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Danilo
Dolci: Biografia
Nato a Sesana (Trieste) il 28 giugno
1924 da Enrico, impiegato nelle Ferrovie dello Stato e da Meli Kontely,
di origine slava. Studia in Lombardia diplomandosi presso il Liceo Artistico
di Breva ed iscrivendosi successivamente alla Facoltà di Architettura
del Politecnico di Milano.
Nel 1943 è arrestato, a Genova, dai nazifascisti e imprigionato riesce
a fuggire. Si rifugia nelle montagne abruzzesi per raggiungere da lì,
successivamente, Roma. Conosce don Zeno Saltini e condivide con
lui per qualche tempo l'esperienza di Nomadelfia, una comunità di accoglienza
ai bambini privi di genitori, nata a Fossoli nell'ex campo di concentramento
nazista non lontano da Capri, in Emilia.
Il padre era stato capostazione a Trappeto, il paesino in Sicilia, in
provincia di Palermo. Nel '52 Danilo decide di tornare proprio lì, per
le immagini di estrema miseria del paese che gli erano rimaste fin da
bambino. In quel paesino comincia a tentare percorsi per creare occasioni
di lavoro e superare lo stato di disoccupazione della zona.
Sposa Vincenzina, una vedova povera
con cinque figli, e da lei ne avrà altrettanti (tra cui Cielo, che diventerà
più tardi uno dei più noti suonatori italiani di flauto dolce, Libera,
poi insegnante di scuola materna e Amico).
Nell’area dei comuni che si
affacciano sul Golfo di Castellammare, vicino a Palermo, nel corso degli
anni ’50 e ’60, svolge un’attiva opera di intervento
sociale per il riscatto delle società locali dalle condizioni di miseria
e l’avvio di un’esperienza di sviluppo endogeno orientata
verso forme di auto-organizzazione. I principi che informano la sua
azione sono sostanzialmente quello della nonviolenza attiva -
digiuni, scioperi alla rovescia, “pressioni” sociali etc.
- e quello educativo, teso a innalzare il tenore di vita della
comunità e a favorire lo sviluppo della cooperazione e di azioni solidaristiche,
attraverso la ricerca di un dialogo costante con la società locale.
Nel 1952, quando fonda il Borgo di
Dio, il banditismo era al tracollo, ma i tassi di violenza che si registravano
nel territorio da lui prescelto per la sua azione, erano tra i più elevati
d’Italia. Un bracciante o un pescatore guadagnavano 400 lire per
una giornata di dodici ore di lavoro, quando si riusciva a trovarlo.
Nel quartiere Spine Sante a Partinico, su 330 famiglie 319 non avevano
acqua in casa, i due terzi delle case non avevano fognature, il tasso
delle malattie mentali era elevato. Se nel quartiere della Via Madonna
il banditismo era apparso come il rimedio naturale alla impossibilità
di trovare delle vie legali alla sicurezza sociale della popolazione,
a Spine Sante non si registrava neanche questo atteggiamento ribellistico.
Qui regnavano le malattie endemiche e la follia. Emblematica di questa
condizione di diffusa miseria è la sua prima inchiesta sociologica nella
zona di Palermo, ripresa poi in Fare presto (e bene) perché si muore
(La Nuova Italia, Firenze 1954).
I suoi metodi di lotta nonviolenta,
contrassegnati da approdi concreti, diventano ben presto famosi: il
14 ottobre 1952 Danilo inizia il suo primo digiuno sul letto di un bambino
morto per fame; nel novembre 1955 un secondo digiuno a Spinesante (Partinico),
mira a sollevare il problema della diga sul fiume Jato. Nel corso delle
sue ricerche Danilo aveva scoperto che, per migliorare la situazione
agricola ed economica della zona, era stato fatto un progetto che, da
molti anni, giaceva sepolto in qualche ufficio ministeriale: una diga
sul fiume Jato. Essa avrebbe permesso di creare un bacino per irrigare
i campi delle zone vicine, risolvendo così uno dei più gravi problemi
della zona, dato che, a periodi brevi di forti piogge, che slavavano
il terreno, succedevano periodi lunghissimi di siccità che rendevano,
a propria volta, i terreni quasi improduttivi. Ma la mafia si era coalizzata
contro il progetto, perché temeva potesse rivoluzionare l’assetto
politico-economico della zona, e l’aveva fatto affossare. Solo
col digiuno del 1962, che sarà seguito da una grande manifestazione
popolare, riuscirà a scuotere le autorità che faranno riemergere il
progetto dal fondo dei cassetti e autorizzeranno l'inizio dei lavori,
alla cui realizzazione Danilo collabora, con i fondi del premio per
la pace e di tanti comitati di amici nati in Italia e all’estero,
organizzando, in varie zone, servizi di assistenza agricola che dovevano
aiutare i contadini a passare da una agricoltura senza acqua ad una
che sfruttasse i benefici dell’acqua incanalata. E' in questa
occasione che Danilo ed i suoi collaboratori, hanno a che fare con la
mafia, e Danilo riceve anche qualche minaccia.
In cella, conosce dei banditi che
avevano fatto parte della banda di Giuliano. Da quell'esperienza, ha
origine un altro libro: Banditi a Partinico (1955).
Nel ‘55 pubblica su Nuovi Argomenti,
la rivista diretta da Moravia e Carocci, dei racconti autobiografici
di ragazzi che vivevano negli ambienti degradati di Palermo, il lavoro
preliminare di Inchiesta a Palermo. Dolci subisce dal Ministero
degli Interni, presieduto da Tambroni, il ritiro del passaporto, con
l'assurda motivazione di avere con le sue opere diffamato l'Italia all'estero,
e un processo a porte chiuse, più che mai immotivato, per pornografia.
Troviamo a difenderlo Carlo Arturo Jemolo, lo storico della Chiesa,
e accanto a lui avvocati di grido, intellettuali, comuni cittadini.
Per il libro Inchiesta a Palermo Dolci otterrà nel ‘58
il premio Viareggio e lo stesso anno il Premio Lenin per la pace, i
proventi del quale verranno utilizzati nella fondazione del Centro Studi
e Iniziative a Partinico.
Il 30 gennaio del 1956 si colloca
il digiuno dei mille" sulla spiaggia di San Cataldo (Trappeto), seguito
il 2 febbraio dello stesso anno dallo sciopero alla rovescia a Partinico,
nel corso del quale Danilo stesso e qualche centinaio di contadini della
zona, avevano occupato una vecchia "trazzera" (strada vicinale tra i
campi) e avevano cominciato ad aggiustarla, per mettere in evidenza
il fatto che i lavori da eseguire da parte della collettività erano
tanti e che i contadini avevano il diritto a lavorare, diritto riconosciuto
loro anche dalla Costituzione Italiana, all’art. 4. Molti di loro,
per sottolineare il carattere di protesta nonviolenta, avevano fatto
anche un digiuno. La loro richiesta era che lo Stato non si proponesse
in Sicilia solo in funzione di poliziotto, ma piuttosto, col volto di
assistente sociale e di aiuto allo sviluppo. Fu "caricato" dalla polizia,
denunciato come individuo con spiccate capacità a delinquere, messo
in galera all'Ucciardone per due mesi con i sindacalisti che lo avevano
appoggiato (Salvatore Termini, Ignazio Speciale e tanti altri), processato
e condannato. Il processo che verrà intentato contro Danilo e i contadini,
per occupazione abusiva di suolo pubblico, servirà a far conoscere al
mondo il suo lavoro. Ne esce un vero e proprio "Caso Dolci" che vede
numerosi intellettuali italiani e stranieri (Silone, Parri, Pratolini,Carlo
Ho, Sereni, Moravia, Fellini, Cagli, Mauriac, Sartre) schierati in comitati
di solidarietà e mozioni di protesta: si registrano inoltre le interrogazioni
alla Camera di Li Causi, De Martino. La Malfa. Sono solidali con
lui i suoi stessi avvocati (Carandini, Piero Calamandrei, Fausto Tarsitano
ecc.) e altri studiosi di vari settori, come gli economisti Sylos Labini
e Gunnar Myrdal, oppure il filosofo-pedagogista Aldo Capitini che gli
sarà maestro ed amico.
Tutto l'iter processuale consumato dal 24 al 30 marzo a Palermo (vi
intervengono, tra gli altri, in qualità di testimoni a difesa Carlo
Levi, Elio Vinorini, Lucio Lombardo Radice) confluisce in un altro libro
di una certa notorietà, Processo all'articolo 4, pubblicato
da Einaudi nel `56.
In seguito al "Congresso per la piena
occupazione" (1957), cui partecipano Alfred Sauvy, Bruno Zevi, Giorgio
Napolitano, Paolo Sylos Labini, si verifica l'altro significativo, drammatico
digiuno di Danilo e Franco Alasia a Cortile Cascino (é da ricordare
in questa occasione la visita del celebre giornalista e scrittore Robert
Jungk), per denunciare lo stato di miseria (da lui illustrato anche
in Inchiesta a Palermo) in cui gli abitanti erano costretti
a vivere, e per chiedere una politica della casa più coraggiosa. In
seguito a questo digiuno ed al lavoro fatto in uno dei cortili più famigerati,
il già citato Cortile Cascino, questo verrà risanato.
Il piano di interventi trova intanto
nel 1958 il punto di coagulo progettuale e operativo nella fondazione
a Partinico del "Centro Studi e Iniziative". Il Centro è frequentato
da molti suoi amici: Elio Vittorini, Lucio Lombardo Radice, Ernesto
Treccani, Antonio Uccello, Eric Fromm, Johan Galtung, Emma Castelnuovo,
Clotilde Pontecorvo, Paolo Freire, e tanti altri. L’esperienza
del Centro è sicuramente una tra quelle più rilevanti di sviluppo
di comunità (insieme alle esperienze attivate dal Movimento di Comunità,
promosso da Adriano Olivetti) sviluppatesi in Italia nell’immediato
dopoguerra. Alla costruzione del progetto comunitario e di pianificazione
organica fondata sulla partecipazione e promozione sociale, collaborano
attivamente esponenti di diverse discipline (urbanisti-architetti, sociologi,
agronomi, economisti etc.), tra i quali Ludovico Quaroni, Carlo Doglio,
Bruno Zevi, Edoardo Caracciolo, Giovanni Michelucci, Lamberto Borghi,
Paolo Sylos Labini, Sergio Steve, Giorgio Fuà, Giovanni Haussmann, Carlo
Levi, Georges Friedmann, Alfred Sauvy.
All’interno di questa esperienza assume connotati peculiari sia
il processo di pianificazione dal basso, che si fonda sul lavoro
di gruppo e sull’interazione dialogica, sia la traduzione di obiettivi
di sviluppo in concrete azioni, secondo una prospettiva pragmatistica
ispirata al pensiero di Dewey.
Dopo le azioni di lotta per la diga
sul Belice (digiuno a Roccamena del 29 ottobre 1963 e occupazione nonviolenta
della piazza municipale), il 7 marzo dello stesso anno, Dolci dà vita
alla sua espressa opera di denuncia delle connivenze politico-mafiose
offrendo precisi documenti in un Convegno di Studi organizzato a Roma
al Circolo della Stampa da alcune riviste ("Nuovi argomenti", L'Espresso.
Astrolabio. Il Ponte. Cronache Meridionali).
Ciò provoca le dimissioni di Messeri
da sottosegretario al Commercio Estero e l'esclusione di Mattarella
dal terzo gabinetto Moro: in cambio il tribunale di Roma condanna lo
scrittore per diffamazione a due anni di prigione su denuncia di Mattarella,
dell'onorevole Calogero Volpe e di numerosi notabili siciliani indicati
nella conferenza stampa come aventi rapporti con la mafia. Danilo digiuna
ancora il 10 gennaio 1966 a Castellammare del Golfo. Qui vengono letti
pubblicamente documenti antimafia, seguiti da discussione.
Sono poi del 1967 i duecento chilometri
di marcia "per la Sicilia Occidentale e per un mondo nuovo": la protesta
antimafia davanti al Parlamento a Roma e alla sede della Commissione
antimafia; la "Marcia per la Pace nel Vietnam" , oltre mille chilometri
da Milano a Roma e da Napoli a Roma.
Nel ‘68 viene fondato a Trappeto
il Centro di formazione per la Pianificazione Organica che si mobilita
per prestare soccorsi nella zona terremotata dal Belice e progetta,
inviandolo alle autorità, un piano di ricostruzione e sviluppo della
zona disastrata. Il 26 marzo 1970, dopo un giorno solo di vita, viene
distrutta e sequestrata la "Radio libera di Partinico", fondata su iniziativa
del Centro di Dolci per dar voce ai poveri cristi.
Danilo, per conto del giornale di
Palermo, L'Ora, viaggia anche in vari paesi d’Europa e nell’Est,
studiando forme di programmazione e le relative problematiche scrivendo
molti articoli su questo argomento. Gli articoli saranno pubblicati
in volume (Verso un mondo nuovo), e tradotti in varie lingue
all’estero faranno apprezzare Dolci in molti ambienti progressisti
interessati alla pianificazione economica e urbanistica.
Negli anni più recenti, dal 1970,
Dolci appare volto più a fondo sul versante dell'impegno educativo,
che si esprimerà concretamente nel Centro sperimentale di Mirto, nato
nel 1974. Danilo orienta la propria azione sulla costruzione di un sistema
educativo ispirato ai principi dell'attivismo pedagogico, alternativo
a quello tradizionale e in questa direzione prosegue la propria esperienza
di valorizzatore sociale.
Nel ‘75 gli viene attribuito
il premio Etna-Taormina per la poesia. Danilo svolge in questi anni
un’intensa attività in seminari a cui partecipano esperti come
Paulo Freire, Johan Galtung, Ernesto Treccani e altri, e lavora alla
elaborazione di un progetto poetico che riunisce tutte le sue precedenti
raccolte, col titolo emblematico di Creatura di creature progetto
che sottopone ad un continuo lavoro di rifinitura formale, rinnovamento
e integrazione concettuale.
Continuo é il contatto con il mondo
dei giovani, che lo porta dalle università di Princeton, Standford,
Berkeley, Columbia, Georgetown, Chicago, Hiroshima, Ahmedabad, New Delhy,
alle scuole medie ed elementari del sud e nord Italia.
Ma sarà a causa del Centro di Mirto
e della sua attività educativa che Danilo avrà i maggiori grattacapi.
Gli insegnanti della scuola infatti, probabilmente non pagati regolarmente
per la difficoltà di trovare fondi tra i sostenitori i quali, dopo il
primo periodo di grande entusiasmo, vanno progressivamente diminuendo,
si coalizzano e gli intentano causa. La stampa italiana da' grande pubblicità
a questo fatto, e Danilo, di cui ormai non si parla da molti anni, è
presentato al pubblico italiano come sfruttatore e disonesto. Da allora,
solo piccoli gruppi di insegnanti, particolarmente impegnati, interessati
alla sua metodologia, a loro nota tramite i suoi libri (Dal trasmettere
al comunicare, e Variazioni sul tema Comunicare), l'hanno
chiamato a condurre seminari e incontri di formazione. A peggiorare
la fama di Danilo, almeno per l’opinione pubblica del nostro Paese,
è la separazione con Vincenzina, la madre di cinque suoi figli, e la
decisione di convivere con una giornalista svedese, da cui ha altri
due figli, ma che, dopo qualche anno, lo lascia.
In Scandinavia, nel 1981, viene proposto
per il premio Nobel alla pace.
Nell'88 lancia un'iniziativa per
la costituzione di un Manifesto sulla comunicazione, cui partecipai.
Avverte i pericoli connessi alla cosiddetta "comunicazione di massa",
ossia al dilagare della televisione e degli altri mass-media che non
generano più un vero contesto comunicativo, ma soltanto trasmissivo,
unilaterale. E' molto preoccupato dall’unilateralità del nuovo
modo di comunicare, che influenza i destini relazionali, impedendo un
rapporto diretto e immediato; ma più che altro ne faceva una questione
di potere: chi controlla la comunicazione globale acquista un potere
enorme, che va messo in discussione e controllato. Al manifesto sulla
comunicazione prendono parte i suoi amici di tutto il mondo, grandi
personaggi della cultura internazionale tra i quali Galtung, Chomski,
Freire, scienziati come Rubbia, Levi Montalcini, Cavalli Sforza, protagonisti
della cultura della solidarietà come don Ciotti e monsignor Bello in
Italia e Ernesto Cardenal in Sudamerica.
Nel 91 contribuisce alla fondazione
della Associazione per l’identificazione e lo sviluppo nonviolento
della Calabria.
La salute di Danilo comincia quindi
a peggiorare, per problemi di diabete, e infine un arresto cardiaco
ne provoca la morte il 30 dicembre del 1997, a 73 anni.
(dalle biografie di Alberto L'Abate,
Giuseppe Casarrubea, Giuseppe Fontanelli, S. Pennisi)
Riconoscimenti
Oltre alla candidatura per il Premio
Nobel per la Pace, Dolci ha ricevuto la Medaglia d'oro per aver tenuto
alti gli ideali della Resistenza (1956); il Premio Viareggio per Inchiesta
a Palermo (1958); il Premio Lenin per la Pace (1958); La laurea honoris
causa in Pedagogia dall'Università di Berna (1968); il Premio Socrate
di Stoccolma per "l'attività svolta in favore della pace, per i contributi
di portata mondiale dati nel settore dell'educazione" (1970); il Premia
Prato per la Resistenza per la poesia di "11 limone lunare" (1970);
il Premio sonning dell'Università di Copenhagen per "il suo contributo
alla civilizzazione europea" (1970); la laurea honoris causa presso
l'Università di Bologna nel 1996.
percorsi in rete:
Dolci Danilo
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