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IL PROGETTO “vHIVere”

Croce Rossa Italiana - ARIPS
Guido Contessa – presidente ARIPS  -  www.arips.com   
Margherita Sberna –  Amministratore Unico EGEO srl  www.egeonet.com

Le basi teoriche del progetto

Henry Poincaré introdusse per primo un metodo non matematico per studiare i sistemi dinamici: la topologia o geometria qualitativa del continuo. Essa consente di spiegare visualizzandoli, i fenomeni fisici e naturali complessi. Kurt Lewin fu il primo e l’unico ad usare questo approccio per i fenomeni psicologici, come fu il primo   ad applicare alla psicologia la Teoria del Campo  elaborata per le forze elettromagnetiche di Maxwell.

La  psiche individuale, la coppia, il piccolo gruppo, la comunità territoriale, lo Stato, la comunità internazionale sono sistemi dinamici complessi descrivibili come “campi di forze psicologiche”. La psicologia topologica di Lewin ci ha consegnato una teoria di enorme utilità per la lettura dei processi intrapsichici, interpersonali e psicosociali, nota come “Teoria del Campo”.  In sintesi Lewin ci ha dato una descrizione geometrica di tutti i campi di forza psichica, utilizzabile a qualsiasi livello di definizione (micro, medio, macro, mega o giga), e ci ha fornito una legge relativa al comportamento.

La psicologia topologica ha offerto una solida base teorica per il progetto “vHIVere” che ha un obiettivo di prevenzione primaria: modificare i comportamenti sessuali a rischio di adolescenti    e giovani. La prevenzione primaria ha esplorato, nei suoi  trent’anni di vita, diverse strategie di intervento, raggruppabili in due grandi famiglie, a volte combinate fra loro. La prima è quella relativa alla bonifica del contesto vitale del Soggetto. Questa linea porta ad interventi, nel caso degli adolescenti, tesi a modificare gli spazi  di vita quotidiana (famiglie, scuole, aggregazioni di tempo libero, gruppi informali), o a modificare il contesto con l’attivazione di nuove risorse di supporto e protezione  (spazi, servizi, persone). La seconda strategia è quella del rafforzamento  delle risorse individuali, con azioni di formazione, di counseling, di sostegno. In questa seconda  classe di interventi  la logica  è quella di aumentare la capacità degli adolescenti di reagire agli eventi quotidiani depressivi, alle frustrazioni, al senso di inadeguatezza, solitudine ed  emarginazione  (che sono i principali fattori di rischio), con comportamenti costruttivi anziché auto o etero-distruttivi. Migliorare o arricchire il contesto, o rafforzare il singolo, o entrambe le cose insieme: questa è la sostanza della prevenzione primaria dei fenomeni di disagio psicosociale.  Lewin non si è esplicitamente occupato di prevenzione ma qui è evidente la sua influenza. Contesto o campo e singolo sono interdipendenti e possono essere scelti alternativamente come punto d’attacco per indurre cambiamenti.  

La Psicologia di Comunità è una branca della psicologia che ha, come oggetto di studio e di intervento, la comunità territoriale. Essa ha come oggetto specifico di studio e di intervento la comunità territoriale, ma ricorre a diversi approcci meta-psicologici e a diversi metodi. L’oggetto specifico tuttavia determina alcuni punti fermi per tutte le differenti configurazioni della disciplina. Il primo di questi è che la comunità territoriale  è un oggetto di studio psicologico e dunque si possono studiare e trattare le sue variabili psicologiche. Il secondo punto fermo della disciplina è che  l’organismo comunitario è appunto un campo di forze, uno spazio vitale, un sistema il cui comportamento è osservabile e modificabile. Qui l’accento è sul carattere comunitario di unità e totalità. Il terzo punto fermo è che il campo comunitario è articolato in regioni interdipendenti, esattamente come gli altri soggetti (individuo e gruppo).

La comunità territoriale è un soggetto plurale, spesso in grave stato di disagio psicotico. Gli interventi che richiede sono quasi sempre  di vasta  dimensione, il che esclude la possibilità di una completa tecnicizzazione. Non esiste in nessun territorio un numero di tecnici sufficiente ai  bisogni.  La Psicologia di Comunità è la meno tecnocratica delle psicologie, in quanto le dimensioni del suo “oggetto” sono tali da richiedere necessariamente la chiamata in campo di tutte le risorse disponibili. Ma esiste una ragione più teorica per questa scelta. L’intervento comunitario, come quello individuale e gruppale, ha sempre la finalità dell’autonomizzazione del cliente.

La proposta di “vHIVere”

Il progetto, presentato all’ISS  dalla CRI e realizzato con la collaborazione di ARIPS,  prevedeva:

a-      un obiettivo a lungo termine e cioè la  prevenzione dell’infezione da HIV e dunque la riduzione della diffusione dell’AIDS soprattutto fra i giovani;
b-      un obiettivo immediato rappresentato dalla preparazione di un gruppo di operatori della Croce Rossa Italiana (CRI) all’applicazione di un kit di prevenzione già elaborato e sperimentato da ARIPS, “ProspettHIVa” ;
c-      un obiettivo a medio termine, attraverso il trasferimento nella quotidianità dell’intervento e la sua applicazione reiterata.

Dunque  l’intervento, di secondo livello, ha avuto come utenti diretti gli operatori che successivamente avrebbero operato con adolescenti e giovani, destinatari finali del progetto. Di solito questo tipo di operazione è plausibile con  personale già specializzato nelle metodologie di intervento tipiche della formazione psicosociale. La difficoltà  in questo caso stava nella impreparazione dei Volontari del Soccorso (VdS) della CRI come  formatori e nella scarsità del tempo disponibile per renderli competenti  all’uso del kit “ProspettHIVa”.

La procedura utilizzata è uno degli aspetti innovativi del progetto che si proponeva di mantenere uno standard di qualità  significativo in tutte le fasi del processo di realizzazione.

Fase A - L’avvio dell’iniziativa con:

Questa fase è stata realizzata dalla CRI attraverso i suoi organismi.

Fase B - L’addestramento dei volontari-operatori.

ProspettHIVa  è un modello di percorso di prevenzione attraverso 5 incontri di 3 ore ciascuno  quattro dei quali a cadenza settimanale, ed il quinto di follow-up. Gli elementi chiave di  ProspettHIVa sono tre: Il percorso è a tappe che, partendo dall’identità personale, portano al gruppo come organismo vitale. Il quinto incontro serve per fare un’approfondita verifica. Ogni incontro, per adolescenti e giovani, è suddiviso in due unità. La prima, più lunga (da 90 a 120 minuti), è focalizzata sul tema oggetto dell’incontro attraverso esercitazioni attive, giochi psicopedagogici analogici, simulazioni, ecc.; la seconda è destinata ad  ideare e progettare -anche col supporto di tecniche creative- proposte, attività, eventi, da realizzare per e con i coetanei.

Per ottimizzare l’uso del tempo disponibile – e migliorare l’apprendimento dei volontari - dove era possibile il  seminario di addestramento  è stato realizzato in forma residenziale: 2 giorni di lavoro di gruppo. La  metodologia utilizzata  è quella tipica della psicosociologia con  l’utilizzo del gruppo come potenziatore dell’apprendimento e l’analisi delle sue dinamiche.

La prima giornata  è stata dedicata al gruppo sia per far conoscere ai partecipanti le variabili che lo caratterizzano, sia per facilitare la socializzazione, l’aggregazione, il sentimento di appartenenza, la creazione di un clima piacevole e che consentisse il lavoro. In pratica i partecipanti hanno sperimentato in prima persona una versione di “ProspettHIVa” che poi avrebbero riproposto ai loro utenti: il coinvolgimento diretto ed emotivo è fondamentale per l’apprendimento, tanto più dove è carente la formazione specifica.

La giornata si è chiusa con la divisione in sottogruppi  per leggere e studiare il materiale – il kit “ProspettHIVa”- e per scegliere gli esercizi da proporre nelle simulazioni del giorno successivo.

La seconda giornata è stata dedicata all’addestramento rispetto all’uso del Kit “ProspettHIVa”, cercando di consentire a tutti di misurarsi con i problemi della gestione del gruppo, benché per tempi molto brevi.

Ogni unità di lavoro  è stata suddivisa in tre parti:

Si tratta di una simulazione piuttosto complessa, resa ulteriormente difficile dalla ristrettezza dei tempi a disposizione, che ha 3 obiettivi principali:

Il seminario si concludeva con la consegna del supporto metodologico-tecnico.

Fase C – applicazione sperimentale del Kit  “ProspettHIVa”

E’ stato il momento della sperimentazione sul campo, con gruppi di studenti delle scuole superiori o con giovani  volontari della CRI. In questa fase i corsisti avrebbero gestito  il gruppo in coppie all’interno delle quali un membro aveva il ruolo di conduttore e l’altro il ruolo di osservatore. In questo modo era possibile sia un ulteriore feed back sia la raccolta di materiale più ricco e dettagliato da riportare nel setting della supervisione.

Fase D - la supervisione

Lo scopo di questa attività era  analizzare i problemi emersi dall’esperienza pratica, suggerire soluzioni alternative ad errori commessi, rafforzare gli apprendimenti e verificare l’esperienza fatta.

Problemi & difficoltà

Il primo problema riguarda l’addestramento degli operatori volontari.

Non solo è difficile per il formatore che gestisce il seminario di addestramento, ma ancora di più lo è per i partecipanti: essi devono fare i conti  con le loro resistenze e difese personali che emergono nei diversi momenti di attività, oltre che impegnarsi nell’apprendimento.

Il tempo è effettivamente molto poco, anche considerando  la sua estensione attraverso le prove sul campo e la supervisione successiva.

Va aggiunto che la necessaria superficialità richiesta dalla situazione introduce il pericolo di fraintendimento rispetto alla complessità dell’operazione. Dunque i partecipanti  durante l’addestramento tendono a non percepire i problemi esistenti nel modello e di conseguenza può capitare che sottovalutino le “istruzioni per l’uso”, cioè le procedure di applicazione.  Mancando la competenza come formatori psicosociali,  di fatto  l’applicazione di “ProspettHIVa” richiede una maggiore fedeltà onde evitare di  provocare problemi che potrebbe essere difficile gestire.

La consapevolezza di questa situazione si ottiene dal mixing equilibrato  fra teoria/aula/ sperimentazione/supervisione. Quindi l’apprendimento richiede comunque del tempo per essere interiorizzato e per consentire di realizzare interventi efficaci.

Questa situazione oggettiva di difficoltà si affronta con buoni esiti se esiste fin dall’inizio una forte motivazione rispetto al Progetto ed alle sue intenzionalità.

I partecipanti hanno dunque imparato in relazione al loro interesse, alla loro disponibilità e alla concreta possibilità di mettere in pratica quanto appreso.

Il secondo problema ha riguardato l’applicazione sul campo del kit, che ha incontrato difficoltà organizzative e burocratiche. Purtroppo gli ambienti educativi, scuola in testa, pur rilevando situazioni problematiche che gestiscono con difficoltà, non sempre sono  disponibili ad accogliere l’aiuto di esterni, siano singoli individui o organizzazioni.

Il terzo problema, derivante dal precedente, ha circoscritto la sperimentazione all’area dei volontari della CRI, nelle varie regioni interessate, con conseguenti problemi per i partecipanti dovuti alla conoscenza reciproca e agli stereotipi esistenti. Questo setting ha aumentato le difficoltà degli stessi corsisti che dovevano fare i conti con dinamiche emotive e relazionali  difficili da gestire anche per un formatore esperto.

Nonostante ciò, riteniamo che il modello regga   come percorso di apprendimento che valorizza gli operatori non richiedendo investimenti sproporzionati alla loro collocazione come volontari.

D’altra parte il kit “ProspettHIVa” offre uno spunto che può essere ampliato sia attraverso contenuti connessi alle discipline –secondo i compiti degli insegnanti- sia aumentando il numero di incontri ed approfondendo la riflessione razionale ed emotiva sui differenti argomenti.

Il kit conferma la sua efficacia anche nella versione originale e ridotta, adatta nella sua formulazione agli adolescenti a cui è destinata.