Introduzione
Gli studenti sono preadolescenti, adolescenti e giovani, più
o meno disponibili a cercare, a scoprire e accettare i ruoli, i compiti
e i fini connessi con lesperienza scolastica. E i docenti sono
adulti più o meno attrezzati a riconoscere nel loro ruolo una
funzione antropologica e storica importante e a identificare i fini
che possono/debbono raggiungere nella scuola, attraverso le risorse
di cui dispongono.
Gli uni e gli altri elaborano, nella relazione, lidea e lideale
di sé e dellinterlocutore. Un iniziale sguardo sociologico
sui giovani aiuta a compiere questa elaborazione, che qui si considera
da un punto di vista pedagogico, perché riguarda il miglioramento
del processo educativo e dei suoi risultati.
Il dialogo fra docenti e studenti deve reggersi nella scuola sui quattro
pilastri delleducazione di cui parla il Rapporto Delors
dellUNESCO: imparare a conoscere, imparare a fare, imparare
a vivere insieme, imparare ad essere(1). Nonostante i vincoli,
qualcosa si è fatto nella scuola per valorizzare anche gli
ultimi due pilastri, solitamente trascurati. Con lautonomia
si può fare di più e costruire sui 4 pilastri la scuola
del nuovo secolo.
Leducazione alla convivenza civile, introdotta dalla legge 53/2003
e dalle Indicazioni nazionali finora per il primo ciclo, nonché
i PECUP (profili educativi culturali e professionali) collocati al
termine di ciascuno dei due cicli, contribuiscono a rinforzare i due
pilastri che riguardano limparare a vivere insieme e limparare
ad essere. Le sei educazioni previste nelle Indicazioni
alla convivenza civile si possono articolare in due polarità:
cittadinanza, ambiente, sicurezza stradale da un lato e salute, alimentazione
e affettività dallaltro.
Leggere il mondo giovanile
Non è facile leggere il mondo giovanile rinunciando agli stereotipi
collettivi, alle impressioni e alle esperienze personali. Ricorderemo
le principali ipotesi di lettura elaborate in proposito dalla sociologia,
citeremo alcune indagini sui giovani, insieme alla rappresentazione
che se ne fanno gli insegnanti, citeremo le iniziative parlamentari
e ministeriali elaborate per affrontare i problemi dei giovani e per
renderli promotori di analisi e protagonisti dinterventi,
sia al fine di migliorare la qualità della vita, sia per favorire
lacquisizione di capacità autonome
assecondando
e favorendo il loro impegno culturale e civile, nel quadro delle finalità
formative della scuola. (2)
Valore e limiti delle categorie dindagine sui giovani
1. La condizione giovanile è studiata in prospettiva storica
(3), filosofica (4) biofisiologica (5), etno-antropologica (6), psicologica
(7) e psicanalitica (8), sociologico-politica (9), pedagogica (10).
Nel tempo cambiano non solo i modi di vivere la giovinezza, ma la
stessa sua rappresentazione.
2. In chiave sociologica, dopo la famosa indagine di I.Bertoni e U.Alfassio
Grimaldi su I giovani degli anni Sessanta, che li vedeva integrati
intorno ai valori espressi dalle 3 M (moglie o marito, mestiere e
macchina), a partire dagli anni 70 la ricerca ha proposto le
categorie della cultura o subcultura giovanile, della marginalità,
come precondizione rivoluzionaria, manifestatasi nel 68, della
frammentazione (perdita di punti di riferimento normativi, crisi delle
agenzie di socializzazione, perdita di rilevanza del passato e del
futuro), del cambiamento culturale (dai valori acquisitivi di tipo
materialistico ai valori nuovi, espressivi, di tipo postmaterialistico),
delleccedenza delle opportunità (adattamento alla precarietà,
opportunismo, attendismo), della lotta per lidentità
(individualismo, attenzione al corpo, aprogettualità, disponibilità
per le mobilitazioni più che per i movimenti e le associazioni).
3. Compaiono poi le definizioni in negativo: giovani senza padri né
maestri, giovani della vita quotidiana, senza identità, rebus
generation, senza fretta di crescere, letà negata.(11)
Infine la stessa ampia categoria della condizione giovanile appare
problematica. Non esiste infatti una forte identità collettiva
giovanile, capace in quanto tale di produrre cultura, distinta dalla
società e dalle culture dominanti.
4. Sorte non migliore tocca alla categoria generazione. I giovani,
rilevano Donati e Colozzi (12), sentono di essere una non-generazione,
se con questo termine si vuol designare un vissuto comune ad altri
che sentono come "compagni", per analogia con quello che
ha accomunato i loro genitori o nonni quando erano giovani. (...)
Di qui la diffusa percezione di non avere punti di riferimento solidi
.
5. Emerge che i giovani sono un pianeta di generazioni con-fusive
tra loro, con confini sempre più labili e aperti verso le generazioni
più adulte. Nello stesso tempo, essi sono distinguibili in
gruppi molto eterogenei, che si costituiscono sulla base di fattori
socioculturali discriminanti. Tra questi fattori quello più
importante è senza dubbio il fattore religioso (che presenta
gli indici statistici più elevati e più significativi
dal punto di vista dell'analisi discriminante). (13)
6. Per dirla in breve: quanto più forte è il senso
della religiosità nei giovani, tanto più c'è
per essi speranza e futuro; quanto più essi si allontanano
da una visione religiosa della vita, tanto più diventano incerti,
girano a vuoto su loro stessi oppure si lasciano andare a reazioni
di depressione o di aggressività (14) La fenomenologia
dei giovani è varia: si tratta di gruppi e di individui dotati
di ricchezza, di povertà, di paure, di speranze, di sogni,
di competenze, di vizi, di virtù per lo più inattese:
valori e limiti con cui occorre fare i conti, chiedendosi che incidenza
ha sulla loro vita lesperienza scolastica. Valga per tutti lo
stupore determinato dagli studenti de Parini di Milano,
che hanno allagato la scuola per evitare un compito in classe.
Valori deboli nella società e nel mondo
giovanile
1. Le difficoltà maggiori nella costruzione del senso di
generazionalità da parte dei giovani sembrano venire proprio
dal fatto di vivere in una "società eticamente neutra"
che non viene certo percepita come "oppressiva" nei loro
confronti, ma anzi acuisce il senso di "solitudine morale"
che è proprio di ogni cultura di tipo relativistico ("agisci
secondo le regole che tu stesso ti darai"), ulteriormente acuito
dal messaggio che la nostra società consumistica sembra a
sua volta lanciare alle giovani generazioni ("vivete e consumate,
al resto pensiamo noi").
2. Ciò è confermato dal 5° Rapporto IARD sulla
condizione giovanile in Italia (15), da cui emerge che i valori
sociali di democrazia e libertà sono percepiti più
come diritti personali da far valere nel bozzolo delle relazioni
primarie che come valori per i quali battersi a beneficio di tutti.
Valori e diritti, insomma, più che doveri.
3. Allargando lorizzonte si può ricordare la sintesi
dei molti dati di un Eurobarometro, uno dei sondaggi fatti per conto
dellUE, dedicato ai giovani negli anni 90: la pace era
in cima ai loro ideali, la scienza in cima alle loro speranze, lo
sport ai loro interessi, la disoccupazione alle loro paure. LEuropa
figurava fra gli ultimi items, sia fra gli interessi sia fra le
speranze. Quando ci si lamenta dellEuropa dei banchieri, bisogna
ricordare che, se fosse per i giovani e per gli intellettuali, leuro
non sarebbe mai nato.
4. Se si considera che sono gli interessi, oltre le speranze e le
paure, a guidare i tipi di letture, gli spettacoli, il grado di
adesione a certi temi, a guidare luso del tempo libero, si
può comprendere come la politica, la pace, lo sviluppo, lEuropa
in tempi normali non trovino di fatto grande spazio
nella ricerca e nellattività dei giovani. Il nesso
fra identità personale e civismo appare debole.
5. Il rapporto tra giovani e scuola, alla luce di quanto si è
detto, assume una duplice valenza: da un lato sarà rilevante
chiedersi come la scuola interagisca con le generazioni giovanili
con cui è strutturalmente in rapporto (giovani studenti,
ma anche giovani insegnanti); dall'altro lato in quale misura il
tipo di cultura e di valori che essa veicola possa contribuire al
senso di "generazionalità" dei giovani che ha il
compito di educare.
Qui ci limitiamo ad accennare al primo problema, che a sua volta
sollecita almeno due tipi di interrogativi: come i giovani considerano
la scuola? come la scuola considera i giovani per rivolgersi a loro?
6. Se circa il 60% degli intervistati IARD dichiara di avere molta
o abbastanza fiducia negli insegnanti,
ritenendoli nel complesso più degni di fiducia della maggior
parte delle altre istituzioni e categorie sottoposte
a giudizio (dal 1983 al 2000 la fiducia nei docenti cala però
di ben 10 punti), è notevole il fatto che i maggiori difetti
attribuiti agli insegnanti riguardino la tendenza a non considerare
le esigenze e il punto di vista degli studenti (denunciata
dal 67,3% degli intervistati). Questo giudizio è una costante
dei rapporti IARD.
7. Anche gli insegnanti soffrono per le difficoltà di comunicare
con gli studenti. Anzi interpretano la società contemporanea
e quella giovanile in particolare, come portatrice più di
disvalori che di valori. Anche il clima relazionale della classe
è percepito in netto peggioramento. Bullismo (16), droga
(17), violenza (18), volgarità e molestie sessuali (19) vengono
percepiti in aumento da oltre la metà dei docenti delle secondarie.
Si può parlare di crisi del super io, cioè del codice
paterno (20), dellautorità, dello stato, ma più
profondamente del volto dellaltro come altro io o come totalmente
Altro(Horkheimer) cui rendere conto.
8. In questo contesto fatica ad emergere quel fattore vocazionale
che indubbiamente esiste ancora nei docenti e che in altri tempi
era assai più visibile e premiato dalla stima sociale, da
allievi più docili, da una diffusa autorità di tipo
genitoriale, da un futuro, se non più roseo, certo meno oscuro
di quello che appare allinizio del nuovo millennio.
9. Alcuni docenti, offesi e risentiti si bloccano o reagiscono in
modo acido. Altri fingono di non vedere e di non sentire, dietro
la maschera del ruolo. Altri solidarizzano con la devianza. Altri
vivono una sorta di alleanza cordiale e talora conflittuale con
i giovani, sulla base di una solida convinzione antropologica e
deontologica, che consente
di vedere gli interlocutori non solo come sono ma anche come potranno
diventare in virtù della scuola.
Segnali di attenzione ai giovani nel mondo adulto
1. Negli anni 90 è parso chiaramente all'opinione pubblica,
e successivamente al Parlamento, al Governo e a rilevanti componenti
scolastiche, che se ne sono fatte carico, che la scuola non deve
limitarsi a fornire ai giovani risposte nei soli termini dellapprendimento
delle materie di studio.
Non si è trattato solo di tentativo di affrontare le emergenze
(droga, alcol, fumo, aids, incidenti stradali, patologie alimentari),
ma anche di presa di coscienza del debito che gli adulti hanno nei
riguardi delle nuove generazioni.
2. I giovani sono di fatto schiacciati dal peso crescente di adulti
che sottraggono posti di lavoro, consumano in modo irreversibile
risorse naturali, economiche, finanziarie, lasciando fra laltro
in eredità un grande debito pubblico che, nonostante gli
impegni di Maastricht, diminuisce assai lentamente, per il crescente
carico delle pensioni e dell'assistenza dovuta ad anziani sempre
più longevi. La società invecchia e il numero dei
giovani diminuisce.(21) Ma cè anche un debito educativo:
beni di consumo, conoscenze e diritti non bastano, se non si uniscono
a valori e doveri: i quali vanno praticati e testimoniati, oltre
che insegnati.
3. È in questo clima, e con un probabile inconscio sentimento
di colpa, che si sono diffusi i Progetti Giovani e gli Osservatori
sulla condizione giovanile degli enti locali, a partire dagli anni
'80. La Camera istituì (1988) una Commissione parlamentare
d'inchiesta sulla condizione giovanile, allo scopo di accertare
"le cause generali e le specifiche motivazioni di disagio sociale
e culturale relativamente alla condizione giovanile".
Essa si occupò dei giovani in rapporto a: famiglia, scuola,
lavoro, salute e sport, tossicodipendenze, sessualità, cultura,
associazionismo, giustizia, obblighi di leva, istituzioni, condizione
maschile e femminile, religione.
4. La Commissione doveva per legge suggerire al Parlamento
le iniziative legislative ordinarie e costituzionali che, in conseguenza
delle indagini svolte, risultino idonee ad assicurare una più
adeguata tutela dei diritti e degli interessi dei giovani nello
spirito degli articoli 2, 3, 4, 30, 31, 32, 33, 34,35, 36, 37 della
Costituzione". Non molto è stato fatto, nonostante il
grande materiale raccolto e le indicazioni talora puntuali della
Commissione.
5. Nel presentare alla Camera la relazione conclusiva (21 marzo
1991), la Commissione invocava "segni visibili di cambiamento
per un passaggio da una cultura di tipo espropriativo a quella del
protagonismo dei soggetti". E precisava in questi termini tale
duro giudizio: "È proprio il non considerare il/la giovane
soggetto di diritti che porta poi ad un approccio politico legislativo
di carattere emergenziale e contingente, con conseguenti soluzioni
più di controllo sociale o "repressive" che di
accompagnamento ed accoglienza per il soggetto o di prevenzione
nel senso più ampio possibile del termine."
6. Sono così colti i dati essenziali di una questione che
in quello stesso periodo è stata affrontata in sede internazionale
sul piano giuridico con la «Convenzione internazionale dei
diritti del bambino» (minore di 18 anni), approvata dall'Assemblea
generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, dopo dieci anni
di lavoro, nel duecentesimo anniversario della prima Dichiarazione
dei diritti dell'uomo. Il Parlamento italiano lha ratificata
I progetti ministeriali per leducazione
alla salute
1. Negli anni 90 non si riuscì a riformare la secondaria,
con nuovi ordinamenti e curricoli, né a varare lautonomia.
Alcune leggi contro la droga, la dispersione, il disagio, gli incidenti
stradali, lAIDS, le difficoltà dovute allhandicap,
allimmigrazione, al sottosviluppo, allinquinamento,
alla delinquenza consentirono però di ripensare lorganizzazione
scolastica e i curricoli, intervenendo anche sulle cosiddette attività
extracurricolari. Si posero così alcune premesse per la stagione
dellautonomia e dei nuovi ordinamenti. Basti pensare al PEI
e alla Carta dei servizi, che prepararono il POF e lautonomia.(22)
2. Per l'attuazione delle finalità della legge antidroga
il Ministereo della PI non ha seguito la via della
pubblicizzazione in negativo degli effetti della tossicodipendenza,
ma ha promosso in positivo dei progetti che fanno leva sul protagonismo
giovanile (Progetto Giovani 93, Progetto Ragazzi 2000, Progetto
Genitori, Progetto Arcobaleno, CIC). Lanciati dal Ministero a partire
dal 1989 e messi a punto da una decina di circolari ministeriali
dialogiche(23), questi progetti hanno impegnato tutta
l'Amministrazione della PI e tutte le istituzioni scolastiche a
favorire un ripensamento dei fini, dei contenuti e degli ambiti
operativi della scuola, alla luce di due nuclei problematici e valoriali,
proposti come polarità utili ad analizzare, ridar significato
e riorganizzare la vita scolastica: essi sono la salute e lo sviluppo,
o, in altri termini, l'identità personale e la solidarietà
mondiale.
3. In senso generale l'iniziativa ha offerto una pista per avvicinare
la scuola alla cultura del nostro tempo e alla vita, attraverso
una lettura integrata della problematica giovanile e della problematica
epocale che il nostro Paese deve affrontare, in un contesto nazionale,
europeo e mondiale. La presa di coscienza delle differenti forme
di disagio personale e sociale non dev'essere infatti disgiunta
dalle iniziative volte ad identificare e in qualche modo a mobilitare,
nella concreta esperienza giovanile e a partire dall'ambiente scolastico,
le risorse utili a venirne a capo.
4. Lo star bene a scuola, previsto dal Progetto Giovani e dal Progetto
Ragazzi, come obiettivo da raggiungere attraverso un rinnovato far
bene scuola, è il modo scolastico attraverso il quale si
cerca la buona società, sulla quale si vanno affaticando
i politologi e i filosofi. Gli slogan proposti dalle circolari ministeriali
vedono lo star bene, oggetto di comune desiderio, come condizionato
al raggiungimento di certi obiettivi e allo sviluppo di certe attività:
star bene con se stessi, in un mondo che stia meglio; star bene
nella propria cultura, in dialogo con le altre culture; star bene
nelle istituzioni, in un'Europa che conduca verso il mondo.
5. Parlamento, Governo, assessorati, data la loro natura elettivo-rappresentativa
non sempre simpegnano a conoscere e ad implementare iniziative
nate dai loro predecessori. Di qui la necessità di svolgere
in termini professionali un ruolo di memoria, per dare continuità
a idee, iniziative, buone pratiche, anche se i loro frutti non crescono
con la velocità dei funghi, non guadagnano gli onori della
cronaca come gli scandali e le emergenze e non aumentano la popolarità
di chi coltiva piante che non ha piantato.
6. Del patrimonio di norme e di esperienze concernenti leducazione
etico-socio-civico-politica degli anni 90, oltre le leggi
e le circolari per leducazione alla salute e la lotta contro
la dispersione scolastica, con le prospettive e le risorse che sono
ivi previste, si segnalano due direttive che concludono la stagione
degli interventi parziali, per offrire un quadro organico di principi
e di proposte utili ad entrare nella scuola dellautonomia
e dei nuovi curricoli.
7. Si tratta di: 1) dir.min. 3.4.1996 n.133, divenuta dpr 10.10.1996
n.567 sulle iniziative complementari e le attività integrative,
che prevede anche i comitati e le consulte provinciali degli studenti,
e 2) dir.min. 8.2.1966 n.58 su "nuove dimensioni formative,
educazione civica e cultura costituzionale. Se la prima offre le
regole per un utilizzo pieno e ragionevole della macchina
scolastica, la seconda ne costituisce il software e
il menu: le cosiddette educazioni sono rintracciate
nella prima parte del testo costituzionale e costituiscono il fondamento
e coronamento dellistruzione scolastica.
Il contesto in cui possono dare i loro frutti è quello dellautonomia,
che riporta ad unità idee e iniziative che sono nate in tempi
successivi e che hanno dato limpressione della frammentarietà.
Domanda aperta
Allinizio del secolo scorso John Dewey ironizzò sulleducazione,
dicendo che essa è larte di approfittarsi dellincapacità
di difendersi dei giovani. Le cose sono oggi più complesse.
Denis Kallen scrisse che la vera lotta di classe è quella
che si fa nelle classi fra docenti e studenti; Philippe Meirieu
che la scuola è una guerra civile; Patrice Ranjard che gli
insegnanti si sentono perseguitati dagli studenti; Don Milani che
i docenti hanno il coltello dalla parte del manico. Che dire di
questa visione bellica della relazione educativa? Si tratta di conflittualità
naturale o di equivoci? Quali sono le armi
di cui dispone il docente per farsi ascoltare e per farsi ubbidire?
Tentiamo ora una risposta a questa domanda, in termini di riepilogo
di quanto detto finora.
Riepilogo
I giovani sono portatori di frammenti di una cultura in via di costruzione,
di valori, di pregiudizi, di bisogni, di domande, di strumenti di
difesa e di attacco. Per insegnare bisogna comunicare e cioè
capire il loro mondo e introdurli nel mondo del sapere organizzato,
facendone cogliere il valore, la problematicità, lutilità
per la
comprensione di sé e per il miglioramento della vita.
Occorre tatto, sensibilità diplomatica, disponibilità
a scoprirsi e a cercare un terreno comune di dialogo,
perché emergano le domande autentiche insieme
a quelle giuste: quelle della cultura adolescente insieme
a quelle della cultura adulta. E occorre saper anche cercare e lavorare
insieme. Si impara anche dagli studenti, nelle ore di lezione come
nei gruppi di progetto e nelle consulte.
I docenti sono sollecitati ad utilizzare due registri che sembrano
a tutta prima alternativi: quello delle educazioni e
quello dei saperi. Dette al singolare, queste parole
si implicano invece a vicenda. Certo leducazione implica un
coinvolgimento faticoso. Non basta offrire formazione,
bisogna anche saper soffrire con i ragazzi. Per questo
sono ricorrenti le tentazioni di fare a meno delleducazione.
Ma il sapere, senza lattrito delleducazione,
non potrebbe nemmeno produrre insegnamento. È un po
come la colomba di cui parlava Kant, che senza lattrito dell
aria non andrebbe più veloce, ma non potrebbe nemmeno volare.
Esercizio
Per comunicare in modo autentico, esprimere ed interpretare bisogni,
da far evolvere con domande e risposte verso valori, diritti e doveri,
insegnamenti e apprendimenti, non basta far lezione e interrogare,
utilizzando i soli codici formali della scuola tradizionale. Bisogna
anche far nascere il desiderio di fare qualcosa insieme, in classe,
attraverso il lavoro di gruppo, e nella scuola, con gruppi vari
di partecipazione e gruppi di riferimento, in ambito culturale,
ricreativo, sportivo. Si può iniziare con domande generali:
- Quali sono le motivazioni profonde del disagio
giovanile di cui salgono emergenze ricorrenti, che tengono per
breve tempo lattenzione della pubblica opinione?
- Che cosa si può fare a scuola per prevenire
tale disagio e promuovere uno "star bene" con se stessi,
con gli
altri e con le istituzioni?
- Come funzionano, se sono istituiti secondo la
legge 309/1990, i CIC, centri dinformazione e consulenza,
che la CM 325/1996 ha definito anche centri dinnovazione
creativa?
- Come operare affinché possa essere riconosciuta
dignità concettuale, curricolare e amministrativa agli
obiettivi e ai percorsi di tipo educativo, al di là della
loro generica enunciazione nelle premesse dei
documenti normativi?
*già Presidente nazionale dellUCIIM
e docente nellUniversità di Roma Tre
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