LA LUCE (Fonte)
La luce nella fisica classica: le onde elettromagnetiche

Nel XVII e XVIII secolo due teorie erano al centro del dibattito sulla natura della luce. Da una parte, la teoria corpuscolare proposta da Isaac Newton; dall'altra la teoria
ondulatoria difesa soprattutto da Christian Huygens. Secondo la teoria corpuscolare, la luce è composta da particelle dotate di energia e impulso che si propagano in linea retta nello spazio vuoto. Secondo la teoria ondulatoria, invece, la luce è composta da onde, simili alle onde del mare.
A quel tempo entrambi i modelli erano in grado di spiegare le proprietà della luce allora conosciute: i colori, la riflessione, le ombre.
Nei decenni successivi vennero realizzati nuovi esperimenti ed emersero nuove proprietà che potevano però essere spiegate solo dalla teoria ondulatoria. Per un lungo periodo di tempo, quindi, quest'ultima prevalse rispetto al modello corpuscolare di Newton.
La teoria ondulatoria ottenne il massimo riconoscimento nel XIX secolo, grazie alla sistemazione teorica operata da James Clerk Maxwell e a una spettacolare previsione: l'esistenza delle onde radio.
La caratteristica fondamentale delle onde elettromagnetiche è quella di "sommare" i loro effetti;
tale proprietà prende il nome di principio di sovrapposizione. Dal principio di sovrapposizione discendono tutti i fenomeni caratteristici dei moti ondulatori: i più significativi sono la diffrazione e l'interferenza.
La luce possiede inoltre una curiosa proprietà, fonte di numerose applicazioni tecnologiche: la polarizzazione.

La luce nella meccanica quantistica: i fotoni

Alla fine del XIX secolo la teoria ondulatoria della luce sembrava poggiare su solide
basi. James Clerk Maxwell era riuscito a formulare un insieme di equazioni in grado di spiegare le diverse proprietà del campo elettromagnetico. Tutti gli esperimenti confermavano le previsioni teoriche; infine, le prime applicazioni tecnologiche (la più importante di esse è la radio) facevano la loro comparsa.
Tuttavia, proprio all'inizio del 1900 questo grandioso edificio cominciò a vacillare. Tre furono le tappe fondamentali che portarono a una radicale rivoluzione nella descrizione dei fenomeni elettromagnetici:

1900: il corpo nero. Nel corso dei suoi studi teorici sulle proprietà dello spettro di emissione del corpo nero, Max Planck ipotizzò che gli scambi energetici tra la radiazione e la materia avvengono tramite quantità finite (chiamate appunto quanti) di energia.

1905: l'effetto fotoelettrico. Albert Einstein, sempre nel tentativo di spiegare il modo in cui radiazione e materia interagiscono tra loro, suppose che la radiazione stessa sia composta da quanti (i fotoni), ovvero da "pacchetti" di energia del campo elettromagnetico.

1923: l'effetto Compton. Un terzo tipo di interazione tra la radiazione e la materia venne descritto in maniera semplice e soddisfacente da Arthur Holly Compton, il quale riprese l'idea di Einstein che la luce sia costituita da particelle dotate di energia e impulso.
Quest'ultima era la prova definitiva che convinse la comunità scientifica circa la natura corpuscolare della luce. Emerse quindi un nuovo modello del campo elettromagnetico, descritto dalla meccanica quantistica: la luce, accanto alle proprietà ondulatorie classiche, in determinate condizioni, manifesta anche proprietà corpuscolari.