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Psicosociologia del lavoro di badante (Guido Contessa)

"Il signore, nel rischiare la propria vita proteggendo quella dei deboli, ha raggiunto il suo scopo, e si è affermato su quello che è divenuto il suo servo. Anche il servo però diventa importante per il signore poiché dal lavoro di quello dipende il suo stesso mantenimento in vita. Il servo, lavorando, da al padrone ciò di cui ha bisogno. Il padrone non riesce più a fare a meno del servo. Dunque la subordinazione si rovescia. Il padrone diviene servo poichè è strettamente legato al lavoro del servo, e il servo diviene padrone (con la sua attività produttiva) del padrone. Da notare che non vanno perduti i ruoli originari, ma se ne aggiunge ad entrambi uno nuovo, l'opposto. Il passato di servo e padrone non viene eliminato del tutto ma in ognuno è in parte tolto e nello stesso tempo conservato il ruolo originario."

Fenomenologia dello spirito di Hegel

La commedia dell'Arte ha creato le maschere di Arlecchino e Brighella, servitori ma anche ribelli e in certo modo dominatori. Il fenomeno delle badanti è ormai diffusissimo in Italia, ma assai poco studiato. In genere prevale il pietismo che mette in evidenza la condizione di immigrante e di subalternità della badante; la sua dedizione verso l'assistito ed il suo impegno per un lavoro apparentemente senza orari.

Non prendiamo qui in esame le situazioni di badanti clandestine, pagate in nero, la cui condizione si avvicina più a quella della schiavitù che del lavoro. Non prendiamo nemmeno in considerazione i casi in cui anzioni signori/signore in buona salute assumono personale che non dovrebbe essere chiamato badante ma "personale domestico".La maggioranza dei casi presenta invece maggiori complessità.

Parliamo della maggioranza dei casi nei quali il lavoro di badante è regolare e legale. In questi casi il lavoro si configura come prestazione che coinvolge tre attori: il lavoratore badante, che fornisce una prestazione regolare, con una retribuzione e formali diritti-doveri contrattuali; l'utente, che è l'anziano (portatore di qualche disabilità fisica o psichica) fruitore del servizio del prestatore; il committente, che è la famiglia dell'anziano, solitamente impegnata nei compiti di selezione, assunzione e retribuzione del lavoratore. Il lavoratore coabita con l'assistito, il committente risiede altrove.

Questa situazione avvicina il ruolo di badante a quelli più noti ma meno commiserati, dell'infermiere ospedaliero, dell'educatore comunità alloggio o dell'agente carcerario.. La differenza consiste nell'enorme libertà del ruolo di badante, che opera in larga solitudine a tu per tu col solo assistito. Un'altra differenza è che mentre infermieri ed educatori hanno solitamanente una formazione e un diploma, il/la badante è priva di entrambi (e spesso anche della lingua italiana).

Non è raro che la relazione badante/assistito assuma i toni perversi del sado-masochismo, ed i due attori si alternino nei ruoli di persecutore e vittima. E ciò a causa dell'assenteismo del committente che abdica al ruolo di "terzo" equilibratore e controllore.

La badante assume il suo ruolo con una serie di prevedibili vissuti di impotenza e inferiorità. L'estraneità al Paese ed alla lingua, il colore della pelle non sempre ben accolto, il modesto valore sociale del ruolo, la lontananza dal proprio ambiente, la impreparazione al compito e le difficoltà di relazione col paziente, la solitudine relazionale, sono tanti elementi che concorrono a creare un vissuto di bassa autostima. Ogni badante entra nel suo ruolo con una considerazione depressiva di sè, ed una buona dose di ansia. Ha bisogno del lavoro e si sente senza potere.

Anche l'assistito entra in relazione con la badante partendo da un vissuto di impotenza e inferiorità. L'assistito in genere soffre di qualche disabilità (e la stessa presenza di un badante la sottilinea). Raramente concorre a scegliere la badante.Si trova la casa invasa, e spesso anche il corpo, da una persona estranea. Soffre la solitudine e affronta la probabile modifica di abitudini consolidate. Dunque anche l'assistito antra nella relazione con la badante partendo da una posizione depressiva, e con un inevitabile carico di ansia. Ha bisogno di aiuto e si sente senza potere.

Il terzo attore è il committente. Per solito un familiare delegato ai compiti di gestione del badante e che dovrebbe assumere il ruolo di controllore, equilibratore e integratore dei bisogni dell'assistito che non possono essere soddisfatti dal lavoratore. Il committente parte da un vissuto equilibrato fra bisogno e potere: ha bisogno di un aiuto, ma può sceglierlo e retribuirlo; conosce bene l'assistito e la sua casa; non soffre di disabilità; spesso è una donna che bene conosce la lingua, la cucina, il quartiere. Teoricamente il suo impegno inzia nella classica posizione di ogni datore di lavoro: un potere relativo da gestire nella legalità, con equilibrio e competenza. Inoltre, si sente gratificato dal fatto di dare lavoro e di fornire assistenza ad un familiare in statio di disagio.

Teoricamente dunque badante ed assistito dovrebbero essere aiutati dal committente a superare le loro posizioni depressive di partenza. E questo aiuto potrebbe attuarsi nello stesso modo con cui ogni dirigente competente deve aiutare i propri operatori ed i propri utenti: comando, controllo, sostegno.
Con comando si intendono le istruzioni sul lavoro: ciò che il lavoratore deve fare e come deve farlo. Il controllo è la seconda funzione base della dirigenza: verificare se il lavoratore esegue il comando e valutare come lo esegue. Il sostegno comprende quell'insieme di azioni tese a supportare il lavoratore e l'utente nella prevenzione e terapia delle possibili disfunzioni.

In pratica tutto ciò avviene raramente.

Il primo e più importante anello debole del triangolo committente-badante-assistito è il committente. Il fenomeno più diffuso è la delega. Con una serie di giustificazioni più o meno fondate, il committente lascia badante e assistito a loro stessi. Limitandosi a qualche sporadica visita ed all'espletamento delle pratiche burocratiche, ben presto il committente tratta l'operatore badante come un libero professionista e non come un lavoratore dipendente. Scarsa la funzione di comando, assente quella del controllo, quella del sostegno limitata allo smussamento delle frizioni in funzione del quieto vivere.

In condizioni di delega completa il lavoratore sente montare l'ansia e la depressione. Ad esse cerca di rispondere con routines consolidate, apprese nell'infanzia ucraina o peruviana. La spesa, la pulizia della casa, la cucina assumono ben presto un "colore" molto lontano dalle abitudini e dalle aspettative dell'assistito. La disciplina di lavoro sparisce. Il tempo di lavoro diventa elastico quando non opzionale.

A queste prime "stranezze" alcuni assistiti rispondono con una reazione aggressiva, verbale oppure mascherata da ostentata passività. In questi casi l'assistito si sente vittima e vive l'operatore come persecutore: l'iniziale gratitudine trasmuta in acredine. A volte questo vissuto alimenta effettive reazioni sadiche e diviene oggettivamente fondato. Il che spiega i casi in cui l'assistito chiede la sostituzione continua del o della badante: il conflitto è gestito con la totale assegnazione della colpa alla badante. La relazione padrone-servo diventa sadica.

Una maggioranza di assistiti, alle prime frizioni reagiscono con la sottomissione. L'assistito sente se stesso come inadeguato e si sente in colpa per i servizi che la badante gli presta. Gradualmente riduce il suo spazio di autonomia e decisione, il che incrementa lo spazio (ed il potere) della badante. In breve l'assistito entra nella spirale bassa autostima-sottomissione-bassa autostima che lo colloca nel ruolo di vittima. Il conflitto si traduce in una paralizzante assunzione di colpa da parte dell'assistito. La relazione servo-padrone diventa sadica.