Indagine sulla diffusione del Burnout in alcuni reparti ospedalieri (Lorenza Dallago, Karin Davoli & Massimo Santinello)


Introduzione

Dalla metà degli anni ’70, il termine burnout viene usato per definire una forma di disagio lavorativo che caratterizza le professioni di aiuto, come quelle del settore sanitario, sociale, educativo, ecc. (Freudenberger, 1974; Maslach, 1982), per le quali la relazione operatore/utente si trova in una posizione d’importanza centrale sia in termini di significato che di lavoro in sé.
Gran parte delle ricerche svolte in questi 25 anni concordano nell’indicare come questa sindrome
sia caratterizzata sostanzialmente da: una profonda sensazione di stanchezza, frustrazione, rabbia, cinismo e da un senso di inefficacia e di fallimento (Freudenberger, 1974; Shinn, 1984; Leiter, 1993). Si manifesta da una costellazione di sintomi psico- fisici, di atteggiamenti negativi e di disinvestimento verso il lavoro che si manifestano come epilogo di un processo difensivo-reattivo verso condizioni lavorativa vissute come gravose ed insoddisfacenti.
Comunque, se il burnout corrisponde a uno stato individuale, non bisogna trascurare il ruolo che
l’ambiente lavorativo ed il contesto culturale più ampio rivestono nel generare tale forma di disagio.
La sindrome del burnout è il risultato dello sbilanciamento che l’operatore percepisce tra le richieste che l’ambiente pone e le risorse di cui dispone per farvi fronte. Il perdurare nel tempo di questa percezione di sbilanciamento produce una situazione di stress cronico.
Oltre alle richieste connesse all’organizzazione lavorativa, altri fattori importanti, concause del burnout, sono i conflitti: sia quelli interpersonali, tra operatori o con i superiori, sia quelli nati tra le richieste implicite nei diversi ruoli professionali (Pines, 1993).
Quando un alto livello di richieste organizzative si unisce con un alto livello di conflitti, la situazione lavorativa diventa difficile da sostenere. Spesso l’unica risposta difensiva spontanea che il dipendente è in grado di mettere in atto per fronteggiare l’ambiente lavorativo percepito come faticoso e frustrante è quella di distaccarsi progressivamente dal lavoro, riducendo il coinvolgimento, l’impegno e l’interesse per quello che si fa. A questa reazione, spesso si accompagnano anche sentimenti di inefficacia professionale e/o di impotenza (Åström et al., 1994; Firth et al., 1987).
Inoltre, ogni organizzazione lavorativa, sia essa ospedale, scuola, azienda sanitaria o servizio sociale, è parte di un contesto socio-culturale più ampio. Ad influenzare il burnout, infatti, concorrono vari fattori socioculturali, che solo indirettamente hanno a che fare con l’organizzazione lavorativa o con i conflitti tra personale, quali le scelte politico/amministrative in campo sanitario (per esempio, l’aziendalizzazione), i contratti di lavoro, il prestigio sociale di cui godono i diversi ruoli professionali, i servizi di cui un lavoratore o una lavoratrice possono disporre al di fuori del lavoro (trasporti, scuole materne, ecc.), la qualità della vita della comunità civile nella quale abitano (la sensazione di sicurezza verso la criminalità, il poter disporre di tempo libero per recarsi al cinema o per poter partecipare a manifestazioni artistico/culturali,
ecc.). Tutte queste condizioni possono incidere sul burnout, incrementandolo o prevenendolo
(Guerra et al., 1984; Santinello & Furlotti, 1992).
Il burnout può essere considerato come punto d’arrivo di un processo che caratterizza degli operatori che hanno intrapreso la propria carriera lavorativa animati da estremo entusiasmo e pieni di aspettative verso la possibilitàd’essere d’aiuto e sostegno agli altri, proprio attraverso la pratica lavorativa. Aspettative iniziali molto alte contribuiscono a rendere più difficile e duro lo scontro con le richieste quotidiane e con le risorse di cui effettivamente si dispone (Santinello, 1990; Maslach, 1982).
Le conseguenze o, in altre parole, il costo del bur nout può essere molto elevato e assumere diverse forme, intaccando tutte le sfere della vita individuale. Sicuramente si assiste ad un abbassamento della qualità delle prestazioni fornite ai pazienti, alla diminuzione del senso di appartenenza all’organizzazione, all’insoddisfazione, al turnover e all’assenteismo. Inoltre, dal punto di vista individuale, tale sindrome può condurre a diversi problemi di salute, sia fisica che psicologica, a difficoltà relazionali, sia all'interno del lavoro sia fuori, e, a volte, ad abuso di sostanze.
Le ricerche hanno anche evidenziato come i livelli di burnout rimangano tendenzialmente stabili nel tempo, mostrando come questi si possano considerare una risposta ad una situazione di stress cronico e non acuto. Questo non significa che lo stato non sia reversibile (Pedrabissi & Santinello 1994; Martin et al., 1998; Burich, 1993), ma che è necessario agire tempestivamente, sia per diminuire la possibilità di sviluppo di tale sindrome, sia per aiutare i casi conclamati.

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