Il cuore ha un suo cervello di Sergio Audasso (Fonte)

Il cuore è intelligente. I Taoisti avevano ragione.

La straordinaria scoperta ha finalmente stralciato ogni dubbio. Il cuore ha un suo cervello. A scoprirlo sono stati i ricercatori della nuova disciplina scientifica che prende il nome di Neurocardiologia. È stato scoperto che il cuore produce tre neurotrasmettitori (norepinefrina e dopamina) ed il cosiddetto ormone dell’equilibrio (ANF). Grazie ad un campo elettromagnetico 40-60 volte superiore a quello del cervello, ad ogni battito, ogni cellula del corpo riceve informazioni precise e complessi messaggi che influenzano le nostre emozioni e la nostra salute mentale e fisica.
I ricercatori scientifici dell’IHM (Istituto di HeartMath, Boulder Creek, in California) esplorano, ormai da tempo, il meccanismo fisiologico con cui il cuore comunica, in varie forme , col cervello influenzando quindi non solo le nostre percezioni, le nostre emozioni e la nostra salute ma anche il nostro modo di vivere la vita. Una forma di comunicazione ottimale è, secondo questi studi, la “Sincronia”. Tale comunicazione si ottiene quando il ritmo del cervello e di altri sistemi biologici si sincronizzano con i modelli di battito ritmico del cuore. La sincronia diviene così un elemento essenziale per riflettere un equilibrio armonioso tra i due rami del sistema nervoso autonomo. Lo stato interno di accresciuta efficienza fisiologica migliora la salute, riduce i livelli di stress e riporta il corpo ad uno stato di equilibrio e di benessere.
Sincronia Neurobica. Come ottenere una giusta Sincronia tra cervello e cuore.
Il primo elemento da mettere in gioco è la nostra percezione del mondo e come interagiamo, comunicando, con esso. Ciascuno di noi ha una sua ideale e personale percezione del mondo. Nella comunicazione interpersonale, quando si comunica, o per meglio dire, ci si parla, il nostro cervello codifica il significato della frase pronunciata dall’emittente sulla base:

• del suono, in qualità di tono e volume, delle parole emesse (come viene detto = fonetica),
• del significato interpretativo personale delle parole emesse (cosa viene detto = semantica),
• della punteggiatura e dei nessi grammaticali utilizzati ( puntualizzazione su ciò che è detto = sintassi), e
• della nostra conoscenza sul e del mondo (inserimento dei processi descritti all’interno della realtà empirica e personale = pragmatica).

A questo punto, i nostri processi neurali entrano in gioco e tra i quattro (4) e gli undici (11) secondi dall'evento comunicativo, viene emessa una risposta.

Lo studioso Walter Mischel ha stabilito, grazie ad esperimenti e ricerche effettuate su primati e soggetti volontari umani, che gli stati comportamentali sono determinati dalle situazioni e non, come si credeva, costituzionalmente acquisiti. Egli afferma, che un comportamento è prevedibile nella misura in cui, entrando in empatia con l’emittente, si viene a conoscenza delle sue motivazioni e delle sue emozioni in quanto, il nostro cervello, elabora le risposte comportamentali in base a due soli elementi risultanti dalla somma percettiva della fonetica, della semantica, della sintassi e della pragmatica, i: "Se .................... Allora".

(Esempio: "Se" ci si trova in una situazione A "Allora" si farà X, ma, "Se" si è in una nuova situazione B, "Allora" si farà Y. Quindi, tutto, come possiamo vedere, è stabilito non tanto da tratti costituenti la personalità ma dalla somma di innumerevoli piccoli profili comportamentali acquisiti con l’esperienza del tipo "Se .... Allora faccio").

Questi livelli di percezione legati ai “Se” …. “Allora”, sono alla base di ogni risposta sia comunicativa che comportamentale. Riconoscere un determinato “Se” all’interno di una situazione specifica, “Allora” può farci ricalcare modelli comportamentali di protezione appresi in passato. Il ripetere i copioni acquisiti per difendere il proprio schema mentale è prassi ormai comune ai più. Ecco perché gli elementi cosiddetti disturbanti quali: i cambiamenti improvvisi, le sorprese poco gradite, vengono percepiti come un pericolo. Da qui la nascita di idee bloccanti: le preoccupazioni.

Lo schema delle idee bloccanti ormai universalmente accettato è il seguente:

• 25% idee bloccanti riguardanti il passato
• 20% idee bloccanti riguardanti il futuro
• 30% idee bloccanti su fatti che potrebbero accadere sui quali siamo del tutto impotenti
• 20% idee bloccanti sulla natura dei nostri bisogni di affermazione e riconoscimento
• 10% idee bloccanti sull’obbligatorietà che gli altri compiano azioni che a noi piacciano
• 05% idee bloccanti dal sapore motivazionale in quanto stimoli alla reazione positiva

Come abbiamo visto, il nostro comportamento è lontano dall'essere costituzionalmente acquisito. Cambiare i profili comportamentali riconoscendo l'autoinganno prodotto dalla nostra vecchia idea è possibile. Da quanto si evince sopra, il nostro cervello agisce, autoingannandosi, in base a schemi e modelli comportamentali creduti veri ma, in realtà, falsi e bloccanti. Questo produce un disequilibrio ed il cuore emette ormoni atti alla compensazione emozionale. Ma come fare per realizzare la “Sincronia”? Giochiamo al cambiamento e aumenteremo la relazione con noi stessi. Ricordandosi che la danza delle strategie acquisite è la tomba per colui che desidera crescere liberando in sé stesso i propri talenti e le proprie reali capacità sia personalmente che professionalmente.