LA CONOSCENZA COME CAPITALE INTELLETTUALE

“Il capitale fisso oggi necessario per creare ricchezza non è la terra né il lavoro fisico né le macchine utensili né gli stabilimenti: è un capitale fatto di conoscenza.”
THOMAS A. STEWART
“L’unico capitale insostituibile che un’organizzazione possieda è il sapere e la capacità dei suoi membri. La produttività di questo capitale dipende dall’efficienza con cui i membri condividono le loro competenze con coloro che possono usarle.”
ANDREW CARNEGIE
“E’ il capitale intellettuale la forza dominante, l’elemento più ambito della nuova era. Nella new economy sono le idee, i concetti, le immagini – non le cose – i componenti fondanti del valore.”
JEREMY RIFKIN

Quando il mercato azionario valuta le imprese tre, quattro o dieci volte più del valore contabile del loro patrimonio, afferma una verità semplice ma profonda: i valori fondamentali di un’azienda della conoscenza contribuiscono molto meno al valore del suo prodotto (o servizio) finale di quanto non vi contribuisca il suo patrimonio intangibile, vale a dire il talento dei suoi dipendenti, l’efficienza dei suoi sistemi di gestione, la natura del suo rapporto con i clienti, che insieme costituiscono il suo capitale intellettuale.

Oggi che la conoscenza è diventata la principale materia prima e il frutto principale dell’attività economica, l’intelligenza delle organizzazioni – cioè persone intelligenti che lavorano in modi intelligenti – è passata dal ruolo di comparsa a quello di protagonista. Per le persone che distribuiscono denaro alle aziende, ossia gli investitori, e le persone che lo distribuiscono all’interno delle aziende, cioè i manager, il capitale intellettuale è diventato talmente essenziale che è lecito affermare che un’organizzazione che non gestisce sapere non sa badare ai propri affari. C’è un solo problema: cercare di individuare e gestire un patrimonio fatto di conoscenze è un po’ come “tentare di pescare a mani nude”. Si può fare, ma l’oggetto dello sforzo è molto sfuggente.
Prima che un’azienda possa utilizzare al meglio le sue idee, i suoi dirigenti devono capire come e perché il capitale intellettuale è rimasto fino a quel momento non gestito e rendersi conto del costo pauroso di questa negligenza: denaro sprecato e opportunità sperperate.
Questo capitolo inizia con l’analisi delle differenze tra capitale tangibile e intangibile, definendo poi cos’è il capitale intellettuale e qual è la sua struttura. Quindi sono state esaminati i tre elementi costitutivi del capitale intellettuale, ossia il capitale umano, il capitale strutturale e il capitale cliente, scoprendo i possibili princìpi di gestione e interazione dei tre capitali nonché i criteri dell’Intellectual asset management.
Si sono studiati inoltre i probabili percorsi di sviluppo e di valutazione del capitale intellettuale, notando che non esiste ancora un unico metodo e indice di valutazione ma ci si deve affidare ad un’analisi strutturata in base allo scopo della misurazione; in conclusione del capitolo è stato riportato un esempio di approccio alla valutazione del capitale intellettuale.

1 Il capitale intellettuale
La nozione di capitale intellettuale è diffusa nel mondo delle scienze umane fin dagli anni ’60. E’ un’espressione coniata nell’ambito dell’economia della conoscenza, una branca specializzata degli studi economici che s’interessa alla misura del valore delle attività educative, creative, d’invenzione nell’ambito delle attività produttive umane. Già negli anni ’60 ad esempio, si valutava che il capitale intellettuale negli Usa pesasse per il 30% circa nella creazione del Prodotto Interno Lordo (PIL) nazionale1.
L’espressione capitale intellettuale in quel contesto era però intesa come aggregato di risultati produttivi di grandi sistemi (ad esempio la resa economica degli investimenti nel settore dell’educazione, scolastica e universitaria o nell’area della formazione professionale continua).
Nel corso degli anni ’80 i termini in questione hanno cambiato significato in modo sostanziale. Capitale intellettuale è diventato un termine di riferimento per capire e valutare le imprese che basano la realizzazione del prodotto/servizio su fattori intangibili di conoscenza e sapere professionale.
Le premesse per questa mutazione sono nell’avvento di un’economia nuova basata su nuove abilità di comunicazione e scambio, cui normalmente ci si riferisce come mercato della conoscenza, il sostrato vitale fra l’altro della new economy.
Nel contesto della nuova economia, le società di valutazione finanziaria internazionali, a parità di valore di bilancio ufficiale (net book value), assegnano ai diversi tipi d’impresa un valore percentualmente più alto in base alle loro opportunità riconosciute di sviluppo.
1.1 Capitale tangibile e intangibile
L’idea del capitale intellettuale si contrappone logicamente, ma s’integra funzionalmente, con quello che i diversi esperti e praticanti chiamano capitale finanziario o capitale strutturale dell’organizzazione. Quest’ultimo è la piattaforma per così dire fisica su cui s’instaura la valutazione economica dell’azienda.
E’ la parte da sempre visibile del patrimonio aziendale fatto di costruzioni, attrezzature, disponibilità finanziarie e procedure normative che le fanno interagire.
Introdurre il concetto di capitale intellettuale significa sottolineare una dimensione sicuramente già nota ma non sempre ritenuta decisiva nel processo di affermazione delle imprese.
L’uso del concetto fa emergere il patrimonio invisibile o intangibile dell’azienda e la porta a fattore comune con gli altri valori economici e finanziari. La parte “invisibile” del bilancio può essere classificata come una “famiglia dei tre”3:

1. Struttura Interna: è data dai brevetti, concetti, modelli, sistemi amministrativi e reti informatiche. Queste sono create dagli impiegati e sono generalmente “di proprietà” dell’organizzazione e aderiscono ad essa. Talvolta tali beni possono essere acquistati dall’esterno. Anche la “cultura” o lo “spirito” appartengono alla Struttura Interna. Essa assieme alle Risorse umane costituisce quello che generalmente si chiama “organizzazione”.
2. Struttura Esterna: consiste nelle relazioni con clienti e fornitori, nei marchi e nella reputazione o “immagine”. Alcuni di questi possono essere legalmente considerati “proprietà”, ma il confine non è così marcato come nel caso della Struttura Interna, in quanto gli investimenti in questi elementi non possono essere fatti con lo stesso grado di confidenza. Il valore di tali beni è principalmente influenzato dalla capacità dell’azienda di risolvere i problemi dei suoi clienti e in ciò, vi è sempre un elemento d’incertezza. I beni intangibili non sono particolarmente liquidi e a differenza dei beni materiali possono essere o non essere di proprietà dell’azienda. Questo flusso diretto verso l’esterno crea relazioni, network, immagine, ossia gli elementi della struttura esterna dell’organizzazione.
A causa della scarsità delle risorse finanziarie per investimenti in beni intangibili, il loro sviluppo è in gran parte autofinanziato. In altre parole i beni invisibili si accoppiano nella sezione delle fonti di finanziamento con una parimenti invisibile finanza, gran parte della quale forma il capitale invisibile.
3. Competenze delle persone: è l’abilità delle persone ad agire in varie situazioni. Include le capacità, l’istruzione, l’esperienza, i valori e le abilità sociali.
Le competenze non possono essere di proprietà di nessuno al di fuori della persona che le possiede, perché fino a prova contraria gli impiegati sono membri volontari delle organizzazioni. Tuttavia un’eccezione può essere fatta per includere le competenze nel bilancio d’esercizio, in quanto è impossibile immaginare un’organizzazione senza personale. I dipendenti tendono ad essere leali se trattati equamente e avvertono una sensazione di responsabilità condivisa. Ecco perché le organizzazioni sono generalmente liete di pagare dei bonus a coloro che vanno in pensione o devono essere licenziati.
Questi bonus variano da stato a stato ma spesso prendono la forma di uno stipendio ridondante, di accordi “paracadute”, di pensioni. Sebbene tali impegni di solito non vengono registrati come passività di bilancio, essi possono essere visti come promesse o impegni alla stregua dei contratti di leasing o di affitto e dunque come una forma di finanziamento invisibile delle competenze degli individui.

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