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L'economia spiegata da noi analfabeti (Guglielmo Colombi)

Non siamo economisti. Non siamo scienziati. D'altronde, la situazione attuale è stata creata proprio da sedicenti "grandi scienziati dell'economia", le cui ricette ci hanno riportato alla povertà post-bellica.

Nelle tabelle che seguono tentiamo una spiegazione del disastro in termini di "buon senso". I dati numerici sono ovviamente immaginari e schematici, basati su una simulazione con 10 cittadini/imprese che hanno lo stesso reddito (100) per 10 anni, a metà dei quali si presenta una crisi planetaria.

La Tabella presenta i fatti con una tassazione del 50-60% (vicina, ma inferiore a quella attuale).

Tasse 50-60%
anni
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
PIL
Ricavo Stato
Debito
intervento statale pieno
100
100
100
100
100
100
100
100
100
evade
1000
450
50
intervento statale pieno
100
100
100
100
100
100
100
100
100
evade 1000
450
50
intervento statale pieno
100
100
100
100
100
100
100
100
evade evade 1000
400
100
intervento statale pieno
100
100
100
100
100
100
100
chiuso evade evade
900
350
120
riduzione spesa statale
100
100
100
100
100
100
estero
chiuso evade evade
800
300
150
crisi planetaria
riduzione spesa statale
100
100
100
100
estero
chiuso
estero
chiuso
evade evade
600
200
200
riduzione spesa statale
90
90
90
90
estero
chiuso
estero
chiuso
evade evade
540
180
250
riduzione spesa statale
80
80
80
80
estero
chiuso
estero
chiuso
evade evade
480
160
300
riduzione spesa statale
70
70
70
chiuso estero
chiuso
estero
chiuso
evade evade
350
105
350
bancarotta dello Stato
10°
60
60
60
chiuso estero
chiuso
estero
chiuso
evade evade
300
90
400

In questo schema, nel primo anno e nel secondo le cose vanno a gonfie vele. Il PIL è pari a 10 x 100. L'evasione è nella norma (10%) e il ricavo dello stato è poco meno della metà del reddito, il che gli consente di fare investimenti strutturali e politiche di welfare, nonchè di ingrassare la casta. Il debito pubblico è contenuto.
Nel terzo anno l'evasione aumenta fino al 20%, ma il PIL resta inalterato e lo stato è costretto a qualche lieve riduzione di spesa, ma gli basta aumentareil debito.
Nel quarto anno, il sistema entra in una crisi congiunturale: il 10% delle imprese chiudono. L'evasione resta al 20%. Il PIL perde il 10% e lo stato il 20%. La contrazione della spesa statale aumenta, ma non per la casta, solo per gli investimenti strutturali e il welfare. Per evitare che la contrazione sia eccessiva, il debito aumenta.
Nel quinto anno la crisi congiunturale si aggrava ed esplode la globalizzazione. L'evasione è al 20%, il 10% delle imprese chiudono, il 10% deloclalizza. Il PIL si riduce del 20%. Lo stato perde il 30% e diminuisce la spesa (ma non per la casta). Il debito pubblico continua a crescere, per contenere la diminuzione della spesa.
Nei primi cinque anni la tassazione, già alta, lievita lentamente.

Nel sesto anno inizia a profilarsi una crisi planetaria dell'economia. La precedente crisi congiunturale diventa strutturale.
Il PIL diminuisce del 40% rispetto a 5 anni prima. Il ricavo dello stato precipita e il debito cresce, come anche la tassazione.
Negli anni seguenti è evidente la spirale negativa. L'evasione resta stabile, grazie ad una costante repressione, ma cresce ogni anno il numero delle imprese chiuse o delocalizzate. La disoccupazione dilaga. Il PIL si contrae vistosamente e lo stato aumenta il debito nochè la tassazione. Nel giro di un lustro lo stato entra in bancarotta.

INTERVENTI

La crisi planetaria, o meglio, dell'Occidente è indipendente dall'Italia. E' una crisi di implosione di tutte le socialdemocrazie, più ispirate alla sicurezza che al rischio. L'Italia aggiunge alla crisi generale la sua debolezza strutturale.
Ciò suggerisce che il capitalismo, i consumi e le garanzie conosciute alla fine del secolo scorso sono ormai perduti, e ci avviamo verso un'era di penuria da Terzo Mondo. Qualcosa si può fare, ma senza grandi illusioni.
La chiave per contenere la crisi è la stabilità, se non l'incremento, del prodotto interno lordo (PIL), cioè la creazione di ricchezza. La quale richiede:

  • l'aumento netto del numero delle imprese attive (raggiungibile con una severa detassazione, gli incentivi agli investimenti stranieri, una pesante deburocratizzazione, il contenimento del processo di delocalizzazione)
  • la riduzione della spesa e quindi del debito pubblico (che non si può ottenere con vendita dei beni pubblici nè con la riduzione degli interventi strutturali o del welfare, ma azzerando i privilegi della casta, i costi della politica, gli sprechi della spesa).