La psicologia analitica come metapsicologia del futuro
in Marie-Louise von Franz
di Carla Majorello

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Premessa
La specificità della psicologia analitica risiede nella nozione di archetipo, inteso
come struttura ultima di ogni rappresentazione psichica. I centri invisibili della psiche oggettiva (l’inconscio collettivo) sono gli epifenomeni di una dimensione spirituale preesistente alla creazione dell’uomo; tale mondo atemporale possiede una forma di “prescienza” cioè di sapere a priori del quale è “impregnato” ogni nucleo subliminale della psiche inconscia.
Ciò che la differenzia dalle altre scuole di pensiero è proprio questa sua predisposizione, per così dire, trascendente; gli analisti junghiani hanno rivolto la
loro attenzione alla dimensione spirituale della psiche, cioè alla sua primordiale
e naturale tendenza ad ricercare un rapporto con Dio. Gli psicologi hanno evidenziato le potenzialità della psiche attraverso un’interpretazione trasversale; le produzioni psichiche sono state studiate così come si presentavano nella mentalità primitiva, nella mitologia, nei rituali di tribù sconosciute e di ogni forma di religione; nell’alchimia, nell’immaginario onirico, all’interno della filosofia e di scienze quali la fisica, la matematica, la biologia; nel materiale fiabesco e in ogni stato di alterazione della coscienza. In ognuno di questi ambiti si è constatata la presenza di modelli di pensiero archetipici cioè universali, collettivi, uguali in ogni essere vivente.
La psicologia del profondo è detta analitica poiché fa derivare dal principio generale (l’inconscio inteso come qualità divina) il particolare (il microcosmo: l’uomo e la natura); ciò sta a significare che pone al di sopra di ogni manifestazione della vita cosciente e subliminale dell’uomo, l’esistenza dell’unus mundus cioè di una dimensione atemporale (espressione dell’intelligenza divina). Si ha l’impressione di leggere, fra le righe del pensiero analitico, l’idea che Dio sia il tutto dal quale discendono le parti.
L’analista che si è particolarmente distinta nella divulgazione degli argomenti
principali della psicologia analitica è stata Marie-Louise von Franz. L’autrice
ha esteso ed illustrato ampiamente i punti nodali del pensiero junghiano: gli archetipi e l’inconscio collettivo, l’arcano della sincronicità, la relatività spazio-temporale dell’unus mundus, il processo di individuazione, il simbolismo delle fiabe ed infine l’auspicata complementarietà tra la psicologia del profondo e l’universo scientifico.
La psicologia analitica può essere considerata come […] “la storia di
un’autorealizzazione dell’inconscio” cioè quello di Jung il quale ha portato a
compimento il personale processo di individuazione mettendo a disposizione
dell’umanità le sue scoperte. Così M.-L- von Franz lo descrive ne Il mito di Jung: “Jung possedeva un intuito fuori del comune, […] compassione, comprensione, e calore umano per la sua famiglia, i suoi amici e pazienti e per l’umanità intera. Aperto a tutti con una naturalezza silenziosa, era alieno da pregiudizi sociali o razziali, […] era di una spontaneità fuori del comune […] vivace e immediato … Accoglieva per-sone, cose e pensieri con tutto se stesso; l’incontro con lui era autentico. Quella sua comprensione si associava a un’immediata sensibilità e a un’immensa capacità di soffrire. Era tipico di Jung – dice una sua allieva – il rispetto per gli altri: a ciascuno prestava la sua intera attenzione” .
Questa donna è stata in grado di assorbire l’essenza numinosa di un uomo particolare che ha saputo scoprire i tesori del suo inconscio, ascoltando i silenzi
dell’universo archetipico.

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