Teorie, tecniche ed esperienze nei processi di verifica e valutazione dei Servizi e Progetti Immateriali
Ferruccio Cavallin
ELEMENTI PER UNA DIAGNOSI ORGANIZZATIVA
DELLE COMUNITA’ TERAPEUTICHE

Sommario

Questo articolo intende esaminare alcuni aspetti che determinano l’operatività di una organizzazione e il modo per analizzarne il funzionamento. L’approccio, di natura Psicosociale, individua le dimensioni caratteristiche che condizionano il raggiungimento delle finalità per le quali l’organizzazione è sorta. Il focus viene posto sulle Comunità Terapeutiche come espressione di una particolare tipologia di organizzazione.

La finalità è quella di fornire ai lettori alcuni indicatori sui quali poter analizzare la propria Comunità e realizzare un check-up sul suo stato di salute.

Le tre dimensioni dell’organizzazione: Appartenenza, Finalità e Relazioni

Il funzionamento di una organizzazione si sviluppa su tre dimensioni che interagiscono tra loro in modo complementare ed interdipendente. Tali dimensioni sono l’Appartenenza, il Risultato e le Relazioni.

L’Appartenenza rappresenta il collante dell’organizzazione e si esprime attraverso l’adesione dei membri a valori e a idealità conosciute e condivise. E’ una sorta di sentire comune che, piuttosto che attraverso una consapevolezza ragionata, passa attraverso la dimensione valoriale dei membri. Si tratta di uno stare insieme per affinità ideali che consentono di superare differenze di interessi operativi e disagi relazionali.

Il senso di appartenenza gioca un ruolo di aggregazione fondamentale soprattutto nei momenti di crisi dell’organizzazione. In tale contesto, infatti contribuisce alla sopravvivenza della Comunità dei membri. L’appartenenza si presenta come il "super-io" organizzativo che, quanto più è introiettato nei membri, tanto più costruisce una identità comune sovrapersonale. L’Appartenenza si può esprimere nel rapporto tra come la persona percepisce l’Identità collettiva (Noi) e l’Identità personale (Io):

Appartenenza di gruppo = Som. Identità collettiva
cccccccccccccccccccccccSom. Identità personale
La dimensione delle Finalità afferisce agli esiti operativi che l’organizzazione intende raggiungere. In questo ambito rientrano gli obiettivi, i risultati attesi e prodotti e quindi le metodologie di lavoro e le verifiche. La finalità per cui l’organizzazione è sorta esprime il senso del proprio esistere. Il rapporto tra obiettivi e mezzi si manifesta attraverso l’ottimizzazione delle risorse disponibili. I criteri di efficacia/efficienza appartengono a questa dimensione.

La finalità costituisce l’insieme dei vantaggi che l’organizzazione, con la sua esistenza, intende produrre e che rappresentano, quindi, il Delta rispetto alla condizione di "non esistenza" dell’organizzazione.

Ogni organismo nasce da un Desiderio, a volte da un sogno, altre volte da una necessità. In tutti i casi, comunque, chi lo costituisce prefigura uno stato ideale, o meno problematico, da raggiungere attraverso la sua azione. Ciò significa prefigurare e desiderare dei risultati specifici che mutino lo stato di disagio iniziale, mettere a punto dei mezzi, impiegare risorse in una direzione data.

Finalità = Risultati ottenuti
ccccc
Desideri

La dimensione delle finalità è quella a cui più sovente si pone attenzione in quanto identifica e connota una organizzazione. Essa ne rappresenta la struttura anche formale, il suo "Io" noto, dichiarato e percepito.

La terza dimensione riguarda le Relazioni, cioè i rapporti interpersonali che intercorrono tra i membri. Ci troviamo nella sfera delle emozioni e dell’affettività, in ciò che concerne, quindi, l’energia individuale scambiata nel rapporto tra persone.

La qualità delle Relazioni influisce sulla percezione del clima organizzativo rinforzando o indebolendo sia il senso di appartenenza, sia la qualità del lavoro nel raggiungimento dei risultati. La qualità delle relazioni è valutabile attraverso il rapporto tra l’intensità di energia spesa dalla persona e l’intensità di energia ricevuta da parte dei membri dell’organizzazione.

Qualità della relazione = Energia spesa
cccccccccccccccccc
Energia ricevuta

La qualità delle Relazioni, quindi, non dipende dalla quantità assoluta di energia investita o ricevuta da una persona: è sufficiente che il rapporto percepito sia tendente all’unità, anche se al numeratore e al denominatore è presente una intensità di energia limitata. In altri termini potremmo rappresentare la Qualità delle Relazioni come un Bilancio tra Dare e Avere in termini energetici.

Dimensioni organizzative e Comunità terapeutica

Appare evidente che le tre dimensioni analizzate sono miscelate tra loro in modo differente a secondo della natura dell’organizzazione. Una azienda produttrice di beni di consumo, un confraternita di religiosi, un circolo dopolavoristico, presentano una diversa combinazione delle tre dimensioni, in merito al peso che esse esercitano sul funzionamento e sul risultato finale.

Nel primo caso citato, ad esempio, la Finalità acquisisce una preponderanza rispetto all’Appartenenza e alle Relazioni. In virtù di un contratto di lavoro ogni membro si impegna a raggiungere gli obiettivi produttivi (le finalità) anche in presenza di una sua scarsa identificazione nella organizzazione o in uno stato di relazioni personali non soddisfacenti. Uno squilibrio delle tre dimensioni a favore delle Finalità, non impedisce che l’organizzazione funzioni ugualmente, seppure in modo non ottimale. I membri, infatti, condividono spesso la convinzione per cui, in una azienda profit, ciò che conta è produrre e raggiungere i risultati, anche a costo di sacrificare la qualità dei rapporti tra le persone.

Si tratta di un modo ancora diffuso, ma riduttivo di considerare la funzionalità di una organizzazione. Esso rispecchia la cultura taylorista per cui le funzioni organizzative sono sostanzialmente indipendenti tra loro ad alcune rivestono una maggiore crucialità e peso nel perseguimento dei risultati. Tale modo di vedere è radicato e, in relazione alla natura dell’organizzazione, tende ad attribuire maggiore significatività ora ad una dimensione ora ad un’altra.

In questa ottica, riprendendo l’esempio della confraternita di religiosi, siamo portati a ritenere che, in questo caso, la maggiore criticità sia rappresentata dal senso di Appartenenza. La condivisione di valori e di ideali collettivi, supera l’esigenza di relazioni personali significative e appaganti tra i membri; inoltre le finalità possono essere perseguite anche in presenza di una organizzazione disfunzionale, ma sostenuta dallo spirito di sacrificio e di abnegazione.

Nella percezione comune, quindi, a seconda della tipologia di organizzazione, tendiamo a pensare ad una miscela variabile delle tre dimensioni, attribuendo a ciascuna pesi ed incidenze differenti. Va sottolineato, tuttavia, che Appartenenza, Finalità e Relazioni, influiscono tutte sul risultato finale prodotto dall’organizzazione. Non è possibile quindi, per chi si occupa del positivo funzionamento di aggregati di persone finalizzati ad un risultato, tralasciare la gestione di qualcuna di esse.

Il caso della Comunità Terapeutica porta a considerare il particolare "mix" delle tre dimensioni organizzative.

La Finalità riveste un peso considerevole poiché non è pensabile che queste strutture non riescano a perseguire gli obiettivi per cui sono sorte: la cura e il reinserimento dei tossicodipendenti. Trattandosi di un servizio rivolto ad una utenza debole, la responsabilità di utilizzare al meglio le risorse disponibili impone una attenzione particolare ad obiettivi, metodologie, risultati e verifiche. Come ogni altro organismo erogatore di servizi, anche la Comunità Terapeutica necessità di una attenzione alla dimensione organizzativa.

Proprio il contesto comunitario rimanda all’importanza della dimensione dell’Appartenenza: i risultati previsti nelle Finalità sono raggiungibili solamente sviluppando a fondo la dimensione comunitaria e gruppale. Fare comunità significa generare un contesto nel quale il "Noi" consenta lo sviluppo di un "Io" autonomo e consapevole. Questo può avvenire attraverso la condivisione di idealità e valori che legano i membri, sia si tratti di operatori, sia si tratti di utenti. La pure rigorosa attenzione a metodologie terapeutiche prive, tuttavia, di valori di fondo, non è sufficiente a perseguire i risultati in ambito comunitario, poiché verrebbe a mancare l’essenza stessa di questa tipologia di intervento.

Una debolezza del senso di Appartenenza, quindi, verrebbe di fatto ad entrare in rotta di collisione con le Finalità, divenendo di fatto un ostacolo.

Anche la dimensione delle Relazioni è fortemente connessa e correlate alle altre due. In effetti la Comunità Terapeutica propone fondamentalmente "relazioni" come strumento di intervento per perseguire gli obiettivi di riabilitazione. La natura del suo servizio è costruire rapporti che diventano lo specifico "know-how". Anche questa dimensione organizzativa, quindi, incide sulla qualità del risultato.

Da queste brevi considerazioni si evince che l’attenzione alla qualità organizzativa di una Comunità Terapeutica deve svilupparsi su tutte le dimensioni con la medesima sensibilità e cura.

Gli Indicatori e l’analisi delle variabili

Partendo da tali dimensioni è stata individuata una serie di indicatori che consentono, se monitorati, di tenere sotto controllo l’organizzazione di una Comunità. Si tratta di indicatori di tipo Psicosociale che non pretendono di coprire in modo esaustivo tutte le possibili problematiche. Per ognuna delle tre dimensioni (Appartenenza, Finalità e Relazioni) sono stati articolati alcuni Indicatori; a fronte di ogni Indicatore si sono individuate alcune Variabili descrittive di tipo qualitativo.

La scelta di riportare alcune Variabili soltanto è motivata dal fatto che non si intende in questa sede esplorare tutte le possibili variabili. Ogni organizzazione, infatti, può presentare delle particolarità che le sono specifiche.

Le Variabili di tipo qualitativo non consentono una misurazione o l’assegnazione di un peso come nel caso di un’analisi quantitativa che utilizza altri strumenti. L’utilità di queste griglie, quindi, è quella di consentire una valutazione della propria Comunità in termini di "Coerenza" tra le variabili del sistema, piuttosto che in termini di "Bontà" di ogni singola variabile.

Provate a raffrontare la vostra organizzazione con le variabili riportate sulle griglie poste di seguito: per ogni variabile scegliete quella che più si avvicina al vostro caso. Potrà verificarsi anche l’eventualità che non troviate sempre variabili confrontabili con la vostra realtà. E’ questo uno dei limiti delle griglie.

Le considerazioni conclusive che farete dovrebbero portarvi a valutare se le variabili che avete individuate come rappresentative della vostra realtà organizzativa, sono compatibili tra loro o se, in alcuni casi, emergono segnali di possibile squilibrio dovuto ad incompatibilità.

 

APPARTENENZA

INDICATORI

VARIABILI DESCRITTIVE

IDENTITA’

  • arcipelago (le persone si percepiscono appartenenti a sottogruppi in antagonismo o separati tra loro)
  • monolite (le persone si percepiscono appartenenti ad una unica aggregazione)
  • galassia (ognuno fa storia a parte e non esistono aggregazioni)

RAPPORTO

CON L’AMBIENTE

  • integrazione forzata (la convivenza con l’esterno è problematica, una necessità da affrontare)
  • collaborativo (i rapporti con l’esterno sono su un piano di collaborazione)
  • stimolatore (la comunità si pone come stimolo per la crescita del benessere collettivo, come elemento di proposta)

 

FINALITA’

INDICATORI

VARIABILI DESCRITTIVE

OBIETTIVI

  • conoscenza (qual è il grado di conoscenza degli obiettivi dell’organizzazione da parte dei membri)
  • condivisione (in che misura gli obiettivi sono condivisi dai membri)
  • sfida (quanto gli obiettivi rappresentano una sfida per i membri)

RUOLI

STRUTTURE GERARCHICHE

  • rigidi, determinati (i ruoli sono ben definiti e dettagliate le mansioni)
  • permeabili (i ruoli presentano aree di sovrapposizione, i confini non sono sempre precisi)
  • indeterminati (non esistono descrizioni sui ruoli, non sono precisati)
  • numerosi (vi sono molti ruoli e diversi livelli gerarchici)

PROCESSO DI LAVORO

  • rigido accentrato (stabilito centralmente per ogni settore anche periferico)
  • rigido articolato (parziale decisione centrale e adattamento periferico)
  • adattivo decentrato (centro controlla solo i risultati)

SISTEMI VALUTAZIONE RISULTATI/QUALITA’

  • di risultato (viene valutata la qualità in uscita)
  • di processo (viene valutata la qualità in ogni momento del processo)
  • formale (esistono procedure formalizzate)

STRATEGIE

  • anticipatorie (vengono letti i segnali deboli per anticipare le esigenze)
  • catastrofiche (vi è pronta risposta per adattarsi ai cambiamenti)
  • navigazione a vista (si avanza giorno per giorno in base a quello che accade)
  • globale (sono tenute sotto controllo tutte le variabili interne ed esterne)

TRAINING/ FORMAZIONE

  • pianificata (esistono piani, programmi e rilevazione dei bisogni)
  • occasionale (viene fatta quando è possibile e opportuno)

PROPENSIONE ALL’INNOVAZIONE

  • spinta (c’è il gusto della sperimentazione e dell’innovazione)
  • debole (sono scarse le occasioni di innovazione)
  • diffusa (le innovazioni sono fatte da tutti)
  • polarizzata (esistono solo alcuni che si preoccupano di innovare)

 

RELAZIONI

INDICATORI

VARIABILI DESCRITTIVE

LEADERSHIP

  • carismatica (identificazione col capo, con uno o più leader)
  • burocratica (prevale la norma, il controllo, la sanzione)
  • relazionale (basata sull’emotività, nutritiva)
  • funzionale (i capi sono attenti al processo, al risultato)

COMUNICAZIONE/INFORMAZIONE

  • a cascata (dai vertici alla base)
  • bottom/up (dalla base ai vertici)
  • stellare/diffusa (avviene tra tutti e con tutti)
  • istituzionale (prevalgono i canali istituzionali e formali)
  • informale (non ci sono forme codificate, ma funziona)

SISTEMA PREMIANTE

  • sul gruppo (basato sul gruppo, indifferenziato)
  • sulla performance (si premiano i risultati)
  • sull’anzianità (si premia l’anzianità di servizio)
  • inesistente (non esistono sistemi formalizzati)