesi e interpretazioni;
4.
Sintetizzare i dati;
5.
Divulgare informazioni, dati, sintesi, ipotesi;
6.
Fare rilevazioni-campione in settori speciali;
7.
Confezionare e realizzare pubblicazioni;
8.
Utilizzare e accedere ai mass-media;
9.
Realizzare mostre, conferenze, dibattiti, fiere, festivals;
10. Realizzare
corsi di tipo informativo o sensibilizzativo;
11. Organizzare
tavoli di dialogo inter-istituzionale;
12. Promuovere
gruppi e comitati di coordinamento inter-istituzionale;
13. Offrire idee
e progettida realizzare fra più istituzioni;
14. Segnalare opportunità
inter-istituzionali;
15. Creare progetti,
idee, programmi e proposte;
16. Programmare
interventi operativi;
17. Realizzare
interventi, utilizzando risorse intra o extra territoriali;
18. Gestire risorse
umane, economiche, strutturali in relazione ai progetti;
19. Gestire iniziative
di promozione e pubblicità;
20. Valutare i bisogni
e graduarli in ordine di urgenza e soddisfabilità;
21. Valutare i
risultati degli interventi, in relazione ai costi e ai bisogni;
22. Stimolare servizi
e programmi di orientamento;
23. Realizzare iniziative
di promozione della imprenditorialità giovanile;
24. Fornire ai gruppi
di giovani consulenze davvio di progetti produttivi: