"
Gli autoritratti feriti di Frida
erano un modo di dipingere in silenzio.
In immagini che la presentano priva di un piede, senza
la testa,
squarciata, sanguinante, sapeva trasformare il dolore
in scene di enorme drammaticità, destinate a colpire
gli altri con lintensità della sua sofferenza.
Proiettando
il dolore verso lesterno e sulle tele,
Frida riusciva inoltre a farselo uscire dal corpo.Gli
autoritratti sono repliche fisse,
immutabili della sua immagine allo specchio
eppure
né limmagine allo specchio né le telesoffrono
"
(Hayden Herrera, Frida)
INTRODUZIONE
Con
la preparazione di questa tesi termina un importante
percorso formativo. Quando ritornai tra i banchi di
scuola (ormai circa un decennio fa) non sapevo che quell’inizio
mi avrebbe condotto così lontano.
La
scelta di questa tesi è strettamente correlata
alla mia storia professionale e umana e mi ha ridato
la possibilità di riaprire spazi di confronto,
di problematizzazione, di riflessione e di studio.
Scrivere
di riabilitazione rischiava di trasformare questa tesi
in un esercizio teorico e ripetitivo, in quanto la letteratura
in questo settore è abbondante. Per renderla
più "comprensibile e confrontabile"
ho deciso di includere una parte legata alla mia penultima
esperienza professionale, effettuata all’interno di
un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC),
dove i termini riabilitazione e arte terapia assumono
connotazioni diverse oltroché senso e significati
dinamici.
In
questo luogo l’educatore professionale sperimenta il
suo so-stare ‘dentro’, ‘fuori’, ‘sulla soglia’ di uno
spazio e di un tempo che, pur essendo scanditi da un’organizzazione
a priori, mette in crisi certezze e saperi.
La
relazione d’aiuto con i pazienti acuti riapre altri
spazi/interstizi, dove costruire empaticamente altri
mondi e altri codici.
In
psichiatria non è possibile alcuna autentica
riabilitazione e alcun processo educativo se non realizzando
quella rivoluzione metodologica che, nel mettere tra
parentesi ciò che è patologico, inserisce
nel contesto della "malattia" il campo sociale
nelle sue diverse articolazioni interpersonali e ambientali,
e si propone di integrare ogni discorso farmacoterapeutico
e psicoterapeutico con il discorso riabilitativo ed
educativo.
Ogni
agire/pensare deve sì avere a che fare con il
paziente, ma contemporaneamente e permanentemente con
il suo mondo: il mondo delle relazioni interpersonali
e dell’abisso vertiginoso e mutevole della reciprocità
comunicazionale.
Nel
capitolo I viene fornita una panoramica, non completa
e non esaustiva, sui concetti di riabilitazione e arte
terapia e sulla loro storia. Sono, inoltre, brevemente
illustrati alcuni approcci.
Nel
capitolo II viene affrontato il tema dell’arte correlato
alla follia e ai folli, ai colori, ai segni e ai simboli.
Viene anche esplorato l’ambito dell’espressione, in
relazione alla regressione.
Nel
capitolo III viene presentata l’esperienza di un atelier
di arte terapia, all’interno di uno specifico Servizio
Psichiatrico di Diagnosi e Cura.
Nel
capitolo IV vengono presentate le norme che riguardano
l’ambito della salute mentale.
La
bibliografia riporta tutti i testi che ho letto, "attraversato",
consultato, studiato, ecc. in questi mesi di lavoro/ricerca.