Perchè il futuro non ha bisogno di noi
(parte III)
  Le nostre più potenti tecnologie del 21' secolo - scienze robotiche, ingegneria genetica e nanotecnologia - minacciano di far degli umani una specie a rischio
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Uno tenderebbe a pensare che tale dialogo sarebbe condotto dal nostro istinto di auto conservazione. Gli individui chiaramente hanno questo desiderio, però come specie il nostro comportamento sembra non essere a nostro favore. Confrontandoci con la minaccia nucleare, spesso abbiamo parlato in modo disonesto-sleale incrementando enormemente i rischi. Se questo era politicamente motivato, o perche abbiamo preferito non pensarci, o perché quando di fronte a tali minacce abbiamo agito irrazionalmente per la paura, io non lo so, comunque non è un buon presagio. Il nuovo vaso di Pandora di genetica, nanotecnologia, e robotica è quasi aperto, però non lo abbiamo notato. Le idee non possono essere ricacciate nel vaso; a differenza dell'uranio o il plutonio, non devono essere minate o raffinate, e possono essere liberamente copiati. Una volta fuori, sono fuori. Churchill fece notare, in un suo famoso complimento "di sinistra", che il popolo americano e i loro leaders "invariabilmente fanno la cosa giusta, dopo che hanno esaminato ogni altra alternativa". In questo caso tuttavia, dobbiamo agire previdentemente, visto che fare la cosa giusta in ultima istanza potrebbe significare perdere la possibilità di fare qualsiasi cosa.
Come ha detto Thoreau, "Non viaggiamo sulle rotaie; sono le rotaie che viaggiano su di noi;" e questo è ciò che dobbiamo combattere, nel nostro tempo. La questione invece è: Chi deve essere il dominatore? Sopravviveremo alle nostre tecnologie?
Siamo spinti avanti in questo nuovo secolo senza nessun piano, nessun controllo, senza freni. Siamo già andati troppo in la' per cambiare direzione? Io non credo, ma non stiamo ancora provando, e l'ultima possibilità per affermare il controllo - il punto di infallibilità - si avvicina velocemente. Abbiamo i nostri primi robot domestici, come pure tecniche di ingegneria genetica commercialmente disponibile, e le nostre tecniche nanoscale stanno progredendo rapidamente.
Mentre lo sviluppo di queste tecnologie procede attraverso un grande numero di passi, non è dovuto che - come è successo nel Progetto Manhattan e nel Test Trinity - l'ultimo passo nel dimostrare la validità di una tecnologia sia grande e difficile. La rottura verso l'auto-replicazione selvaggia della robotica, l'ingegneria genetica, o la nanotecnologia potrebbe arrivare all'improvviso, ravvivando la sorpresa che sentimmo quando venimmo a conoscenza per la prima volta della clonazione dei mammiferi. E ancora credo che non abbiamo una base forte e solida per sperare. I nostri tentativi di trattare con le armi di distruzione di massa nell'ultimo secolo sono un brillante esempio di rinuncia che ci fa riflettere: l'abbandono unilaterale statunitense, incondizionato, di sviluppo di armi biologiche. Questa rinuncia emerse una volta realizzato, che mentre sarebbe stato un sforzo enorme creare queste terribili armi, avrebbero potuto da li in poi facilmente essere duplicate e cadere nelle mani di nazioni nemiche o gruppi terroristici.
La chiara conclusione fu che avremmo creato ulteriori minacce comprando queste armi, e che sarebbe stato più sicuro non comprarle. Abbiamo sussunto il nostro abbandono delle armi chimiche e biologiche nel 1972 con la Convenzione delle Armi Biologiche (BWC) e nel 1993 con la Convenzione delle Armi Chimiche (CWC). (12)
Per quanto riguarda la continua minaccia delle armi nucleari, con cui abbiamo vissuto ormai per circa più di 50 anni, il rifiuto del senato Statunitense del Comprehensive Test Ban Treaty chiarisce che l'abbandono delle armi nucleari non sarà politicamente facile. Ma abbiamo solo una opportunità, con la fine della guerra fredda, di contrastare una corsa alle armi multipolare. In base agli abbandoni della BWC e CWC, il successo dell'abolizione di armi nucleari potrebbe aiutarci a costruire l'abitudine ad abbandonare tecnologie pericolose. (Attualmente, disfacendosi di tutte, tranne 100 armi nucleari, mondialmente - all'incirca l'intero potere distruttivo della II Guerra Mondiale - potremmo eliminare il pericolo di estinzione). (13)

Verificarne l'abbandono sarebbe un problema difficile, ma non irrisolvibile. Siamo fortunati ad aver già fatto parecchio lavoro importante nel contesto di BWC ed altri accordi. Il nostro principale compito sarà di applicare questo alle tecnologie che sono naturlamente molto più commerciali che militari. Il bisogno sostanziale è della trasparenza giacchè la difficoltà di verifica è direttamente proporzionale alla difficoltà di distinzione tra attività legittime e le restanti.
Francamente credo che la situazione nel 1945 era più facile di quella con cui ci confrontiamo ora: le tecnologie nucleari erano ragionevolmente separabili tra uso commerciale e militare, e il monitoraggio era facilitato dalla stessa natura dei test atomici e dalla facilità con cui poteva essere misurata la radio-attività. La ricerca su applicativi militari poteva essere condotta in laboratori nazionali come Los Alamos, con i risultati mantenuti segreti al più lungo possibile.
Le tecnologie GNR non si dividono chiaramente in utilizzo commerciale o militare; dato il ,loro potenziale nel mercato è difficile immaginarne l'acquisto nei soli laboratori statali. Con la loro diffusa richiesta commerciale, costringere alla rinuncia richiederà un regime di verifica simile a quello per le armi biologiche ma ad una livello senza precedenti. Questo inevitabilmente aumenterà la tensione tra la nostra privacy ed il desiderio di informazioni proprietarie, e la necessità di verifica per proteggerci tutti. Senza dubbio incontreremo una forte resistenza a questa perdita di privacy e libertà di azione.
La verifica della rinuncia di certe tecnologie GNR dovrà avvenire nel cyberspazio quanto nel mondo fisico. Il punto critico sarà di creare la necessaria trasparenza in mondo di informazioni di proprietà, presumibilmente provvedendo a nuove forme di protezione sulla proprietà intellettuale. Verificare la messa a norma richiederà che gli scienziati e gli ingegneri, adottino un forte codice di condotta etica, richiamando il giuramento di Ippocrate, avranno il coraggio imporsi quando necessario anche ad un alto rischio personale.
Questo risponderebbe alla chiamata - 50 anni dopo Hiroshima - del Premio Nobel Hans Bethe, uno dei più anziani membri viventi del Manhattan Project, che dice "cessate il lavoro, desistete dal creare, sviluppare, migliorare e produrre armi nucleari o altre armi con la potenzialità di distruzione di massa". Nel 21° secolo ciò richiede vigilanza, responsabilità personale da parte di coloro che lavorerebbero sia con tecnologie NBC e GNR per evitare l'imlementazione di armi di distruzione di massa e la distruzione di massa abilitata dal sapere.
Thoreau diceva anche che saremmo "ricchi in proporzione al numero di cose di cui possiamo fare a meno" Ognuno di noi cerca la felicità, ma sembrerebbe opportuno chiederci se dobbiamo rischiare così tanto, la totale distruzione, per acquisire ancora più sapere e più cose; il buon senso dice che c'è un limite alle nostre necessità materiali e che alcuni saperi sono troppo pericolosi quindi meglio dimenticati. Non dovremmo nemmeno ricercare una vicina immortalità senza considerarne i costi, senza considerare il commisurato incremento del rischio di estinzione . L'immortalità, mentre forse è originale, non è certamente il solo possibile sogno utopico.
Recentemente ho avuto la fortuna di incontrare lo stimato autore Jacques Attali, di cui il libro "Lignes d'horizons" (Millennium, nella traduzione in inglese) ha aiutato a ispirare l'approccio Java e Jini dell'arrivo dei computer pervasivi, come descritti precedentemente in questa rivista. Nel suo nuovo libro "Fraternites", Attali descrive come i nostri sogni di utopia siano cambiati nel tempo:
"All'alba delle società, gli uomini videro il loro passaggio sulla terra come niente di più che un labirinto di dolore, alla fine della quale vi è posta una porta che conduce, attraverso la loro morte, alla compagnia degli Dei e dell'eternità. Con i giudei e poi con i greci, alcuni uomini osarono liberarsi dai comandamenti teologici e sognarono di una Città ideale dove sarebbe prosperata la libertà. Altri, notando lo sviluppo della società mercato, capirono che la libertà di qualcuno avrebbe potuto recare l'alienazione di altri, e cercarono l'Eguaglianza".
Jacques mi aiutò a capire come questi tre diversi obiettivi utopici esistono con molta tensione nelle nostre società di oggi. Poi prosegue descrivendo la quarta utopia, Fraternità, di cui il fondamento è l'altruismo. Fraternità da sola è associata a felicità individuale con la felicità di altri, fornendo la promessa di autosostentamento.
Questo ha cristallizzato il mio problema con il sogno di Kurzweil. Un approccio tecnologico all'eternità - una vicina immortalità attraverso la robotica - potrebbe non essere l'utopia più desiderabile, e la sua aspirazione porta chiari pericoli. Forse dovremmo riconsiderare le nostre scelte utopiche. Dove possiamo cercare una nuova etica di base per situare il nostro percorso? Ho trovato le idee incluse nel libro "Ethics for the new Millenium", del Dalai Lama, molto utili. Mentre è molto conosciuto, ma poco ascoltato, il Dalai Lama dice che la cosa più importante è per noi condurre la nostra vita con amore e compassione per gli altri, e che le nostre società hanno bisogno di sviluppare una nozione più forte di responsabilità universale e della nostra interdipendenza; egli propone uno standard di condotta eticamente positiva per individui e società che sembrano consonanti con l'utopia di Fraternità di Attali. Il Dalai Lama continua argomentando che dobbiamo capire cos'è che fa felice la gente, e ammette la forte evidenza che né il progresso materiale nè l'aspirazione del potere di conoscenza è la chiave - che ci sono limiti a quello che la scienza e l'aspirazione scentifica da sola può fare. La nostra nozione occidentale di felicità sembra provenire dai Greci, che la definiscono come "l'esercizio del potere vitale lungo binari di eccellenza in una vita che comprenda il loro scopo". (15)
Chiaramente, dobbiamo trovare significative sfide e sufficienti scopi nella nostra vita se vogliamo essere felici nonostante ciò che verrà. Ma credo che dobbiamo trovare sbocchi alternativi per le nostre forze creative, al di la della cultura di crescita economica eterna; questa crescita è stata certamente una benedizione per centinaia di anni, ma non ci ha portato pura felicità e ora dobbiamo scegliere tra aspirazioni di libretà e sviluppo indiretto attraverso scienza e tecnologia con i pericoli che lo accompagna.(10)
E' passato più di un anno dal mio primo incontro con Ray Kurzweil e John Searle. Vedo intorno a me un motivo per avere la speranza nelle voci per la cautela e nella rinuncia e in quelle persone che ho scoperto preoccupate come me sulla nostra attuale condizione. Provo, anch'io, un profondo senso di responsabilità personale - non per il lavoro che ho già fatto, ma per il lavoro che dovrò ancora fare, al punto di confluenza delle scienze.
Ma molte altre persone che conoscono i pericoli tuttavia sembrano stranamente silenziose. Se sollecitate , se ne escono con "non c'è niente di nuovo" - come se la consapevolezza di ciò che potrebbe accadere fosse una risposta sufficiente. Mi dicono, ci sono università piene di bioetici che studiano questo, tutto il giorno. Dicono, "tutto questo è stato scritto da prima, e da esperti". Si lamentano, le tue preoccupazioni e i tuoi argomenti sono scarpe vecchie.
Non so dove questa gente nasconde la paura. Come architetto di sistemi complessi entro in questa arena come un generico. Ma questo dovrebbe diminuire le mie preoccupazioni? Sono consapevole di quanto sia stato scritto, detto e letto su questo in modo così autorevole. Ma questo significa che ha raggiunto persone? Questo significa che possiamo sminuire i pericoli che abbiamo davanti? Il sapere non è un movente per non agire. Possiamo dubitare che il sapere sia diventata un'arma che maneggiamo contro noi stessi?
Le esperienze degli scienziati atomici dimostrano chiaramente la necessità di prendere responsabilità personali, il pericolo che le cose si muoveranno troppo velocemente, e il modo in cui un processo può prendere vita propria. Noi possiamo, come loro, creare problemi insormontabili in pochissimo tempo. Dobbiamo pensare di più in anticipo se non vogliamo essere sorpresi e colpiti dalle conseguenze delle nostre invenzioni.
Il mio continuo lavoro professionale è migliorare la affidabilità del software. Il software è uno strumento, e come progettista di tali strumenti devo sforzarmi a controllare gli utilizzi degli strumenti che faccio. Ho sempre creduto che facendo i software più affidabili, dati i suoi utilizzi, avrebbero reso il mondo più sicuro e un posto migliore; se dovessimo arrivare a pensare al contrario, allora sarei moralmente obbligato a fermare il mio lavoro. Posso immaginare che tale giorno arriverà.
Tutto questo non mi lascia arrabbiato ma un po' malinconico. D'ora in poi, per me, il progresso sarà alquanto agrodolce.
Vi ricordate la penultima e bellissima scena in "Manhattan", dove Woody Allen sta sdraiato sul suo lettino parlando al registratore? Sta scrivendo una piccola storia sulla gente che sta creando inutili neurotici problemi a se stessa, perché li trattiene dal confrontarsi con i più irrisolvibili e terrificanti problemi sull'universo. Guida se stesso a chiedersi: "Perché la vita merita di essere vissuta?" e considera cosa vale la pena per loro: Groucho Marx, Willie Mays, il secondo movimento della Jupiter Symphony, la registrazione di Louis Armstrong di "Potato Head Blues", i film svedesi, l'educazione sentimentale di Flaubert, Marlon Brando, Frank Sinatra, le mele e le pere di Cezanne, i granchi a Sam Wo's, e, alla fine, il pezzo forte: la faccia del suo amore Tracy.
Ciascuno di noi ha le proprie cose preziose, e come le curiamo, localizziamo l'essenza della nostra umanità. Alla fine, è per la nostra grande capacità di avere cura che rimango ottimista nel credere che affronteremo i pericoli prodotti.
La mia immediata speranza è partecipare in una discussione molto più ampia sui problemi qui sollevati, con persone provenienti da diversi passati, modo non predisposto all'ansia o favorire tecnologie per il suo proprio interesse.
Come inizio ho doppiamente portato molti di questi problemi ad eventi sponsorizzati da l'Aspen Institute e ho separatamente proposto che l'Accademia Americana delle Arti e delle Scienze li prendesse come estensione del proprio lavoro con le Conferenze Pugwash. (Queste si tengono dal 1957 per discutere il controllo delle armi, specialmente delle armi nucleari, e per formulare regole fattibili).
E' una sfortuna che i meetings di Pugwash cominciati solo dopo il genio nucleare era uscito dalla lampada - all'incirca 15 anni dopo. Stiamo avendo anche un ritardo nell' indirizzare seriamente i problemi delle tecnologie del 21° secolo - la prevenzione del sapere abilitato alla distruzione di massa - e ulteriori ritardi sembrano inaccettabili.
Quindi sto ancora ricercando; ci sono ancora molte cose da imparare. Se siamo destinati ad aver successo o a fallire, sopravvivere o cadere vittime di queste tecnologie, non è ancora deciso. Ed un altra volta rimango in piedi fino a tardi, sono circa le sei del mattino. Sto cercando di immaginare risposte migliori, per rompere l'incantesimo e liberarle dalla pietra.

Bill Joy

(Bill Joy, cofondatore e caposcienziato di Sun Microsystems, e' stato dirigente della commissione presidenziale sul futuro della ricerca IT, ed è coautore delle specifiche del liguaggio Java. Si può leggere anche del suo lavoro su: "Jini pervasive computing technology" in Wired 6.08. )


Traduzione a cura di tmccrew