Sette
ore e uno, sette ore e due, sette ore e tre". Il battitore, con
tunica azzurra, assegna le tagliatelle, fatte a mano con uova fresche
provenienti da un allevamento biologico. Si era partiti da una valutazione
bassa, ma le offerte, di mezz’ora in mezz’ora, hanno fatto salire
il prezzo. Non siete caduti dentro il sogno di qualche orologiaio-poeta
o nelle reminiscenze del marxiano valore d’uso, ma vi trovate a
una delle aste del tempo di Reggio Emilia. Vecchie borse e termostati,
arnesi da roccia e taglia-erba: alla Rel (Rete di economia locale)
di Reggio Emilia si vende di tutto ma si paga solo in ore. E chi
lo desidera può presentare se stesso (o la sua offerta) con una
scenetta o nel modo che ritiene più idoneo. L’asta del tempo è uno
dei momenti ludici in cui i circa ottanta soci relisti reggiani
si incontrano. Ancor più spesso si telefonano, soprattutto dopo
aver ricevuto il bimestrale Cerca trova o il foglio quindicinale
Cosa c’è di nuovo. Qui, infatti, Simone scopre che Lylia fa corsi
di cucina e Fabio restaura mobili, proprio ciò che stava cercando.
Simone però non può scambiare le sue ore direttamente con loro due
- sarebbe il modo più semplice - perché la sua offerta (fisioterapia)
- non interessa. Si rivolge allora a Cinzia o Giannina, coordinatrici
della Rel, in modo che attraverso un piccolo giro di contabilizzazione
(per esempio lavoretti di sartoria, baby-sitteraggio, consulenze
legali, lezioni di informatica) qualcuno pagherà a Lylia e Fabio
i suoi tempo-debiti. Bisogni soddisfatti senza denaro: possibile?
Guadagnare sempre di più "Per molti, accumulare ricchezza - riflette
Cinzia Melograno - è diventato il fine ultimo dell’agire. Da unità
di misura per gli scambi, il denaro si è trasformato nell’obiettivo
del vivere, causa d’affanno e motivo d’insoddisfazione. Lavoriamo
per guadagnare di più, con l’illusione di poter appagare i nostri
bisogni, ma in questo modo non facciamo altro che diventare prigionieri
di una spirale che lentamente soffoca la nostra vita. L’idea della
Rel, nasce dal desiderio di ribaltare questa logica e dal bisogno
di riempire d’amore il proprio lavoro e il rapporto che attraverso
esso abbiamo con le persone. Anche se questo significa scegliere
un lavoro meno retribuito, ma più soddisfacente". Avete sentito
volare una bestemmia? Nella società dei rapporti mercenari e
mercificanti e dell’informazione che canta solo i fasti della Borsa,
l’incontro tra un reggiano tipo - doppio lavoro e consumi sfrenati
- con un relista può somigliare al dialogo (rubiamo la battuta a
Benigni) tra un faraone e un terzino della Sampdoria: all’inizio
non sembra possibile intendersi perché si è sempre vissuti in due
mondi diversi. Per il senso comune, se qualcuno dice che bisogna
"migliorare la qualità della vita" va tutto bene perché la frase
è vaga, dunque potrebbe anche tradursi nell’avere due automobili
in più per famiglia. Se però il relista Luca ha lasciato il lavoro
in banca (o Misiano quello impiegatizio) perché pensa di "vivere
meglio guadagnando meno..." è pazzo, no?
La
prima Rel in Italia
Di una rete di economia locale si comincia a parlare fra i soci
di Mag 6 di Reggio Emilia, nel ‘96 quando Loredana Ruvolo torna
dall’Australia entusiasta delll’esperienza del Local Exchange Trading
System (Lets) di Katoomba, piccola cittadina nei pressi di Sydney
. Di che si tratta? I Lets Sono zone in cui si recuperano antiche
forme di scambio di merci o servizi senza la mediazione del denaro.
Assai diffusi in Inghilterra, Usa e Canada, i Lets hanno "cugini",
ovvero esperienze in qualche modo paragonabili, in Francia, Germania
e molti altri paesi. "Ragionando insieme, abbiamo subito avvertito
una fondamentale differenza fra il contesto sociale ed economico
dove sono nati i Lets e la realtà emiliana: lì siamo in una economia
depressa, con forte disoccupazione e spesso in contesti rurali,
mentre il reggiano è ricco, sviluppato, con tradizione doppio-lavorista",
così Giannina e Cinzia riassumono una discussione lunga e complessa.
Proprio mentre a Reggio si cominciano a porre le basi della prima
Rete italiana di economia locale (siamo nel ‘97), in varie parti
d’Italia spuntano le banche del Tempo, esperienze vicine, ma non
identiche alle Rel. "Mi sembra - spiega Cinzia - che caratteristica
comune a entrambe le esperienze sia quella di mettere a disposizione
il tempo libero, socializzandolo, non più nell’ottica del volontariato
(qualcuno da e qualcuno riceve), ma dello scambio. Ma a differenza
delle Banche del Tempo, la Rel non si rivolge solo a chi ha tempo
libero (pensionati, casalinghe, ecc.), ma anche a coloro che di
tempo libero non ne hanno e che anzi desiderano liberarlo, sperimentando
un’economia non solo monetaria". Vi sentite più avanti? "Non è questo
il problema. Anche la semplice idea di socializzare il proprio tempo
libero è molto interessante, favorisce nuove relazioni, aiuta a
ripensare i ruoli e il rapporto con una società che produce merci
senza guardare più alle persone. E comunque vi sono alcune Banche
del Tempo che si muovono su una strada molto simile a quella della
Rel". "Solo su un punto siamo davvero critici - sottolinea Giannina
- ovvero sulla scelta fatta da qualche Banca del Tempo d’inserire
nel suo statuto il divieto di scambiare attività professionali;
è una specie di trionfo del mercato, lontano mille miglia dal nostro
modo di pensare e dalla stessa tradizione dei Lets inglesi e americani
al cui interno è possibile non solo usurfruire di prestazioni professionali
(medici, avvocati, architetti), ma addirittura andare al ristorante
o fare acquisti in un negozio".
Contabilizzare
il tempo
C’è davvero bisogno di coordinatori e di una struttura, relativamente
complessa, con emissione di assegni e contabilizzazione delle transazioni?
"Dipende dai luoghi e dalle situazioni - è il pensiero di Cinzia
- in alcuni contesti, come il gruppo Le vicine di casa di Mestre,
esiste una pratica consolidata di conoscenza, comunicazione, buon
vicinato e persino di agire collettivo; dunque tutto può restare
informale. Il tessuto di Reggio è invece poco comunicativo". In
ogni caso l’unità di misura è egualitaria, non meritocratica; per
dirla terra-terra: ogni prestazione vale la quantità di tempo usata.
Ma se nella Rel qualcuno "ci marcia", ovvero prende senza dare oppure
si fa pagare più ore di quel che pare lecito? "Noi cerchiamo di
far chiarezza tra le persone; se non basta, il Consiglio di gestione
sceglie un mediatore. In realtà, fino ad oggi non abbiamo avuto
alcun vero contenzioso". La nascita ufficiale della Rel è all’inizio
del ‘97: in tre anni solo rose e fiori? "Ovviamente no: in molti
e molte l’idea di rapporti non mediati attraverso il denaro suscita
quasi un blocco psicologico" spiega Giannina. Ma non è così facile
"In questi due anni di esperienza - confessa Cinzia - abbiamo constatato,
quanto sia difficile praticare nel concreto un’economia non monetaria.
Anche se intuiamo che questa è la strada più giusta dal punto di
vista etico, non è facile utilizzare la rete di scambio per i consumi
quotidiani. Specialmente in città come Reggio Emilia, dove i soldi
girano ed è sicuramente meno impegnativo acquistare un servizio
anziché rivolgersi alla rete. Credo che l’esperienza delle Rel possa
dare risultati ancora più interessanti nelle zone economicamente
più svantaggiate, dove certo non mancano creatività e competenze.
Penso al nostro sud, o a zone di povertà delle grandi città, dove
i livelli di disoccupazione sono altissimi e molti giovani non sanno
come trascorrere le loro giornate. Certo le Rel non possono essere
l’unica risposta al problema dello sviluppo economico delle aree
depresse, però credo che possano essere di grande aiuto, sia in
termini economici (potremo rispondere comunque a molti bisogni,
non a tutti, anche senza avere denaro) che sociali (saremo meno
soli e potremo contare sull’aiuto della comunità in cui viviamo)".
In crescita, ma non troppo Queste difficoltà spiegano perché in
tre anni d’attività, dagli iniziali ottanta, i soci Rel sono passati
a ottantacinque, con una trentina di abbandoni e l’ingresso di nuovi
soci (per lo più giovani). Ora l’identikit del relista medio è un
35/40 enne, con una quasi assoluta sex-balance (interessante differenza
con molte Banche del Tempo a predominanza femminile), con esperienze,
competenze e saperi assai diversificati. "All’inizio sembra più
facile per chi, operaio o artigiano, ha capacità manuali da scambiare.
Ma poi si scopre che ognuno di noi sa o può imparare qualcosa d’interessante
e utile per gli altri". E tu Cinzia cosa scambi? "Chiedo massaggi
e taglio di capelli, vorrei imparare a cucire e utilizzare le erbe,
mi interessano lezioni si shiatsu e aiuto in piccoli lavori di manutenzione
domestica. Io mi offro per accompagnare gruppi in montagna, eseguire
depilazioni con ceretta al miele (finora il mio maggior successo)
o per dare una mano nell’orto e in altre attività manuali, ma sono
anche brava nelle questioni organizzative".
Rel
c/o Mag 6, via Vittorangeli 7/c-d, 42100 Reggio Emilia tel 0522
454832. E-mail: mag6@comune.re.it Assem - Sistema di Reciprocità
indiretta, rete di comunità locali in Puglia, Martano (Le) tel 0836
575772 (sig. Pantaleo)
Come si fa (Cinzia Melograno)
La Rete di economia locale, versione italiana dei sistemi di scambio
locale anglosassoni, non è un modello rigido da seguire in maniera
acritica, ma un’esperienza in continua trasformazione che per aver
senso deve essere pronta a modificarsi, secondo i bisogni e le esigenze
della realtà locale. La scommessa è tenere insieme il fare con l’elaborazione;
darsi il tempo per verificare l’aderenza del progetto; essere pronti
a cambiare, correggere e sperimentare senza cadere nella trappola
della fretta e del dover fare. Alcune realtà di Banche del Tempo,
ma anche molte cooperative sociali e associazioni, smarrendo il
senso dell’origine, si sono trasformate o corrono il rischio di
trasformarsi in strutture di aggregazione di manodopera a basso
costo che l’Ente Pubblico usa a suo piacimento, spesso temporaneamente
e strumentalmente. La Rel di Reggio Emilia, costituita più di due
anni fa, continua a modificarsi attraverso il confronto tutt’altro
che scontato e lineare tra la nostra idea e la realtà, con l’ingresso
di nuovi soci e l’equilibrismo tra la disponibilità al cambiamento
e l’essere aderenti all’origine. Ma, pur con continue mediazioni,
la scommessa resta quella di creare un’esperienza significativa
di economia solidale, un obiettivo che perseguiamo seguendo alcuni
semplici principi: 1. Mettere in relazione i bisogni con le risorse
disponibili. Attraverso la stampa di Cerca/Trova e di Che cosa c’è
di nuovo facciamo incontrare la domanda con l’offerta. I soci e
le socie ricevono a casa queste pubblicazioni e chiamano direttamente
chi all’interno della rete può soddisfare i loro bisogni. Lo scambio
viene contabilizzato attraverso un assegno espresso in tempo, che
darà luogo ad un estratto conto personale di crediti e debiti in
tempo. Tutte le transazioni si basano sul principio concordato che
un’ora vale un’ora, indipendentemente dalla prestazione scambiata.
Ed è interessante sottolineare come in questo sistema l’accezione
del debito è assolutamente positiva, a differenza del mondo in cui
viviamo, perché senza richiesta che produce debito per chi chiede,
ma crediti per chi offre, la rete di scambio non funzionerebbe.
2. Massimizzare l’impiego di risorse locali, sia umane che materiali.
Insita nell’idea della Rete dell’economia locale è l’attenzione
all’impatto ambientale dei gesti quotidiani. La vicinanza territoriale,
caratteristica di una rete di questo tipo, evidenzia risorse locali
che non necessitano ad esempio di lunghi e costosi trasporti. Inoltre
gli scambi basati soprattutto sul lavoro umano evitano pesanti investimenti
tecnologici ad alto capitale ed alto costo ambientale e sociale.