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Sul bullismo vedi anche qui

 

 

 

BULLISMO E TAUTOLOGIE INCONCLUDENTI (di V.Andraous)

Adolescenti come plotoni di esecuzione, pronti a destabilizzare i più deboli, sempre addosso a chi non può reagire.

Bullismo ed eroi di cartone, furbi e codardia sospesa a mezz’aria, una dimensione di imbecillità con  la patente a punti di bravi ragazzi, il tutto ben nascosto dalla viltà del gruppo che opprime il singolo.

Se non ricordo male ai miei tempi, esisteva l’esatto contrario del bullismo attuale,  infatti il disagio aggrediva il singolo, ponendolo solo contro tutti.

Il solitario scopriva gli strumenti della violenza e della diversità, per diventare protagonista, per apparire, nel tentativo di colmare il vuoto in famiglia, la precarietà finanziaria, la mancanza di riferimenti certi, di valori condivisi.

Quel ragazzo scelse la diversità come  propria corazza e propria spada, fino al giorno dell’abbandono della scuola, della famiglia, all’incontro con la strada e con il carcere.

In questo presente c’è una scuola priva di autorevolezza, una scuola e una famiglia prive di allenatori alla vita, perché  dispersi dalla  delegittimazione.

C’è invece un recinto dove incontrarsi per scontrarsi, in preparazione del botto finale da pagare al destino sempre in agguato.

Le teorie si sprecano nei riguardi della trasgressione, della violenza giovanile, del bullismo, un dispendio inusitato di tautologie inconcludenti, di dottrine pedagogiche che adottano l’eteroeducazione invece di una sana autoeducazione, per cui chi sta in cattedra ritiene di educare solamente gli altri, negando la necessità di doversi formare e rinnovare a un nuovo “sentire educativo “.

C’è un disamore adulto, che permette fughe in avanti a quanti pensano di aggiustare la propria personalità inadeguata, con la prepotenza degli atteggiamenti omertosi, che mettono in “sicurezza “ i pochi  “duri”  dell’ultimo banco, dietro ai tanti inconsapevoli complici di molteplici vigliaccate.

Ieri il bullo era l’unico diverso, destinato immediatamente al macero, oggi è divenuto eroe manifesto, non tanto per la sua fisicità, soprattutto per la silenziosa maggioranza all’intorno.

E’ un’anomalia  istituzionale lo spazio in cui il bullo rimane in piedi eretto come un vessillo, mentre la vittima incassa l’ennesima sconfitta in termini di dignità rapinata e giustizia beffata.

In questo mare apparentemente sommerso di contraddizioni, incontro tanti giovani, e rimango stupito, perché sebbene non riesca a individuare bulli, furbi,  né ottusi,  questa  mimetizzazione mi conferma l’urgenza di raccontare la storia di quel bullo di altri tempi, di quel coetaneo che s’è perduto in tragedie irripetibili, perché  viltà non è dignità, e imbecillità  non è  intelligenza.

Diviene davvero un dovere raccontare di quel confine, sì,  sottile,  ma irrinunciabile, che separa sempre una legge di sangue da una legge del cuore, oppure di quanto è difficile essere uomini per saper scegliere, per saper credere negli altri,  per farsi aiutare a diventare architetti di domani.

Noi continuiamo a parlare di bullismo, mai di professori e genitori in disarmo, perché divenuti autorevoli assolutori, ognuno indaffarato a delineare la soglia minima di attenzione, ciascuno a definire bravate le future scivolate.

Forse per arginare lo scempio, non serve assumere toni salvifici, o quel falso interventismo di un momento,  forse per rendere quel ragazzo meno strafottente, occorre trovare il tempo per guardarlo negli occhi, in forza di una autorevolezza riconosciuta, perché guadagnata sul campo, non certamente perché ereditata dalle fatiche e dai sacrifici altrui.

 

 

 

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