Questo è un insieme di contributi del gruppo di ricerca
"Progetto GALSAP"

promosso da ARIPS.

Elenco dei
contributi:

Alberi di conoscenza
di Giovanni Caldara

Come misurare il capitale intellettuale
di Ferruccio Cavallin

Le Banche del Tel Tempo
di Cristina Bertazzoni

Progetto GALSAP
di Guido Contessa

 

GLI ALBERI DI CONOSCENZA
(Giovanni Caldara)

L’IDEA

Il progetto Les arbres de connaissances nasce da una riflessione che, dalla fine degli anni ottanta, intende individuare e studiare le contraddizioni della società contemporanea: si tratta di osservare che mentre è in atto il processo della sua dissoluzione a opera delle trasformazioni informatiche, non vengono meno le categorie tipiche della società industriale (capitale, lavoro, società rappresentativa). Si assiste, in altre parole, a una società sempre più molecolarizzata, insofferente alle vecchie forme di associazione – ritenute troppo rigide e anguste –, ma incapace nello stesso tempo di estirpare la naturale propensione dell’uomo all’autorganizzazione. Nella ricerca piuttosto di nuove espressioni; gli strumenti tecnologici appaiono come il possibile punto di partenza per valorizzare in maniera nuova le competenze dei singoli individui piuttosto che i responsabili dell’accelerazione del processo di disgregazione.

È difatti la centralità dell’individuo, per Pierre Levy, l’unica via percorribile per la fondazione della comunità del domani. L’idea di coscienza collettiva nasce da qui: dall’acquisizione della liberazione delle energie e delle potenzialità dei singoli come criteri di ricerca e di valore.

E dall’impiego degli strumenti ritenuti responsabili della frantumazione del tessuto sociale nasce il progetto degli alberi di conoscenza.

IL PROGETTO

Gli alberi di conoscenza si propongono come sistemi capaci di valorizzare le competenze all’interno delle varie comunità.

Il progetto, sostenuto da Edith Cresson allora commissario europeo per l’educazione, s’è diffuso attorno alla metà degli anni novanta in Francia e in alcuni altri paesi, all’interno di realtà aziendali e in contesti scolastico/ricreativi.

I presupposti del progetto sono così riassumibili:

  • Ognuno sa qualcosa
  • Nessuno sa tutto
  • Il sapere è immanente ai diversi collettivi umani
  • Il valore di una competenza dipende dal contesto.

L’accento è posto sull’idea di "comunità", vera e propria chiave di volta in base alla quale valutare e commisurare i saperi posseduti dall’individuo. Il tentativo è quello di trovare un linguaggio comune di negoziazione tra individui (che offrono delle competenze), aziende (che ne ricercano) e formatori (che ne facilitano l’apprendimento).

Gli alberi di conoscenza vogliono essere un modello di autorganizzazione incentrato su una formazione permanente, intesa come elemento indispensabile per la crescita dell’economia della conoscenza che, in quanto tale, deve essere senza inflazione e senza sfruttamento.

La comunità è dunque rappresentata da un albero.

Ogni persona si caratterizza dall’insieme di competenze che possiede. Da quelle elementari a quelle più sofisticate. Ogni competenza è rappresentata da un’icona.

Se ora si considerano le diverse competenze in relazione a quelle possedute dai vari elementi della comunità si avrà una rappresentazione che sarà così costituita:

  • nella parte bassa dell’albero si troveranno le competenze più diffuse nella comunità: quelle acquisite come prime e che hanno poi permesso la nascita delle altre.
  • nella parte alta dell’albero si troveranno invece le competenze che costituiscono i saperi in cui la comunità eccelle.

      Il tronco rappresenta il sapere di base diffuso localmente.
      I rami i saperi specialistici.
      Le foglie i saperi personali.

L’impianto degli alberi di conoscenza lascia trapelare l’idea di fare delle istituzioni non più il governo della società, ma l’amministratore del carattere pubblico dell’intelligenza collettiva.

Come si realizza concretamente il progetto?

Da un punto di vista pratico, l’albero è costituito da un insieme di competenze dette blasoni. Ciascun blasone definisce le abilità acquisite da ogni suo possessore. L’azienda o l’ente alla ricerca di particolari competenze accede a una "banca di profili" che permette di individuare i saperi disponibili. Una volta verificata la corrispondenza tra questi e le esigenze dell’azienda, la società entra direttamente in contatto con i possessori delle diverse competenze tramite un database.

Ognuno può acquisire le competenze richieste, superando la prova stabilita dal brevetto che la caratterizza.

Se tutti i criteri di valore sono fondati sull’uso, significa che sono relativi a una comunità e sono a essa immanenti. La natura della comunità è data dalle competenze espresse. Ed essendo la comunità in continua evoluzione, ne segue che tutti i tipi di competenze, compresi i saperi non formalizzati, possono essere riconosciuti. Il problema della valutazione delle competenze diviene quindi fondamentale.

Nel progetto degli alberi di conoscenze ogni persona può accedere ai profili che stabiliscono quali prove sono necessarie per ottenere un determinato blasone. E, per principio, ognuno può arricchire l’albero con un sapere che possiede, ma che non è stato ancora valorizzato e quindi espresso.

Se un membro della collettività ritiene di possedere una competenza non presente nella comunità può depositare un brevetto che contenga una prova con la quale questa può essere ottenuta.

Il disegno è semplice: depositare una prova implica riconoscere come "universali" dei criteri di valutazione. Almeno all’interno della singola comunità.

Gli alberi di conoscenza postulano che lo spazio di referenza per ogni competenza è una comunità di vita. Il valore di un brevetto è dato dal valore che per la comunità riveste una determinata competenza per la sua conservazione e il suo sviluppo.

Ma se si evita la deriva di considerare le comunità come un insieme di isole autarchiche e incomunicanti, come evitare che dei brevetti validi in un determinato contesto siano del tutto inutili in uno diverso?

Per Levy ogni tipo di valutazione è di tipo empirico–induttivo. Il problema è come pretendere di sostituire un sistema di certificazione, retto da regole precise e definite, con un sistema completamente induttivo che rinvii cioè l’attribuzione di cosa è "sapere" a un collettivo di persone la cui unica legittimità è quella di partecipare alla costruzione dell’albero di conoscenza.

Come uscire dall’impasse per cui l’universalità della legge non è che una gabbia incapace di valorizzare le peculiarità, mentre le regole locali valorizzano sì le specificità, ma sono incapaci di sorpassare il gruppo che le adotta e le definisce?

La risposta di Levy è teorica: le leggi riconosciute da ogni comunità sono sempre particolari. È nella natura stessa di ogni "affermazione" essere particolare. Una legge universale è tale se in essa si riconosce "qui e ora" una pluralità di persone. Questo implica che a ogni cambiamento segue una modificazione dei criteri di valutazione.

I criteri non possono quindi essere stabiliti una volta per tutte a priori.

L’unica strada percorribile, per Levy, rimane quella di comunicare con gli altri sulla base dello scambio del sapere relativizzando il non sapere.

…per saperne di più…

P. Levy, M. Authier, Gli alberi di conoscenze, Feltrinelli,1998
P. Levy, L’intelligenza collettiva, Feltrinelli, Milano, 1996
J. Teissier, Arbres de connaissance, controverses expériences , sta in " Evaluation ", CEREQ, luglio, 1998

http://www.cortex-culturemploi.com
http:///www.triviun.fr
http://www.mds-agde.org/Formation/Arbre_connaissances/menu_arbres.htm

 

 

 

 

 

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