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Ugualitarismo, lavoro e mercato di Ektor georgiakis

Quando si parla di lavoro, l'errore principale è quello di pensarlo come un problema uguale per tutti che richiede soluzioni uguali per tutti. In particolare, il fenomeno risulta evidente nel dibattito sul precariato ed i contratti atipici.

Il precariato ed i contratti atipici sono una vera vergogna in tutte le organizzazioni pubbliche, locali o nazionali. Lo Stato che non assume con contratti regolari a tempo indeterminato fa scempio di ogni regola del diritto e della giustizia, ed opera un vero e proprio sfruttamento. In questi casi i contratti atipici andrebbero semplicemente aboliti o trasformati in contratti a tempo indeterminato.

Le organizzazioni private grandi o medio-grandi ricorrono poco ai contratti atipici, sia per i costi di un elevato turn-over, sia perchè godono già di sistemi di elasticità della manodopera. Se vi ricorrono, dovrebbe essere solo per numeri e tempi limitati.

Le piccole o medio-piccole organizzazioni, che sono la maggioranza nel Paese, non hanno affatto piacere di ricorrere ai contratti atipici, che riducono la qualità e hanno un elevato costo di turnover. Lo fanno però, e in larga misura, perchè operano in mercato atipico. I precari delle piccole o medio-piccole imprese, sono tali perchè lavorano in imprese precarie.
Quelle che sono meno precarie (servizi turistici, alimentaristi, riparatori) assumono regolarmente indiani, senegalesi o rumeni cioè immigrati regolari che sono arrivati alla bella somma di quattro milioni: e lo fanno perchè gli italiani rifiutano i lavori manuali.

Il maggior precariato si trova fra le piccole e medio-piccole imprese che operano attraverso appalti, che raramente superano i tre anni di durata. Un'impresa che vive su contratti-appalti di uno, due, al massimo 3 anni non può assumere operatori a tempo indeterminato. Molto precariato si trova anche nei settori dell'informatica, dello spettacolo, del giornalismo, dell'assistenza, dell'educazione, della cultura, cioè in settori strutturalmente precari. Tutto il mercato dell'immateriale in Italia è largamente precario, e lo è perchè, malgrado da oltre vent'anni sia il motore dell'economia, lo Stato lo considera residuale.

Una legge che proibisse i contratti atipici nelle organizzazioni pubbliche e nelle imprese grandi o medio-grandi, ridurrebbe il precariato e promuoverebbe l'occupazione. La stessa legge però, applicata alle piccole e medio-piccole imprese, alle imprese legate agli appalti, alle imprese dell'immateriale, avrebbe semplicemente un effetto fallimentare. Un'impresa precaria che fosse costretta ad assumere solo a tempo indeterminato e con contratti di lavoro regolari, arriverebbe presto a chiudere i battenti. Al posto del lavoro precario, non ci sarebbe alcun lavoro.