La corruzione della scienza di David W. Orr |
L'originale promessa della scienza era di utilizzare il potere della ragione e della conoscenza per il miglioramento della condizione umana e per il progresso. Quella nobile visione è stata ridotta per adattarsi a fini ignobili e, peggio, è stata corrotta a scopi che compromettono la dignità e il futuro umani. Questa manipolazione della scienza, dicono gli autori, è "senza precedenti". In breve, "la conoscenza oggettiva viene distorta per fini politici da parte dell'Amministrazione Bush, e viene travisata o addirittura nascosta al Congresso e al largo pubblico". A chi fa attenzione, conclusioni come queste non giungeranno inaspettate.
Si inseriscono in un modello più ampio che spazia dall'uso errato
di informazioni riservate per giustificare la guerra in Iraq, la frode
sul bilancio, sull'andamento economico, e sugli effetti del taglio delle
tasse, e la lista continua, e per la sua lunghezza e la sua portata
è, ancora, senza precedenti. Qualcuno potrebbe obiettare che
tale informazione è faziosa e non dovrebbe stare su questo giornale
e non ha nessuna attinenza con la sua missione di portare la scienza
autentica sui problemi di conservazione. D'altra parte, indipendentemente
dallo schieramento politico, la corruzione della scienza e dell'informazione
pubblica per fini politici dovrebbe essere profondamente offensiva,
allo stesso modo, per scienziati e cittadini. Se continuerà,
come il metodo di Lysenko (2) nell'Unione Sovietica, questa "corruzione"demoralizzerà
gli scienziati, degraderà la reputazione della scienza, e discrediterà
l'informazione necessaria per una società libera. E, in modo
specifico per quelli che lavorano nella biologia della conservazione,
la ricerca, qualunque sia il suo merito o apporto, non sarà tenuta
in conto o sarà trascurata dagli uffici federali, dal Congresso,
e dalla Casa Bianca. Monbiot, in breve, accusa come alcune branche di scienza universitaria siano sistematicamente corrotte da denaro aziendale. Nei recenti decenni c'è stata un'autentica inondazione di finanziamenti aziendali alle grandi università, e possiamo ragionevolmente assumere che la corruzione sia approssimativamente proporzionale al volume del finanziamento, che non significa, ad ogni modo, dire che tutta la ricerca così finanziata sia a causa di ciò corrotta. La corruzione giunge in gradi variabili. La Union of Concerned Scientists e George Monbiot sono preoccupati degli effetti del fanatismo politico, dell'avidità, e del desiderio di fama sull'informazione scientifica. Ma c'è una più sottile forma di corruzione attraverso cui il finanziamento commerciale e il possesso del sapere recidono il libero flusso di idee nella scienza e deviano interi campi del sapere. Alcune branche di scienza semplicemente non avrebbero prosperato senza la promessa di una grande ricompensa pecuniaria sia per i ricercatori che per le istituzioni in grado di brevettare i risultati. E alcuni campi, di considerevole importanza per la prospettiva umana più ampia, si sono indeboliti perché non offrono tali potenziali. Come risultato, i libri di testo, i curricula, le agende di ricerca, le decisioni di titolarità, le opportunità di impiego vengono a riflettere il modello dell'assegnazione e del dono di denaro, non la ricerca della verità liberamente scelta. Non c'è alcuna cospirazione qui del tipo descritto dalla Union of Concerned Scientists o George Monbiot. Invece, c'è il potere del denaro di fare quello che il denaro ha sempre fatto, cioè imporsi in questo caso sottomettendo molta della scienza a finalità commerciali e di potere determinando perciò le direzioni di interi campi del sapere. I sostenitori del sistema argomentano che i fondi così ottenuti dalle università sono necessari per fare la differenza tra aumentare i bilanci e diminuire il contributo pubblico. Ma che la povertà sia una cosa relativa non è un buon argomento per compromettere l'integrità istituzionale, la fiducia pubblica, o la ricerca della verità. Gli altri argomentano che la conoscenza acquisita in questi campi, in qualunque modo finanziata, rappresenta un processo analogo all'evoluzione in cui solo il più forte sopravvive. Questo non spiega perché ne sappiamo tanto su certe cose, spesso banali o anche dannose al benessere umano, e così poco su altre cose, come le reali dimensioni della vita sulla Terra, la biologia della conservazione, la salute delle donne, l'agricoltura senza sostanze chimiche, o la creazione di città vivibili. C'è una terza e più profonda causa di corruzione oltre il potere dell'ideologia e il denaro: il fallimento dello scetticismo scientifico fra gli stessi scienziati. Robert Sinsheimer, in un notevole articolo pubblicato su Daedalus nel 1978, chiese: "Ci potrebbe essere una conoscenza, il possesso della quale, in un dato momento e stadio di sviluppo sociale, sarebbe nemica del benessere umano o anche fatale ad una ulteriore espansione della conoscenza?" La sua risposta fu affermativa. Il suo punto di vista era semplicemente che il diritto di libera indagine non dovrebbe essere usato per scavalcare valori più grandi, inclusa la libertà, la pubblica sicurezza, la qualità dell'ambiente, e anche la sopravvivenza del genere umano. C'è, lui sostenne, una conoscenza scientifica che non possiamo controllare e che potrebbe, in un modo o nell'altro, mettere a repentaglio l'umana sopravvivenza. Ventitré anni dopo, Bill Joy disse quasi la stessa cosa, facendo un appello per una moratoria sulla ricerca su dispositivi capaci di autoreplicarsi e intrinsecamente aldilà del controllo umano. Entrambi furono ampiamente ignorati o respinti come allarmisti. Ma se l'essenza della scienza è lo scetticismo, allora una mancanza di scetticismo sulla scienza stessa e il contesto più ampio in cui è condotta è ascientifico. Nonostante né Sinsheimer né Joy offrirono facili risposte, una risposta scientifica sarebbe risultata in un ampio dibattito sulle più ampie implicazioni della ricerca scientifica e la sua relazione con il benessere umano. La corruzione della scienza non iniziò con gli ideologi di destra nell'Amministrazione Bush, o con i finanziamenti privati, o addirittura con il fallimento degli scienziati a pensare alla scienza in modo scettico. Le radici del problema tornano indietro fino alla proposta di Francis Bacon (1627) di unire la scienza e il governo e al suo intento di assoggettare la scienza all'obiettivo del "realizzare tutte le cose possibili". Quell'unione e le sue annesse possibilità restarono dormienti fino alla Seconda Guerra Mondiale e l'uso ed abuso sistematico della scienza e degli scienziati da parte dei governi Alleati e dell'Asse allo stesso modo. La scienza tedesca era corrotta ai fini dell'assassinio e della militarizzazione. Ma la scienza nei paesi Alleati non può proclamarsi innocente. Testimone l'eredità del Progetto Manhattan: Hiroshima, Nagasaki, mezzo secolo di corsa agli armamenti, paesaggi radioattivi, e sistematica segretezza del governo. Bacon potrebbe non aver previsto le dimensioni e la portata della rivoluzione scientifica e le possibilità per i governi di corrompere la conoscenza applicandola allo sviluppo di orrendi ordigni e alla sorveglianza e manipolazione dei suoi stessi cittadini. Un'immagine persino più desolante emerge nella scienza che ha usato i cittadini come cavie per ricerche evocatrici della scienza nazista: l'Esperimento Tuskegee Syphilis (4) tra il 1932 e il 1972; esperimenti condotti tra il 1950 e il 1969 in cui il governo sperimentò medicine, prodotti chimici, biologici e radioattivi su ignari cittadini statunitensi; e la deliberata contaminazione di 20000 km quadrati intorno a Hanford, Washington, per valutare gli effetti del plutonio disperso (Cornwell 2003 (5)). E c'è stato un secolo o più di segreto aziendale sugli effetti ecologici e sulla salute dell'inquinamento e di un buon numero di prodotti e processi industriali. Se mai riusciamo a scoprire qualcosa, ciò avviene molto tempo dopo e principalmente grazie a qualche accidentale breccia nel muro della segretezza. Guardando avanti, il progresso della scienza accrescerà le tentazioni alla segretezza e l'ulteriore uso improprio del sapere. Il progresso in molti campi sta creando dilemmi etici per i quali siamo intellettualmente, moralmente e istituzionalmente impreparati, come Robert Sinsheimer temeva. E il progresso del sapere in certi campi moltiplicherà le possibilità per i terroristi di tutti i tipi, inclusi quelli che agiscono in nome del nostro governo mentre crescono le possibilità di errori umani con gravi conseguenze. La "guerra al terrore" dell'Amministrazione Bush sta creando nuove pressioni per militarizzare la scienza e l'industria sotto un denso manto di segretezza. Il Pentagono già controlla circa metà dei 75 milioni di dollari annuali della ricerca federale e del bilancio per lo sviluppo, una frazione che certamente aumenterà con la scusa della sicurezza nazionale e la spinta a militarizzare lo spazio e quindi ad estendere ulteriormente l'egemonia statunitense. La scienza il più potente e problematico degli sforzi umani. Nel passato, ci siamo concentrati prevalentemente sulla sua potenza e promessa, non sui suoi pericoli. E nell'età d'oro della scienza, da Galileo al principio della scienza Nazista, questo era comprensibile, forse giustificabile. Ma viviamo adesso in circostanze diverse previste dal Frankenstein di Mary Shelley o da Ahab nel Moby Dick di Herman Melville. La scienza è cresciuta in potenza e portata senza un adeguato miglioramento nel nostro giudizio collettivo sui suoi usi propri o limiti, quindi con un piccolo miglioramento nella nostra capacità di prevedere e prevenire il sapere dannoso al genere umano per le ragioni che Shelley ha rappresentato e a causa della nostra predisposizione per ossessioni collettive del tipo descritto da Melville. Fare così ci richiederebbe di pensare più profondamente alla scienza e di mettere in discussione le relazioni fra la scienza e la democrazia, la legge, e la responsabilità. A tal fine offro le seguenti osservazioni. Primo, la relazione tra la conoscenza e l'ignoranza non è a somma zero. La fede nel potere della ragione che abbiamo ereditato dall'Illuminismo porta con se un crescente fardello di ironia. Il fatto è che il progresso della scienza, condotto con la fede che la ragione renda la causa e l'effetto trasparenti e il mondo più controllabile, ha di fatto creato un immensamente complicato mondo di cose, materiali, sistemi, effetti ecologici, e circoli retroattivi a diverse scale e orizzonti temporali in cui la causa e l'effetto stanno diventando più difficili da discernere e le possibilità di controllo (almeno su larga scala) addirittura più remote. Ogni scoperta scientifica espande il dominio del sapere ma espande anche l'interfaccia tra ciò che conosciamo e l'ignoto, che equivale a dire che genere ancora più domande, alcune delle quali non riusciremo a porre o a porre in tempo per evitare problemi seri (e.g., gli effetti dei clorofluorocarburi sullo strato di ozono). Secondo, la scienza è neutrale solo al livello dei metodi e non al livello più alto al quale i problemi sono scelti e i campi definiti. Quel livello più alto è determinato dai valori, dalla politica, dal finanziamento, e da cosa Thomas Kuhn un tempo descrisse come paradigmi metodi accettati di ricerca, problemi, e strutture che di volta in volta sono prodotti della cultura, della psicologia e del potere politico. Terzo, dal punto di vista pubblico, l'attuale pratica della scienza è sempre più lontana ed esoterica, benché i suoi effetti siano sempre più pervasivi e intrusivi. La sua relazione con il pubblico ricorda in qualche modo la relazione della teologia distribuita dal Papato in Latino alle masse illetterate del Medioevo. Quarto, in materia di conoscenza, il motivo conta. La differenza tra
ricerca eseguita nello spirito, per esempio, della "compassione
per l'essere vivente" di Barbara McClintock e quella motivata dalla
curiosità spinta dal commercio non è banale. Una può
condurre al profondo rispetto, l'altra più probabilmente all'ingegnosa
manipolazione della natura o addirittura al sacrilegio. Da questa prospettiva, cosa può essere fatto per redimere il potenziale della scienza per il miglioramento umano come concepito un tempo durante l'Illuminismo? Una risposta è insistere sulla "vigilanza basata su principi" da parte degli scienziati. Lo storico britannico John Cornwell (2003:462 (5)), per esempio, descrive un "buono scienziato" in questi termini: Lui (o lei) "non pone conoscenza o tecniche pericolose nelle mani di persone indegne di fiducia, tenta di pubblicizzare con ogni mezzo possibile le conseguenze sociali e ambientali di sapere potenzialmente pericoloso [e] respinge l'uso delle persone come strumento". Allo stesso tempo nota le forze che lavorano per dubbi interessi, come "i patti Faustiani [che] stanno in agguato in ordinarie richieste di borse di studio, nella pressione a pubblicare al fine dell'occupazione di un posto e del bilancio del dipartimento, nel considerare il sapere e della scoperta alla stregua di una comodità che possa essere posseduta, comprata e venduta". Non c'è nessun buon argomento contro l'importanza di una giusta valutazione e di una robusta sensibilità etica esercitata da singoli scienziati. Sebbene necessari, tuttavia, tali qualità sono insufficienti dati i limiti della natura umana e la percezione individuale e l'ampiezza del problema. Una seconda risposta è di migliorare l'educazione nelle scuole e nelle università al fine di creare persone scientificamente preparate. Raramente tali moniti vanno oltre il proporre una scienza più essenziale nel curriculum piuttosto che il più vasto obiettivo di preparare le persone per pensare con razionalità e scetticismo alle tendenze della scienza stessa o agli usi a cui viene asservita. Il risultato è spesso una specie di superficiale livello di conoscenza finalizzato a creare un ampio ma acritico appoggio alle grandi scienze e un più profondo stato di torpore pubblico senza mettere la gente in grado di porre domande serie. In materia di educazione, la letteratura scientifica dovrebbe essere considerata come un mezzo per fornire alla gente la capacità di pensare criticamente sulla scienza stessa. Una terza, e connessa, risposta richiede la creazione di meccanismi che permettano a persone preparate scientificamente di partecipare alla decisione delle priorità nella ricerca e sviluppo finanziati pubblicamente. Persone perspicaci sarebbero d'accordo, ad esempio, di pagare per la scienza necessaria a militarizzare lo spazio o per quella necessaria a cercare avventure sul pianeta Marte, o anche al Progetto Genoma Umano? Porre queste domande evidenzia il fatto che attualmente abbiamo pochi meccanismi efficaci per collegare la vita civile e il dibattito pubblico con le scelte sugli obiettivi della ricerca. Questa disgiunzione può solo insidiare la democrazia e alla fine il pubblico appoggio alla scienza stessa. Il contro-argomento che la gente non può mai saperne abbastanza per fare oculate scelte su complessi problemi scientifici è sia faziosa che dubbia alla luce dei molti esempi dall'esperienza nostra ed Europea in cui la gente ha partecipato costruttivamente alla decisione sulle direzione della scienza e le sue applicazioni (Sclove 1995:197-328 (6)). Il problema non è la stupidità della gente, la mancanza di interesse, o ancora la difficoltà del problema, bensì il fallimento dell'immaginazione politica richiesta per creare istituzioni democratiche innovative adatte a circostanze mutate. Tutto ciò conduce ad una quarta risposta. C'è una frattura
sempre più ampia tra ciò che è ritenuta la parte
più avanzata della scienza ed i reali bisogni umani. Ne sappiamo
abbastanza per dire con sicurezza che l'intersezione tra cambiamento
climatico, impoverimento delle forme di vita, declino dell'ecosistema,
e povertà ci stanno trascinando verso quello che è nella
migliore delle ipotesi un futuro sgradito. Sappiamo, anche, che la crescente
dinamica fra egemonia economica statunitense guidata dal combustibile
fossile, terrorismo, e militarizzazione sta sviando l'attenzione e le
risorse critiche dallo sforzo per occuparsi dei nostri problemi. Inoltre
noi ne sappiamo abbastanza per dire che i poteri della scienza dovrebbero
quindi essere reindirizzati con velocità calcolata dalla conoscenza
banale e anzi pericolosa verso la conoscenza necessaria a: L'originale promessa della scienza era di utilizzare il potere della ragione e della conoscenza per il miglioramento della condizione umana e al progresso in generale. Quella nobile visione è stata ridotta per adattarsi a fini ignobili e, peggio, è stata corrotta a scopi che compromettono la dignità e il futuro umani. La redenzione della scienza è niente meno che lo sforzo di reclamare un futuro umano diretto da una razionalità più ragionevole, da una scienza più scientifica, e dalla visione che siamo davvero capaci di elevarci al di sopra delle illusioni, della cattiva volontà e dell'avidità. NOTE |