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IL TEMPO E I TEMPI IN UN SPDC:
UNA RIFLESSIONE PERMANENTE
(Carlo Scovino)

"…se anche tu vuoi essere, trascendi il tempo" S. Agostino

LA CONCEZIONE DEL TEMPO

La considerazione del tempo come oggetto di analisi porta prima di tutto al superamento della concezione ad esso legata, che lo rappresenta come unità di misura. Prima del 1915 si pensava alo spazio e al tempo come a una scena fissa in cui avevano luogo degli eventi, ma che non risentiva di ciò che accadeva su di essa. Quando si tentò di unificare la gravità con la meccanica quantistica, si dovette introdurre l’idea del tempo "immaginario". Il tempo immaginario è indistinguibile dalle direzioni nello spazio. L’aumento col tempo del disordine o dell’entropia è un esempio della cosiddetta freccia del tempo, qualcosa che distingue il passato dal futuro, dando al tempo una direzione ben precisa. Esistono almeno tre frecce del tempo diverse:

    • la freccia del tempo termodinamica,
    • la freccia del tempo psicologica,
    • la freccia del tempo cosmologica.
In questo testo fornirò solo qualche elemento di riflessione riguardante la freccia del tempo psicologica: la direzione in cui noi sentiamo che passa il tempo, la direzione in cui ricordiamo il passato ma non il futuro. Il nostro senso soggettivo della direzione del tempo è determinato nel nostro cervello dalla freccia del tempo termodinamica. Proprio come un computer, anche noi dobbiamo ricordare le cose nell’ordine in cui aumenta l’entropia. Il disordine aumenta con il tempo, perché noi misuriamo il tempo nella direzione in cui il disordine aumenta Già nei miti antichi c’è stata la raffigurazione del tempo: pensiamo al mito di Cronos, in cui è racchiuso il simbolismo della temporalità, ovvero la sua ciclicità, la rigenerazione e la scansione in fasi temporali. Ogni specie vivente si sviluppa e muore nel suo tempo individuale, in andamento irreversibile, ma dal punto di vista sociale il tempo non è condannato a ciò perché implica ed esige la rinascita. Simboleggiato nella sua forza ordinatrice dall’orologio, il tempo diviene un’istituzione sociale, è regolatore di tendenze e di comportamenti. Sottoposto ad una continua accelerazione, il tempo finisce col concentrare il suo significato solo sulla celerità ed il dramma è che il tempo della riflessione e della realizzazione individuale è sacrificato per un tempo-quantità. Ormai viviamo in una società dove il tempo, ma soprattutto la sua mancanza, la sua scarsità, diventa problematica.

L’uomo è usato dal tempo e diventa una macchina codificata, programmata come le altre macchine, con ritmi che non sono certo quelli biologici e quelli psicologicamente sostenibili.

IL SERVIZIO PSICHIATRICO DIAGNOSI E CURA: ATTUALE CONFIGURAZIONE

Prima di iniziare la riflessione sul tema di questo intervento, credo sia utile declinare gli obiettivi e le finalità di un SPDC così come si è caratterizzato nel corso degli ultimi 20 anni diventando sempre più strutture polivalenti con le seguenti caratteristiche:

  • luoghi contenitivi della crisi;
  • strumenti per la promozione e lo sviluppo dell’informazione e del consenso, sia per gli utenti che per le famiglie;
  • ambienti atti a creare le condizioni favorevoli per la presa in carico di utenti che devono proseguire le cure;
  • centri per effettuare valutazioni cliniche;
  • aree di impostazione farmacologica, sia in acuto che a medio e lungo termine;
  • ambiti per il recupero funzionale cognitivo, per la riabilitazione e per la reintegrazione sociale.
Il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura si colloca nell’ambito dell’ospedale, in una peculiare situazione all’incrocio tra area psichiatrica e area sociologica. Per questa connotazione esso rappresenta qualcosa di innovativo rispetto alla tradizionale bidimensionalità degli ambienti di ricovero, in cui il paziente perde in buona misura la sua identità sociale. Il collegamento stretto con le strutture territoriali, di cui il tempo della degenza rappresenta solo un breve momento di una più articolata presa in carico, garantisce il soggetto nella sua realtà psicosociale, senza interrompere il suo collegamento con la famiglia e con il territorio. Da queste considerazioni scaturiscono due possibilità:
  • l’ambiguità tra aspetti psichici e somatici si configura come un rischio di essere fagocitati dalla logica obiettivante della tradizione ospedaliera, inflazionando gli aspetti passivizzanti della degenza;
  • il discorso alternativo volto a configurare la specificità del discorso psichiatrico e al limite ad "iniettare" nel corpo ospedaliero un "virus", rappresentato dalla necessità di una visione integrata della sofferenza, e non solo dello stretto ambito psichiatrico.

IL RITUALE DEL TEMPO: L’ORGANIZZAZIONE

Nel Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura l’educatore sperimenta il suo sostare "dentro", "fuori", "sulla soglia" di un tempo (e di uno spazio) che, pur essendo scanditi da un’organizzazione a priori, mette in crisi certezze e saperi. La pratica riabilitativa e l’esperienza mi hanno insegnato a mantenere una necessaria mobilità di pensiero e di critica stimolandomi al confronto continuo con una sofferenza che non è inscritta in un tempo preciso. La transitorietà del luogo e dei soggetti presenti sono l’elemento che connotano questo setting come dinamico e flessibile e con tempi che necessitano di una costante verifica e riprogettazione. I pazienti tendono ad essere ricoverati per un periodo di tempo limitato a pochi giorni e solo eccezionalmente a qualche settimana. Sempre più spesso l’èquipe ospedaliera è sollecitata a ripensare i tempi del ricovero (sia in regime di TSV che in quello di TSO) specialmente se si tratta di psicosi o di depressioni. Le ragioni di una tale modulazione dei tempi dipende da molteplici fattori che non verranno trattati in questo intervento perché afferiscono ad altri temi di riflessione. L’implicazione emotiva, per i pazienti e per gli operatori, del dover fronteggiare una dimensione temporale così accelerata non permette di stabilire relazioni d’aiuto profonde e significative. Il rapido turnover dei pazienti impedisce un pensare e un riflettere sulla psicodinamica dei loro problemi per affrontare la malattia con un recupero del vissuto del tempo adeguato e non affrettato e reso caotico dalle esigenze dell’Azienda Ospedaliera e dei DRG. Nell’organizzazione della vita del nostro SPDC si sta cercando di rendere consolidata la pratica del briefing e del dibriefing quotidiano. Il primo si riferisce all’incontro che si svolge intorno alle 9,00 dove gli infermieri e l’educatore riportano informazioni di carattere sanitario e terapeutico-riabiltativo per poter aver un quadro giornaliero sempre aggiornato per ogni singolo paziente. Il secondo si riferisce all’incontro di fine visita mattutina dove si cerca di fermare il tempo caotico della malattia mentale e della fretta ospedaliera in una discussione in cui si chiarificano e ordinano tutte le informazioni (anche quelle raccolte dai pazienti). Spesso tali incontri risultano difficili da gestire perché il tempo dell’organizzazione (intra/extra reparto) impone l’urgenza dello svolgimento di attività relative alla quotidianità ospedaliera che sembra prevalere sulla possibilità di fermarsi a riflettere sulle storie dei pazienti. Parte del personale entra ed esce, alcuni pazienti continuano a bussare alla porta semichiusa con richieste di vario genere, il video-citofono che consente l’accesso al reparto e il telefono squillano (talvolta contemporaneamente)……tutto questo crea confusione e smarrimento.     Nonostante l’impostazione della mattinata sia sostanzialmente correlata all’agire (a parte i giorni in cui gruppi di pazienti partecipano alla preparazione di dolci nella cucina del reparto, preparazione del caffè, ecc.) il tempo pomeridiano è il momento che richiede una più attenta valutazione e riflessione. Spesso i pazienti (ma anche alcuni infermieri e familiari) riferiscono di pomeriggi in cui il tempo sembra essere inscritto in una fissità inamovibile e immutabile che rende ancora più difficile il loro "stare" in uno spazio circoscritto e più dolorosa la loro capacità di fronteggiare le difficoltà psichiatriche, emotive, relazionali, ecc. che hanno condotto al ricovero. Ormai da molti anni è stato pensato uno spazio e un tempo in cui i pazienti, insieme all’educatore, si possano "ritirare", "proteggere" e "sopravvivere" in un ambiente che talvolta viene vissuto come minaccioso e "pesante". Questa mediazione tra l’agire ospedaliero e il tempo del pensiero sembra preservare e proteggere dal caos interno ed esterno. Spesso io mi sono sentito (e in realtà lo ero) lo strumento attraverso il quale il paziente interagiva con il SPDC, dove tutto è scandito da tempi sanitari e operativi e dove gli spazi mentali e fisici sono ridotti e chiusi (le porte vengono aperte con le chiavi e vengono subito richiuse, lasciando un amaro senso di stordimento). La psichiatria ha sempre a che vedere con il tempo nella sua accezione più generale e con i tempi nella sua specificità quotidiana, sia per gli operatori che per i pazienti. Il tempo e i tempi rappresentano varchi di possibili perdite o di riacquisizione di spazi di libertà non solo per i pazienti ma anche per gli operatori        

IL TEMPO E LE RELAZIONI: INDIVIDUALE, GRUPPALE

La percezione del tempo all’interno di un Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura è strettamente collegata alla percezione della durata, ovvero a quello che si usa definire "senso del tempo". Gli studi di cronobiologia umana (Luce, 1971, Fraisse, 1974) hanno evidenziato una pluralità di ritmi interni, con cicli più o meno lunghi che offrono a ciascuno di noi possibilità diverse di sperimentare il tempo, influenzando quindi il senso del tempo individuale e di gruppo. I fattori capaci di alterare il senso del tempo sono molteplici ed eterogenei anche se si parla di pazienti psichiatrici ricoverati in un SPDC. Robert Ornstein (1969) è l’autore che meglio ha affrontato il problema dell’esperienza del tempo. Secondo l’autore parlare di "senso del tempo" implica che nella realtà oggettiva esiste un oggetto chiamato "tempo" che un qualche "organo" di senso possa percepire in maniera più o meno accurata: l’esperienza del tempo è determinata non da un senso del tempo ma dalla quantità di informazione immagazzinata in un dato intervallo. La teoria spiega molto bene perché, quando un paziente si annoia nel suo "(so)stare" in reparto, il tempo passa lentamente e la durata sembra interminabile. Ovviamente sia le unità interne del tempo individuale che di quello gruppale (atelier di arte terapia, laboratorio di pasticceria, ecc.) sono modalità individuali di organizzazione dei dati temporali. Negli spazi, nel "fare" e nei luoghi del SPDC (il soggiorno, la sala da pranzo, ecc.) i pazienti possono sperimentare il susseguirsi degli istanti nel flusso dell’esperienza dove possono essere evidenziati e messi a fuoco con un’operazione di distinzione. Il tempo è sperimentabile proprio perché il presente è insieme vissuto come continuo e come contrapposto a un passato e a un futuro, senza i quali c’è solo un’indistinta contemporaneità. Alcuni autori sostengono che l’autentico cardine della regolarità temporale risiede non nel calendario ma nell’orario che regola e integra le diverse attività. Ogni volta che mi si è presentata l’opportunità di portare un mio contributo alla riflessione sul tempi della riabilitazione ho cercato di evidenziare che il tempo, e tutto ciò che ad esso è correlato, (organizzazione , regole, calendario ecc.) ha a che fare con le persone e non con i corpi e quindi deve necessariamente tenere in considerazione storie, fantasie, emozioni ecc. che mal si adattano all’applicazione rigida del tempo. Il tempo individuale rappresenta la gamma (range) dei tempi con cui l’individuo può legarsi ai tempi esterni. Quanto più questa gamma è ampia, tanto più l’individuo è adattabile.

CONCLUSIONI

Il tempo e i tempi assumono, all’interno del SPDC, una connotazione ogni giorno diversa e nuova: si dilatano, si restringono, si amplificano, si suddividono, si zittiscono, urlano, corrono…..le possibilità di trasformazione sono molteplici. F. de Saussure, nel suo Cours de linguistique générale (1922), scriveva (pp.99 sg.) : " ….E’ certo che tutte le scienze avrebbero interesse a rilevare più scrupolosamente gli assi dove sono situate le cose di cui si occupano; bisognerebbe distinguere (….) 1) l’asse della simultaneità, concernente i rapporti tra cose esistenti, donde è escluso ogni intervento del tempo; 2) l’asse delle successioni, su cui è possibile considerare solo una cosa per volta, dove però sono situate tutte le cose del primo asse con i loro cambiamenti (……). E’ sincronico tutto ciò che si riferisce all’aspetto statico della nostra scienza, è diacronico tutto ciò che ha a che fare con le evoluzioni" Il punto di vista statico e quello dinamico non sono inconciliabili: stabilità e cambiamento sono i risvolti complementari del tempo trascorso in SPDC. Le descrizioni relative alle condizioni di mutamento dei pazienti variano a seconda dei tempi in cui tali descrizioni vengono effettuate, dell’aspetto che si vuole mettere a fuoco, dell’operatore che tali descrizioni riferisce. Ciascun paziente mostra un insieme di tratti costanti, ma nello stesso tempo appare diverso a seconda delle persone con le quali entra temporalmente in contatto e del contesto in cui è immerso ( soggiorno, sala da pranzo, atelier di arteterapia, ecc.). Descrivere il tempo e i tempi in un SPDC non è un compito facile; questo intervento, mi auguro, possa fornire utili elementi per future riflessioni.

BIBLIOGRAFIA
  1. Agostino, Le Confessioni, Ed. Paoline, Roma, 1979
  2. Autori vari, Atti del 1° Congresso Nazionale del Coordinamento Nazionale SPDC , Bergamo 1-2 dicembre 2003, C. Mencacci, Ed. , Rom
  3. Boscolo L. e Bertrando P. , I tempi del tempo, Bollati Boringhieri, Torino, 1993
  4. Foucoult M. Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino, 1969
  5. Hawking S. W., Dal Big Bang ai buchi neri, Rizzoli, Milano, 1988
  6. Ornstein R. E., On the Experience of Time, Penguin, Harmondsworth, 1969