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L'Europa è il killer della formazione
(estratto/sintesi dal libro "L'araba fenice", a cura di V.Gucci)

Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad una vera e propria esplosione della formazione realizzata attraverso i Fondi della UE. L’Italia ha visto impiegare non meno di 70/80.000 miliardi in interventi formativi di varia natura e per diverse categorie di utenti. Se tutta questa attività fosse davvero servita a qualcosa dovremmo essere un popolo preparatissimo: il che non sembra. Più aumentano gli investimenti in questo genere formazione, più si constata l’inadeguatezza delle risorse umane a fronteggiare le sfide produttive, economiche e sociali, del prossimo secolo. Lavoratori in servizio, lavoratori espulsi dal ciclo produttivo, disoccupati di lunga e media durata, donne, giovani, handicappati, tossicodipendenti, immigrati, studenti delle Scuole Superiori e laureati “deboli”, funzionari di Enti Locali. E’ difficile trovare qualcuno che non sia stato toccato in questi anni da uno dei famigerati Corsi promossi della UE, o da iniziative di formazione similari (anche se finanziate da altre voci del sistema europeo).Quelli che ne sono sfuggiti come utenti, sono stati coinvolti come consulenti, valutatori, organizzatori, tutors, docenti, segretarie, contabili, intermediari. Si più dire che l’unico vero problema occupazionale alleviato dall'UE è quello degli addetti alla formazione. L’entusiasmo col quale tutti si sono”buttati sulla torta” ha fatto spegnere quel poco di dibattito sulla formazione che esisteva fino agli Anni Ottanta, prima dell’esplosione dell'intervento europeo. Le domande sul perché fare una certa azione formativa sono state azzerate dalla risposta standard: “perché possiamo ottenere un pacco di milioni”. Le domande sul come fare al meglio un intervento formativo sono state rese superflue dall’unica risposta in voga: “si fa nel modo più aderente ai formulari”. Conosco progettisti che fanno progetti coscientemente assurdi, sapendo che però rispondono agli oscuri criteri degli esaminatori.

1.     PREVALENZA DELLA BUROCRAZIA

Alla base degli interventi formativi di matrice europea ci sono l’Unione Europea, i diversi Ministeri con le loro articolazioni periferiche, le Regioni e qualche volta i Comuni e le Province. Si tratta di 4 o 5 livelli di burocrazia, diversi e spesso conflittuali fra loro, del tutto privi di una cultura della formazione. Per fare un paragone, è come se la medicina di base e ospedaliera fosse gestita dalla Nato, dalle Forze dell’Ordine nazionali e poi dai Commissariati di Polizia. In parte perché siamo nella sfera della burocrazia, in parte perché non si è pensato di fecondare il polveroso Moloch con un po’ di cultura della formazione, i risultati raggiungono il grottesco.

1.1. Prevalenza della forma
Su tutto regna la formalità. Non intesa come procedura obiettiva, come regola del gioco che difende i più deboli dai più forti, o come garanzia di controllo impersonale. Ma come puro rituale insensato; come guscio irreale che serve solo ad escludere la vita e la formazione vitale in nome della finzione; come sistema di ricatto permanente.

1.2. Disinteresse per la didattica
In un contesto come quello descritto, la didattica, cioè i metodi – la parte più significativa della formazione- non interessano quasi nessuno.

1.3. Assenza di controllo risultati
In tutto questo bailamme formalistico, dove la carta e le procedure soffocano ogni cosa, nessuno mostra alcun interesse per i risultati. Se i Corsi finora realizzati, dentro e fuori delle aziende avessero ottenuto la metà dei risultati promessi, saremmo l’unico Paese di Occidente senza disoccupazione o con disoccupati preparatissimi.

1.4. Alterazione della motivazione
Una volta si diceva che la base della formazione è la motivazione dei partecipanti. Le iniziative della formazione europea hanno monetizzato la motivazione, semplicemente retribuendo i corsisti.

1.5. Meno libertà che nella Scuola Statale
Una simile situazione, configura per il formatore una condizione di libertà infinitamente minore che nella Scuola Statale. In questa esistono regole, controlli, e programmi, ma è salvo il principio della “libertà di insegnamento” e i formatori (docenti o dirigenti) più accorti riescono a ritagliarsi uno spazio di creatività, di autonomia, di invenzione correlate ai percorsi di apprendimento. Nelle azioni formative europee tutto deve essere dichiarato minuziosamente, mesi prima dell’intervento e senza alcuna conoscenza dei partecipanti.

2.     PROLIFERAZIONE DEGLI ENTI DI INTERMEDIAZIONE
La farraginosità delle procedure, la difficile acquisizione di un’informazione tempestiva, la contraddittorietà delle norme rende difficile agli enti formativi un accesso diretto alla opportunità della formazione europea. Ciò ha dato la stura ad una quantità di enti di intermediazione: uffici a Bruxelles o a Roma, bollettini e sportelli di informazione, imprese di gestione dei progetti, consulenti e mediatori delle istruttorie.

3.     DEQUALIFICAZIONE DEI FORMATORI
Una situazione come quella descritta non può attirare e premiare le competenze e la qualità dei formatori. Anche perché ai gestori non viene richiesto alcuno standard che garantisca la qualità dei formatori: bastano un diploma per i ruoli tecnici e una laurea qualsivoglia per le docenze. Molti Enti dunque raccattano i passanti nominandoli formatori, perché con costoro è anche più facile il gioco della doppia fatturazione.

4.     LA SELEZIONE DEI PROGETTI COME LOTTERIA
I capitolati di appalto e le procedure per l’assegnazione dei Corsi o simili, contengono una enorme quantità di orientamenti, regole, eccezioni e parametri tanto da far pensare che la selezione dei progetti avviene su una base altamente sofisticata. In verità, una scorsa alla lista dei progetti approvati e di quelli non approvati, fa emergere che i criteri di selezione sono largamente soggettivi. D’altronde non risulta che nelle commissioni di selezione dei progetti, come anche negli uffici dove si mettono a punto i formulari, siedano formatori di lunga e comprovata professionalità. Sostanzialmente si tratta di burocrazia, tutt’al più esperta in procedure legali e pubblica amministrazione, ma non di formazione. Il sospetto che viene dalla lettura delle liste dei progetti approvati, quando non è quello della parzialità (amicale, partitica, geografica o altro), è quello del sorteggio o della lotteria. Malgrado i labirinti formali e gli sbandierati criteri di selezione, ciò che sembra dominare è il caso.

5.     LA FORMAZIONE CATTIVA SCACCIA QUELLA BUONA
Tutti i limiti denunciati finora potrebbero essere bilanciati dai vantaggi che lo sviluppo della formazione prodotto dai Corsi europei. Sennonché esiste un ulteriore danno che questa ha prodotto negli anni: la riduzione della “buona” formazione. Secondo il vecchio principio liberale per cui la moneta cattiva scaccia quella buona, anche qui la formazione dequalificata ha ridotto sensibilmente l’area della formazione di qualità che fino a metà degli Anni Ottanta si cercava di fare.