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RUOLO DELL’ANIMATORE DI GRUPPO: BREVI NOTE (M. Sberna)

Il dilemma che si presenta quando si cerca di identificare chi sia l’animatore socio-culturale è proprio relativo al ruolo di questa figura dal punto di vista professionale. Da anni ormai, praticamente fin dal momento della nascita di questa figura, ci si chiede se l’animatore sia un nuovo professionista o se sia un lavoratore che ha semplicemente cambiato gli stili e le modalità nello svolgimento della sua attività.

E’ certo comunque che negli uffici di collocamento non esiste a tutt’oggi una tale qualifica professionale, nonostante esistano corsi di formazione e scuole per animatori.

Se l’animazione è nata come una "pratica sociale finalizzata alla presa di coscienza ed allo sviluppo del potenziale represso, rimosso o latente, di individui, piccoli gruppi e comunità" (G. Contessa) si induce che l’animatore è uno stimolatore, un agente di cambiamento, in senso lato, un educatore, un maieuta.

Se l’animatore riveste un ruolo funzionale alla società che l’ha prodotto, ai. bisogni repressi dei cittadini che "subiscono" la vita anziché viverla liberamente, egli è un operatore che lavora per la sua distruzione, nel senso che lavora per una società a misura d’uomo.

Nel momento in cui ogni persona, gruppo, comunità, sono in grado di sviluppare al massimo le loro risorse e potenzialità, l’animatore ha infatti terminato il suo lavoro. Ciò significa, da un altro punto di vista, che l’animatore psicologicamente con-vive con sentimenti di precarietà, insicurezza, provvisorietà, perché i presupposti del suo lavoro chiedono a lui per primo una disponibilità al confronto e al cambiamento.

Non esistono per l’animatore verità assolute o soluzioni rigide ai problemi che man mano gli si presentano. Esistono invece una serie di capacità psicologiche personali e di tecniche e metodologie professionali che sono "al servizio" degli utenti. Con questo non intendo indicare come figura di riferimento dell’animatore il missionario che evangelizza e si immola in nome dell’ideale che si sforza di diffondere. Ritengo però peculiare dell’operatore socio-culturale la capacità di accettare in sè l’ambivalenza, la dicotomia sicurezza/insicurezza, il cambiamento. Non credo sia possibile insegnare ad altri a vivere pienamente senza saper vivere a propria volta le contraddizioni, le ansie ed i problemi che si incontrano lungo la propria "camminata sulla terra" (Slater).

Certamente anche l’animatore, come ogni altra persona, ha un bagaglio di valori su cui impronta la sua vita, ma il suo compito non consiste nella trasmissione agli altri dei suoi ideali. Egli deve semplicemente aiutare i suoi utenti a vivere pienamente secondo ciò in cui credono, promuovendo se mai la persona nel suo complesso e, in un certo senso, lottando contro le uniformità massificanti che mortificano la libertà individuale. Come educatore egli deve "tirar fuori" dalle persone quello che in esse già è, ma che è stato soppresso o mortificato da una serie di pressioni esterne dalle quali è ormai difficile liberarsi da soli.

La parola stessa animatore significa dare l’anima.

Non deve riempire con contenuti suoi le persone come fossero contenitori vuoti. Egli deve sempre ricordare che il rapporto con gli altri arricchisce entrambe le parti. Quindi se è certamente vero che con il suo lavoro egli aiuta gli altri a riscoprirsi e a realizzarsi pienamente, è altrettanto vero che la sua maturazione e crescita personale sono continuamente arricchite dal continuo contatto con gli individui che portano racchiuso in sè un loro patrimonio di conoscenze, esperienze, sentimenti degni di rispetto e di considerazione.

Potrebbe sembrare che tutti sono in grado di accostarsi con disponibilità agli altri, e che quindi la qualifica di animatore è una specie di abuso. Ma l’individualismo e l’isolamento caratteristici della società in cui viviamo ha portato ad un malessere generale che ha evidenziato quanto sia grande il divario fra ciò che avviene nella realtà e ciò che si desidererebbe avvenisse.

Nella nostra civiltà capitalistica tutto si basa sul sentimento del dovere. Ogni essere umano deve, in ogni momento della sua vita, essere utile e funzionale al sistema: si deve andare a scuola per apprendere le regole della convivenza; si deve lavorare per procurarsi il proprio sostentamento e per arricchire sè o la società in generale; si devono rispettare le leggi dello stato pena la carcerazione. Questo elenco potrebbe continuare a lungo.

Tutto questo ha abituato ad obbedire, spesso senza chiedere i motivi delle richieste che si ricevono. Di conseguenza sono stati rinforzati tutti i comportamenti consentiti e sono stati repressi quelli rifiutati o ritenuti inadeguati alla situazione. Occorre perciò un enorme sforzo per recuperare da soli, come autodidatti, tutto ciò che costituisce la propria vitalità. Anche l’animatore ha vissuto queste difficoltà ed è riuscito a superarle oltre che attraverso una maggiore conoscenza personale di questi problemi, soprattutto attraverso la formazione. In questo senso l’animatore deve possedere i tre stadi del sapere (conoscenze, informazioni, ecc.), saper fare (possedere tecniche, capacità di agire e fare programmi), saper essere (capacità di realizzare nella propria vita personale ciò che sa e che sa fare). L’animatore non è quindi una persona di buona volontà ma neppure un tecnico solamente. "Il ruolo dell’animatore consiste - dice Limbos (‘73) - particolarmente nel favorire gli scambi fra tutti i membri, nel migliorare le relazioni, nel mettere in evidenza i punti di vista comuni come le divergenze, nel rendere le tensioni tollerabili, nel chiarire ciò che si è espresso". E aggiunge una serie di affermazioni tese a sottolineare l’esistenza di potenzialità individuai4 tali da consentire la soluzione autonoma dei problemi che si incontrano "a condizione che vi sia un ambiente permissivo, favorevole alla massima espressione di ciascun membro, senza costrizioni, in tutta libertà, cosi com’è"

I COMPITI DELL’ANIMATORE
Poiché l’ambito di lavoro specifico dell’animatore è la situazione collettiva, egli non può trascurare le dinamiche e i progressi di gruppo che sono fondamentali per consentire la durata nel tempo di una tale aggregazione. L’operatore deve inoltre porre attenzione non soltanto alle relazioni e alle interazioni fra i diversi membri di un gruppo, ma deve anche preoccuparsi dello sviluppo dei singoli individui, stimolando l’espressione delle loro risorse e sviluppando al massimo possibile le potenzialità di ognuno. Inoltre i gruppi sono di diverso tipo a seconda degli scopi (per es. di discussione, di lavoro, ricreativo), dei partecipanti (giovani, bambini, vecchi, ecc. dello stesso sesso o misti), dello spazio di intervento (scuola, tempo libero, quartiere, ecc.). Poiché le realtà in cui si trova a dover operare l’animatore sono varie e variegate, diventa di fondamentale importanza la conoscenza, da parte dell’operatore, dei principali fenomeni inerenti alla vita di gruppo.

ESTENSIONE DEL GRUPPO
Il primo problema con cui ha a che fare l’animatore è legato al numero di persone coinvolte nel gruppo. Un gruppo ottimale è composto da 15/20 persone al massimo. Molte volte però l’operatore si trova a doversi occupare da solo di gruppi molto più numerosi. Spesso la conseguenza di ciò è lo scadimento dell’attività, a livello anche tecnico, e certamente a livello di partecipazione individuale. Esistono però alcuni sistemi che consentono anche ad una persona sola di potersi occupare di grandi gruppi.

Alcune proposte realizzabili sono:

-       il frazionamento del grande gruppo in piccoli gruppi.

Il pericolo della dispersione delle risorse e dell’isolamento dei gruppi che non comunicano più tra loro si può facilmente risolvere attraverso:

  • degli incontri collettivi (di tutti i gruppi insieme) periodici
  • degli incontri dei gruppi attraverso i loro rappresentanti che si scambiano informazioni
  • degli incontri di itergruppo (per es. se ci sono tre gruppi, ciascuno di essi si divide in tre  parti che chiameremo A,B,C,; quindi si riformano tre nuovi gruppi costituiti da tutti gli A, tutti i B, tutti i C)

Un altro metodo che si può utilizzare è di riunire i rappresentanti dei gruppi per uno scambio, in una situazione di "acquario" (i rappresentanti dei gruppi siedono al centro della stanza in cerchio e gli altri partecipanti sono tutti intorno come ascoltatori silenziosi).

-       l’utilizzo di verbali, cartelloni, schemi riassuntivi, ecc. che informino gli interessati della situazione.

COMUNICAZIONE -  PARTECIPAZIONE

All’interno dei piccoli gruppi esiste poi il problema della comunicazione. Non tutti parlano nello stesso modo: ci sono partecipanti che non hanno assolutamente problemi di timidezza e che magari tendono ad essere in qualche modo "troppo presenti" con i loro discorsi, e ci sono i silenziosi. L’animatore non sempre è in grado di conoscere i motivi di ciò. Tanto più è difficile per l’animatore farsi carico personalmente dei problemi degli utenti che entrano in rapporto con lui, e del resto l’animazione non è un altro modo di fare terapia.E’ però compito dell’animatore creare una situazione, un "clima" tale da consentire a tutti di essere in condizione di esprimersi. Toccherà quindi all’animatore fare attenzione a:
  • facilitare la conoscenza fra i membri del gruppo
  • stimolare tutti ad intervenire
  • impedire i "comizi"
  • prendere nota di chi chiede la parola
  • evitare giudizi di merito sui contenuti espressi sia da lui stesso che da altri partecipanti
  • far rilevare gli impedimenti ad una corretta comunicazione interpersonale.
Se esiste una comunicazione effettiva fra i partecipanti del gruppo e tutti si sentono ascoltati, anche il loro senso di appartenenza al collettivo si rinforza incentivando continuamente la partecipazione. Un vantaggio non marginale di una buona e soddisfacente comunicazione è l’induzione di una maggiore facilità nella risoluzione dei problemi e nella presa di decisioni.

CONFLITTI

Può succedere che ci siano situazioni di aggressività o di tensione fra i partecipanti di un gruppo che sfociano in conflitti aperti.

Una tale situazione si può verificare per molti e disparati motivi. Ciò che è importante sapere è che la conseguenza di tali eventi è l’innesco nei partecipanti membri del gruppo di sentimenti di disagio quali la paura, l’ansia, l’inquietudine.

Possibili soluzioni sono:

  • far discutere serenamente i diversi punti di vista, invitando all’ascolto e alla comprensione effettiva
  • fare un. esercizio di "scambio delle parti" per cui ognuna delle due parti in causa, sostenendo l’idea dell’avversario, appro­fondisce la sua comprensione del punto di vista cui si oppone
  • analizzare il conflitto come fonte di cambiamento e di risorse energetiche utili alla crescita del gruppo.
ORGANIZZAZIONE

Una seconda serie di compiti deriva all’animatore da tutti i problemi connessi all’organizzazione.

Perché un gruppo sì incontri occorrono una serie di attività preparatorie senza le quali non è possibile realizzare l’iniziativa. Ciò è tanto più importante se si considera che alcuni tipi di gruppo hanno scopi operativi che non sono continuamente dilazionabili nel tempo. In prima istanza occorre quindi informare i partecipanti chiarendo orario, luogo, argomento, partecipanti all’ascolto. Non necessariamente questo compito deve essere svolto dall’animatore in prima persona, ma certamente egli deve farsi carico di controllare che ciò sia fatto.

Un’altra cosa essenziale, soprattutto per consentire agli eventuali assenti di conoscere quanto è avvenuto nell’incontro precedente, è la stesura si un verbale fatta da un partecipante­segretario del gruppo. Occorre poi accertarsi che il luogo dell’incontro non sia disturbato e questo sia nel caso si tratti di un incontro su problematiche varie, sia che si tratti di un gruppo che deve preparare una festa di quartiere. Nel caso il gruppo sia operativo, l’animatore deve procurare per tempo tutto il materiale necessario. In ogni caso deve comunque avere a sua disposizione fogli, cartelloni, pennarelli vari, che possono facilitare la vita del gruppo, e sedie e tavoli secondo le necessità. Buona regola è visitare in anticipo il luogo d’incontro per rendersi conto di persona della situazione.

Qualsiasi sia l’attività svolta dall’animatore, essa deve essere attentamente pianificata e programmata, tenendo conto delle diverse fasi di lavoro e del tempo necessario alla loro realizzazione. In questo senso l’animatore deve imparare a fare un "conto alla rovescia". Solo in questo modo sarà infatti possibile attuare qualsiasi tipo di intervento. In questo senso è necessario anche organizzare, magari formalizzandoli, i momenti di programmazione/progettazione ed i momenti di verifica.