TRA BENESSERE E SALUTE **

 

Il termine “benessere” ha  una triplice possibilità di significato a seconda se lo si riferisca ad aspetti fisici, alla condizione economica o ad un sistema sociale. Esso nasce dall’ unione di due termini “ ben (e)” ed “essere” ed esprime un concetto cardine della vita  dello uomo inteso come “soggetto sociale”.

Il benessere è associato al concetto dello star bene nella doppia accezione fisica e psicologica, rispettivamente intesa come sentirsi in forma e sentirsi adeguato alla situazione lavorativa.
Il benessere viene in genere considerato come la capacità degli individui di agire in modo autonomo e consapevole per realizzarsi pienamente utilizzando le risorse individuali e collettive disponibili e accessibili (A.I.Glendon, 2001).
La lingua inglese utilizza termini differenti per distinguere tra due diversi concetti di benessere: il benessere associato all’ analisi economica tradizionale è denominato welfare mentre quello associato all’ analisi economica non tradizionale è definito wellbeing.
Il benessere organizzativo, la salute e la qualità della vita negli ambienti di lavoro sono argomenti affermatisi da quando è emersa la relazione tra il fattore umano, la prestazione e il risultato dell’ impresa, accanto ad un concetto di lavoro divenuto sempre più immateriale in contrapposizione alla materialità del bene prodotto (F. Susi, 1994).
Quando  si  parla  di  benessere  è  necessario  mettere  in  primo piano l’ importanza della persona e delle sue condizioni nell’ ambito sociale e familiare, senza trascurare il suo  legame col lavoro.
Nel mondo occidentale i lavoratori sono quotidianamente soggetti ai rischi psico-sociali; tali rischi, che sono la principale fonte di stress, possono dipendere da diverse cause: mancanza di organizzazione e programmazione del lavoro, violenza, minaccia di violenza, aggressione verbale del pubblico e intimidazioni di colleghi e superiori.

La mancanza di benessere o la presenza di malessere ha perciò origine nella organizzazione del lavoro e dipende da fattori informali più o meno subdoli, che sono in genere estranei alle regole formali favorendo l’ insorgere di insicurezze e di ansie.

La relazione tra stress psico-sociali e l’ organizzazione del lavoro è oggi un tema centrale della tutela della salute dei lavoratori e della sicurezza dei luoghi di lavoro.

Il disagio organizzativo e lo stress sono due aspetti distinti anche se strettamente interrelati; lo stress corrisponde ad una condizione soggettiva che produce, a seconda della intensità e della durata, uno spettro di effetti che vanno dal semplice disagio a veri e propri danni alla salute, sia sul versante psichico che somatico.
Ogni organizzazione ha la capacità per produrre un soddisfacente  livello di benessere, tutte, potenzialmente, possiedono gli strumenti per arrivare a ciò. Non tutte,  però, sono in grado di usare al meglio tali mezzi per raggiungere l’ obiettivo.
La motivazione può derivare da una incapacità di individuazione dei fattori “hard” che producono il benessere o il malessere in un’ organizzazione.
La realizzazione del benessere lavorativo dipende anche dalla capacità dell’ individuo di  cogliere il senso del proprio fare e di ricondurre i diversi progetti a un obiettivo unificante.
Lo strumento chiave per prevenire lo stress ed i pericoli psico-sociali legati al lavoro e favorire il benessere è quindi da ricercare nell’ organizzazione e nella gestione del lavoro.

Spostando la riflessione sul concetto di salute, un modo ancora oggi usato per definirla è quello di riferirsi al suo negativo, la malattia; la salute quindi come assenza di malattia.

L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1987 aveva formulato una definizione di “salute individuale” come: “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente una assenza di malattia”.

Ma nella società contemporanea, secondo l’ OMS, le persone interpretano la salute come un processo di miglioramento del proprio benessere fisico e psicologico.
Il moderno concetto di salute riconosce che il benessere risiede nella qualità delle relazioni tra gli individui.
Accanto ai tradizionali rischi fisici (radiologici, chimici e biologici) legati ai contesti strutturali, si accompagna lo studio dei rischi psico-sociali.

I rischi psico-sociali possono determinare un danno alla salute fisica, psicologica e sociale dei lavoratori attraverso esperienze di stress che le situazioni di lavoro richiedono.

Il livello di salute di un’ organizzazione può essere misurato mediante degli indicatori che sono:

v     indicatori di benessere (positivi): la voglia di impegnarsi, la sensazione di far parte dell’ organizzazione, il piacere di recarsi al lavoro, i valori organizzativi condivisi, ecc..

v     indicatori di malessere (negativi): il risentimento verso la organizzazione, la aggressività e il nervosismo, l’ insofferenza a recarsi al lavoro, il disinteresse verso il compito, ecc…

Sin dagli inizi degli anni ’50 l’ attenzione dei ricercatori si è concentrata principalmente sugli ostacoli all’ adattamento dell’ uomo al lavoro.

Negli anni ’60 con la comparsa delle  ricerche psico-sociali sull’ ambiente di lavoro e la diffusione della psicologia del lavoro, l’ interesse si è progressivamente spostato da una prospettiva individuale per dirigersi verso l’ analisi delle caratteristiche degli ambienti di lavoro potenzialmente dannosi per l’ uomo.
Attualmente esiste un’ ampia evidenza scientifica che identifica come stressogene, e quindi potenzialmente dannose, una gamma di caratteristiche del lavoro alcune delle quali relative al contesto ed altre ai contenuti specifici del lavoro.

L’ Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO - 1986) ha definito i rischi psicosociali in termini di interazione tra contenuto del lavoro, gestione ed organizzazione del lavoro, condizioni ambientali e organizzative da un lato competenze ed  esigenze dei lavoratori dipendenti dall’ altro.

I rischi psicosociali possono incidere sia sulla salute fisica che psichica in modo diretto ed indiretto, attraverso l’ esperienza di stress.

Infatti gli effetti dei rischi psicosociali possono essere identificati comunemente nelle seguenti situazioni: stress, burn-out e mobbing.
Burn-out e mobbing hanno caratteristiche specifiche e peculiari ma riconoscono come matrice comune la presenza dello stress.
Le malattie psicosociali recano un danno socio-economico rilevante per la società: costi per i ricoveri ospedalieri, costi per le cure, ecc.
Si tratta dunque di un danno economico sia per le società che per le aziende (sia pubbliche, che private).
E’ opportuno ricordare che le vere risorse delle aziende sono le risorse umane. Inoltre una buona direzione del personale ed una buona organizzazione del lavoro sono la migliore garanzia dell’ ottimo funzionamento di un’ azienda.
Quando si parla di stress ci si riferisce da un fenomeno soggettivo, in quanto ognuno percepisce e reagisce a possibili stressors, situazioni percepite potenzialmente stressanti, in maniera diversa a seconda della propria storia e della propria personalità.

In realtà, all’ idea originale di stress, quale risposta di difesa e di adattamento a stimoli di vario genere, si è aggiunta - nell’ uso corrente - una connotazione negativa legata agli effetti fisici e psichici del suo prolungarsi eccessivamente nel tempo.

Il  termine  stress   è   infatti  comunemente   utilizzato  per  indicare l’evento medesimo e lo stato di disagio che si sperimenta ogni volta che esso viene provato intensamente.

La connotazione negativa sembra prendere forma dalla definizione di stress data da Seyle (1954): General Adaptation Syndrome (Sindrome Generale di Adattamento). Lo stress è uno stato di tensione dell’ organismo, nel quale vengono attivate difese per far fronte a una situazione di “minaccia”. Dapprima vi è una reazione dell’ organismo alle sollecitazioni, cui può seguire una difesa, sino a un’ eventuale “ribellione”. Ogni volta che siamo aggrediti da qualche fattore fisico o psichico, il nostro corpo predispone una serie di difese che sono sempre le stesse per qualsiasi tipo di stimolo. Questo meccanismo di difesa, questo stato di “allarme” generale è lo stress.
Chi opera nel campo della cura e dell’ assistenza a persone in difficoltà si espone, a “rischi professionali”. Uno dei rischi più diffuso è quello di cadere vittima di una vera e propria sindrome descritta per la prima volta da una psicologa americana (C.Maslach, 1976) con il termine tecnico di burn-out syndrome (sindrome del bruciato, del fuso) e colpisce quelle particolari figure professionali impegnate sul fronte delle intense relazioni umane (infermieri, medici, operatori sociali, psicologi, ecc.).
In parole più semplici si tratta di una particolare forma depressiva, di uno stato di esaurimento fisico, emotivo e mentale che si manifesta con un senso di affaticamento, svuotamento e inadeguatezza al lavoro.
In sostanza la cause che generano il burn-out sono da mettere in relazione tra meccanismi di esaurimento, contesto strutturale e organizzativo.
Con il termine mobbing si fa riferimento alle forme di violenza psicologica sui luoghi di lavoro che vengono esercitati attraverso comportamenti aggressivi e persecutori ripetuti, da parte di superiori, colleghi o sottoposti, nei confronti di un compagno di lavoro, ritenuto scomodo o antipatico o, a loro parere da eliminare. Il termine latino “mobile vulgus” tradotto in plebaglia tumultante; in inglese “to mob” significa aggredire, accerchiare, assalire in massa.
Il primo studioso che se n’ è occupato è stato Heinz Leymann, psicologo e psichiatra di origine tedesca, che nel 1984 usò il termine mobbing per indicare la particolare forma di vessazione esercitata nel contesto lavorativo, il cui fine consiste nell’ estromissione reale o virtuale della vittima del mondo del lavoro.
In Italia si comincia a parlare di mobbing solo negli anni ’90 grazie allo psicologo del lavoro Harald Ege, che delinea il fenomeno come un problema essenzialmente  di   comunicazione,  in  un  conflitto routinario e in uno atteggiamento ostile nei confronti di una o più persone dovuti a sentimenti di rivalsa da parte del mobber verso il mobbizzato.

 

**Ines Marroccoli – Coordinatrice Infermieristica e Arteterapeuta – Centro Psico-Sociale di Zona 4 – Az. Osp. Fatebenefratelli di Milano

**Carlo Scovino- Educatore Professionale  e Consulente per progetti terapeutici-riabilitativi