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Dossier: Agghiaccianti episodi di falsi abusi (scarica copia )

A seguito dei continui e incresciosi episodi di falsi abusi sessuali su minori, si è provveduto a raccogliere una copiosa documentazione di notizie giornalistiche che possono dare la dimensione del fenomeno, dimostrando come sia facile formulare delle ingiuste accuse dovute a semplici rancori, pettegolezzi, dicerie…

I pericoli maggiori derivano dal “fanatismo mediatico” che nel pedofilo ha trovato la sostanza per “creare notizie”, stimolando e attirando l’attenzione del mondo politico per sfruttare diverse possibilità di apparizione, creare emotività nella popolazione facendo leva sulla sicurezza dei figli, così da diventare una cassa di risonanza per incantare la gente comune.

Se poi si accosta l’affannosa rincorsa di Pubblici Ministeri, associazioni e specialisti nella difesa del bambino abusato (ignorando messaggi, sintomi, evidenze cliniche… e senza esplorare direzioni alternative), si arriva al “fanatismo intellettuale” facendo rivivere a nuova vita questioni e procedure che si ritenevano ormai definitivamente e fortunatamente scomparse, come ad esempio le streghe e gli untori.

Chiunque, estraneo al sistema delle denunce di falsi abusi, che cerchi di portare alla luce il fenomeno, sarà ignorato e andrà incontro a esposti, diffamazioni di gruppo o essere additato come “fanatico”, se non come affetto da patologia personale, sia esso perito, magistrato, cittadino comune, per la grave colpa di turbare la quiete quotidiana del sistema consolidato.

Merita ricordare che spesso la Giustizia accoglie quanto enunciato in perizia, in particolar modo assimilando i contenuti dei consulenti degli inquirenti, che nella fattispecie non sono altro che pensieri filosofici trasferiti a forza nell’ambito medico e successivamente accolti in quello giudiziario/forense.

Non è condivisibile l’asserzione che i periti che saltano un po’ qua (giudici) un po’ là (privati) non sono da amare, perché una scelta di campo eviterebbe equivoci nella serenità di giudizio. Se questa è l’opinione corrente, come considerare la Verità? I consulenti tecnici non lavorano per la gloria divina e alcuni si distinguono per la qualità, altri per la quantità professionale (compiacendo il committente, sia esso titolare di accusa o difesa). Se fosse comune a tutti la cultura della legalità, ossia la volontà di rispettare le regole, non si ricorrerebbe a operatori del diritto per ottenerne il rispetto, così come servire la giustizia non sempre implica essere giusti o agire nel giusto.

La letteratura scientifica non consente affermazioni dogmatiche, ma impone che le ipotesi formulate siano verificate con sistematicità sulla base di argomentazioni logiche. La perizia non costituisce un mezzo di prova, ma un ausilio del giudice nella ricerca e interpretazione del materiale processuale. L’Ordine Nazionale degli Psicologi ha deliberato il 30 settembre 2003 che i periti dei Tribunali conseguano annualmente un attestato di frequenza in psicologia giuridica e forense, con specifiche competenze relative alla psicologia dello sviluppo e alle dinamiche della coppia e della famiglia (requisito necessario al mantenimento dell’iscrizione agli elenchi). Non è ammissibile che un operatore della salute mentale, anche per disposizione della Corte di Cassazione (1997), consideri tout court attendibile un bambino, poiché questa è una prerogativa del giudice.

Non dimentichiamo che gli episodi di falsi abusi dimostrano come la Giustizia sia ormai da anni dinanzi a una crisi: è giunto il momento che il potere della magistratura venga tolto agli operatori della salute mentale, della medicina e che questi ultimi siano ricondotti nel loro alveo scientifico.

Non meno importante risulta la nozione dei ricordi rimossi, pietra miliare per la psicoanalisi, per altro concetto privo della validità delle ricerche sperimentali e l’utilizzo può essere azzardato per un’interpretazione del comportamento clinico.

Anche l’agitazione dei soggetti viene spesso interpretata dagli operatori della salute mentale e del diritto come conferma di prova del fatto ipotizzato.

Per comprendere il significato del reato di “atti sessuali”, occorre fare riferimento alle sentenze della Corte di Cassazione e non alla semplice dicitura “tutti gli atti che possono ledere l’integrità psicofisica del minore con l’intento di soddisfare i propri istinti o piaceri”. A tale proposito è opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che attualmente non vi è una linea comune di pensiero nel determinare in cosa consista il vero abuso sessuale, che a seconda di chi lo subisce, lo osserva, lo investiga, lo giudica può assumere significati diversi (anche da una semplice carezza si potrebbe trarre piacere).

Se tutti noi potessimo leggere la documentazione di alcuni procedimenti penali, ci accorgeremmo che quando i minori non sono effettivamente abusati, la metodologia e i sistemi attualmente impiegati nelle indagini consentono comunque di abusare di loro.

Perché dico questo? Perché le perizie psicologiche e gli interrogatori non si limitano a un numero ridotto, ma bensì continuano fino a quando il bambino non risponde correttamente ossia ripete ciò che l’interlocutore vuole sentirsi dire. Se tutto ciò non è sufficiente, si incitano i bambini a spogliarsi per dimostrare presunti abusi, li si sottopone a visite mediche laceranti per dimostrare ciò che non è possibile confermare, perché anche la medicina ha i suoi limiti.

Quando non vi sono reali elementi di abuso, le relazioni peritali sono giustificate con frasi convenevoli: “vi è la possibilità di un presunto abuso, di un post-trauma che non emerge perché il minore ha rimosso il brutto ricordo e solo nel futuro potrà affiorare; sono compatibili con l’aver subito atti di abuso sessuale al di fuori del contesto familiare…”.

Pertanto si invitano gli operatori della salute mentale e della medicina ad astenersi dal creare ansia, emotività, angoscia nei genitori dei bambini, dall’affermare anche un presunto abuso, perché tutto ciò crea nella società e negli organi istituzionali un’eco di paura e apprensione destabilizzanti.

È doveroso rivolgere un appello a tutti i cittadini affinché siano promotori di iniziative che limitino il campo d’azione di quegli operatori che con estrema facilità giungono alla frettolosa conclusione che un bambino che manifesti sintomi di disagio o disturbi mentali sia da considerare abusato, perché tutto ciò non consente di cogliere in modo empatico le richieste di aiuto dei bambini veramente abusati.

Oltre a quanto esposto, non vanno dimenticate le innumerevoli correnti di pensiero che serpeggiano tra enti e associazioni (comprese le Aziende Sanitarie Locali e i Servizi Sociali), che espongono luminose insegne in difesa dell’infanzia pur di ottenere fondi o riconoscimenti giuridici. Merita ricordare a genitori, insegnanti, inquirenti e operatori della salute mentale e della medicina che quando si prospetta una questione di correlazione tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato di violenza sessuale, è necessario evidenziare alle parti interessate, senza alcuna speculazione, che le attuali conoscenze in materia “non consentono” di individuare compatibilità o incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici.

Del resto sono evidenti e noti i possibili effetti sui minori (soprattutto se in età prescolare) delle domande ripetute, suggestive, chiuse, con un forte coinvolgimento emotivo degli interroganti, tali che il bambino manifesta accondiscendenza verso gli adulti e adesione all’ansia dei genitori, subendone l’atteggiamento mentale.

Mi auguro, anche se nutro poche speranze che il mio messaggio possa essere accolto e condiviso, che vi sia una netta presa di coscienza su questi fatti così dolorosi, che vedono gratuitamente distrutte le vite di innocenti, bambini e adulti.

Anche in questa occasione rinnovo dimessamente l’invito a leggere il fascicolo sui falsi abusi sessuali “Il grido degli innocenti”

Vittorio APOLLONI, Moncalieri, 21 settembre 2004