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"Racconto"
fatto sulla bacheca web
di Artificia / Psicopolis a più mani dal 2003 al 2005 da Gegia, Fiore, Ida Maia, Trastullo, Francesca, Kia, Altea, Camillo, mg, Ghita, Tosca, La Martin, Zero, Josè, Madagascar. (Torna a Bacheca)

Personaggi:

 

Giulia camminava per la strada nel centro di Nibla, ma non vedeva nè le persone che le passavano accanto, nè le vetrine dei negozi già illuminati per il Natale. E' pur vero che si era ancora nel mese di ottobre e che trattandosi di una calda città meridionale, pareva di essere ancora in estate. Ma proprio per questo Giulia, se fosse stata in sé, avrebbe trovato la cosa buffa e ne avrebbe riso.

...Il fatto è che Giulia aveva un tarlo: passare le feste con la famiglia, o in un viaggio in Oriente offertoLe dal conte Arduino. Erano ormai sei mesi che aveva ceduto alla corte del Conte, attempato ma pieno di ardore, amante infedele ma focoso. Andare in oriente significa rischiare di inoltrarsi in una relazione senza speranza. Restare a casa significava una settimana di stress e depressione.

“Cosa devo fare?”, si chiedeva Giulia  e  si interrogava sull'opportunità di condividere il problema con qualcun altro. Ma insieme temeva di esser mal giudicata sia perché avrebbe abbandonato la madre in un momento particolare, sia perché si sarebbe messa in una situazione scabrosa. Ma in fondo non era più una bambina!

"Mi scusi, ma non è stato possibile evitarla". Giulia si trovava fra le braccia di un giovanotto attraente contro il quale era andata a sbattere a causa della sua distrazione.

"Oh no, è stata colpa mia. Sono così distratta". Giulia, nonostante tutto sorrideva: in fondo non era un evento spiacevole .... "Posso offrirle qualcosa, così si riprende e possiamo esser certi che la botta che le ho dato non le provochi malessere?" disse il giovane con uno sguardo fra il preoccupato e il divertito.

Mentre era al tavolino con Manlio, - questo era il nome dell’investitore - Giulia lo ascoltava parlare rapita da quest'uomo molto elegante e sicuro di sé, a volte quasi arrogante, ma con un fascino misterioso, quasi avesse un segreto da nascondere. E poi, che sensibilità!

"Temo che lo scontro che abbiamo avuto l'abbia frastornata...O forse la sto annoiando?"

Manlio intanto pensava tra sé  e si chiedeva cosa aveva quella donna che lo attraeva tanto. Una sorta di pudore spudorato, un che di fragile che sottintendeva una forza drammatica, una solarità apparente ma non piatta...semmai evocante scogli, abissi e dirupi di uno scenario selvaggio, pronto a scatenarsi come una forza della natura.

I pensieri di Giulia tornarono per un attimo al Conte Arduino...che questo nuovo incontro fosse un pretesto per non partire? Ma che andava pensando! Uno sconosciuto "scontrato" qualche minuto prima poteva far vacillare i sentimenti che Giulia provava per il Conte? Ma di quali sentimenti stava parlando?!

Giulia parlava per soffocare il rumore del silenzio, Manlio rispondeva cercando di leggere dentro quegli occhi spaventati ed insieme arroganti. D'un tratto, come sorpreso da un lampo e stordito da un profumo, Manlio prese la mano di Giulia, lentamente e la fissò con occhi profondi negli occhi profondi, e come se parlasse qualcun altro al suo posto disse:"Domani parto per Bombay: vieni con me?"

"Perché no? Ma cosa vado a pensare? Perché no! Perché rinunciare a questa pazzia? Sono forse felice qui e così? Cose che se non si fanno adesso non si fanno più... E se scherzasse? Mi sta prendendo in giro? Perché dovrebbe invitare proprio me? E poi chi lo conosce?" Questi pensieri turbinosi e mille altri giravano nella testa di Giulia.

"Allora?" disse Manlio.

Entrò un venditore ambulante di rose, che distrasse per un momento l'attenzione di Manlio dalla risposta di Giulia. Lei colse volentieri l'occasione per togliersi dagli impicci, voleva avere qualche minuto per pensare. Si alzò velocemente, lanciando una mezza parola di scusa, sgusciò fra la folla che si accalcava attorno al bancone dei gelati, e si diresse verso il bagno. Guardandosi allo specchio illuminato poteva considerare tutto con cura: la sua età, gli impegni, le prime rughe che si affacciavano attorno agli occhi, la madre sempre pressante e bisognosa della sua compagnia Ma tutto questo durò un attimo, decisa ad accettare l'invito uscì dal bagno e con passo sicuro andò al tavolino. Manlio era andato via.

Il sorriso si spense sul viso dolce di Giulia: "Lo sapevo! era un sogno. Mi ha preso in giro." Dirigendosi verso la porta per uscire, Giulia malediceva la sua esitazione ed il suo bisogno di solitudine. Una vocina però le confermava l'importanza della riflessione per evitare un errore ed un dolore. Ma Arduino, data anche l'età, era più serio e affezionato e dunque Giulia si avvicinò ad una cabina telefonica per confermare al conte di voler partire con lui: sia l'oriente che l'archeologia la interessavano. Quanto al conte, lei era bravissima ad adattarsi alle situazioni non completamente soddisfacenti e d'altra parte la malattia della madre cominciava a pesare troppo sulle sue spalle.

Le storie s'intrecciano, le vite si sciolgano, e girano sospinte dal mulinellare del vento.

Giulia vicino alla cabina, un motorino scoppiettante alla sua sinistra, nella strada, una vecchia signora dal terzo piano scruta dalla finestra alla ricerca del suo sguardo. Giulia non vede, sorride prendendo il telefono nelle sue mani. La gonna stretta sottolinea le natiche dolci, e incespica, lei , leggermente, entrando. Prende il telefono "Dannazione non me ne va bene una!" esclama, con le labbra che si piegano un poco, con quel sorriso imbronciato che fa innamorare.

Un attimo d'esitazione.

Un vortice di voci diverse risuonava nella testa di Giulia. La gentilezza e l'eleganza di Arduino la attraevano, tutto il contrario degli uomini che le avevano fatto la corte in passato. Stava cambiando e si sentiva tirata da tutte le parti, come in una camera piena di rumore, come in un romanzo scritto a più mani. Posò la cornetta, si guardò intorno come per cercare una sponda. Una vecchia signora le sorrideva da una finestra del palazzo di fronte. Era un sorriso dolce ma non materno. "Che curiosa" pensò. Riprese la cornetta e compose il numero di Arduino velocemente per dare un taglio all'incertezza.

La signora del palazzo accanto ha gli occhi azzurri, luminosi, in disaccordo con le rughe profonde che le solcano il viso, l'abito nero, liso nei polsi, stride con il muoversi leggero e armonico delle dita sul davanzale di marmo. Continua a guardare Giulia. Alla sue spalle, nella penombra della stanza, un orologio a pendolo suona le tre.

..."E' giusto chiedersi sempre il perché delle cose, da dove vengano.…. Intanto le cose si perdono e noi, persi, ci perdiamo le cose, intenti a chiedercene il senso...". Giulia comincia ad andare laddove il suo corpo la dirige, intanto si guarda le punte delle sue scarpe che marcano passi nervosi, veloci, insolitamente veloci, ma motivati da una spinta... nuova...qualcosa stava evolvendo, ma lei non ne era a conoscenza. Lei non sapeva ancora, ma ...sentiva..."Andare...andare...". Qualcosa l'avrebbe guidata...si diceva...Era lei stessa, in effetti, proiettata in quel mondo, in un mondo nuovo..che sapeva di lei...

Arduino era solo in casa e fu leggermente seccato dallo scampanellio del portone che lo distolse dalla lettura. Per un attimo pensò di lasciar correre, ma la curiosità lo spinse ad alzarsi e ad aprire personalmente la porta di casa: "Che sorpresa e che piacere! Entra, mia cara, accomodati".

E così dicendo prese la mano sottile di Giulia e con lei si diresse alla veranda che dava sul cortile interno della casa.

"Ti chiedo scusa per il mio arrivo inaspettato, ma ho cercato inutilmente un telefono per parlarti, e mi sono trovata improvvisamente a due passi da qui.....".

"Sono felice di vederti.... sei così bella .. e spero che tu mi porti buone notizie. Vieni, siediti qui. Posso offrirti un te alla pesca?"

"No grazie, preferirei un caffè".

Il Conte si avvicinò alla finestra, infilò la mano dietro la pesante tenda di broccato e tirò qualcosa che azionò un campanello. Dopo un minuto apparve una ragazzina di non più di sedici anni, cui la livrea troppo grande dava un aspetto goffo e sgraziato. Giulia era stata più volte a casa del conte e non aveva mai visto quella ragazza dalla pelle scura. Cercò di attirare su di sé il suo sguardo per osservarne meglio i lineamenti scarni, ma lei sembrava essere assente. Non guardava le cose, sembrava piuttosto penetrarle con lo sguardo."Penelope, porta un caffè alla signorina ed un the alla pesca per me, per favore".

Penelope uscì e Giulia provò improvvisamente un forte malessere per quell'allontanamento. Si sentiva rigettata in un mondo ostile, fatto solo dagli uomini, pieno di amanti da cui difendersi prima di amare, un universo inondato di luce e privo di ombra.

Giulia si fece coraggio e volse il viso sorridente verso Arduino che stava dicendo: "Dunque... sono molto curioso."

"Beh, ho pensato che l'idea del viaggio è molto bella e piacevole. Così pensavo di accettare il tuo invito." disse Giulia. "Ne sono felice" disse Arduino avvicinandosi a Giulia col viso trasfigurato dal piacere. "C'è però una condizione. Voglio pagare la mia parte. Considero già un regalo che tu mi porti con te." "Ma perché?" chiese Arduino mortificato. "Perché vorrei sentirmi libera nel rapporto con te: solo così riuscirò ad ascoltare il mio cuore ed a decidere del mio futuro."

Giulia si rese conto che questa era una mediazione, ma almeno non era una chiusura e temette per un momento di aver offeso Arduino rovinando tutto. Ma lui disse:"D'accordo: ciò che desidero è che facciamo il viaggio insieme". Si misero così a parlare dei preparativi per la partenza. Il viaggio avrebbe avuto delle tappe e potevano decidere di fermarsi dove volevano. Due mesi di vacanze! Giulia tornando a casa era eccitata, anche se affiorava ogni tanto il senso di colpa nei confronti della madre che avrebbe "abbandonato" per un paio di mesi e per Arduino, che sentiva di sedurre, ma che non la interessava. Cominciò a riflettere su cosa portare in valigia. Il percorso principale avrebbe toccato Il Cairo, Dubai, Sri Lanka, Bombay, Singapore e Hong Kong. Climi diversi! Occasioni differenti: natura, musei, ecc.

Una settimana dopo, entrando nella sala dei Sarcofagi del museo egizio del Cairo, Giulia rimase senza parole: il conte Arduino stava parlando con Manlio!

Giulia esitò un momento. Non sapeva come comportarsi. Si sentiva però molto attirata dai due giovani e dunque si avvicinò sorridendo: "Buongiorno ad entrambi. Che piacere rivederla! "-disse a Manlio. Fu il turno del conte Arduino di rimanere stupito "..come, vi conoscete?". Manlio, galante disse, guardando negli occhi Giulia con un'espressione divertita: "Ebbene sì, ci siamo incontrati in Italia, ma non ci siamo neppure presentati! Perché non pranziamo insieme per colmare questa lacuna?". "Volentieri" disse Giulia sorridendo e ad Arduino a bocca aperta non restò che seguirli.

I tre giovani pranzavano al tavolo di una taverna buia. Giulia gustava la zuppa di fave che serviva anche a placare i sapori forti delle spezie contenute nelle diverse pietanze. Era una scoperta entusiasmante, finalmente fuori dalla "normalità" noiosa della cucina internazionale. In realtà nessuno pensò di presentarsi in maniera tradizionale e decisero di addentrarsi verso l'Alto Egitto insieme. Assuan fu scelta come prossima tappa e scelsero l'hotel Pulmann, una delle vecchie regge del re d'Egitto sulla riva del Nilo. Quando vi arrivarono, dopo un lungo viaggio in treno, rimasero sorpresi dall'eleganza un po' fanée dell' edificio. Le stanze erano enormi, arredate ognuna in modo diverso, con pavimenti di caldo parquet ricoperti da tappeti persiani sterminati e soffici. Dalle finestre si vedeva, attraverso le palme, il fiume che scorreva lento, solcato pigramente dalle leggiadre feluche. Ciascuno dei giovani godeva della raffinatezza del luogo che trasmetteva una sottile sensualità, e cambiandosi per la cena, ciascuno si sentiva eccitato per la serata da passare insieme.

Giulia si specchiava nella sua stanza. Si piaceva, durante quel viaggio sembrava più bella. Sul suo viso si erano depositati colori primitivi, decisi, ed avevano coperto il bianco-rosa diafano delle sua giornate in città di una coltre di nuovo ardore. Esitazioni ed incertezze erano scomparse, sulla scena rimanevano giovani eroi, cavalieri sanguinari, dame romantiche e mezzane di dubbia virtù. Manlio l'attraeva infinitamente, ma la presenza costante del conte limitava i loro contatti a poche occhiate, sguardi appena più ambigui del solito. Ma tutto questo non le dispiaceva, anzi, rendeva tutto stranamente eccitante. Cavalier servente e cavaliere errante giostrano per l'amore di una dama.

Quando Giulia entrò nel salone del ristorante fu facile trovare il tavolo perché i due giovani scattarono in piedi. Dai loro occhi Giulia capì di essere ammirata e se ne compiacque. Il buon cibo, le chiacchiere allegre, il vino, il piano in sottofondo, fecero il resto. Poi i giovani passeggiarono per il giardino che si affacciava sul Nilo e si sedettero sulle poltrone disposte sulla terrazza: era bello anche restare in silenzio, fumare, guardare le stelle fra le palme. Ognuno era perso nei suoi pensieri, ma tutti si sentivano felici. Solo Arduino sentiva un filo di preoccupazione di cui non si spiegava l'origine. Giulia non riusciva a immaginare come poter seguire il suo desiderio rispettando le convenienze a cui era abituata. Manlio sognava una vita avventurosa e lussuosa, priva dei problemi depressivi della quotidianità. Poi Giulia si alzò e disse: "La giornata è stata molto ricca e piacevole. Sono un po' stanca. Perciò vi do la buona notte". "Ti accompagno" dissero insieme Arduino e Manlio e si diressero insieme all'edificio. Arduino scoprì con rammarico che Manlio aveva la sua stanza nella stessa ala di Giulia e a malincuore dovette lasciarli proseguire da soli. Il corridoio era fiocamente illuminato dalla luce tremolante delle fiaccole; le spalle dei due giovani che camminavano affiancati si sfioravano ogni tanto e Giulia se ne sentiva turbata. Quando infine Giulia arrivò alla sua porta e si voltò per ringraziare Manlio, non capì perché il suo viso fosse così vicino né perché alzò il suo .... il bacio fu leggero e rapido ... e prima che Giulia potesse dire qualcosa Manlio era già scomparso dietro l'angolo del corridoio.

L'avrebbe inseguito se avesse seguito il suo istinto ma ci pensò su un istante e decise di entrare ragionevolmente nella sua stanza. Nel letto ripensò a quell'impulso, poi sognò. Manlio era in piedi sulla sponda opposta di un fiume le parlava ma un ronzio assordante copriva la sua voce. Sullo sfondo Arduino, nascosto in un cespuglio, le ammiccava, le faceva boccacce, la derideva, poi la fissava con uno sguardo triste. Infine si avvicinava a Manlio minaccioso. Si svegliò, andò in bagno per fare la pipì.

Ritornando a letto Giulia si accorse che era l'alba e, affascinata, andò sulla terrazza della camera: l'aria diventava sempre più luminosa e spirava una brezza dal deserto che le accarezzava la pelle facendola leggermente rabbrividire. Colpita da un'idea che in un altro momento avrebbe giudicato folle, Giulia si mise il costume infilò l'accappatoio e corse alla piscina riscaldata, dove si immerse per fare una nuotata in piena solitudine, mentre le ombre diventavano sempre più corte. E fu lì che la sorprese Arduino, che si era alzato presto perché brutti sogni lo avevano tormentato tutta la notte. "Giulia, sono contento di vederla. Le piacerebbe far colazione con me? Vorrei parlare di un mio progetto".

Giulia trasalì e per un istante provò una certa irritazione per questa presenza inaspettata. Arduino aveva interrotto bruscamente la magia di quel momento... il piacere che le dava l'acqua incontrando il suo corpo, il silenzio così intimo, quelle ombre multiformi che pian piano cedevano spazio alla luce del sole... tutto svanì con la voce di quell'uomo. Si voltò di scatto, e un fugace lampo d'ira le attraversò lo sguardo. Ma poi, inspiegabilmente, sorrise e disse: "Volentieri!"

Il giardino dell'albergo sulla riva del Nilo consentiva di far colazione all'aperto, e così, infilato l'accappatoio Giulia sedette ad un tavolo con Arduino. Temeva quello che lui le avrebbe detto e così perse tempo ad ordinare una sontuosa colazione, decisa a non farsi rovinare il piacere di questa occasione eccezionale. "Ti trovo molto bella" disse Arduino con insolita ed inattesa audacia. La tazza di profumatissimo the alla vaniglia che Giulia stava portandosi alla bocca interruppe il suo viaggio. "Mi piaci molto. Vorrei che non fossimo solo buoni compagni di viaggio...". Giulia bevve finalmente un sorso e questo la rinfrancò. Socchiuse gli occhi per gustare il piacere e decise di essere sincera. "Arduino... ti devo molto. Senza te non avrei mai fatto questo viaggio che si sta svelando così piacevole, e non avrei scoperto aspetti di me sconosciuti. E' merito tuo se sono così felice in questo momento". "Allora accetti! Per questa sera organizzerò una cena speciale per festeggiare il nostro fidanzamento."

Arduino si alzò, le andò accanto e prendendole delicatamente il viso tra le mani la baciò. Fu un bacio a cui Giulia non seppe dire di no né con le parole né con il suo corpo. Fu un bacio dolce, languido, che la lasciò senza energie e le pervase le membra di una sinuosa mollezza. Chiuse gli occhi e si abbandonò, mentre un suo io lontano la osservava severamente e cercava per lei le parole... le parole giuste per dire "no".

Doveva essere un no gentile. Si sentiva obbligata dalla felicità di Arduino a non essere troppo dura, a fargli intravedere una possibilità lontana pur rifiutando. Il suo bacio non le dispiaceva, ma non ne voleva degli altri, questo era tutto quello che sapeva. C´era un luogo nel suo corpo o nella sua anima dove erano rinchiusi tutti i desideri, e lei da lontano riusciva ancora a sentirli. Quando Arduino tornò al suo posto si costrinse a guardarlo negli occhi e disse: "Non credo che intendessimo dire la stessa cosa..."

Stupore, delusione, angoscia, umiliazione trafissero Arduino e di lui si impossessò uno stordimento che gli tolse il respiro e la speranza. sentì che ogni forza lo abbandonava, ogni energia, ogni desiderio svanivano. Era spossato e non riusciva a reagire in alcun modo. Arrivò provvidenzialmente un cameriere: "Signore, questo è per lei. E' piuttosto urgente". Arduino guardò il giovane impeccabile nella sua divisa, e prese delicatamente la busta chiusa di un intenso colore rosso-amaranto.

"Scusami" - disse rivolto a Giulia. Aprì la busta. Su un cartoncino in velluto di colore giallo oro spiccava in amaranto la scritta "Si guarisce vivendo. E." Non capiva. Cosa significava quella frase? E chi era E.? Era sempre più frastornato... Tutto accadeva troppo in fretta. La sua attenzione tornò a Giulia quando ella gli chiese: "Brutte notizie?". "No" - rispose - "brutte no." E poi, affondando gli occhi in quelli di lei, le domandò: "Tu cosa intendevi dire?"

"Mi dispiace spegnere il tuo entusiasmo, ma non credo che per me sia il momento giusto per iniziare una relazione". Giulia aveva semplicemente aperto il libro delle frasi d´occasione e ne aveva scelta una di media efficacia. Ma Arduino non sembrava più colpito da quello che diceva, sulla sua faccia c´era una specie di rossore intenso, un´espressione bloccata. Giulia pensò alla sua frase. In fondo ne aveva scelta una non troppo forte, che in altre occasioni non aveva prodotto sconvolgimenti eccessivi. Improvvisamente Arduino prese la lettera che aveva posato sul tavolo e si avviò verso la hall dell’albergo. Aveva un passo sicuro e lento.

Giulia osservava l'incedere elegante e lento del conte. "E' un uomo molto affascinante" - pensò, mentre ogni suo passo acuiva dentro di lei un'inaudita sensazione di perdita. Sperava sinceramente di non averlo ferito troppo, ma - nonostante la nostalgia del momento - sapeva di aver fatto la cosa giusta. Il sole era ormai alto, ma Giulia ebbe un brivido di freddo. Solo allora si rese conto di avere ancora addosso il costume da bagno umido. Si strinse nell'accappatoio e si avviò verso la sua camera.

Arduino varcò la hall e si chiese se una di quelle donne potesse essere la misteriosa E. Sentiva che lei era lì.

Giulia decise di non prendere l'ascensore e di percorrere a piedi le 4 rampe di scale che la separavano dalla sua camera. Aveva tanta voglia di un bagno caldo, ma muoversi un po' l'avrebbe aiutata a scaricare la tensione accumulata. Era concentrata sui gradini e li stava contando - era un'abitudine che si portava fin da bambina, quella di contare i gradini... - quando una risata allegra infranse l'ordine dei numeri nella sua mente. Alzò il viso e incontrò i volti gioiosi di una donna giovane donna e del suo accompagnatore. La donna la salutò affabilmente. Aveva la carnagione scura e fattezze abbondanti e morbide. Portava un girasole tra i capelli e le sorrideva. "Salve!" - rispose Giulia ricambiando il saluto e il sorriso - "ci conosciamo?"

"Lei non mi conosce, io la osservo da qualche giorno", rispose la donna senza perdere il sorriso. "Siamo vicine di stanza, al quarto piano". Queste poche parole furono biascicate con lentezza. Era ubriaca, ma nient’affatto sgradevole. Nonostante ciò Giulia non rispondeva, manteneva una certa diffidenza. Le dispiaceva anche essere stata interrotta nel conto delle scale. Fin da bambina le aveva sempre dato un disagio forte non riuscire a completarlo. Fu invitata dalla donna a farle visita nel pomeriggio, nella sua stanza. Accettò subito, cancellando di colpo tutto il suo riserbo.

La donna ne sembrò entusiasta e, con un atteggiamento inspiegabilmente confidenziale, baciò Giulia sulla guancia. Quasi contemporaneamente, tirò via dai suoi capelli il girasole e lo infilò dietro l'orecchio sinistro di Giulia. "Lo tenga" - disse - "darà luce alla sua giornata". L'uomo che la accompagnava la salutò con un galante baciamano, senza parlare. Giulia si chiese che voce avesse.

Nell'aprire la porta della sua stanza, Giulia si sentì stanca e spossata come al termine di un'intensa giornata. Eppure la luce del sole che filtrava dalle tende non lasciava dubbi: il giorno era appena iniziato. Decise di fregarsene degli orari convenzionali e decretò che adesso per lei iniziava la notte. Senza pensare più al bagno caldo, si rannicchiò sotto la leggera coperta turchese e chiuse gli occhi, intenzionata a dormire per ore. Mentre iniziava la tanto attesa notte di Giulia, Manlio apriva i suoi occhi sul nuovo giorno. Gli vibrava in corpo l'elettrica sensazione che oggi sarebbe successo qualcosa di speciale.

Manlio aprì la tenda della sua camera e vide che il sole splendeva già alto. Fece una doccia veloce e tonificante, indossò un paio di bermuda e una maglietta color sabbia e scese a fare colazione. Appena entrato nella hall incrociò lo sguardo di Arduino. "Buongiorno, Conte! Mi fa l'onore della sua compagnia a colazione?" - gli disse pieno di buonumore. Arduino si accorse solo allora della presenza di Manlio. "Ne sarei io onorato, amico mio! Ma sono stato più mattiniero di lei, e così ho già provveduto alla mia alimentazione mattutina" - rispose il Conte. Il suo tono, sia pur cortese, e il suo sguardo inquieto tradivano tutta la sua distrazione. Manlio capì che stava pensando a qualcosa o a qualcuno che assorbiva ogni suo interesse. E non poté fare a meno di ipotizzare che il motivo di tutto ciò fosse Giulia.

Arduino salutò Manlio, augurandogli buona giornata e si allontanò da lui. Riprese a guardarsi intorno alla ricerca del cameriere che prima gli aveva consegnato il biglietto; lo voleva interrogare. Aveva un solo pensiero fisso: trovare la misteriosa E. Guardò per l'ennesima volta il biglietto, osservò la carta elegante e la scrittura morbida e rotonda, lo rilesse di nuovo e di nuovo, e si convinse fermamente che E. fosse una donna. Ne era assolutamente certo.

Il suo desiderio fu subito esaudito: il cameriere era lì a due passi, e si stava dirigendo ai piani superiori dell'albergo. Il conte lo seguì e lo raggiunse: "Scusi, sarebbe così gentile da aiutarmi? Ho bisogno di parlare con la donna che le ha chiesto di consegnarmi questo biglietto".

"la signorina Meringa, vuol dire", rispose senza alcuno stupore, "é una vecchia conoscenza del nostro albergo, é alla stanza 205". Arduino si diresse immediatamente verso il secondo piano, lì cercò il numero 205, busso con decisione, gli aprì un uomo sulla cinquantina con una grossa pancia ed un´espressione contrariata. Sembrava disturbato dall’ospite inatteso. Dal fondo della stanza suonò la voce dolce di Meringa: "Lascia entrare Arturo, sai che per me ogni avventore é gradito". Arturo fece da parte la sua pancia sempre più contrariata e lasciò passare l´ospite, il cui passo lento ed incerto cercava di preservare un tocco di nobiltà.

Arduino vide una massa enorme di riccioli biondi, che coprivano metà della schiena che vedeva e che facevano pensare ad una sportiva dedita al nuoto. Ma quando la donna si voltò ebbe una sorpresa: il viso bellissimo era coperto da un trucco pesante che rendeva difficile stabilirne l'età. La cosa era complicata da un mix fra un'espressione da "briccone" e una maturità da veterana. La sua voce morbida chiese: "Siete venuto per conoscere il futuro o per costruirlo con me?"

Arduino non l'ascoltava: intorno a lui succedevano cose strane e lui non sapeva più dove si trovava. Ovunque girava lo sguardo si aprivano finestre che facevano vedere scene in cui lui, Giulia, Manlio e molti altri sconosciuti parlavano, si incontravano, ballavano, e così via. In sottofondo sentì la voce della veggente che gli chiedeva: "qual è la scena che preferisce? scelga come vuole il suo futuro!" Fra le immagini, una attraeva in particolare Arduino. E gli pareva strano perché vedeva se stesso in un grande giardino, mano nella mano con una leggiadra fanciulla. Ma non l'aveva mai vista!

Meringa colse l´interesse di Arduino e disse:"Quella é la finestra del desiderio, ci si vedono sempre futuri sconosciuti, apparizioni incomprensibili. Mi stupisce che ne sia attratto, di solito viene guardata fugacemente e con sospetto". Arduino ascoltava un poco, il resto della sua attenzione era concentrato sull’immagine, di cui cercava la chiave. Si sentì prendere la mano, trascinare verso il divano, quando voltò la testa vide Meringa che teneva la sua mano a poca distanza dagli occhi e la scrutava con occhi miopi.

"Addii in vista", disse Meringa, e la sua faccia non si muoveva dalla mano di Arduino. Lui sentì, ma non sentì veramente. Pensava ancora alla finestra. Voleva dire nuova vita o la stessa vita di prima con una nuova donna? Se pensava al passato gli sembrava adesso, improvvisamente, una coltre che aveva coperto la sua vera voce, gli appariva solo un rumore di fondo del suo vero io. E invece, i frutti e la freschezza di quel paesaggio che aveva appena intravisto! Tornò in sé, guardò Meringa e gli sembrò ad un tratto che non ci fosse distanza tra loro due. Le parlò di cuore, sinceramente...

Intanto Manlio, finita la colazione si diresse sulla terrazza dell'albergo da dove si vedeva il Nilo che lentamente scorreva. Nel giardino, sulla riva scorse Giulia e sorridendo si diresse verso di lei. Quando le fu accanto lei stava sfiorando con la punta delle dita l'acqua del fiume: "Chi tocca l'acqua del Nilo è destinato a tornare in Egitto" disse. Giulia si voltò sorpresa e subito un sorriso le illuminò il viso. Manlio l'aiutò ad alzarsi: "Che ne dice di una visita ai templi di Abu Simbel?" "Ne sarei felice" disse Giulia senza pensare neppure per un attimo ad Arduino.

Una mezz'ora dopo i due erano ormai nel deserto, su una macchina un po' decrepita, ma abilmente condotta da un autista che li portò nella piana dei templi di Ramsete II e di Nefertari, la sua sposa. Quando uscirono dai templi, li accolse il sole ormai al tramonto. Lo spettacolo era splendido, con colori dal blu  più intenso al rosso più caldo ed infuocato e Venere sembrava un brillante che palpitasse. Rimasero muti, affascinati e commossi. Poi si voltarono contemporaneamente uno verso l'altra e le loro labbra si unirono in un bacio. "Ti amo!" disse Manlio e Giulia rispose con un sospiro pieno di appagamento.

Quella sera a cena Giulia con qualche preoccupazione disse ad Arduino "Devo ringraziarla e chiederle scusa perché questo viaggio che così generosamente mi ha offerto, mi ha fatto incontrare Manlio, ed io mi sono innamorata di lui." Il cuore di Arduino perse un colpo: Meringa aveva detto la verità! Ma non provava dolore, solo curiosità per quello che sarebbe successo adesso. Senza parlare si alzò e abbandonò il tavolo dirigendosi sul bordo della terrazza. Camminava come in trance e non riuscì ad evitare di scontrarsi con una giovane donna velata.

Lei lo guardò e disse in arabo semplice, che Arduino capì: "L'amore non è fatto per chi desidera". Sembrava un caso, eppure non lo era. Arduino trasalì, era la frase che gli toglieva ogni resistenza, l'idea che si aggirava nel suo cuore da tempo e che pure egli non aveva voluto ascoltare. Si accovacciò sul bordo della piscina dell'albergo e pensò che forse avrebbe fatto bene a partire, ad andare in un posto più “altro” di quello in cui si trovava. Avrebbe voluto essere sul punto massimo del monte, dove si vede tutto dall'alto, eppure non gli riusciva. Rimaneva in basso con tutti i suoi amori perduti, e non sapeva andare più in alto. Si guardò intorno e vide sull'altro bordo della piscina un ragazzo. Giovane, biondo, occhi neri, senza coscienza di sé. Pareva chiamarlo.

Il pugno violento lo colpì in pieno viso e gli fece perdere l'equilibrio. Mentre cadeva a terra pensò che anche oggi, come sulle rive di quella piscina in Egitto, non riusciva ad allontanarsi. Erano passati 5 anni.... Grazie alla sua agilità fu nuovamente in piedi ed in un lampo vide come avrebbe potuto essere la sua vita futura. Non ebbe esitazioni e caricò l'avversario con tale violenza da scaraventarlo giù per le scale.

Arduino era ormai in strada e camminava con foga, come se volesse ricuperare il tempo perduto. Sapeva che ciò che lo aveva sempre trattenuto era il timore degli altri e di cosa avrebbero pensato di lui: ora finalmente era consapevole che, qualsiasi cosa avesse fatto, solo lui era giudice delle sue scelte e che il grado di felicità ricavato era l'unico parametro per lui importante. Di botto si fermò e ancora una volta in quel giorno finì a terra, travolto da chi lo seguiva troppo da vicino. Si rotolò su un fianco, prendendo fra le braccia un essere voluminoso che, guardando meglio, si rivelò essere una giovane donna incinta.

Arduino cercava di soccorrere con sollecitudine la giovane donna: "Mi scusi. Come sta? La posso aiutare?" Mentre parlava guardava avidamente il viso della sua vittima che, nonostante le smorfie, gli parve bello e vivace. "Oddio! Il bambino... si sta muovendo... sta per nascere. Lo sento! Mi aiuti. Mi porti in ospedale...". Il giovane si infilò due dita in bocca e fece u fischio così imperioso che si trovò immediatamente accanto un taxi. Giunti in ospedale, non senza imbarazzo Arduino affidò Cora - qs era il suo nome - al personale del reparto maternità. Durante il tragitto non aveva saputo niente altro di lei. Eppure ora che pareva tutto a posto, che lei era al sicuro, non riusciva a trovare il coraggio di andarsene.

Arduino avrebbe potuto andarsene. Ma la curiosità per quell'incontro fortuito lo tenne inchiodato nella sala d'aspetto dell'ospedale. "Voglio spiegare al marito com'è andata." si diceva. Ma nessuno arrivava. "Forse ha ancora bisogno di aiuto...". Mentre il tempo passava le scuse si moltiplicavano. Fu quasi sorpreso quando arrivò un'infermiera a dirgli che Cora voleva vederlo. Titubante entrò nella stanza dove Cora stringeva fra le braccia il suo bimbo, così piccolo da scomparire quasi nel lenzuolino che lo avvolgeva. La donna, stravolta dall'evento, aveva però un'espressione dolce e soddisfatta che si riempì di orgoglio guardando Arduino. "Grazie" e "Devo avvertire qualcuno?" I due parlarono insieme...