ADDICTION: UNA NORMALE MALATTIA
Gian Paolo Guelfi

Sommario

  • 1. Visioni della tossicodipendenza
  • 2. Perché Addiction?
  • 3. Dipendenze innate, acquisite, terapeutiche
  • 4. Perché l'addiction è "una malattia": neurobiologia dell'uso di sostanze
  • 5. Effetti acuti e cronici dell'uso di sostanze
  • 6. Ereditabilità del disturbo
  • 7. Perché l'addiction è una "normale" malattia
  • 8. Addiction: una malattia bio-psico-sociale

1. Visioni della tossicodipendenza

Anche in Italia, come negli Stati Uniti (McLellan e coll, JAMA 2000), le visioni della tossicodipendenza sono più centrate sugli effetti sociali che sulla natura del disturbo. La natura della dipendenza è un concetto ancora controverso, in cui confluiscono giudizi di valore sulla persona, di ordine:

  • morale (persone viziose, deboli, che non meritano gli sforzi di curarli; "diverse")
  • legale (sono delinquenti, violano volontariamente le regole della società, devono essere puniti e neutralizzati)
  • sociale (vittime della società, ribelli trasgressori; potenzialmente pericolose per contagi vari)

A sostegno di questa affermazione basta scorrere gli Atti delle Conferenze nazionali sulla droga del 1997 e del 2000 (Atti della Conferenza di Napoli 1997, di Genova 2000 - disponibile on line)

A queste concezioni si associa un pesantissimo stigma che grava su chi fa uso di droghe o ne è dipendente. Secondo molti la tossicodipendenza è un problema che i soggetti si sono procurati volontariamente, e quindi non deve interessare più di tanto la società, non deve distogliere preoccupazioni e risorse dalle malattie "vere". In realtà la componente di volontarietà esiste in numerose malattie "accettate" senza problemi dal pubblico e dalla sanità pubblica. (McLellan e coll JAMA, 2000)

2. Perché Addiction?

Che cosa definiamo "addiction", e perché usiamo tale termine in luogo di quello consueto di "dipendenza"?

Addiction è per noi una malattia

  • causata dall'assunzione prolungata di sostanze o dalla messa in atto reiterata di comportamenti,
  • consistente nella necessità di ripetere tale assunzione e tali comportamenti al di là di quanto desiderato,
  • con alterazioni biochimiche a livello di determinati sistemi cellulari situati nel cervello e
  • con un corteo di disturbi collegati, nella sfera psicologica e comportamentale,
  • che la rendono analoga a malattie sociali come certe malattie mentali o disendocrine.

Questo è ciò che definiamo "ADDICTION" e che si distingue dalla mera dipendenza per il suo carattere esclusivamente patologico, appunto, di "normale malattia" con due correlati sintomatologici caratteristici e patognomonici:

  • desiderio incontrollabile di ripetere l'uso della sostanza ("craving")
  • comportamento compulsivo di ricerca della sostanza che si mette in pratica senza curarsi delle conseguenze che ne derivano ("drug-seeking behavior")

Molti autori hanno suggerito l'adozione del termine di addiction in luogo di quello di dipendenza, tra cui, autorevolmente, un Comitato attivato dal Institute of Medicine (Pathways of Addiction, 1996) che formulò una proposta in tale direzione.

Qual' è il motivo di tale orientamento? Addiction genera meno equivoci di dipendenza rispetto a termini quali personalità dipendente, dipendenza fisica, psichica. Ma soprattutto, Addiction suggerisce con maggior chiarezza il significato di disturbo comportamentale, comprendente un desiderio incontrollabile e una ricerca compulsiva rivolta ad una sostanza.(Maddux e Desmond, Addiction 2000)

3. Dipendenze innate, acquisite, terapeutiche

Esistono dipendenze innate:

  • Sono dipendenze innate le dipendenze da tutto ciò che tiene in vita, a partire dagli alimenti.
  • Sono dipendenze innate anche quelle relative ai principi alimentari che l'organismo non è in grado di produrre (vitamine, aminoacidi essenziali, ecc), la cui carenza produce malattie, ad es. lo scorbuto. (Tagliamonte e coll TIP 1999, p.1338)

Esistono poi dipendenze acquisite:

  • quelle relative ad abitudini che sono state assunte a seguito di effetti gratificanti da esse esercitate attraverso la stimolazione del sistema della ricompensa
  • quelle relative a sostanze che l'organismo ha perso la capacità di produrre (p.es.: ormoni nelle disendocrinie) la cui carenza produce malattie, p.es.: il m. di Addison o il diabete insulinodipendente.(Tagliamonte e coll TIP 1999, p.1338)

Di queste dipendenze acquisite, ma anche di talune dipendenze innate, quindi in qualche modo "a ponte" tra le due categorie codificate, potrebbe essere collocata la categoria delle dipendenze terapeutiche. Le terapie mediche per le condizioni morbose configurano dipendenze non patologiche, cioè terapeutiche, e sono centrate su farmaci che assicurano benessere e sopravvivenza a persone affette da malattie croniche (metaboliche, endocrine, neuropsichiatriche, ecc).Sono vere dipendenze fisiche coinvolgenti cioè la struttura biologica e il funzionamento della persona.Rientrano in queste dipendenze quelle da terapie per malattie quali ipertensione arteriosa, diabete, ipopituitarismo, ipotiroidismo, epilessia, schizofrenia.

Sono da annoverare tra le dipendenze terapeutiche quelle associate con terapie sostitutive in soggetti con addiction da eroina: mi riferisco alle terapie con metadone e a quelle con buprenorfina, terapie capaci di garantire

  • l'affrancamento dalla "schiavitù" della droga,
  • un benessere almeno relativo,
  • la stabilizzazione sul piano psicologico e sociale

a soggetti non in grado o non desiderosi di superare una addiction grave con un trattamento drug-free.

Goldstein ricorda che le terapie con agonisti oppioidi come il metadone sono sostitutive non già dell'eroina, bensì delle endorfine di cui l'organismo è stato depauperato nel corso dell'uso prolungato di eroina.(Goldstein Addiction from Biology to Drug Policy 1994)

Le dipendenze terapeutiche non mostrano tra i loro sintomi il craving per il farmaco da cui si dipende, né un drug-seeking behavior verso tale sostanza. Anche il trattamento con metadone appartiene presenta queste caratteristiche: il soggetto trattato può sperimentare craving, ma per l'eroina o per altre sostanze, non certo per il metadone; e se ricade, la ricaduta si verifica con altre sostanze, principalmente eroina, se tale droga è disponibile. Si marca così con chiarezza la differenza e il contrasto tra l'agente patogeno e il medicamento curativo.(Maremmani e coll TIP,1999, p.1367)

In questo contesto, nel nostro Congresso, siamo interessati a parlare della malattia della dipendenza, della malattia dell'addiction, della sua essenza psicopatologica, delle sue caratteristiche sintomatologiche, delle conseguenze bio-psico-sociali che ne derivano, delle necessarie implicazioni terapeutiche.

4. Perché l'addiction è "una malattia": neurobiologia dell'uso di sostanze

Non ripeterò qui la precedente relazione del Prof. DiChiara, ma mi limiterò a richiamarne alcuni punti.

L'effetto che rende desiderabili le sostanze che chiamiamo droghe, che genera il piacere di assumerle, e che innesca i meccanismi bio-psicologici di appetizione da cui deriva come possibile conseguenza finale la compulsione ad assumere le sostanze (e quindi l'addiction), è conseguenza diretta e specifica dell'azione delle sostanze su un solo sistema neuronale ben definito ed individuato, il sistema dopaminergico mesolimbico e mesocorticale, a cui ci si riferisce in letteratura come "brain reward system", o sistema cerebrale della ricompensa. (Wise e Bozarth, Psychol Rev 1987; Gessa e coll, Brain Res 1985, Imperato e DiChiara, JPET 1988)

In questo le sostanze conosciute come droghe si comportano come falsi messaggeri (Friedman e Rusche, False messengers, 1999) che utilizzano i sistemi neuronali preposti al controllo di funzioni ed emozioni fondamentali per la sopravvivenza dell'individuo e della specie.

Gli stimoli naturali di tali sistemi sono il cibo e il sesso. (Gessa, ADD, 2000, p.34).

Le droghe hanno la capacità di sostituirsi allo stimolo naturale, ed attivano tali sistemi con punti d'attacco e meccanismi differenti, che conseguono per vie diverse lo stesso scopo: rilasciare dopamina nella parte 'shell' del Nucleo Accumbens, il correlato biologico del piacere.(Pontieri e coll, Proc.Natl.Acad.Sci.USA 1995)

Se l'attivazione del sistema dopaminergico meso-limbico si associa a sensazioni di piacere e di euforia, si spiega come mai le sostanze che producono artificialmente un effetto così potente e immediato, producano un urgente desiderio di ripetere l'assunzione.(McLellan e coll JAMA, 2000)

La ripetuta esposizione di un substrato neurale (il cervello) ad un agente attivo (la sostanza) rappresenta il fattore patogenetico di quel complesso problema che definiamo Addiction: gli adattamenti che l'esposizione alla sostanza produce nei neuroni sensibili ne alterano la funzione, e questo, conseguentemente, altera il funzionamento del circuito neurale in cui tali neuroni svolgono la loro funzione. (Nestler e Aghajanian, Science, 1997)

5. Effetti acuti e cronici dell'uso di sostanze

Vediamo il ciclo dell'addiction: fenomeni associati ad ogni stadio dell'azione della sostanza e processi molecolari e cellulari correlati

Azione acuta della sostanza ->  Effetti a lungo termine -> Astinenza a breve termine -> Astinenza a lungo termine
Rinforzo Compenso Tolleranza Sensibilizzazione Dipendenza Sindrome astinenziale Craving Ricaduta indotta da stress
Aumento Mesolimbico dopaminergico

Altri? p.es 5HTergico

Adattamenti recettoriali

Aumento vie cAMP

Aumento CREB

Aumento DFosB

Aumento Glutamatergico

Aumento Noradrenergico

Riduzione Dopaminergico e 5HTergico

Aumento CRF

Rimodellamento sinaptico ?(p.es. apprendimento e memoria)

CRF, glicocorticoidi?

Meccanismi molecolari e cellulari ancora sconosciuti

Da minuti a ore Da giorni ad anni Da ore a giorni Da giorni ad anni

(da Nestler e Aghajanian, Science, 1997, p.60)

Le alterazioni biochimiche schematicamente accennate nella tabella si riscontrano in diverse aree cellulari del cervello (Locus coeruleus, N.Accumbens, SGPA, ) e coinvolgono sistemi molecolari quali il secondo messaggero cAMP, la Proteina G, canali ionici, e danno luogo ad alterazioni della fisiologia cellulare attraverso alterazioni dei processi di replicazione che portano alla sintesi dei recettori. (Nestler e Aghajanian, Science, 1997)

Le alterazioni durevoli e potenzialmente permanenti derivanti dall'assunzione prolungata di sostanze riguardano il sistema del compenso, i neurotrasmettitori, la risposta allo stress. Non si sa ancora quale dose e durata siano necessarie per determinare tali alterazioni, né se e quali di queste siano eventualmente destinate a normalizzarsi:

· i segni somatici di astinenza durano alcuni giorni

· i problemi motivazionali e la compromissione cognitiva possono durare alcuni mesi

· gli aspetti "appresi" di tolleranza alla sostanza possono permanere indefinitamente.

(McLellan e coll JAMA, 2000

Questo aspetto, importante perché alla base delle ricadute, dipende dalla integrazione del sistema del compenso con i centri che governano motivazione, emozioni e memoria, tutti collocati nel sistema limbico: la interconnessione di tali centri permette alla persona non solo di sperimentare piacere a seguito dell'uso di una sostanza, ma anche di apprendere il segnale per tale compenso e rispondere in maniera anticipatoria. Da qui l'effetto a lunghissimo termine, delle reazioni fisiologiche condizionate a stimolo correlati al precedente uso di sostanze. (McLellan e coll JAMA, 2000; Childress e coll AJP 1999)

Questo fenomeno ha basi neurobiologiche in strutture del lobo limbico dimostrate con tecniche di neuroimaging (PET). (Childress e coll AJP 1999)

Altri ricercatori, usando RM, hanno dimostrato che le stesse strutture cerebrali sono attivate da stimoli edonici droga-dipendenti e non droga-dipendenti (sessuali).Nei soggetti già dediti alla cocaina l'attivazione dovuta a stimoli sessuali risulta appiattita.(Garavan e coll, AJP 2000)

Si può concludere su questo punto affermando che "…l'uso acuto di sostanze modifica l'attività cerebrale nell'area del Reward System, ma l'uso prolungato causa alterazioni pervasive sulla funzione del cervello, che persistono a lungo dopo che l'individuo ha smesso l'uso di sostanza. Le alterazioni si presentano a livello molecolare, cellulare, strutturale e funzionale". (Leshner, Science 1997)

6. Ereditabilità del disturbo

Studi di epidemiologia genetica sull'alcolismo (su famiglie, su gemelli, su figli adottati) e recentemente anche sulla tossicodipendenza da eroina e su altri problemi di "addiction" quale il gioco d'azzardo patologico, hanno trovato conferme in studi di genetica molecolare, e tutti insieme suggeriscono che un fattore genetico trasmissibile è in causa probabilmente a due livelli:

· a livello di tendenza a mettere in atto i comportamenti che portano alla sperimentazione (uso), alla reiterazione (abuso);

· al livello in cui tali comportamenti diventano una compulsione cioè una malattia (addiction).

La componente genetica nel rischio di addiction paragonabile a quello di altre malattie croniche

MALATTIE TASSI DI CONCORDANZA
Ipertensione arteriosa

0.25-0.50

Diabete tipo 1 e 2

0.30-0.55-0.80

Asma bronchiale

0.36-0.70

Uomini T.dipendenti da eroina

0.34

Uomini alcooldipendenti

0.55

Donne dipendenti da cannabis

0.52

Dipendenti da tabacco

0.61

(su dati da McLellan e coll JAMA 2000)

7. Perché l'addiction è una "normale" malattia

Quando abbiamo progettato questo congresso con questo titolo, abbiamo anche deciso di invitare AT McLellan, il cui lavoro dello scorso anno su JAMA (con DC Lewis, CP O'Brien e HD Kleber), insieme a quello precedente del 1996 su The Lancet, costituisce un punto di riferimento. Domani egli riferirà di persona sui suoi studi, che coprono l'arco di un ventennio. Vorrei solo riprendere la sua moderata conclusione secondo cui: "… in termini di vulnerabilità, esordio, decorso l'addiction è simile ad altre malattie croniche quali il diabete, l'ipertensione e l'asma."

8. Addiction: una malattia bio-psico-sociale

La "normale malattia" dell'addiction va affrontato organicamente dai punti di vista

  • biologico-medico,
  • psicologico-relazionale,
  • socio-riabilitativo e socio-assistenziale

tutti essenziali e fondamentali.

Il soggetto malato di dipendenza deve essere visto e seguito da un sistema sanitario integrato, comprendente al proprio interno, in un'ottica coordinata, tutte le professionalità interessate al problema. La forte e convinta sottolineatura che facciamo del dato bio-medico non ci porta in alcun modo a sottovalutare gli altri livelli e dimensioni dell'intervento; punta al contrario a ristabilire il giusto equilibrio tra elementi costitutivi del problema, in presenza di persistenti sottovalutazioni della dimensione medico-biologica. Come è appropriato per altre malattie sociali, l'enfasi sulla dimensione medico-biologica non contraddice, anzi reclama e rafforza, il ruolo di altre discipline psicologiche e sociali. Tre esempi di come un trattamento medico rende possibile che si instaurino anche altri possibili trattamenti mirati su aspetti psicologici, comportamentali o lavorativi di persone tossicodipendenti.

1. Una corretta terapia medica volta a controllare i sintomi più destabilizzanti di una addiction da eroina rende possibile che il paziente vada incontro a terapie psicoterapiche che in condizioni di bisogno rispetto alla droga non potrebbe mai sopportare.

2. Soggetti con disturbo mentale aggiunto alla addiction vengono seguiti in comunità terapeutica (comunità per "Doppia Diagnosi"), generalmente con rapporti di collaborazione tra comunità -che effettua la gestione del percorso di recupero- e servizio territoriale che prescrive farmaci psicotropi e sostitutivi. La prescrizione di farmaci in tali casi è imperativa, e l'intesa con le comunità è generalmente pacifica su questo punto.

3. Soggetti non intenzionati a sottoporsi ad un trattamento che escluda il ricorso a farmaci sostitutivi possono intraprendere percorsi di formazione e inserimento lavorativo sotto la protezione stabilizzante di un trattamento con metadone o buprenorfina.

In tal modo possono inserirsi in meccanismi di integrazione sociale che potenzialmente funzionano da propulsore dell'intero proce