Il futuro arriva subito, chi non l'ha previsto lo perde di Luigi Dell'Aglio (da Telema)

Governi, grandi banche, imprese pubbliche e private, chiunque abbia bisogno di sapere con il massimo anticipo il probabile corso degli eventi si rivolge sempre piùspesso ai professionisti della previsione. Informazioni e analisi precise sono ormai indispensabili per prendere rapidamente qualsiasi decisione importante. Ma servono computer potentissimi e futurologi seri.

Non possiamo sfuggire al futuro (al dovere di prevederlo). "Il futuro non è piùquello di una volta", ammonisce, con ironia britannica, "Futures", prestigiosa rivista di previsioni scientifiche. Piùprecipitosi sono i cambiamenti (anche tecnologici), piùin profondità bisogna portare la ricerca, se si vuole tentare di prevedere l'avvenire. Perché, per dirla con il filosofo francese Gaston Berger, "piùveloce è l'automobile, piùlontano occorre spingere i fari". In ogni caso, come aveva capito Musil, l'autore di L'uomo senza qualità, il futuro non somiglia certo alla traiettoria di una palla da biliardo; ma piuttosto "al percorso di una nube o di chi se ne va bighellonando per la strada".
Mai i futurologi avevano lavorato tanto come da qualche mese a questa parte. Ai piùautorevoli istituti di previsione del mondo giungono pressanti richieste di consulenza. Non si contano piùi governi, le grandi banche, le imprese che si affidano anima e corpo ai "professionisti della previsione". Si vuol comprendere, con il maggior anticipo possibile, dove va il mondo. La previsione diventa una necessità assoluta. Per le aziende: se si sbaglia la gestione del presente si va fuori mercato, ma se s'imposta male la gestione del futuro, è in ballo la stessa sopravvivenza. Per i governi: sono obbligati a precorrere i tempi o almeno a prepararsi in base ad alcune opzioni fondamentali. Tutto si gioca sulla duttilità, sulla capacità di adeguarsi, di reinventare strategie. Il che presuppone analisi fortemente anticipatrici. Dunque non si può sfuggire al futuro, cioè al dovere di prevederlo.

Prima dei computer e dei sofisticati software oggi a disposizione, una previsione scientifica del futuro era arduo perfino tentarla. Il computer è indispensabile, prima di tutto perché consente di trattare rapidamente una mole spaventosa di dati (miliardi di cifre). Un Pentium, con un processore di due centimetri per tre, può eseguire 700 milioni di operazioni al secondo. Il ruolo del computer è cruciale nella raccolta e nell'elaborazione delle informazioni. Michel Godet, direttore del Laboratoire d'investigation prospective et de stratégie di Parigi, futurologo dell'economia, porta ad esempio le previsioni sul fabbisogno energetico: "Supponiamo di dover calcolare a quanto ammonterà nel 2010 questo fabbisogno. Dovremo tener conto di una quantità astronomica di dati, ricavandoli da settori molto diversi fra loro, come la politica, l'economia, l'ambiente, l'innovazione tecnologica, le risorse naturali". Senza computer, la moderna futurologia sarebbe perduta. Diceva Mac Farlane: "Per predire il futuro, bisogna possedere almeno l'80% dell'informazione necessaria per attuarlo".

Ma il computer è essenziale anche perché mette a confronto diversi scenari di futuro, e suggerisce le prime valutazioni. Se vogliamo prevedere gli sviluppi di un fenomeno, dobbiamo andare alla ricerca di tutte le variabili da cui dipende. Prendiamo il traffico: dipende dal flusso delle persone che vanno al lavoro e tornano a casa, ma in certe ore di punta è caotico per altri fattori, come l'evasione di massa del venerdì e sabato sera, o la gita domenicale o le visite ai parenti. In genere, quando si fanno previsioni sull'evoluzione di un certo fenomeno, di tutte le variabili possibili si considerano solo le due o tre piùimportanti. Per guadagnare tempo. Eppure basta che s'incrocino queste due-tre variabili e salta fuori un numero elevato di possibilità. (Facciamo l'esempio preferito dal francese Fabrice Roubelat, anche lui futurologo del Laboratoire d'investigation prospective et de stratégie. Supponiamo di dover calcolare tutti i menu possibili in un ristorante in cui gli avventori possano scegliere fra tre primi, quattro secondi, tre dolci e cinque bevande diverse. Ci possiamo aspettare fino a 180 combinazioni). Ma, grazie al computer, siamo in grado di prendere in considerazione anche molte variabili (e si pensi - nota il professor Domenico De Masi, sociologo della Sapienza e futurologo di grande spicco - che, per prevedere l'aumento della popolazione mondiale, il Club di Roma ha usato solo cinque variabili).

La previsione è lo scopo piùraffinato per il quale viene impiegato il computer. Le imprese, le università, le grandi fondazioni, i centri di studi previsionali scelgono i loro computer e software in base al tipo e alla quantità di dati da trattare e alle simulazioni necessarie per confrontare fra loro scenari e modelli. Per le previsioni piùsemplici può essere usato anche un personal computer. Ma in genere si usano macchine potenti, dalle workstation unix ai mainframe (soprattutto per le previsioni a livello governativo), spiega Walter Lanzani, direttore marketing della filiale italiana di Sas institute, un gruppo che in tutto il mondo fornisce software a enti, governi e istituzioni sovranazionali, per consentire le previsioni piùcomplesse.
Raccogliere dati è la fase "numero uno", tutt'altro che facile nonostante le apparenze. Spiega Lanzani: "E' un aspetto non trascurabile degli studi di previsione. Bisogna raccogliere i dati giusti. Spesso quelli disponibili non sono esatti. I centri di studi previsionali debbono "pulire" accuratamente i dati, prima di memorizzarli e destinarli all'analisi. Esempio: solo adeguati programmi possono accorgersi che, nel corso di un'indagine sulla popolazione, in una certa classe di età, si nasconde un individuo di 200 o 300 anni o di -20 anni (errori non del tutto inconsueti, frutto di una digitazione frettolosa). Quando sono attendibili in tutto e per tutto, le informazioni di partenza vengono inserite nel cosiddetto data warehouse (magazzino di dati)".

Poi subentrano i modelli di previsione, cioè le tecniche matematiche e statistiche per esplorare il futuro. Gli esperti non si stancano di ripetere che il computer sforna previsioni in base ai dati immagazzinati. Se si tratta soltanto di dati storici (cioè riferiti al passato), sia pure in una quantità smisurata, il computer ci darà un futuro che è mero prolungamento del passato, simile alla famosa palla da biliardo di Musil. Certo è indispensabile sapere come sono andate le cose nel passato, e perciò è molto utile avere una grande massa di dati storici alle spalle. E' tutta esperienza che serve. Ma questo approccio può rivelarsi insufficiente e fallace.
Tocca dunque agli esperti arricchire il lavoro del computer. Se, approfittando di un'indiscrezione o per intuizione personale, essi scoprono qualche fattore nuovo che influirà sul futuro, e lo inseriscono nel computer, questo ne farà tesoro e sarà in grado di guardare al domani con un occhio piùpenetrante, senza ricalcare il trend del passato. Immaginiamo di dover fare previsioni sulla produzione di energia elettrica: se veniamo a sapere che sarà aperta una nuova centrale, l'aumento di produzione previsto per il futuro non sarà piùquello che scaturisce dall'analisi della serie storica. Oppure: se dobbiamo prevedere quanto crescerà il fabbisogno di energia e veniamo a sapere che la Fiat sta per aprire una nuova fabbrica, possiamo presumere che la domanda di energia aumenterà a un ritmo superiore al previsto.

Quando le serie storiche non bastano più, si costruiscono i modelli macroeconomici ed entrano in scena le simulazioni. Esistono due tipi di simulazione. La prima si chiama what-if: si cerca di capire che cosa avverrà, se si verifica una certa circostanza; la seconda è definita goal seeking: si punta su un obiettivo, su un risultato finale cui si tiene a ogni costo, e ci si domanda: "che cosa si deve fare per raggiungere questo scopo?". "La simulazione è una tecnica che permette di confrontare fra loro possibili scenari per stabilire quali sono le variabili interessate e quali di queste variabili possono essere manovrate" spiega il direttore marketing di Sas Institute.
Arriva poi l'ora dell'interpretazione dei risultati. E anche in questa fase il computer è prezioso. Di fronte ai vari modelli prospettati, il software fa una prova e dice quale dei modelli ha piùprobabilità di realizzarsi. Senza computer occorrerebbero anni di calcoli e di comparazioni; e il rischio di errore sarebbe molto piùalto. In ogni caso, il compito delle macchine "intelligenti" finisce lì; come abbiamo visto, sono sempre gli esperti, e non certo i computer, a formulare le previsioni finali e a decidere per l'una o l'altra ipotesi. Se gli scenari quantitativi si basano in gran parte sull'elaborazione dei dati, gli scenari qualitativi poggiano quasi interamente sulle idee e sul "fiuto" degli esperti.

Ogni centro di studi previsionali può contare su una banca dati ma è anche collegato con gli altri centri, almeno con i piùautorevoli. Il Millennium Project, organizzato dall'Università delle Nazioni unite e coordinato da Washington, ha mobilitato, per un grande rapporto sul Duemila, duecentocinquanta tra "cervelli" e centri di studi piùprestigiosi del mondo, che perciò sono oggi, di fatto, collegati da una rete informatica e dialogano fra loro con posta elettronica via Internet. Sulla rete delle reti, i siti di futurologia spuntano ormai quasi ogni giorno. Ma bisogna saper distinguere quelli che fanno capo a istituzioni collaudate o a professionisti che godono di indiscusso credito internazionale, da quelli che mettono in scena soltanto le intuizioni (talvolta anche geniali) di dilettanti o futurologi estemporanei. Tra i siti piùcliccati, quello della World future society di Bethesda, che pubblica "The Futurist" (http://www.wfs.org/wfs/), quello della Nasa (http://www. nml.org/ Publications/T....ssments/NASA Technology Directions) e quello di Strategic futures international che ha censito praticamente tutto il vasto mondo della futurologia, elencando organizzazioni, centri universitari, singoli specialisti e convegni in programma (http://www.sfutures.com/web-Ink1.htm).

La futurologia e i suoi metodi di lavoro.
"Ma perché ci emozioniamo tanto all'avvicinarsi dell'anno 2000?" si domanda lo scrittore Carlo Coccioli. E aggiunge: "Fra un millennio e un altro, corre solo un'inconsistente frontiera...". Il fatto è che un evento puramente cronologico è stato ormai istintivamente assunto come simbolo. Ed esistono anche ragioni obiettive dietro questa emozione diffusa. L'avvento del Duemila assilla le menti perché il futuro non riserva piùalcuna certezza. Un'allarmante instabilità - in tutti i campi: dalla finanza alla politica, dall'impresa all'assetto sociale - crea un clima di attesa spasmodica, soprattutto dietro le quinte del potere.
La paura del domani cresce ogni giorno ed è aggravata dalla convinzione che uomini, organizzazioni e conoscenze disponibili siano assolutamente inadeguati alle sfide sconosciute che ci lancerà il futuro. Il filosofo Umberto Galimberti, docente all'Università di Venezia, parla di ansia da fine millennio: "C'è il timore di non padroneggiare l'esperienza. Siamo su un treno che corre verso l'ignoto". E' lo "spaesamento" già intravisto da Martin Heidegger. Prevale la sensazione che mutamenti oggi invisibili e imprevedibili, ma rapidi e profondi (forse sconvolgenti) possano portare il pianeta a una totale ingovernabilità.

Questo stato d'animo che coglie l'umanità in cammino verso il 1¡ã gennaio dell'anno Duemila non ha niente a che vedere con il panico che precedette (così si dice) l'avvento del 1¡ã gennaio dell'anno Mille. Questa volta non dilagano ossessioni millenaristiche. A profetizzare l'imminente fine del mondo sono soltanto poche (anche se agguerrite) sette; in particolare, alcuni movimenti religiosi Usa, come la Chiesa universale di Dio. Eppure un quasi impercettibile brivido di turbamento deve essere stato avvertito anche in Italia, se l'arcivescovo di Genova, Dionigi Tettamanzi, in un affollato incontro nella chiesa di San Lorenzo ha ritenuto opportuno confutare risolutamente, e fino in fondo, il millenarismo, gettando in campo tutte le argomentazioni possibili.
Quali risposte stanno dando i futurologi all'affannosa "domanda di futuro"? Quando il quadro è definito "turbolento", come in questo passaggio di millennio, la previsione risulta molto piùdifficile. Solo alcune linee metodologiche, di orientamento, emergono dai primi rapporti sul Duemila. Parla la professoressa Eleonora Masini, docente di previsione sociale all'Università Gregoriana (la sua è l'unica cattedra di "insegnamento del futuro" in Italia). Per oltre un decennio, tra gli anni Ottanta e Novanta, è stata presidente della World future's studies federation (Federazione mondiale di studi sul futuro).

"Prima di tutto - rileva - la tecnica del governare non potrà piùessere disgiunta da un'"etica del governare". Secondo: viviamo in una società globale e non ha piùsenso decidere in base a un'ottica essenzialmente nazionale". (Donde il classico aforisma: "uno starnuto, o anzi un battito d'ali di farfalla, ai piedi dei grattacieli di Hong Kong può scatenare un temporale a Wall Street". Fuori da ogni metafora, è cronaca della fine di ottobre; e, per parecchi giorni, ha ballato tutta la finanza mondiale. Gianni Agnelli, presidente onorario della Fiat, spiega: "Una volta c'erano le guerre, ora ci sono i cataclismi finanziari"). Bisogna perciò ragionare in termini di "raison d'humanité" e non piùdi "raison d'Etat", ammonisce il futurologo Yehezkel Dror. Ma, proprio mentre avanza la globalizzazione planetaria, per contrasto emergono spinte autonomistiche, animate da un forte rifiuto di finire nella "marmellata omogenea" di una cultura globalizzata. Sempre nuovi gruppi, fondati sull'identità etnica, tendono a riaffermare la propria indipendenza, anche politica, sulla base di radici linguistiche e culturali; insomma le culture che si sentono schiacciate si oppongono alla cultura egemone e lottano per il riconoscimento del "diritto alla differenza". L'economia può essere planetaria, la cultura no. La reazione di questi gruppi tende a sfociare nel nazionalismo, nel conflitto etnico e nel fondamentalismo religioso. Eleonora Masini ha segnalato questo trend molti anni prima che scoppiasse la guerra nell'ex-Jugoslavia. "Il nuovo concetto di pace, sottolinea, equivale a quello di società multiculturale". Perché la guerra del futuro potrà essere guerra fra razze, non piùfra classi, dice Peter Drucker.

Terza indicazione in vista del Duemila: è impossibile affrontare il futuro, con le sue emergenze, se non s'impara a preparare meticolosamente coloro che dovranno prendere le decisioni chiare al momento giusto; insomma, se non si affina the capacity to govern (dal titolo di un recente studio del Club di Roma).
Ma, a parte l'aiuto potente che ci danno i computer, è veramente possibile prevedere il futuro? Scriveva, cinque anni fa, il francese Jacques Attali: "Il Giappone sta diventando di gran lunga la maggiore superpotenza del globo. Non passerà molto tempo e gli Usa saranno ridotti al rango di granaio dell'Impero del Sol Levante". Il sorpasso non è avvenuto e il Giappone sembra in fase di rallentamento (inarrestabile, secondo alcuni osservatori). Altro caso: gli analisti economici ci avevano fatto credere che le "tigri" d'Oriente fossero invulnerabili e invece il recente terremoto finanziario di Hong Kong ci ha dimostrato che le economie in travolgente crescita, come quelle asiatiche, possono sempre rivelarsi, sotto certi aspetti, giganti dai piedi di argilla.

La svolta degli anni Sessanta.
Che cosa era sfuggito all'indagine di Attali, all'analisi degli economisti e alle tante previsioni sbagliate della storia? C'è un errore di base in cui può cadere chi fa previsioni. Sta nel pretendere di individuare il futuro estrapolandolo dal passato e dal presente, cioè proiettando avanti le tendenze già in atto. La moderna futurologia è nata proprio per confutare questa concezione deterministica dell'avvenire.
L'approccio al futuro è radicalmente cambiato, a partire dagli anni Sessanta. Fin dall'inizio, la futurologia come scienza ha suscitato grandi amori, sconfinate gelosie e non poche diffidenze. Col tempo, anche gli avversari piùaccaniti hanno dovuto riconoscerle almeno un merito: l'aver intuito che il futuro segue una rotta nuova rispetto al passato, ha una dinamica "non lineare". Instabilità, cambiamento, discontinuità, evoluzione: sono questi i fattori che dominano la storia, "un film che non può essere proiettato indifferentemente in avanti o a ritroso", come osserva Peter M. Allan.
Le prime scuole di previsione spuntano negli Usa, alla fine della Seconda guerra mondiale, per esigenze militari e tecnologiche. La fede nella tecnologia è rimasta una costante della tradizione americana. Herman Kahn, uno dei fondatori della futurologia, annunciava: "il progresso tecnico risolverà tutti i busillis del mondo". Nel 1973, la smentita storica: il saggio I limiti dello sviluppo di Dennis Meadows, presentato dal Club di Roma creato da Aurelio Peccei, rivela che un incontrollato sviluppo industriale può condurre il pianeta alla catastrofe.

Ma che cos'è la previsione del futuro? E' tante cose insieme. E' analisi ma è anche immaginazione. Non c'è dubbio che i futurologi debbano possedere almeno un po' di quella facoltà che, nei libri di fantascienza, si chiama pre-cog (da "precognition"). "Arte della congettura" la definiva, a ragione, Bertrand de Jouvenel, padre della futurologia europea. La previsione ha quindi una doppia anima. Del resto, l'avvenire non sta scritto da nessuna parte: futuro, afferma Eleonora Masini, vuol dire "fatti non ancora accaduti che, non essendo verificabili, rimangono fuori dalle possibilità della scienza". Dunque prevedere il futuro può essere soltanto il risultato di una complessa attitudine mentale. E' certamente congettura; ma una congettura, sottolinea la Masini, che deve utilizzare metodi scientifici, e sottoporli continuamente a rigorosa verifica critica. Analogo il concetto adoperato dal futurologo Yehezkel Dror: la previsione è un "approccio clinico" al futuro. Solo così si possono scoprire i segni indicatori di malessere, gli elementi-cardine, i "fatti portatori di futuro" come li chiamava Bertrand de Jouvenel.

E con quali metodi, agevolati dal software, lavorano oggi i futurologi? Il piùusato è quello degli "scenari". Nel linguaggio comune, "scenario" è un'ipotesi, un particolare sfondo politico, economico o sociale. Ma gli studiosi di futuro non prospettano mai un solo scenario. Gli scenari futuribili sono tanti, perché tanti sono i futuri possibili, osserva ancora la Masini. Facciamo un esempio di previsione a breve gittata. Supponiamo di dover esplorare le conseguenze collegate, ogni anno, all'approvazione della legge finanziaria. Prima si raccoglie (con l'ausilio del computer) la maggiore quantità di dati sull'argomento, poi si passa a delineare un ventaglio di ipotesi. E si indica che cosa accadrà: 1) se la finanziaria viene approvata così com'è; 2) se viene modificata in senso restrittivo; 3) se diventa piùblanda; 4) se non viene approvata affatto. Se invece la previsione riguarda il flusso di immigrati extracomunitari, gli scenari potrebbero essere tre: 1) il flusso resta immutato; 2) cresce al ritmo di 50 mila unità all'anno; 3) cresce di oltre 100 mila unità all'anno. Lo studioso del futuro formula la piùampia serie di ipotesi, fra le quali chi deve decidere potrà scegliere. Michel Godet consiglia di abbinare a ogni scenario le probabilità che ha di realizzarsi. Le varie ipotesi vengono soppesate una per una e poi studiate ciascuna in relazione all'altra. Se non si realizza l'ipotesi 1, quante probabilità di realizzarsi ha l'ipotesi 2? Il calcolo sulle varie ipotesi viene fatto rispettando le leggi matematiche. "Ciò non toglie che poi l'evento che si verifica è quello al quale nessuno aveva pensato" osserva Francois-Bernard Huygues. Ma il moderno futurologo non è tenuto a "indovinare" che cosa avverrà domani; deve farci capire che cosa potrebbe accadere se si verificassero certe condizioni (what - if).

"Per non finire in analisi da osteria", spiega Godet, "ci vuole una riflessione collettiva molto profonda; e piùsi è numerosi a riflettere, meglio è". Sulla consultazione di folti gruppi di esperti si fonda un altro metodo molto usato, il Delphi. In questo caso, gli scenari possibili scaturiscono dal confronto tra i pareri di molti "cervelli", i quali non sanno di essere coinvolti insieme nella stessa indagine.
Al futuro non si può sfuggire. Robert J. Samuelson, columnist del "New York Times", ci avverte che i pericoli del domani sono pari alle promesse che il domani ci fa. Ci accorgiamo insomma che "potremmo trovarci alle soglie di una nuova Golden Age oppure sull'orlo di un cataclisma globale", come osserva un altro commentatore. E allora è fin troppo evidente che dobbiamo almeno tentare di programmare il nostro futuro, con molto anticipo e molta tenacia. Per poter plasmare o modificare l'avvenire, è necessario senz'altro conoscerlo. Ma è un grave peccato di accidia non pronunciarci sul tipo di futuro che desideriamo e non impegnarci a realizzarlo con le nostre azioni. Il goal seeking, la ricerca di un obiettivo cui teniamo fortemente, non può essere soltanto un programma del software previsionale, limitato a questo o a quell'obiettivo particolare. Deve diventare una scelta di vita sul futuro globale. Il filosofo Hans Georg Gadamer aveva notato una sorta di apatia, soprattutto tra i giovani, nei confronti del futuro. Ma, anni prima, Gaston Berger aveva coniato il termine "prospective" proprio per scuoterci dall'apatia: voleva farci capire che il futuro che ci capiterà addosso deve contenere, almeno in formato ridotto, il futuro che abbiamo desiderato, scelto e progettato in anticipo. Diceva Berger: "L'avvenire riserva spiacevoli sorprese a chi si fa trovare impreparato. Di qui la necessità di maturare rapidamente un atteggiamento "future-oriented"". Non possiamo permetterci il lusso di attendere l'avvenire a braccia conserte, come spettatori passivi. Siamo costretti a guardare avanti. E non siamo noi a interrogare il futuro. "E' il futuro che ci interroga, ci pone domande di fondo", dice Eleonora Masini. "Perché del nostro futuro siamo tutti responsabili".

Il futuro: semplice proiezione del presente?
Come cambierà, nei prossimi dieci anni, la nostra vita quotidiana? La sciatrice si lancia in una discesa mozzafiato e addosso ha soltanto un impalpabile "body" di seta. Ma non ha freddo: un tessuto speciale trattiene il calore del corpo. La campionessa si esibisce in una delle prime "Olimpiadi della neve" del XXI secolo. Grazie a un particolare congegno, i suoi sci sfrecciano senza toccare il manto gelido. Sentiamo quasi arrivarci in faccia il vento tagliente, come se assistessimo alla gara dai bordi della pista. La seguiamo, invece, in alta definizione, su un video wall: il televisore si è trasformato in una specie di schermo cinematografico, di due metri per lato, che pende alla parete. In un'altra stanza della casa, un robot gioca a palla con i ragazzi. Poi li impegnerà in un duro confronto agli scacchi. Uno dei bambini è ancora fuori, a correre sul prato appresso a un robot-cucciolo, ma da casa la mamma lo tiene d'occhio con una macchinetta digitale per il telerilevamento. Il ragazzo piùgrande, disk-jockey in un night, si riposa in camera sua, dopo aver indossato un abito-placenta con microcapsule massaggianti, che facilita il sonno.
Se vogliamo prevedere solo la tecnologia che nel futuro prossimo cambierà la nostra vita quotidiana, il Duemila è così vicino che, per osservarlo, non occorre piùuna futurologia a lunga gittata. Basta un gruppo di esperti capaci di registrare gli sviluppi già in atto, oggi, nella tecnologia di prima linea, e di calcolarne i ritmi di marcia. L'équipe del Battelle technology intelligence program di Columbus, nell'Ohio, ha fatto uno studio senza precedenti. Ha compiuto un blitz nel decennio 1997-2006, cogliendo una cinquantina di novità fortemente creative. E ne ha selezionate dieci, le "top ten innovative".

Certo un'esplorazione nel futuro prossimo, una carrellata sulle conquiste tecnologiche, e perfino sui gadget, è molto piùfacile di previsioni complesse che abbraccino tutti i cambiamenti, anche profondi, della società. Perciò i mass media preferiscono abbandonarsi alla descrizione dello sfolgorante domani dei comfort. Oppure si avventurano nel dopodomani dell'umanità, ma con previsioni che possono legittimamente contenere una certa dose di fantascienza. Colonizzazione del cosmo; lunghi viaggi spaziali con astronauti ibernati; computer comandati direttamente dal pensiero; chip da un milione di miliardi di bit; microchip impiantati nel cervello umano, per potenziarne le capacità: il super-cervello, fatto di silicio e di neuroni, previsto dal futurologo inglese Ian Pearson, che permetterà di trasferire un'incredibile massa di informazioni direttamente dalla macchina all'uomo e di raggiungere, per via elettronica, tutte le emozioni, compreso il piacere sessuale. Al dopodomani della tecnologia appartiene anche la tv olografica: vedremo la sciatrice, in tre dimensioni, fare lo slalom al centro del nostro soggiorno. Mentre il guru Usa della tecnologia, Eric Drexler, annuncia che tra qualche decennio potrebbero circolare le prime auto prodotte "per combinazione di molecole".

Ma gli scenari fantascientifici o quasi non sono né sicuramente attendibili né troppo vicini e allora, per sapere qualcosa del futuro, è il caso di ripiegare sulle previsioni di breve periodo. Il futuro che bussa alla porta ha l'aria sbarazzina di Solar Baby, l'auto che sembra un giocattolo gigante, va a batterie e a energia solare e sarà il taxi preferito nei paesi caldi (per produrla, c'è già una joint venture anglo-indiana). Stephen Millet, direttore del Battelle program, rivela che per il prossimo decennio l'avvenire è dell'auto "ibrida", una vettura che può azionare piùmotori: va a benzina, a gas, a elettricità e a energia solare. Il conducente attiva l'uno o l'altro dei vari motori, a seconda del tipo di zona che deve attraversare (centro storico, periferia urbana o aperta campagna). Tra le auto dell'avvenire, c'è anche quella disegnata in California da Minho Joo, che non solo non emette gas di scarico ma addirittura "mangia" lo smog già ristagnante nell'aria.

Molte di queste novità sono la generazione successiva di tecnologie in uso oggi. E' il caso del computer personalizzato: spedisce e riceve dati a velocità quarantacinque volte maggiori delle attuali, e inoltre riconosce voci, volti, impara le nostre esigenze professionali ma anche i nostri gusti alimentari, la musica e i film che preferiamo. Ordina la spesa per noi, scova nei vari negozi la merce migliore al prezzo piùbasso. Ci domanda: "Vuole latte e pane integrale, a colazione?" (Li troveremo, l'indomani mattina, davanti alla porta). Ci suggerisce i percorsi alternativi in auto. Parla con la voce naturale degli esseri umani. E può arrivare a interpretare gesti e movimenti del corpo, anzi il nostro umore; a capire quello che ci passa per la testa, preannuncia il futurologo inglese Ian Pearson. Le ricerche compiute dal Media Lab di Nicholas Negroponte, presso il Massachusetts institute of technology, aprono la strada alla prospettiva di questa simbiosi uomo-macchina. Alla fine del decennio, nel 2006, i sistemi esperti (cioè i software che imparano direttamente dalla propria esperienza) potrebbero cominciare a competere con gli umani.

Il "futuro in diretta" è anche uno zoom sui metodi sempre piùefficaci per combattere le malattie. Donne e uomini del 2000 andranno in giro con la scheda genetica in tasca: una carta sanitaria che indica tutte le predisposizioni ad ammalarsi ricavate dalla lettura del Dna. In base alla scheda genetica, che cosa ci prescriverà il medico? I genetaceuticals, naturalmente; impronunciabile termine, derivato da genetic e pharmaceutical, perché le pillole del futuro nasceranno dal matrimonio tra ricerca genetica e industria farmaceutica. Ma il primo fronte della difesa quotidiana della salute passerà fra le mura domestiche. In casa, dice il rapporto Battelle, per garantire ogni giorno a tutta la famiglia un affidabile check-up di base, saranno installati gli apparecchi essenziali per l'analisi del respiro e dell'urina (e, al riguardo, non mancano le battute sarcastiche).
Tutto un tripudio, sotto il vessillo di quelle che Giacomo Leopardi chiamò "le magnifiche sorti e progressive"? Non proprio. Alcune di queste novità, dal fantascientifico "cervello artificiale" alla ben piùvicina manipolazione spinta del Dna umano, possono comportare inquietanti effetti; sono conquiste ma anche grandi rischi. L'intellettuale americano Jeremy Rifkin, estremista della bioetica, arriva addirittura ad affermare: "Non toccate il patrimonio genetico, neanche per migliorare la nostra salute: l'uomo è sacro nella sua imperfezione".

Viene invece accettata universalmente l'applicazione estesa di computer e robot nel campo della salute: potranno sostituire il medico, sia nella chirurgia sia in molti compiti di routine. Ci consiglieranno programmi di ginnastica, diete e nuovi stili di vita. Negli ospedali verranno impiantate le prime protesi bioniche e si praticherà la stimolazione di muscoli ormai privi di nervi. Per le trasfusioni si comincerà a impiegare sangue artificiale.
La tecno-rivoluzione nella vita quotidiana trionfa con la casa intelligente, microcosmo e vetrina delle nuove invenzioni. Uno straordinario concentrato di sistemi di automazione, in cui tutto si comanda con un dito o addirittura con piccoli movimenti degli occhi, della testa, dei muscoli facciali. Con la voce o con un soffio. E, a distanza (da parte dei padroni, quando sono fuori), con un telecomando molto piùsemplice di quello per la tv. Nella smart house il robot piùbanale è la cameriera automatica, che lava, stira e piega la biancheria.
I ricercatori del Battelle program hanno scelto le novità piùimportanti e dimostrative. Grattacieli, ponti e jumbo che rivelano in tempo un eventuale stato di "fatica", e perciò di rischio, delle proprie strutture. Sono stati costruiti con materiali "intelligenti", nella cui ossatura molecolare si trovano incorporate miriadi di sensori. Però l'avvento del 2000 avrà certamente un altro simbolo: la smart card, carta intelligente tuttofare. Questa carta diverrà indispensabile per pagare qualsiasi cosa. La lattina di aranciata in una macchina distributrice, il conto della lavanderia, la rata di un mutuo, o una ragguardevole transazione internazionale. La tecnologia al galoppo "brucia" i prodotti, appena usciti. Quelli destinati a piùrapida obsolescenza non converrà piùcomprarli. La lista è lunga: da certi computer fino ai condizionatori d'aria. Il leasing conoscerà la sua epoca d'oro.

Saranno dieci anni, i prossimi, sotto le ali della pace? Scontri tra eserciti ma anche tafferugli tra polizia e dimostranti risulteranno molto meno cruenti, se si fanno strada le "armi non letali" proposte da Alvin e Heidi Toffler e già usate dalla polizia a Los Angeles e dal contingente Usa in Bosnia. (Dalle "sponge grenade", granate spugna che, quando colpiscono, fanno cadere a terra e non feriscono né uccidono alla pistola che dà una scarica elettrica e alle "bolas" che immobilizzano).
Il rapporto dell'istituto Battelle arriva al 2006, quando mancano appena tredici anni al fatidico 20 luglio 2019, che dà il titolo a una delle più suggestive opere di fantascienza di Arthur C. Clarke. A questo punto, futuro reale e science fiction quasi si toccano. Vuol dire che, come afferma William Kopp, portavoce dell'istituto americano, tra le professioni in crisi potrebbe esserci presto quella di scrittore di fantascienza?

Lo scenario delle meraviglie tecnologiche è tutto il nostro futuro? No, quello scenario, in fondo abbastanza prevedibile, racchiude scoperte grandi e piccole, utilissime o quasi pleonastiche. E' un complesso di previsioni che non comporta troppe difficoltà nella ricerca. Inoltre non tutte le previsioni tecnologiche sono così essenziali da precipitarci nell'angoscia se, improvvisamente, le avvolge una cortina di incertezza. Certo, non sappiamo quando sarà effettivamente debellato il cancro; inoltre attendiamo non senza inquietudine gli sviluppi delle manipolazioni genetiche (nella speranza che i nostri nipoti non si ritrovino in quello che il Nobel Renato Dulbecco chiama "il regno di Clonia"). L'umanità segue con ansia le grandi ricerche su tumori e Aids ma non è trepidante se ignora quando entrerà in commercio l'Iki-Iki sensor giapponese, piccolo apparecchio che controlla se l'alito è gradevole.