PARTE
2
LA GESTIONE DEL BURN-OUT: GLI INTERVENTI POSSIBILI
Il cambiamento di atteggiamento
verso le persone, spesso inconsapevole, che segue a una fase di squilibrio
tra le risorse personali disponibili e le richieste percepite, con vissuti
di ansia, tensione e irritabilità , può portare l'operatore
ad adottare un modello lavorativo stereotipato, caratterizzato da procedure
rigide e standardizzate. La scelta di questo modello, che aiuta a ridurre
o annulla completamente il rischio di coinvolgimento e di identificazione,
non sembra però essere la soluzione allo stato di disagio in
quanto non agisce sulle cause che lo determinano.
Un intervento che può invece avere un valore preventivo è
quello formativo. Rispetto al tema degli interventi formativi, Leiter
(Maslach, Leiter, 1999) mise in relazione di proporzionalità
diretta l'incidenza del burn-out e il lasso di tempo intercorso dall'ultimo
corso di aggiornamento professionale. Infatti l'intervento di formazione
può facilitare nell'operatore il riconoscimento di alcune variabili
esterne e interne di rischio insite nelle professioni di aiuto: problemi
emotivi personali irrisolti, correlati con le esperienze del paziente,
l'eccessiva identificazione, la personale sensibilità alla sofferenza
altrui, la continua esposizione all'esperienza dolorosa dell'altro.
La formazione può anche rappresentare un importante sostegno
al processo di separazione dall'angoscia del paziente e alla soddisfazione
per il lavoro.
Al di là della formazione, è necessario che vi sia una
buona organizzazione capace di impedire la nascita di quei fattori ambientali
che facilitano la comparsa del burn-out.
Maslach ritiene che la gestione del fenomeno sia possibile a livello
individuale e a livello socio-istituzionale.
LA GESTIONE INDIVIDUALE
Maslach (1992) propone alcune tecniche per far fronte alla situazione:
alcune implicano il proprio stile di lavoro, altre invece sono dirette
e focalizzate sullo stile di vita.
** Tecniche relative allo stile di lavoro:
- "Stabilire degli obiettivi realistici": gli operatori professionisti
dell'aiuto tendono spesso a ideali elevati, ma i possibili risultati
del proprio lavoro devono essere ben definiti in termini concreti. Insita
nella definizione di mete realistiche c'è il riconoscimento dei
propri limiti oltre che delle proprie capacità .
- "Fare la stessa cosa in modo diverso": riuscire a modificare
la metodologia di lavoro senza modificare l'attività professionale.
se l'operatore modifica la routine di lavoro (anche i compiti quotidiani
più comuni possono essere gestiti in modo diverso), può
modificare la sua sensazione di essere fossilizzato, inerme, impotente,
elementi che poi si traducono in frustrazione e ansia , inoltre l'operatore
potrà avere una maggior senso di autonomia e libertà .
- "Creare dei momenti di pausa": ovvero un breve intervallo
da inserire nel contatto con gli utenti. Deve essere una pausa rigenerante,
in cui la persona può rallentare il ritmo. Le pause ufficiali
dal lavoro (pausa per il caffè, per il pranzo), rappresentano
uno procedura standard nella maggior parte dei luoghi di lavoro. Possono
costituire opportunità ideali per la ricarica emozionale, ma
sfortunatamente qualche volta sono usate male e in modo da aggravare
il burn-out (es. se l'operatore nella pausa ne approfitta per recuperare
del lavoro arretrato).
- "Prendere la cose con più distacco": l'autrice suggerisce,
quando la situazioni e inizia a farsi molto intensa, di fare un passo
indietro e osservarla in termini più astratti e intellettuali,
"oggettivando" la situazione stessa. Inoltre, l'eccessivo
coinvolgimento emozionale può anche essere ridotto se il lavoratore
terminato l'orario di lavoro, non presta più i suoi pensieri
per analizzare e considerare anche a casa, i problemi degli utenti.
** Tecniche relative allo
stile di vita
- "Accentuare i lati positivi". Le relazioni di aiuto tendono
alla negatività , molto spesso i problemi passano in primo piano
e si focalizza soltanto l'aspetto legato alle difficoltà . L'autrice
sostiene invece l'importanza, per controbilanciare questa tendenza alla
negatività , di mettere attivamente in risalto quanto c'è
di buono, di piacevole o di soddisfacente nel contatto con gli altri.
Risulta fondamentale che l'individuo, sappia creare l'occasione perchè
avvengano cose positive, l'occasione per il feedback positivo, la cui
rilevanza è già stata indicata.
- "Conoscere sè stessi", privilegiando l'autoanalisi
(purchè, sostiene l'autrice, essa sia costruttiva, non distruttiva)
allo scopo di individuare capacità e debolezze personali, attraverso
l'auto-osservazione.
- "Riposo e rilassamento": per alleviare tutta quella serie
di sintomi fisici che sono caratteristici di chi è sottoposto
ad uno stress cronico e che comprendono tensione muscolare, aumento
della pressione sanguigna, disturbi allo stomaco.
- "Tracciare i confini": Maslach afferma che le persone che
lavorano in ambienti ad elevata pressione emozionale hanno bisogno di
elevata decompressione: uscire completamente dall'alta pressione dall'ambiente
di lavoro prima di poter entrare nella "pressione normale"
della vita privata. Molte attività di decompressione non contemplano
l'esercizio mentale, mentre lo è l'esercizio fisico, ricercando
ad esempio uno spazio di solitudine.
Banalmente, ma indispensabile, tracciare dei confini netti tra lavoro
e casa significa che terminato l'orario di lavoro, ci si allontana sia
in senso fisico che psicologico.
Infine l'autrice sottolinea l'importanza di coltivare una vita propria
oltre il lavoro, verificando nelle sue ricerche ad esempio che le persone
che godono di una ricca vita emotiva e coltivano una famiglia, sono
meno vulnerabili al rischio di burn-out.
LA GESTIONE A
LIVELLO SOCIO-ISTITUZIONALE- "Ricercare la solidarietà
tra colleghi, basata sulla fiducia". I colleghi infatti rappresentano
una inesauribile fonte di aiuto, di conforto e sostegno emozionale,
di comprensione della situazione in atto e inoltre riprestano per effettuare
comparazioni rispetto ai propri sentimenti e alle proprie azioni, quando
non si ritengono più appropriate e opportune. Inoltre i colleghi
possono rappresentare la fonte per le gratificazioni e i feedback positivi.
- "Partecipare alle decisioni e alle attività del gruppo",
pur mantenendo la propria identità .
- "Apportare modifiche all'ambiente di lavoro". Operare modifiche
e determinare miglioramenti nel posto di lavoro rientra effettivamente
nella sfera delle possibilità , contrariamente allo scetticismo
spesso manifestato per cui le organizzazioni sarebbero troppo grandi
e i loro sistemi troppo consolidati per poterli cambiare: è più
facile adeguarsi allo status quo, sino a che questo non esige un prezzo
troppo alto, in termini di avvicendamento del personale, assenteismo,
prestazioni scadenti. Le idee nuove possono arrivare dall'interno, essere
suggerite dal personale o dall'amministrazione, ma anche provenire da
consulenti esterni, in particolare quando i dipendenti sono troppo toccati
dal problema per riuscire a vedere obiettivamente soluzioni possibili.
Tra le proposte più diffuse per qualsiasi problema, compreso
il burn-out, si rileva la richiesta di più personale, più
fondi, più tempo, più attrezzature. Indubbiamente una
maggiore quantità di tali risorse allevierebbe parte delle pressioni
che producono il burn-out, tuttavia la possibilità di ottenere
più risorse in questi tempi di restrizioni economiche è
altamente improbabile.
Si può pertanto agire e modificare l'organizzazione del lavoro,
operando ad esempio una ridistribuzione del lavoro in maniera da evitare
sovraccarichi e situazioni stressogene, rendendo il lavoro più
vario e interessante. Ad esempio si possono alternare compiti che impegnano
molto le energie emozionali a compiti non impegnativi in grado di controbilanciare
i primi.
L'autrice rileva inoltre la possibilità di agire sul burn-out,
modificando il rapporto con gli utenti, dopo aver identificato quegli
aspetti del contatto che potrebbero provocare tensione emozionale. Purchè
un cambiamento sia efficace deve essere ovviamente costruito su misura
per le esigenze e le caratteristiche specifiche dell'organizzazione.
Maslach ad esempio riporta che una fonte di tensione nel contatto tra
operatori e clienti è la discrepanza tra obiettivi e aspettative.
A ciò si potrebbe rimediare rendendo le comunicazioni molto più
dirette, chiare. Si possono esplicitare quelle aspettative spesso poco
espresse e avere maggiore chiarezza nella presentazione degli obiettivi,
che talvolta appaiono confusi.
VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI BURN-OUT NEL LAVORO DI CURA CON ANZIANI ISTITUZIONALIZZATI
Alcuni autori (Fabbo, Bedini et al., 2005) hanno svolto una ricerca
presso una Residenza per anziani in provincia di Reggio Emilia con l'intento
di verificare la possibile presenza di burn-out all'interno della stessa
e l'eventuale miglioramento di questa situazione tra il personale, in
rapporto all'introduzione in struttura di un programma riabilitativo.
Il programma prevedeva l'utilizzo di tecniche di Reality Orientation
Therapy e di Terapia Occupazionale rivolta agli anziani che presentavano
decadimento cognitivo di grado moderato-severo; tale evento era teso
a migliorare la performance psicofisica degli ospiti. Il livello di
burn-out è stato misurato mediante l'utilizzo della Maslach Burnout
Inventory, strumento che misura i tre aspetti della sindrome: esaurimento
emotivo, depersonalizzazione, mancanza di realizzazione personale. La
scala è stata somministrata dagli autori a tutto il personale
della struttura (operatori sanitari e sociali) prima dell'inizio del
programma terapeutico rivolto agli ospiti e ripetuta a 3 mesi di distanza
alla fine del primo ciclo delle terapie stesse.
I risultati ottenuti in questa ricerca evidenziano delle modificazioni
di atteggiamento del personale tra la prima e la seconda valutazione;
in particolare per quanto riguarda l'esaurimento emotivo si nota un
decremento: dal 28% di soggetti con basso esaurimento emotivo (EE) ad
un 36% alla seconda valutazione; i soggetti con medio EE passano dal
42% al 36%, mentre i soggetti con alto EE calano dal 30% al 28% e questo
denota chiaramente una riduzione dello stesso.
Anche per quanto riguarda la depersonalizzazione (DP) si è verificata
una modificazione dei valori: la quota di soggetti con bassa DP passa
dal 44% al 60%, i soggetti con media DP passano dal 28% al 16% mentre
la percentuale dei soggetti con alta DP scende dal 28% al 24%. Tali
valori indicano un attenuarsi di questo tipo di sensazione da parte
degli operatori. Allo stesso modo analizzando il senso della realizzazione
personale (PA), l'aumento dei valori rilevati indica un incremento di
questa, a suggerire un netto miglioramento della percezione dell'importanza
del proprio ruolo nell'ambito della propria professionalità .
Infatti la percentuale dei soggetti con bassa PA passa dal 78% al 48%,
la percentuale dei soggetti con media PA passa dal 26% al 32%, mentre
si nota un incremento significativo dei soggetti con alta PA, dal 5%
al 20%.
Lavorare con gli anziani, affermano gli autori aumenta il rischio di
burn-out per le peculiari caratteristiche di questo tipo di utenti:
sono spesso fragili, hanno più patologie croniche che tendono
a peggiorare, mettono spesso a rischio la loro autosufficienza. Chi
lavora con gli anziani spesso si sente impotente di fronte a tutte queste
problematiche e si sente incapace di portare valido aiuto. Se questi
sentimenti si instaurano nell'operatore, progressivamente affiora un
senso di inadeguatezza che "apre le porte2 alla frustrazione in
campo professionale e di conseguenza al burn-out. I risultati di questa
ricerca però inducono a ritenere che l'introduzione di un programma
terapeutico riabilitativo rivolto ai pazienti con decadimento cognitivo,
determinando un miglioramento della performance psicofisica dei pazienti,
abbia influito positivamente sul personale. Infatti i miglioramenti
che si sono registrati nei pazienti trattati da un lato hanno reso più
gradevole il lavoro di assistenza da parte degli operatori e, dall'altro
hanno rafforzato il senso di autostima degli operatori stessi in quanto
tutto il personale ha contribuito attivamente al recupero dei pazienti
partecipando alla parte informale delle terapie applicate.
SUPPORTO SOCIALE E BURN OUT
J. Halbesleben (2006), ha realizzato una ricerca della letteratura presente
in materia di burn out e una meta-analisi relativamente all'argomento
del supporto sociale, considerando tutti gli studi e le analisi sperimentali
che prendono in considerazione una correlazione tra questi due elementi.
Egli ha preso in esame tutti gli studi in cui si misurava il livello
di burn out, sia attraverso la scala MBI, ma anche attraverso altri
tipi di scale, come l'Oldenburg Burnout Inventory, analizzando la corrispondenza
tra gli items presenti nelle diverse scale. Il punto di partenza è
rappresentato dal modello COR (Conservation of Resources Model) del
burn out, proposto da Hobfoll (1988). Secondo tale modello si teorizza
una specifica relazione tra il supporto sociale e il burn out. L'autore
empiricamente sviluppò una lista di 74 risorse rilevanti suddividendole
in due gruppi:
- le risorse sociali relative all'ambiente di lavoro, come il sostegno
tra colleghi, oppure la possibilità di sentirsi compresi dai
superiori;
- le risorse sociali relative all'ambiente extralavorativo, come la
presenza di relazioni significative, con un partner, con i figli, con
amici.
L'autore sosteneva che le risorse sociali sono molto importanti perchè
contribuiscono a rinforzare quegli aspetti positivi di sè, soprattutto
nella criticità del momento in cui, la persona sta vivendo forti
tensioni e si sente minacciato di subire delle perdite (capacità
lavorativa, relazionale, legate all'immagine di sè e al proprio
senso di autoefficacia e conseguentemente alla propria autostima).
Nonostante sia largamente diffusa la convinzione che il supporto sociale
è associato ad un basso livello di burn out, in realtà
la precisa natura di tale corrispondenza, in relazione anche agli aspetti
multidimensionali della sindrome di burn out, non è ancora stata
precisamente delineata.
Halbesleben, in questa meta-analisi si propone pertanto di analizzare
l'effetto relativo e specifico delle diverse fonti di supporto sociale
alle quali un lavoratore a rischio può attingere, proprio in
relazione alle tre diverse dimensioni del burn out: esaurimento emozionale,
spersonalizzazione, senso di una ridotta realizzazione personale (Maslach,
1982, 1993).
L'autore secondo i risultati della sua ricerca ha concluso che in generale
il supporto sociale non è correlato differentemente alle tre
dimensioni del burn out, nonostante, se ci si sofferma ad esaminare
l'interazione tra le diverse fonti si supporto sociale e le tre dimensioni
della sindrome, appaia che il sostegno in ambito lavorativo è
più strettamente correlato alla presenza della dimensione "esaurimento
emozionale", mentre le risorse esterne all'ambito lavorativo sembrano
maggiormente in relazione alle dimensioni "depersonalizzazione"
e "ridotta realizzazione personale".
L'autore riporta quanto affermato da Leiter (1993), secondo cui la "depersonalizzazione"
e "il ridotto senso di realizzazione personale" appaiono conseguentemente
alla prima comparsa dell'esaurimento emozionale, quindi quest'ultimo
elemento sarebbe strettamente legato alla risorsa del supporto sociale,
tanto che gli effetti del sostegno in ambito lavorativo hanno un'influenza
positiva diretta sull'esaurimento emozionale, contribuendo ad una sua
diminuzione e solo indirettamente, in un secondo tempo hanno un'influenza
anche sul senso di ridotta realizzazione personale e la depersonalizzazione.
In altri termini, l'individuo cercherebbe aiuto e sostegno all'esterno
dell'ambito professionale solo dopo aver raggiunto la fase della "depersonalizzazione
e del senso di ridotta realizzazione personale" in seguito alla
sperimentazione di un vissuto di esaurimento emozionale.
L'autore sostiene pertanto che esiste un'area di implicazione per la
"conservazione e l'utilizzo" (COR Model) delle risorse di
sostegno sociale, ma essa necessita ancora di definizioni più
chiare e accurate. Tra i limiti della sua analisi ad esempio egli rileva
la difficoltà di interpretare e distinguere tra le risorse non
lavorative che forniscono supporto alla persona in condizione di burn
out, da quelle "risorse" che rappresentano contemporaneamente
anche la fonte di stress, sia a causa di difficoltà vissute
a loro volta in ambito lavorativo, o in ambito familiare. Inoltre appare
particolarmente complesso separare gli effetti del supporto sociale
presente in ambito lavorativo da quello presente in ambito extra-lavorativo,
considerando che esiste una profonda integrazione sociale dei ruoli
professionale e non professionale in ogni persona attiva in questi due
fronti.
LA PREVENZIONE DEL BURN-OUT
Bernstein e Halaszyn illustrano le seguenti responsabilità (
Bernstein, Halaszyn, 1999):
LE RESPONSABILITA' DEL
SINGOLO
a) Responsabilità
verso se stesso:
- Conoscere le proprie motivazioni: perchè si è scelta
questa professione?
- Conoscere i propri limiti (fallimenti, errori, antipatie, automatismi,
bisogni) e i limiti del servizio (poco denaro, poca conoscenza, scelte
non facili);
- adeguare le proprie aspettative alla realtà (di se stessi,
del servizio, degli utenti);
- «pensare positivo» senza farsi sopraffare dai pensieri irrazionali
controproducenti (cioè da quello che W. R. Fairbairn chiama il
"sabotatore interno");
- badare alla salute fisica;
- controllare lo stress:
## stabilire obiettivi chiari e precisi per il controllo dello stress;
## programmare le strategie per raggiungere tali obiettivi (il controllo
dello stress non può essere improvvisato, va pianificato per
tempo);
## realizzare con gradualità ciò che si è programmato;
## verificare regolarmente obiettivi e strategie (nel tempo cambia lo
stress e di conseguenza devono cambiare le modalità con cui
lo si controlla);
## gratificarsi per i risultati ottenuti nel controllare lo stress;
- programmare la propria crescita professionale e personale: frequentare
corsi universitari, corsi di aggiornamento, workshop, seminari; entrare
in organizzazioni professionali o avviarne.
b) Responsabilità
verso gli utenti
La parola chiave è: professionalità . Più un operatore
è professionale nei confronti degli utenti, maggiori sono le
probabilità che non vada in burn-out. La "professionalità "
comprende, tra le altre cose: rispetto, cortesia, assenza di giudizi
morali, concretezza, interventi il meno invasivi possibile, atteggiamento
proattivo, assenza di coinvolgimento sentimentale. La mancanza di professionalità
provoca sensi di colpa e autosvalutazione, quindi stress e, a lungo
andare, burn-out.
c) Responsabilità
verso i colleghi
- Usare rispetto e cortesia;
- Comunicare in modo completo ed efficace:
## Ascoltare con attenzione, riformulando le idee dell'interlocutore
e verificando le proprie percezioni;
## essere attenti alla comunicazione non verbale;
## essere attenti al contenuto emozionale del linguaggio;
## utilizzare esempi concreti;
## evitare il gergo professionale;
## mettere per scritto gli accordi raggiunti;
## dire solo ciò che può essere reso pubblico;
## usare il feedback in modo efficace;
## essere chiari (vincendo la paura di prendere posizione, di disconfermare
le aspettative degli altri, di non piacere, ecc.);
## chiedere aiuto all'interlocutore se non si riesce a comunicare adeguatamente
con lui;
- Evitare, se possibile, le relazioni sentimentali/sessuali.
d) Responsabilità
verso i superiori
- Usare rispetto, cortesia, comunicazione completa ed efficace (come
nei confronti dei colleghi);
- utilizzare una certa diplomazia;
- stabilire un rapporto del tipo "adulto-adulto"; evitare
di rapportarsi come "bambini" nei confronti di un "genitore";
- non aspettarsi un rapporto di amicizia al di fuori dell'ambiente di
lavoro.
LA PREVENZIONE
PRIMARIA
In ambito di selezione del personale, la prevenzione consiste nell'individuare
gli operatori "a rischio" di burn-out. Gli operatori "a
rischio" sono quelli le cui caratteristiche di personalità
sono le stesse che possono diventare fattori soggettivi di stress.
Dopo aver individuato tali operatori tra i candidati, i responsabili
della selezione possono: a) escludere i candidati; b) selezionare i
candidati e costruire un progetto individuale di prevenzione per ciascun
operatore "a rischio".
LA PREVENZIONE
SECONDARIA
Sono poche le prove scientifiche che dimostrano l'efficacia delle misure
di prevenzione nella sindrome di burn-out, anche se sono state individuate
alcune valide strategie a seguito di un'attenta osservazione della routine
giornaliera degli operatori assistenziali e dopo aver sperimentato alcune
strategie per il trattamento della sindrome. Il successo di questi interventi
dipende in gran parte da un ambiente organizzativo favorevole e dalla
collaborazione a ogni livello (Quaderni di sanità pubblica).
a) Tecniche specifiche
di prevenzione
Mosher e Burti raccomandano le seguenti tecniche specifiche di prevenzione
(Mosher, Burti 1991)
## Esercizi didattici mirati:
Come forma di prevenzione, l'èquipe può eseguire esercizi
didattici centrati su argomenti specifici, nell'ambito dei quali l'esperto
esterno, o uno specialista interno, può trasmettere nuove conoscenze
e nuove tecniche finalizzate a ridurre lo stress professionale (in particolare
la componente relativa all'utenza). E' compito del Direttore Sanitario
garantire che i bisogni dell'èquipe ricevano risposta tempestiva
e adeguata.
## Gruppo per la soluzione
dei problemi ("gruppo staff")
Al bisogno, lo staff si riunisce in gruppo e affronta i problemi sorti
tra gli operatori. Le riunioni riservate allo staff sono una sorta di
"terapia" per gli operatori, che hanno modo di chiarirsi utilizzando
momenti e spazi predefiniti. Il gruppo può essere condotto dal
Direttore Sanitario ma, secondo Mosher e Burti, sarebbe preferibile
un supervisore esterno. Questi incontri devono essere programmati per
rispondere ai problemi che via via si presentano.
## Discussione dei casi
problematici con consulente
Regolarmente l'èquipe si riunisce per discutere i casi difficili
e complessi. L'incontro deve essere centrato sui problemi clinici (dei
singoli utenti o di gruppi di utenti) e deve sostenere le posizioni
individuali degli operatori, con le loro divergenze, senza perdere di
vista l'obiettivo di far emergere alla fine un consenso di gruppo. E'
opportuno che l'incontro venga condotto da un consulente che conosce
gli utenti. Scopo principale degli incontri è di sviluppare approcci
individualizzati ai problemi particolari di ogni utente ("programmazione
terapeutica"). A seconda della tipologia dell'utenza, quando operatori
e utenti concordano sull'utilità di ascoltare il punto di vista
degli utenti stessi, questi ultimi possono essere invitati a partecipare
alla riunione.
## Apprendimento di nuove
tecniche
L'apprendimento di nuove tecniche educative può avvenire in occasione
di esercizi didattici mirati, in supervisione o durante le discussioni
dei casi problematici. L'importante è che gli operatori mettano
in pratica le nuove tecniche all'interno di gruppi di colleghi da cui
si sentono appoggiati.
## Supervisione
La supervisione è uno dei momenti più importanti della
prevenzione. Lo scopo è monitorare le condizioni psichiche degli
operatori (relativamente all'ambito professionale).
## Feste
Le feste sono un altro modo per assicurare la coesione, la fiducia e
il rispetto reciproco all'interno dell'èquipe. Le feste devono
aver luogo al di fuori del setting professionale. Mosher e Burti raccomandano
almeno due o tre feste serali all'anno.
## Amicizie
I rapporti di amicizia tra operatori al di fuori del setting rappresentano
un altro metodo di prevenzione del burn-out. I Direttori devono considerare
tali amicizie qualcosa di apprezzabile, ma che sostanzialmente non li
riguarda.
b) Compiti specifici del
Direttore
Secondo Bernstein e Halaszyn, il Direttore tecnico ha i seguenti obblighi
nei confronti degli operatori (Bernstein, Halaszyn, 1999):
- Essere accessibile;
- essere coerente;
- chiarire gli obiettivi del servizio e i poteri degli operatori;
- rispettare tutti, anche gli operatori in disaccordo con lui;
- essere riservato;
- coinvolgere il più possibile gli operatori nelle decisioni;
- fornire un feedback completo ed efficace; tale feedback deve:
## essere proattivo (cioè deve mettere in risalto gli interventi
che vanno continuati piuttosto che quelli da non ripetere);
## limitarsi a una situazione specifica;
## tenere da parte i sentimenti del Direttore;
## riguardare solo i comportamenti o le condizioni che dipendono dall'interlocutore;
## arrivare al momento giusto;
## includere una verifica di chiarezza (il Direttore domanda all'interlocutore
di parafrasare quanto ha sentito);
- formare gli operatori con l'esempio;
- esprimersi in pubblico solo con parole di apprezzamento;
- criticare (costruttivamente) gli operatori solo in privato.
In particolare, secondo
alcune indicazioni tratte dal Cherniss (1980, 1992) e Cherniss e Dantzig
(1986), sarebbe importante applicare alcune strategie; la prima centrata
sull'individuo a livello di staff, la seconda centrata sull'individuo
a livello manageriale, la terza centrata sull'organizzazione:
## Gestione dello stress
I diversi approcci al trattamento o alla diminuzione del burn out dipendono
notevolmente da tecniche elaborate nel settore della gestione dello
stress, che affermano gli autori, hanno dimostrato di essere efficaci
anche nella prevenzione della sindrome. Gli autori inoltre suggeriscono
la necessità di insegnare agli individui quelle che definiscono
"tecniche di negoziazione organizzativa", che permettono all'individuo
di risolvere i conflitti interpersonali che provocano tensioni, di superare
limitazioni burocratiche e di garantire un adeguato sostegno per intraprendere
iniziative nuove. Queste tecniche implicano un "modo di confrontarsi
con le barriere e i conflitti organizzativi, che incoraggia un certo
grado di distacco analitico e di riflessione attiva - un atteggiamento
volto alla risoluzione dei problemi nell'ambito delle difficoltà
organizzative-".
Chi opera in contesti che offrono scarse possibilità di esercitare
un controllo personale sull'ambiente di lavoro è obbligato a
ricorrere innanzitutto a metodi per affrontare la situazione centrati
sull'individuo. Se il lavoratore non è in una posizione che gli
permette di equilibrare il rapporto tra le richieste e le risorse intrinseche
del lavoro. Questi metodi gli permettono di acquisire una maggiore tolleranza;
le tecniche di gestione del tempo e gli esercizi di rilassamento possono
aiutarlo in ciò.
Un gruppo di lavoro, sostengono ancora gli autori, in grado di offrire
sostegno rappresenta uno strumento di incalcolabile valore per aiutare
gli individui a gestire lo stress; insieme, i lavoratori sono in grado
di elaborare metodiche efficaci per affrontare le richieste professionali,
e il sostegno reciproco all'interno di un gruppo è di aiuto per
reintegrare l'energia emotiva esaurita. Un gruppo di lavoro che sia
di sostegno è inoltre in grado di controbilanciare l'impoverimento
delle relazioni personali che può incrinare la capacità
degli operatori sanitari di sostenere delle relazioni terapeutiche.
Anche Pines e Aronson (1998) individuano nella costruzione di un team,
uno strumento valido per bloccare o alleviare il burn-out. Le reti di
sostegno sociale, tra cui i colleghi della stessa organizzazione e gli
operatori di gruppi professionali simili operanti in altre organizzazioni,
rappresentano un mezzo per scambiare opinioni innovative sui compiti
gestionali, far fronte alle tensioni e sviluppare un percorso professionale.
Si può intervenire per migliorare le capacità dei singoli
lavoratori di affrontare le situazioni, insegnando loro tecniche come
il rilassamento progressivo dei muscoli. Gli interventi educativi volti
all'incremento della tolleranza personale nei confronti delle tensioni
professionali implica anche approcci cognitivi quali il training autogeno,
il biofeedback, la desensibilizzazione sistematica. Il vantaggio di
questo tipo di interventi è rappresentato dal costo relativamente
economico, oltre che dal fatto di offrire ai lavoratori un momento di
incontro e uno strumento motivazionale per il cambiamento a livello
individuale. Lo svantaggio è rappresentato dall'attenzione prestata
"alla vittima" più che all'organizzazione. I critici
ritengono che gli interventi educativi rappresentino una forma di "colpevolizzazione
della vittima", che solleva l'organizzazione dalle sue responsabilità .
Cherniss (1992) sottolinea che questi interventi possano avere un'efficacia
di breve durata, definendo questo come "temporary workshop high".
## Formazione dei supervisori
Risulta importante creare programmi di formazione manageriale e di sviluppo
per il personale di supervisione, dedicando particolare attenzione a
quegli aspetti del ruolo che creano maggiori difficoltà ai professionisti.
I supervisori possono essere sollecitati a elaborare uno stile più
consultivo e a sviluppare maggiore attenzione e apertura alle indicazioni
dei dipendenti. Un metodo indicato dagli autori per far sì che
i lavoratori percepiscano l'interesse nei confronti delle loro idee
e dei suggerimenti che possono offrire al manager è costituito
dalla raccolta di feedback attraverso periodiche richieste anonime.
## Strategie centrate
sull'organizzazione
Cox e Leiter (1992) hanno analizzato l'impatto degli ambienti professionali
sugli individui dal punto di vista della salute dell'organizzazione.
Hanno individuato tre diversi contesti che condizionano lo status psicologico
dei lavoratori: il contesto relativo ai compiti, quello relativo alla
risoluzione dei problemi e quello dello sviluppo.
- il contesto dei compiti riguarda l'elaborazione dei compiti e la loro
significatività che si ritiene critica per lo sviluppo della
soddisfazione professionale e per rendimenti ottimali. Gli autori sostengono
che la mediocrità dei contesti relativi ai compiti in moti casi
accresce l'esaurimento emotivo a causa dello spreco di energia dei lavoratori
in compiti spesso privi di significato.
- il contesto relativo alla risoluzione dei problemi, riguarda i sistemi
attraverso cui gli individui operano congiuntamente per affrontare i
problemi e prendere le decisioni. Per ottenere contesti sani di risoluzione
dei problemi è necessario possedere gli strumenti che permettono
un processo decisionale globale e un sistema di comunicazioni efficace.
Al contrario, quelli mediocri indeboliscono l'ambiente sociale dell'organizzazione
e contribuiscono al senso di depersonalizzazione, oltre ad aggravare
ulteriormente l'esaurimento emotivo. Il miglioramento del contesto di
risoluzione dei problemi richiede interventi mirati alla costruzione
di un gruppo, che stimolano la capacità di elaborare dei membri
del gruppo stesso, nonchè la formazione di supervisori per sviluppare
la loro capacità di delegare in modo efficace.
- Il contesto dello sviluppo riguarda i sistemi necessari per il miglioramento
delle capacità e delle possibilità di carriera del personale,
e comprende sia l'apprendimento intrinseco dell'attività professionale
stessa che specifiche possibilità di formazione. Un forte contesto
di sviluppo migliora la sensazione di efficacia professionale e di soddisfazione
personale; un contesto debole provoca disperazione e apatia. Il miglioramento
del contesto dello sviluppo richiede un'analisi approfondita dell'atteggiamento
esplicito ed implicito dell'organizzazione nei confronti dello sviluppo
delle abilità .
Per elaborare questi contesti di organizzazione è necessario
che la direzione rivaluti i propri valori fondamentali e i propri modi
di agire, ammettendo che il burn-out rappresenta una reazione a determinati
aspetti del contesto dell'organizzazione stessa.
CONCLUSIONI: IL BURN OUT VERSO UN RICONOSCIMENTO ISTITUZIONALE
La sindrome del burn-out
pur essendo conosciuta da tempo, come è stato descritto nel primo
capitolo, non ha ancora ricevuto un'adeguata attenzione, è stata
invece sottovalutata, banalizzata. Il burn-out non comporta rischi quali
l'infortunio o la morte, diversamente da altri pericoli sul lavoro.
Il deterioramento cronico dei sentimenti e delle abilità nel
corso del tempo non è evidente come una crisi immediata. Di conseguenza,
si tende a sottovalutarne i rischi. Quando una persona inizia a manifestare
i primi segnali di burn-out, non lo fa in modo eclatante, anzi tende
a mantenere apparentemente gli stessi ritmi di lavoro, seppure non come
prima, così da non minacciare la produttività generale.
Inizialmente infatti il burn-out appare solo la "lamentala"
di un isolato individuo, che, non sa ammettere il proprio fallimento.
Tale prospettiva è completamente errata.
Come già analizzato, il burn-out non è una malattia che
colpisce l'individuo, ma il segnale evidente di una grave disfunzione
all'interno del luogo di lavoro. In tale contesto, esso merita una grande
attenzione. I costi emotivi e finanziari sono troppo elevati per permettere
che venga ignorato, il cambiamento e le modifiche da mettere in atto
e programmare non coinvolgono in prima istanza il singolo individuo,
quanto l'organizzazione, specialmente nell'attuale scenario socio-economico.
Il compito di realizzare e valutare gli interventi rivolti a gruppi
di lavoro o politiche organizzative è estremamente impegnativo
perchè è necessario delineare l'intervento dal punto di
vista concettuale, elaborare modalità che "attraggano"
il sostegno dell'amministrazione, oltre che a individuare obiettivi
di intervento specifici e valutabili e misurare queste "costruzioni
concettuali". àˆ difficile, inoltre elaborare interventi
standard in grado di adeguarsi alle condizioni specifiche di ogni singola
organizzazione e che riflettano gli interessi delle persone più
coinvolte. àˆ necessario sperimentare diversi tipi di intervento
in contesti differenti prima di poter individuare i principi generali
che regolino gli interventi relativi al burn-out (Quaderni di sanità
pubblica).
A livello istituzionale compare per la prima volta un primo segnale
di attenzione e di riconoscimento della sindrome del burn-out, nel Piano
Sanitario Nazionale 2003-2005 dove essa rientra tra le "patologie
da rischi emergenti".
Si riporta testualmente:
"Per quanto riguarda le malattie professionali, la loro valutazione
include un rapporto stretto tra lo studio dei rischi attuali e pregressi
e le tendenze in atto nelle patologie legate al lavoro.
Accanto alle patologie da rischi noti, acquistano sempre maggior rilievo
le patologie da rischi emergenti, non necessariamente legate a rischi
nuovi, rispetto alle quali sono iniziati approfondimenti soprattutto
negli ultimi anni. Tra queste si segnalano:
- patologie dell'arto superiore da sovraccarico meccanico,
- patologie da fattori psico-sociali associate a stress (burn-out, mobbing,
alterazione delle difese immunitarie e patologie cardiovascolari)
- patologie da sensibilizzazione,
- patologie da agenti biologici,
- patologie da composti chimici,
- tumori di origine professionale,
- effetti sulla salute dei fattori organizzativi del lavoro".
Tra gli obiettivi segnalati
nel testo del Piano Sanitario Nazionale, si citano:
- "riduzione dei rischi per la salute e progressivo miglioramento
delle condizioni di lavoro,
- riduzione dei costi umani ed economici conseguenti ai danni della
salute dei lavoratori,
- miglioramento dell'accertamento e dell'evidenziazione delle malattie
professionali".
In conclusione, si ritiene
che la sindrome di burn-out, che rappresenta un processo evolutivo che
si instaura quando i livelli di tensione professionale sono eccessivi
e prolungati, sia una patologia professionale molto complessa, legata
alla presenza di molte variabili, di natura individuale, organizzativa
e socio-istituzionale. àˆ inoltre una patologia da non sottovalutare
e forse ancora poco studiata in modo accurato e analitico, nonostante
sia conosciuta da decenni. Inoltre tutti i Servizi operanti in campo
sociale dovrebbero fare consistenti investimenti per organizzare seriamente
la prevenzione, superando una concezione ancora molto comune secondo
la quale la sindrome di burn-out è una malattia del singolo.
La prevenzione rimane probabilmente la migliore e più ottimale
forma di investimento a lungo termine.
Citando le parole di Christina Maslach: «un grammo di prevenzione vale
quanto mezzo chilo di cura» (Rossati, Magro, 1999).
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