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Timbratori e picchiatori degli uffici e servizi pubblici Guglielmo Colombi
Quado inizieremo a punire i quadri intermedi, i dirigenti e i managers ?

Si fa sempre un gran parlare di assenteisti, timbratori seriali e sadici picchiatori nei servizi pubblici. Il tema viene affrontato con moralismo e giustizialismo normativo. I "cattivi" vengono messi alla gogna e tutti invocano drastiche misure punitive. Poco si dice dei primi gestori dei servizi pubblici (Parlamento e Governo) e dei secondi: i manager, i dirigenti e i quadri intermedi.

I primi gestori delle organizzazioni pubbliche di lavoro sono il Parlamento che legifera e il Governo che amministra. Sono questi due enti che hanno la responsabilità di creare regole e prassi che servono a motivare, valorizzare, supportare, controllare ed eventualmente (in casi estremi) punire i lavoratori. Tutte le organizzazioni sono costituite da una catena di comando che rappresenta il secondo gestore. Questa, parte dai top manager o amministratori, poi scende ai dirigenti generali e di settore, e si chiude coi quadri intermedi (capi ufficio o reparto). In genere, questa catena di comando gode di privilegi perchè ha la maggiore responsabilità: quella di gestire quotidianamente l'organizzazione, nel quadro delle regole previste, e di realizzarne gli obiettivi.

La catena di comando non può avere come prima funzione quella del controllo e della punizione, bensì quella della motivazione, della valorizzazione, e del supporto. Una organizzazione sana non è quella che scopre e denunzia le irregolarità o le truffe, ma quella che le rende rarissime. In una organizzazione seria, quando le irregolarità e le truffe si allargano, viene per prima punita la catena di comando non tanto perchè non ha saputo fare da gendarme, ma perchè ha consentito che la falla si creasse e si estendesse.

Timbratori seriali e picchiatori sadici sono solo i casi eclatanti di una malattia organizzativa, di cui la catena di comando è responsabile. Ci sono migliaia di lavoratori puntualissimi che spendono 2 ore al giorno nella lettura dei quotidiani. Altre migliaia passano la giornata lavorativa giocando ai solitari sul pc, o navigando nei siti di appuntamento o porno. Ci sono migliaia di lavoratori dei servizi socio-sanitari che non picchiano o insultano gli utenti, ma li trattano ugualmente malissimo. Questa malattia si traduce inevitabilmente in servizi e prodotti scadenti, obiettivi mai raggiunti, spazi per relazioni simil-mafiose. E' possibile arrivare a 13 morti sospette in un reparto ospedaliero, è normale registrare come assenti la metà degli operatori, e ci si rivolga alla magistratura, senza che la catena di comando intervenga prima ?

La funzione di controllo, denuncia e punizione è la più banale fra quelle affidate alla catena di comando, tanto da poter essere svolta anche da macchine. Siamo controllati dappertutto da telecamere, e la legge non permette di mettere telecamere nelle macchinette timbra-cartellino o alla porta di uscita dell'ufficio pubblico? La legge non permette di mettere spie audio-video nelle classi o nelle camere dei disabili? Cambiate la legge.

Il motivo per cui paghiamo (e non poco) le catene di comando sono altri. Anzitutto i risultati, seriamente tradotti in obiettivi, posti e controllati da enti esterni e superiori. Poi la motivazione e la valorizzazione, che si raggiunge con incentivi anche non monetari, riunioni di gruppo, variazioni mansionarie. Poi il supporto, che si basa sull'affiancamento, il colloquio, il rafforzamento formativo.

Da oltre vent'anni (vedi qui) sappiamo che gli addetti alla persona (insegnanti, operatori sociosanitari, guardie carcerarie, ecc.) sono soggetti al "cortocircuito", in inglese burnout, che può portare alla disaffezione al lavoro, alla depressione o al sadismo. Da vent'anni sappiamo come diagnosticare prontamente questo fenomeno, e conosciamo gli strumenti per combatterlo: primo fra tutti la supervisione.

La catena do comando che non sa gestire queste pratiche preventive, va sostituita o trasferita o punita con la sospensione degli incentivi, l'arresto della carriera, il biasimo pubblico.

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