Presentiamo una bozza di progetto
proposto dal Professore Angelo Raffaele Meo, docente di Sistemi
per l'elaborazione dell'informazione presso il Politecnico di
Torino, che nelle intenzioni potrebbe portare l'Italia a divenire
la capitale mondiale del Freeware.
Ghost Computer Club ha deciso di sostenere attivamente questa iniziativa. |
1. LO SCENARIO INTERNAZIONALE DELL'INFORMATICA 1.1 La posizione dell'Italia Nel 1996, ultimo anno per il quale disponga di dati consolidati, il mercato italiano dell'informatica valeva 23.050 miliardi di lire contro un mercato mondiale di 603 miliardi di dollari, nettamente al di sotto di quel 3.4% che rappresentava il contributo italiano al reddito mondiale. La spesa informatica italiana per cittadino era pari a 253 dollari, contro 909 di Stati Uniti, 741 del Giappone, 523 di Gran Bretagna, 512 della Germania e 489 della Francia. Anche rapportata al PIL, tale spesa (1,4%) appare nettamente inferiore non soltanto a quella dei due paesi leader (3,1% per gli USA, 1,8% del Giappone), ma anche a quelle dei tre più importanti paesi europei (2,8%, 1,9% e 2,0% di Gran Bretagna, Germania e Francia, rispettivamente). Su 100 addetti soltanto 26 lavoratori italiani dispongono di un personal computer, contro 68 americani e circa 40 per gli altri paesi europei. Di questi soltanto 17 usano la posta elettronica, contro 67 americani, 65 inglesi e 30 tedeschi. Il numero di personal computer collegati a un modem è nel nostro paese soltanto pari al 4% contro l'87% degli Stati Uniti e il 20% della Germania. Fanno eccezione, in questo contesto, i dati relativi alla diffusione di altri apparati, come i televisori o i telefoni fissi, caratterizzati da valori comparabili con le medie europee, e i dati della telefonia cellulare, che decretano la leadership italiana in Europa. Questi dati sono talora usati, credo inconsapevolmente, per mascherare il disastro dei dati relativi alla spesa informatica. Si osservi tuttavia che telefoni e televisori sono prodotti di consumo, operanti solo in piccola misura come fattori di sviluppo, e che comunque sono realizzati con tecnologie e apparati in larga prevalenza importati. Anche la dinamica dei parametri sopra riportati appare meno rapida per l'Italia che per gli altri paesi industrializzati. Persino in anni, come il 1995, che hanno visto crescere in misura considerevole gli investimenti italiani in macchinari e attrezzature, gli incrementi di investimenti in tecnologie e prodotti dell'informazione sono apparsi relativamente modesti, quasi a testimoniare una vocazione del sistema industriale del Paese verso prodotti e produzioni tradizionali, a basso contenuto tecnologico. Se i dati relativi all'impiego di tecnologie e prodotti dell'informazione sono molto preoccupanti, i corrispondenti dati pertinenti la produzione, come soggetti industriali, di quei prodotti e quelle tecnologie appaiono disastrosi. Consumiamo poca informatica e ne produciamo pochissima. Il caso della Olivetti, che non e` più un'azienda industriale in senso stretto, e quello della Telettra, che e` divenuta parte della francese Alcatel con una conseguente delimitazione del ruolo, sono emblematici della scelta del sistema industriale italiano, tutto concentrato sulle tecnologie e sui prodotti maturi. Il nostro Paese ha fatto proprio, o quanto meno ha accettato, un modello della divisione internazionale del lavoro che delega ad altri lo sviluppo delle tecnologie di punta, e delle tecnologie dell'informazione in particolare, e lascia a noi tecnologie e comparti tradizionali. È una scelta economicamente sbagliata, perché i comparti di punta sono caratterizzati da valori aggiunti e profitti più elevati, e strategicamente pericolosa, perché le tecnologie sono sinergiche l'una con le altre, e non si può trascurarne una senza implicitamente danneggiare tutte le altre. 1.2 Il software italiano Dei 12.590 miliardi di lire che rappresentavano il mercato italiano del 1996, 4600 miliardi erano rappresentati da prodotti software e altri 2068 miliardi corrispondevano ai fatturati per lo sviluppo e la manutenzione di programmi su commessa. La quota rimanente era rappresentata, in misura pressoché uguale, dalle consulenze, i servizi di integrazione di sistemi, la fornitura di servizi di elaborazione dati, formazione e "outsourcing" a vari livelli. I dati riportati non mettono in chiara evidenza tutta la dimensione del ritardo del nostro Paese in questo settore. Ad esempio, non spiegano che soltanto il software prodotto su commessa nasce nel nostro Paese, che quasi tutto il software di base - sistemi operativi, linguaggi e compilatori, strumenti e ambienti di sviluppo - e la grande maggioranza del software applicativo sono importati dall'estero, che le esportazioni di software e servizi collegati sono praticamente inesistenti. Piccolissimi paesi come la Finlandia o paesi del terzo mondo come l'India ci surclassano in questo settore. Forse, soltanto il comparto delle noci di cocco vede una bilancia commerciale così sbilanciata sulle importazioni. Non e` strano, poiché la cultura delle tecnologie dell'informazione e del software in particolare e` diffusa nel nostro Paese, soprattutto a livello del management che opera le scelte, come le piantagioni di noci di cocco. 1.3 Tecnologie soffici e terzo mondo A venti anni di distanza dal momento in cui uomini animati da acuta intelligenza e ideali forti, come Brandt, Mc Namara, Shiller, Mitsubishi, Schreiber, Peccei, sognavano un futuro migliore, basato sulle nuove tecnologie e sull'industria dell'informazione e costruito su una stretta collaborazione internazionale, non soltanto constatiamo che il divario tecnologico, industriale ed economico fra paesi ricchi e paesi poveri non e` diminuito per l'avvento delle tecnologie dell'informazione, e anzi e` cresciuto, ma rileviamo amaramente che le stesse tecnologie dell'informazione si sono diffuse quasi esclusivamente nei paesi del Nord. Il mercato dei calcolatori, degli apparati e delle reti di trasmissione dati, dei satelliti, delle stesse linee e apparecchi telefonici e` dominato dagli Stati Uniti, e` presente in misura inferiore ma significativa in Europa e nell'Est Asiatico, ed e` praticamente inesistente nei paesi in via di sviluppo. Il divario già molto alto nel consumo di tecnologie e di prodotti informatici diventa abissale dal punto di vista della produzione industriale: i paesi in via di sviluppo utilizzano poca informatica e poche reti, e producono pochissimi prodotti e tecnologie per i due settori dell'elaborazione e della trasmissione dei dati. Al limite, il mercato del software, che teoricamente avrebbe dovuto essere il più aperto ai contributi di tutti, registra praticamente un unico protagonista: gli Stati Uniti d'America. Il dominio dei paesi del Nord, e degli Stati Uniti in particolare, non si limita all'area delle tecnologie e dei prodotti dell'informazione, ma si estende ai contenuti culturali della stessa informazione, comprensivi di valori morali, norme giuridiche, regole politiche e tutto ciò che costituisce il modello dell'universo. Serge Latouche ci ricorda che il 70% della produzione mondiale dei giornali e il 73% di quella dei libri si concentrano al Nord. Inoltre, il Nord monopolizza il patrimonio culturale mondiale costituito dalle biblioteche, i musei, le banche dati. "Un pugno di paesi ricchi e sviluppati costituisce il Centro, di cui gli Stati Uniti sono il cuore; tutto il resto e` una vasta periferia." Delle cento agenzie mondiali, cinque multinazionali controllano da sole il 96% dei flussi di informazione. Ad esse sono pertanto abbonate tutte le radio, le catene televisive e i giornali del mondo. In particolare, il 65% dei flussi informativi mondiali parte dagli Stati Uniti. Cosi, contrariamente a quanto si aspettavano Brandt e gli altri studiosi che si rifacevano al suo rapporto, il monopolio dei paesi ricchi sulle tecnologie "soffici" e sui prodotti dell'industria "leggera", anzi "leggerissima", dall'informatica alle telecomunicazioni, dal software, che dell'informatica e delle telecomunicazioni costituisce l'anima economicamente più preziosa, sino al giornale, al libro, allo spettacolo, e` ben più accentuato del monopolio sulle tecnologie e sui prodotti "duri", quelli tradizionali, dall'edificio all'automobile. A nostro giudizio, le difficoltà che incontrano i sistemi industriali deboli nell'entrare nei comparti delle tecnologie soffici derivano essenzialmente dalla natura "non industriale" della cosiddetta "industria del software" e più in generale dell'industria dei prodotti "leggeri". Un aspetto importante di questa natura non industriale delle tecnologie soffici e della produzione dei prodotti leggeri e` rappresentato dalla diseconomia di scala dei costi di sviluppo rispetto alla dimensione del prodotto. È ben noto che il prodotto industriale classico e` caratterizzato da economie di scala. Un aeroplano da 500 passeggeri costa meno di due aeroplani da 250 passeggeri ciascuno; una petroliera da 100.000 tonnellate costa meno di due petroliere da 50.000. La stessa economia di scala si manifesta sulle dimensioni degli apparati produttivi: una fabbrica che produca un milione di autovetture all'anno costa meno di due fabbriche da mezzo milione di vetture ciascuna. Viceversa, il costo di produzione di un programma da diecimila istruzioni e` più del doppio del costo di un programma da cinquemila istruzioni. Infatti, al crescere delle dimensioni di un programma cresce il numero dei sottoprogrammi da collegare, cresce clamorosamente il numero delle interconnessioni di questi moduli, cresce il numero delle cose di cui i programmatori debbono tener conto a mente correttamente, cresce il caos nella loro testa e ancor più nel team di progetto che sta sviluppando il prodotto. Probabilmente il costo di sviluppo di un programma cresce con il quadrato delle sue dimensioni, per cui il prodotto da 10.000 istruzioni costa quattro volte il prodotto da 5.000. E certamente il numero dei bachi cresce ancor più rapidamente, forse con il cubo delle dimensioni, per la difficoltà crescente di collegare correttamente le unità elementari del programma. Si noti che questa diseconomia di scala non si osserva nei processi artigianali di basso livello, dove, fra l'altro, si possono duplicare le risorse riducendo i tempi di sviluppo in proporzione, ma e` tipica dei processi creativi di alto livello, dalla pittura all'architettura, dal romanzo al design. Sfortunatamente, nel comparto del software e dei prodotti soffici in genere, a una natura non industriale dei processi produttivi corrispondono peculiarità dei processi distributivi sin troppo "industriali". Il costo sul mercato di un'unità di prodotto di tipo tradizionale, come un televisore o un'automobile, in virtù delle economie di scala dei processi produttivi e distributivi, diminuisce al crescere del numero di oggetti venduti. In altri termini, i settori industriali classici sono caratterizzati da un'economia di scala anche rispetto alle dimensioni del mercato. Tuttavia, questa economia e` limitata da uno zoccolo duro, costituito al minimo dal costo delle materie prime e dell'energia impiegate nella generazione di un'unità di prodotto. Nel software questo zoccolo duro non esiste, perché il floppy disk o il CD- ROM che ospitano il programma, o la carta di un giornale, o l'energia necessaria per irradiare un programma televisivo, hanno un valore intrinseco molto piccolo. Di conseguenza, il costo sul mercato di un programma software, o di una trasmissione televisiva, o di un giornale, e` una funzione rapidamente decrescente del numero di copie vendute: se lo sviluppo di un prodotto software e` costato un miliardo, il costo dell'unità di prodotto e` pari a un miliardo se vendo una copia sola, ma scende a un milione se riesco a vendere mille copie. L'associazione perversa della diseconomia del costo di sviluppo sulla scala della dimensione del prodotto e della accentuata economia di scala rispetto alla dimensione del mercato, produce poi la peculiarità più importante del mercato dei prodotti dell'informazione. Per raddoppiare un programma che abbia già riscosso un certo successo sul mercato, si deve investire quattro volte di più di quanto si era investito nella prima versione, ma per continuare a venderlo allo stesso prezzo si deve poter contare su un mercato quattro volte più grande. Ricordiamo solo due delle molte conseguenze di questo meccanismo perverso. La prima e` la legge degli investimenti crescenti. Per restare sul mercato si deve investire sempre di più, molto di più. Con pochissime eccezioni, le risorse accumulate con un prodotto di successo non sono sufficienti per coprire l'investimento richiesto dalla versione successiva. La seconda e` la sindrome di Luciano. Pare che Pavarotti guadagni 500 milioni a sera, mentre il tenore numero 2 in Italia porti a casa la decima parte di Pavarotti e il tenore numero 20 canti gratis o quasi nel teatro della parrocchia. Bill Gates e` diventato l'uomo più ricco della terra nell'arco di quindici anni, mentre migliaia di "software house" in tutto il mondo, e in particolare nel nostro Paese, chiudevano i battenti. Gli Stati Uniti hanno portato a casa migliaia di miliardi di dollari con la vendita di prodotti software, caratterizzati da un tasso di valore aggiunto pari al 100%, mentre paesi come il nostro, che pure rivendicano una presenza nel novero dei paesi più industrializzati, non riescono a esportare praticamente nulla in questo comparto. E non parliamo dei paesi poveri. Trasferire una cultura, come e` necessario per realizzare il progetto descritto da Jean Jacques Servan-Schreiber ne "La sfida mondiale", e` molto più difficile che trasferire un'industria manifatturiera. Pertanto, come e` successo altre volte nella storia dell'umanità, l'avvento delle nuove tecnologie si e` trasformato in un nuovo strumento di divisione e qualche volta di sopraffazione, in opportunità di arricchimento per alcuni e causa di impoverimento per altri. Le tecnologie soffici erano state presentate come angeli buoni destinati a portare il riscatto dei poveri, ma si sono rivelate demoni malvagi. 1.4 L'avvento del freeware L'ideale sarebbe installare sul personal computer il tradizionale UNIX, uno dei più diffusi nel mondo, ma i 5.000 dollari di costo lo rendono inaccessibile. Cosi`, Linus decide di scrivere da solo il nucleo di un nuovo sistema operativo, un clone di UNIX, per dotare il personal computer delle funzionalità di base di un elaboratore di fascia alta. Nella primavera del 1991 il nucleo del nuovo sistema operativo, versione 0.01, e` pronto. Gestisce i "file", ossia i documenti, e il "file system", ossia l'organizzazione gerarchica dei documenti in cartelline e cartellone, con la stessa logica di UNIX, e` dotato della funzionalità di emulazione di terminale e contiene alcuni "driver" di base per pilotare le unità periferiche. Sostituendo la consonante finale del proprio cognome con la "x" di UNIX, Linus battezza il suo prodotto "LINUX", e fa cosi` una prima scelta felice. Ancora più felice e importante e` la seconda scelta, quella di diffondere il nuovo sistema operativo su Internet, mettendolo a disposizione di chiunque sia interessato a utilizzarlo, senza chiedere altra contropartita oltre alla collaborazione per migliorarlo ed espanderlo. Il suo invito e` raccolto da centinaia di giovani programmatori in tutto il mondo, che nell'arco di pochi anni, in un telelavoro collettivo guidato da quello splendido organizzatore che si rivela Linus, trasformano un interessante prototipo scientifico in una vera e propria linea di prodotti industriali. Oggi LINUX e` operante non soltanto sull'architettura del personal computer Intel, ma anche su altre piattaforme importanti, come McIntosh della Apple e Alpha della Digital. Si calcola che sia stato installato su circa due milioni di calcolatori, che sono soltanto l'uno per cento del parco macchine dominato da Microsoft, ma che rappresentano forse la popolazione più acculturata del mondo degli informatici. Quello di Linus Torvalds non e` che un esempio di un modello di attività collettiva che vede nel mondo migliaia di protagonisti, da raffinati ricercatori a dilettanti appassionati ma talvolta superficiali, da singoli professionisti a vere e proprie imprese, da privati e piccolissime organizzazioni a grandi istituzioni pubbliche e grandi associazioni di imprese e istituzioni. È nato cosi il "freeware", software distribuito gratuitamente sulla rete, che chiunque, in qualunque parte del mondo, può acquisire in pochi minuti e fare proprio per eventuali correzioni, modifiche o adattamenti. Non sempre il software acquisito dalla rete può essere liberamente commercializzato. Talora il progetto può essere utilizzato gratuitamente soltanto per un limitato periodo di tempo, oppure può essere utilizzato ma non rivenduto. Comunque, i prodotti più interessanti dai punti di vista "scientifico-tecnico" e "industriale-commerciale" sono "freeware completo" nel senso che sono distribuiti in forma sorgente e quindi possono essere modificati, corretti e adattati a specifiche esigenze; possono essere utilizzati in altri prodotti senza alcun versamento di "royalties" a chi ha sviluppato il prodotto; possono essere distribuiti commercialmente, ossia "rivenduti", senza alcun limite; possono essere modificati e rivenduti senza alcun vincolo. Abbiamo contato oltre cinquecento siti di Internet, ciascuno dei quali mette a disposizione dei visitatori moduli software e relativa documentazione completamente "free" per coprire una specifica area applicativa. Sono globalmente molti milioni di istruzioni, per l'equivalente, secondo la valutazione di alcuni studiosi, di oltre cento miliardi di dollari che sono comunque virtuali poiché i prelievi di software dai siti della rete non sono accompagnati da trasferimenti di valuta. Sul fuoco sacro della Rete si fonde l'intelligenza informatica mondiale riproducendo l'antico rito africano di quando ogni membro della tribù portava al pentolone il proprio contributo libero per il pasto collettivo. 2.1 Obiettivi L'obiettivo centrale del progetto qui proposto e` invece rappresentato dalla sistematizzazione organica, a fini industriali, comprensiva del lavoro di certificazione e di ampliamento, ove necessario, del materiale disponibile. Il sogno e` fare dell'Italia la capitale mondiale del "freeware". Quattro aree di attività, concettualmente sequenziali ma praticamente interallacciate, caratterizzeranno il lavoro da svolgere. Nella prima area si produrrà un inventario dell'esistente, insieme a una prima grossolana valutazione e classificazione. Il risultato del lavoro sarà rappresentato da un sito pubblico, dotato delle fondamentali funzionalità della sicurezza, e soprattutto della mutua autenticazione sito-visitatore con certificazione delle firme, contenente le informazioni di sintesi di ogni frammento significativo del freeware, insieme ai relativi puntatori in rete. L'informazione testuale sarà scritta in inglese, italiano, francese e tedesco. La seconda area di attività avrà come obiettivi centrali la valutazione e la certificazione dei singoli prodotti o linee di prodotti. La valutazione sarà effettuata dal duplice punto scientifico-tecnico e industriale-commerciale, con enfasi sulle implicazioni di progresso scientifico, sulla rilevanza applicativa, sulla dimensione del bacino d'utenza potenziale. In questa fase, si procederà separatamente per linee applicative verticali, selezionate sulla base dei criteri indicati e delle risorse disponibili. Nel paragrafo successivo sono indicati alcuni esempi non esaustivi di aree applicative su cui si propone di concentrare l'attenzione. La terza area di lavoro, strettamente interconnessa con la seconda, sarà finalizzata alla produzione della documentazione e della manualistica dei singoli moduli software certificati. Tale documentazione dovrà riguardare sia gli aspetti delle funzionalità e delle prestazioni offerte dai singoli prodotti, sia quelli dell'operatività del codice sorgente. In altri termini, si dovrà consentire all'utente non professionale di utilizzare senza troppe difficoltà il programma applicativo, come ad esempio il sistema di videoscrittura, e si dovrà mettere il professionista software nelle condizioni di installare, correggere e modificare un sistema operativo o un ambiente di sviluppo. La documentazione tecnica potrà essere prodotta solo in lingua inglese; quella funzionale dovrà essere scritta almeno in italiano, inglese, francese e tedesco. Il risultato di questa terza area di attività sarà costituito da una serie di "compact disk", uno per ciascuna linea di prodotti significativa. La quarta area di attività, la più complessa e interessante dal punto di vista scientifico, sarà volta a completare le linee di prodotti disponibili con moduli nuovi, necessari per completare vere e proprie "suite" di sistemi operativi, strumenti e ambienti di sviluppo, sistemi per la gestione di basi di dati, ambienti di rete, programmi applicativi per l'ufficio o, al limite, per la gestione e il controllo di processi produttivi. Ovviamente, non si potrà coprire tutto l'universo delle aree applicative attualmente occupate dai molti programmi del mercato, ma si dovrà operare scelte precise, che tengano conto della rilevanza scientifica, della dimensione del bacino d'utenza, della fattibilità economica. Cosi`, pare opportuno orientarsi prevalentemente al mondo del personal computer, in considerazione della sua dimensione, e alle aree applicative delle reti, dei "data base", dell'ufficio. Eccezionalmente i sottosistemi attuati per l'integrazione di "freeware" esistente e di moduli nuovi sviluppati nell'ambito del progetto potranno prevedere anche un ruolo per prodotti disponibili sul mercato purché di basso costo per l'utenza e a condizione che i produttori coinvolti accettino l'integrazione del loro software nei nuovi strumenti. 2.2 Aree di attività Sistemi operativi Strumenti di programmazione Ambienti di programmazione Sistemi di videoscrittura e altri prodotti per l'ufficio Una soluzione alternativa potrebbe essere rappresentata dall'arricchimento di TEX di interfacce più amichevoli e strumenti di semplificazione del suo simbolismo astratto. Anche altri prodotti per l'ufficio, come fogli elettronici, schedari, strumenti per l'archiviazione e la ricerca di documenti potranno essere ampliati per realizzare vere e proprie "suite" per l'ufficio. La difficoltà principale risiederà nell'integrazione di questi moduli fra loro e con il sistema di videoscrittura in un ambiente omogeneo per funzionalità e modalità di lavoro. Sistemi per la gestione di basi di dati Strumenti per la grafica e il design Programmi per la sintesi di suoni, voce o musica Strumenti per la gestione di reti Applicativi per Internet Un sottocapitolo a parte e` costituito dalle macchine virtuali per Java, come Kaffe (www.kaffe.org) e Japhar (www.hungry.com), e i compilatori del linguaggio Java come Guavac. L'importanza di questo capitolo e` anche dovuto al ruolo centrale che Java potrebbe giocare nel mondo del "freeware" come veicolo per il trasferimento degli "oggetti", ossia delle unità fondamentali del software secondo il noto modello dell'"Object Oriented Programming". Software per la sicurezza 2.3 Organizzazione del progetto Sfortunatamente gli utili per gli accademici derivanti dalla partecipazione al progetto, valutati in termini di pubblicazioni o crescita scientifica, potrebbero non essere adeguati all'impegno da spendere. Per questo sarebbe opportuno studiare un meccanismo compatibile con la normativa vigente, al fine di riconoscere un adeguato compenso economico ai dipendenti delle strutture pubbliche di ricerca. Un secondo punto che dovrà essere valutato con attenzione concerne la valutazione e la certificazione delle varie attività che saranno svolte dalle unità operative del Progetto. Infatti, mentre la valutazione della qualità di un prodotto software può essere fatta sulla base delle sue funzionalità e prestazioni, e la stima del suo valore economico può essere formulata in termini di dimensioni, la valutazione della qualità e del valore economico di un lavoro di certificazione o di documentazione e` compito molto complesso che richiede una specifica professionalità. Per questa ragione, sarà opportuno costituire anche gruppi di "certificazione di secondo livello", con il compito di valutare tecnicamente ed economicamente il lavoro svolto nell'ambito del Progetto. Di conseguenza, le attività svolte dai vari gruppi accademici e industriali rientreranno nelle seguenti categorie. Definizione strategica degli obiettivi Certificazione di un prodotto "freeware" Produzione della documentazione Sviluppo di nuovi moduli Certificazione di secondo livello 2.4 Durata e costo del progetto La valutazione del costo di un'area tematica media deriva dalle seguenti stime:
Un primo ordine di benefici economici deriverà dal miglioramento della bilancia commerciale attraverso una drastica riduzione delle importazioni di prodotti software. La particolare natura del progetto, che ha, come primo obiettivo nel tempo, la valutazione di prodotti già esistenti e non lo sviluppo di nuovi, consentirà di ottenere questo primo ordine di benefici economici già nell'arco di pochi mesi. Al termine del progetto questo beneficio potrebbe essere dell'ordine di mille miliardi di lire all'anno o più. Un secondo ordine di benefici economici deriverà dagli incrementi di produttività e dai miglioramenti della qualità del software applicativo prodotto dalle aziende italiane. Infatti, la produzione del software applicativo sopra gli strati di un "freeware" certificato, ben noto, disponibile in forma sorgente e quindi flessibile e modificabile, appare più semplice e più idoneo al rispetto dei dettami di una corretta "software engineering" che non l'utilizzo di strumenti del mercato venduti soltanto in formato eseguibile, poco trasparenti, chiusi e rigidi. Questo ordine di benefici appare di difficile valutazione economica; tuttavia, si tenga presente che i miglioramenti incideranno su un complesso di attività valutabili intorno a duemila miliardi di lire all'anno. Un terzo ordine di benefici economici e` connesso ai servizi di consulenza sul freeware, che costituiscono un mercato nuovo, appena sbocciato ma destinato a una rapida crescita. Un successo scientifico del progetto potrebbe attribuire alle aziende e alle istituzioni pubbliche del nostro Paese la "leadership" mondiale di questo mercato, con ritorni culturali ed economici di dimensioni difficilmente valutabili oggi, ma certamente molto importanti. Colloco soltanto al quarto livello i benefici economici diretti che potrebbero derivare dalla vendita sul mercato internazionale dei programmi applicativi costruiti sul "freeware" di base. In effetti, nessun principio o norma giuridica vieterebbe di sviluppare software per il mercato utilizzando moduli "freeware", e ciò potrebbe anche avvenire nell'ambito delle iniziative promosse dal programma nazionale qui proposto. Ad esempio, un'azienda che nell'ambito del programma avesse sviluppato un foglio elettronico per LINUX potrebbe offrirlo al mercato internazionale anziché esporlo gratuitamente nella vetrina di Internet. Tuttavia, non ritengo politicamente corretto che ciò avvenga. Scopo centrale del progetto deve essere l'estrazione e la raffinazione dei prodotti di quell'enorme miniera che ha il nome di "freeware", ed e` dovere del nostro Paese contribuire alla crescita di questo patrimonio collettivo rispettando la sua logica e la sua etica. Per queste ragioni, i benefici economici derivanti dalla vendita di prodotti software costruiti sul mondo del "freeware" potranno essere prodotti soltanto da aziende che non godano di finanziamenti pubblici per questa iniziativa, oppure da qualunque soggetto dopo la conclusione del progetto. Infine, saranno enormi, anche se difficilmente valutabili, i benefici indotti sul medio e lungo periodo dalla crescita culturale collettiva che il progetto determinerà. Nel settore delle tecnologie soffici e in particolare nel comparto del software, nessun fattore di successo e` più importante della cultura tecnico-scientifica, una cultura che deve essere vasta, profonda, estesa sul dominio professionale e sul territorio geografico, sinergica con gli altri capitoli del sapere tecnologico. In virtù della sua prevalente componente di studio rispetto a quella dello sviluppo, un progetto dedicato al "freeware" appare ideale per accrescere quella cultura collettiva delle strutture pubbliche e private della ricerca che e` stata, ed e`, uno dei fattori di successo più importanti dei sistemi industriali dominanti. 4. FREEWARE ED ECONOMIA SOLIDALE Il successo del Progetto qui discusso potrebbe rappresentare una novità molto importante dal punto di vista sociale e politico. La riflessione sociologica degli ultimi anni ha conferito molto risalto a un terzo settore dell'economia, dopo il mercato e lo stato (2). È il settore del volontariato, che interessa oltre cinque milioni di italiani e comprende un ampio spettro di attività, dal lavoro, soprattutto femminile, nell'ambito della famiglia, all'assistenza agli anziani e ai malati. Si ricordano, per la loro notorietà più che per la loro effettiva importanza, i servizi di prossimità in Francia, le cooperative sociali in Italia, le attività comunitarie negli Stati Uniti e in Canada, quelle attività produttive e distributive di beni e servizi, orientate alla produzione di utilità che si collocano in uno spazio pubblico di prossimità meno interessato da interventi da parte dello stato e del mercato. I principi che regolano queste attività rappresentano una integrazione dei modelli economici di stato, mercato e solidarietà. Sul piano delle concrete realizzazioni non e` mai esistito un modello
puro, ma indubbiamente il modello di economia monetaria e di economia
mista monetaria e non monetaria nelle diverse articolazioni che
si concretizzano nella formula "più mercato o più stato" hanno guidato
l'organizzazione sociale ed economica moderna e contemporanea. "La economia solidale si distingue per la sua prospettiva descrittiva e comprensiva", scrive Jan Louis Laville (3), lo studioso francese che da anni analizza e teorizza questo modello, non e` dunque una rappresentazione di quel che sarebbe auspicabile fare in termini di cambiamento delle finalità e dei modi di funzionamento di certe organizzazioni; essa costituisce un tentativo di problematizzazione di pratiche sociali che sono messe in opera per lo più localmente per rispondere a problemi locali." L'economia solidale non rappresenta una alternativa esclusiva, o la prospettiva più adeguata ad affrontare i problemi posti dalle mutate esigenze economico sociali, ma un modello di intervento e di riequilibrio sociale che si affianca e interagisce con il mercato e lo stato in un sistema di economia pluralistica. Il "freeware" può essere collocato in questo nuovo quadro di un'economia solidale, indipendentemente dalle motivazioni o dalla vocazione di chi lo produce, innovatore intellettuale o mercante o francescano. Tuttavia, rispetto alle esperienze sopra citate, due novità importanti lo caratterizzano: la sua collocazione in un contesto internazionale e il suo fondamento tecnologico. Sarebbe molto bello che l'Italia assumesse il ruolo di guida mondiale del "freeware". Oltre ai benefici scientifici ed economici sopra elencati, il nostro Paese trarrebbe anche utili di immagine non effimeri. RIFERIMENTI (1)
(3)
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